L’architettura dei “New Palladians”: luci ed ombre di un percorso tra classicità e modernità

 

di Simone LUCCICHENTI

Inghilterra, l’ultima erede della romanità? I “New Palladians”

Pochi paesi in Europa riescono a mantenere vive antiche tradizioni architettoniche, riuscendo comunque a stabilire un dialogo con la contemporaneità .

L’Inghilterra si inserisce sullo scenario odierno in un modo del tutto singolare esibendo una realtà estremamente variegata in cui modernità e un rinnovato tradizionalismo convivono in precario equilibrio.

Tutti conoscono i suoi esponenti e “archistar” contemporanei, meno conosciuta è la sua ancora vivissima architettura classica e vernacolare.

A partire  dal tardo rinascimento fino alla stagione del Grand Tour l’architettura di Palladio, Scamozzi, Giulio Romano ha immensamente affascinato intellettuali e architetti inglesi come Inigo Jones che per primo importa il gusto rinascimentale dalla penisola italiana in Inghilterra agli inizi del 1600. Essi si dimostrarono capaci interpreti della essenziale ma complessa architettura di Palladio, capirono che la sua nobiltà era anche nella pronunciata praticità costruttiva, nella messa in opera del progetto con soluzioni distributive modulari sempre estremamente attente alle esigenze specifiche del cliente. Un concetto ed un modo di progettare assolutamente contempoaraneo e razionale che continua ad annoverare seguaci a tutt’oggi.

Andrea Palladio, prospetto con doppia varinate di Palazzo da Porto. 1546

Nel 2008 in occasione dei 500 anni della nascita di Palladio un nuovo gruppo di architetti di ispirazione tradizionalista si riunì con lo scopo di confermare l’importanza e la attualità della architettura classica nel contemporaneo, celebrando l’evento con la pubblicazione del libro “New Palladians.

Anche se non sostenuta dall’ordine degli architetti britannico il “Royal Institute of British Architects”, questo genere di architettura ha sponsors ben più influenti, come la Famiglia reale ed in particolare il Principe di Galles, Carlo d’Inghilterra. Suo è infatti il recente e controverso progetto della cittadina di Poundbury nella contea del Dorset nel quale ha voluto coinvolgere alcuni tra i principali progettisti “tradizionalisti” esistenti come Leon Krier, Quinlan e Francis Terry e altri. Il complesso residenziale è il manifesto di una semplice e chiara ricetta urbanistica che vede alla base il concetto di continuità con il tessuto urbano storico e l’adozione di stili tradizionali dal neo classico al vittoriano.

Città di Poundbury, Dorset, Masterplan di Leon Krier 1993

 

I temi e le questioni che questo movimento chiamato “new urbanism” sollevano sono spesso elusi e trattati con sufficienza in Italia, paese che per primo ha esportato l’architettura nel mondo e che oggi sembra essersene irrimediabilmente dimenticato.

Il punto di partenza che supporta la tesi fondametale dei “New palladians” è la durabilità dell’architettura, e la sua ricaduta sul sociale. Vediamone alcuni punti. Materiali da costruzione moderni come acciaio, vetro, e plastiche hanno una aspettativa di vita che va dai 30 ai 60 anni i loro coefficenti di espansione sotto stress termico sono 3/4 volte maggiori rispetto a pietra mattone o marmo, questo porta ad una costosa e continua manutenzione ed ad un inevitabile decadimento delle “performances” dell’edificio in tempi molto brevi .

Quinlan and Francis Terry architects: Ferne Park House. 2001Il tema conseguente è legato alla sostenibilità economica ed ambientale. Per i nuovi tradizionalisti, il ritorno ai materiali e alle tecniche costruttive classiche è l’unica strategia capace di condensare nel gesto costruttivo il rispetto per il contesto storico-naturale e per quello economico, trovando cosi l’alibi perfetto per rimanere in un nostalgico classicismo. Sempre seguendo la loro tesi, la logica del real esatate odierno include in sé un concetto di “scadenza” del prodotto architettonico che è alla base del processo economico di rinnovamento continuo “usa e getta” certamente deleterio.

Sebbene le sopracitate teorie sembrino essere ampiamente condivisibili, l’entusiasmo finisce quando si vede il prodotto finito. Facendo due passi nella cittadina di Poundbury ci si accorge di un fatto strano, appare terribilimente nuova, un luogo estraniante. Si innesca quasi un sentimento sgradevole anche nel visitatore meno attento, la sensazione che qualcuno abbia provato a fregarti vendendoti una replica per un originale. La differenza è la stessa tra il comprare un paio di jeans strappati e averne un paio da anni rovinati dalle arrampicate sugli alberi fatte da bambino. La storia non può essere riprodotta artificialmente, per questo è l’asset più importante di una cultura.

Quinlan and Francis Terry architects: Tedworth House

Non tutte queste ipotesi però portano ad amare conclusioni, esistono progetti virtuosi che spiccano nella mediocrità come rose in un mazzo di carciofi . Modelli molto validi sono le magnifiche residenze private che l’architetto Quinlan Terry ha realizzato nella campagna inglese in stile prevalentemente palladiano. Questi casi si differenziano in quanto in singoli e specifici interventi ad alto budget si può portare la qualità del progetto ad un livello tale di controllo che il risultato è spesso eccellente come nel caso della villa “Ferne Park” nel Wiltshire progetto del 2001 da circa 40 milioni di sterline. O come in alcuni progetti dell’architetto italiano Pier Carlo Bontempi, sui quali comunque sussistono dubbi.

Da una breve analisi il quadro che ci si pone è di non facile decifrazione, caratteristiche di eccellenza e di drammatica approssimazione si avvicendano esattamente come accade nell’architettura contemporanea, ma nel caso dei “new palladians” ci si deve porre in modo più vigile e severo, in ballo c’è l’eredità di un genio.

Inoltre, non porsi il tema dell’attualità per un architetto di oggi è un errore deontologicamente imperdonabile, per questo il pur vasto e valido schieramento di questi progettisti “nostalgici” difficilmente potrà guadagnare grosse fette di mercato ed uscire da un ruolo fondamentalmente di nicchia.

Pier Carlo Bontempi , borgo di San Bartolomeo, Reggio Emilia.  2009

Certamente, come l’invenzione della macchina da scrivere non ha messo fuori mercato la matita, o la musica digitale non impedisce alle orchestre sinfoniche di continuare ad esibirsi con successo, possiamo immaginare che questa architettura di marmo e mattoni continuerà ad avere un suo importante ruolo di contrappeso accanto alle mode del contemporaneo.

di Simone LUCCICHENTI      London luglio 2017