L’Architettura contemporanea di fronte al tema ‘storico’ dell'”angolo”. Un breve excursus e alcune considerazioni

di Simone LUCCICHENTI

In occasione dell’apertura della Biennale dell’Architettura di Venezia 2018 About Art promuove un confronto tra architetti italiani contemporanei che vede partecipi accanto a grandi nomi di riconosciuto prestigio, anche giovani protagonisti, ma già affermati nel settore della progettazione e del design. Il titolo della 16^ edizione dell’evento veneziano, curato da Yvonne Farrell e Shelley McNamara, è Freespace che, come haspiegato il Presidente Baratta, esprime la volontà di porre al centro dell’attenzione la questione dello spazio, della qualità dello spazio, dello spazio libero e gratuito; l’obiettivo dichiarato e di “promuovere il ‘desiderio’ di architettura”;in questo senso riteniamo debba leggersi il contributo di Simone Luccichenti con cui apriamo il confronto. Seguiranno interventi di Franco Purini, Massimo Martini (G.R.A.U.  Gruppo Romano Architetti Urbanisti), Franco Luccichenti ed altri

Breve storia architettonica del problema angolare.

Tra le numerose categorie in cui si possono suddividere gli architetti, vi e’ anche quella relativa al loro approccio al tema dell’angolo. La questione e’ abbastanza semplice, infatti i progettisti che tendono all’astrazione non considerano l’angolo come un nodo da risolvere formalmente. Architetti invece di educazione costruttiva o comunque fenomenologica, spesso vedono nel problema angolare una occasione per formalizzare stile e conoscenza dei materiali ovvero “fare un bell’angolo“. Il primo approccio ha le sue origini nella Grecia antica dove l’architettura e’ un atto pre-creativo, in quanto le idee esistono già nella dimensione dell’iperuranio. Il progetto greco e’ quindi aspaziale, atemporale e molto angolare.

Atene Planimetria dell’Acropoli con orientamento dei principali edifici rispetto al visitatore.

L’esperimento della Acropoli di Atene dimostra come i componenti architettonici sono distribuiti in modo da offrire sempre un angolo di circa 45 gradi al visitatore, nessuno degli edifici infatti si pone frontalmente esponendo il prospetto. La lettura angolare dell’architettura greca ha alla base il famoso “conflitto ” dell’ordine dorico la cui soluzione predilige una osservazione accidentale, in quanto non evidenzia il mancato allineamento tra triglifo e asse delle colonne.

Conflitto angolare dell’ordine Dorico

Nel mondo romano l’attitudine verso il tema dell’angolo cambia come cambia del resto tutto il significato dell’architettura che assumerà sempre più funzioni infrastrutturali e di propaganda. Il funzionamento di un impero é ben diverso da quello di una città stato. Atene nel suo massimo splendore é una città di circa 40,000 abitanti Roma arriverà ad averne più di un milione verso la metà del II secolo. Tali condizioni sociali ed economiche richiederanno una completa reinvenzione non solo del linguaggio architettonico ma anche del suo scopo. Infrastrutture sarà la parola chiave, e l’architetto romano è più ingegnere che designer.

Planimetria dei fori imperiali con orientamento dei principali edifici rispetto al visitatore.
Pantheon (113 d.C) ,dettaglio della discontinuità dei fregi .

L’urbanistica dei fori a Roma si sviluppa con un sistema di spazi formali indipendenti, la crescita della città romana avviene attraverso aggregazione e addizione di elementi autosufficienti. La geometria autonoma del foro porta simmetria e spazialità nel progetto, il tempio e l’edificio pubblico assumono una forte natura frontale. Il relativo disinteresse per l’angolo e’ evidente spesso attraverso mancati allineamenti di fregi ed elementi orizzontali come si nota nel Pantheon.

Facendo un enorme balzo in avanti, con la nascita del pensiero umanista il problema angolare cambia natura ancora una volta passando da elemento esterno a interno. La nascita infatti dell’architettura palaziale e dei cortili porta ad una inversione delle geometrie angolari.

Nel cortile del palazzo ducale di Urbino Laurana risolve l’angolo raddoppiando l’ultima colonna con una lesena che mantiene il legame con l’ornamento e l’ordine del livello superiore. Inventa cosi un pilastro di transizione che rinforza l’aspetto statico del cortile.

Nel caso del chiostro di Santa Maria della Pace a Roma, Bramante fonde i due pilastri d’angolo in un singolo elemento che gli permette di mantenere una forte relazione tra le parti e il tutto senza scompaginare i rapporti proporzionali delle arcate.

Il chiostro di Bramante é in tutti i sensi un esperimento straordinario in bilico tra regole ed eccezioni. Qui si rompe una delle convenzioni più rigide nel rinascimento introducendo un numero pari di arcate per ogni lato. Al centro della prospettiva non abbiamo più una arcata vuota cioè lo spazio dell’uomo ma un pilastro, Bramante cosi facendo crea un chiostro “virtuale” in cui al centro del progetto non c’e più l’uomo ma una griglia precostituita che si impone nello spazio.

Palladio nel portico di palazzo Chiericati trova una terza soluzione che connette in parte le due precedenti combinando le colonne d’angolo a 45 gradi e avvicinando le due adiacenti creando un forte effetto di compressione nella facciata.

Luciano Laurana, soluzione angolare , palazzo ducale Urbino, 1465; Donato Bramante, soluzione angolare, chiostro di Santa Maria della Pace, Roma, 1500; Andrea Palladio, soluzione angolare, palazzo Chiericati, Vicenza , 1550.

I primi due decenni del ‘900 sono anni di profondi mutamenti in cui vediamo l’affermarsi del movimento moderno a ridosso del primo conflitto mondiale, con la gigantesca figura di Le Corbusier in testa. Il quadro generale é però molto più complesso, infatti mai come in questa fase della storia dell’architettura coesistono voci e linguaggi differenti. Il moderno è certamente il nuovo paradigma ma negli anni venti vediamo autorità come Frank Lloyd Wright oramai in età matura con un linguaggio eclettico e organico. A questi esempi si associano esponenti dell’art Decò e del movimento eclettico, altri invece portarono il discorso Beaux Arts fino nel cuore degli anni ’30 Come Mckim Mead And White.

Il tema angolare quindi si fà più denso che mai.

Le Corbusier , Wissenhof houses, Stoccarda, 1927; Cesare Cattaneo, casa a Cernobbio, 1937; Frank Lloyd Wright, Fallingwater, Pennsylvania 1935

Le Corbusier impone con la forza della teoria il paradigma della pianta libera e nega l’angolo nella sua stessa natura strutturale sottraendo una intera sezione del volume per accentuare l’intima relazione tra spazio interno ed esterno.

Cesare Cattaneo ha un progetto di astrazione che si basa su serie di griglie a spaziali. Egli cerca nella geometria un sistema di valori primordiali che possano fissarsi come basi della modernità, nel suo progetto residenziale a Como l’angolo e’ il momento di verifica di questi sistemi di griglie. In esso non si percepisce alcuna intenzione puramente formale ma l’inevitabile risultato di un processo razionale. Più intuitivo e’ l’approccio di Wright nella casa sulla cascata, qui l’angolo si dissolve completamente creando uno spazio fluido ma anche frammentato allo stesso tempo. Saltando fasi chiave come gli anni ’60 con la nascita del post moderno e gli anni ’80 con l’affermazione dei decostruttivisti vediamo come il contemporaneo rivela la sua natura pluralista e globalizzata.

OMA, CCTV tower Pechino ,2012; Peter Zumtho , Kolumba museum, Colonia, 2007; Herzog & de Meuron, Matmut Atlantique stadium, 2015

La torre CCTV a Pechino di Rem Koolhaas e’ una grande macchina quasi completamente devota alla costruzione dell’angolo. Qui il progetto angolare include una scala che passa da architettonica ad urbana, diventa spazio lavorativo, sociale e politico. Il contemporaneo vede anche un certo ritorno a logiche arcaiche che vedono nei materiali tradizionali e nei volumi pieni un rinnovato piacere per l’architettura. E’ il caso di figure come Peter Zumthor che coerente con la tradizione Svizzera impone l’angolo come dato stabile e irriducibile. Il suo progetto di architettura e’ di forte presenza fisica e chiara compostezza.

Jaques Herzog e’ a mio parere oggi la vera autorità di riferimento, difficile sorprenderlo con un progetto non valido. Le difficili tessiture urbane in cui interviene lo vedono sempre cavarsela egregiamente con progetti evocativi.

Non c’e un progetto simile ad un altro perché il tema non e’ più la scontata riconoscibilità in stile archistar, ogni sito ha un “genius loci” diverso, in questo modo anche l’io sinora centrale scompare dietro l’orizzonte di necessità superiori. Il suo approccio all’angolo è in questo modo imprevedibile ma non per questo generico. Si nota sempre un certo ritorno all’ordine ma senza gesti nostalgici, si legge sempre una teoria che recupera disciplina e ripropone regole.

L’ipotesi di una architettura che parli veramente del nostro tempo oggi esiste ma non e’ identificabile più in uno stile o un linguaggio unitario.

L’angolo quindi non esiste più come necessita’ formale, un’ architettura senza cerniere non ha bisogno di angoli. A discapito però del design parametrico dove i piani X, Y, Z non sono più sufficienti , l’angolo rimane il principale generatore di spazi ed eterno punto di verifica della bontà di un progetto.

Simone LUCCICHENTI  Londra giugno 2018