La “Vulva Christi”, dai miniaturisti medievali l’origine e l’evoluzione del motivo della mandorla

di Carla ROSSI

Gian Lorenzo Bernini, Longino, Basilica di San Pietro, Vaticano

Secondo il Vangelo di Giovanni, il soldato romano Longino aprì (aperuit) il fianco di Cristo con una lancia e, dalla ferita, scaturirono sangue ed acqua (Giovanni, 19:34). I liquidi che colano dal costato di Cristo rappresentano i due sacramenti più importanti: il sangue dell’Eucaristia e l’acqua del Battesimo.

La ferita nel costato di Cristo è stata riconosciuta dai Padri della Chiesa come l’origine della Chiesa cristiana e Sant’Agostino l’ha descritta come «porta della vita, da cui nascono i sacramenti e la chiesa».

Una rappresentazione di Cristo che partorisce, letteralmente, la chiesa dalla ferita nel costato si trova nel Codex Vindobonensis 2554, del XIII secolo, una Bible Moralisée.

Fig. 1

Vi si nota (fig. 1) la personificazione di Ecclesia, che indossa una corona e ha in mano un calice, nel momento della nascita dal fianco di Cristo; i Padri della Chiesa sulla destra agiscono come testimoni.

Questa scena è posta specularmente alla creazione della Donna: Eva che nasce dal fianco di Adamo.

 

Fig. 2

Un’immagine molto simile a questa nascita della Chiesa si trova in un’altra Bible Moralisée: nel Codex 1179, folio 3v, della ÖNB di Vienna.

Proprio attraverso l’associazione tra la nascita della Chiesa e l’origine dei sacramenti, la ferita nel costato di Cristo è divenuta un simbolo di salvezza. Le rappresentazioni medievali della Passione enfatizzavano la ferita, per focalizzare l’attenzione sulla sofferenza di Cristo e donare, nel contempo, la speranza di redenzione attraverso l’osservanza e la preghiera.

In questo contesto, iniziarono a nascere nuovi motivi autonomi, come l‘Uomo dei dolori, dal ventre gonfio sotto la ferita (fig. 3).

Fig. 3 Artista sconosciuto, Uomo dei dolori (1470 circa), xilografia colorata a mano. 14,5 × 10,7 cm. British Museum

Interessante notare come la prima immagine della ferita isolata del costato apparve attorno al 1320, in un Libro d’Ore riccamente miniato, realizzato da una miniatrice donna, Bourgot Le Noir, per la monaca aristocratica Bonne di Lussemburgo.

In questa miniatura la ferita disincarnata ha un ruolo centrale: drammaticamente ingrandita, diventa essa stessa un’immagine devozionale (fig 4).

Fig. 4

Gli strumenti della Passione, detti Arma Christi, sono disposti simmetricamente alla sinistra e alla destra della ferita.

Il libro è strutturato secondo i Sei Gradi della Carità, un pellegrinaggio meditativo che culmina nella contemplazione della Passione di Cristo. La penultima miniatura mostra Cristo sulla croce, che indica la ferita, e il testo di accompagnamento è un lamento in cui egli parla al lettore. Nell’ultima pagina miniata, che mostra un primo piano della ferita del costato, il devoto parla a Cristo, in risposta. Il testo francese sotto l’immagine recita:

«Mostraci, dolce Signore, la tua grandissima benevolenza. Come hai sofferto per noi» (fig. 5).
Fig. 5

Il libro crea così un dialogo con Cristo, in cui egli rivela la sua sofferenza e suscita una risposta emotiva da parte del lettore.

Ora, non possiamo fare a meno di notare come la forma della ferita richiami la mandorla mistica o Vescica Piscis (“vescica di pesce”), il motivo ornamentale che nell’antica iconografia cristiana circonda la figura di Gesù, di Maria o dei santi. Il simbolo era già noto in India, nell’antica Mesopotamia, in Africa e nelle civiltà asiatiche.

Fig. 6

La mandorla mistica (fig. 6) è una figura simbolica che deriva geometricamente dall’intersezione di due cerchi aventi lo stesso raggio ed i cui centri si trovano l’uno sulla circonferenza dell’altro ed assume una doppia valenza: come intersezione di due cerchi rappresenta la comunicazione fra due mondi (quello materiale e quello spirituale, l’umano e il divino). Alludendo al frutto della mandorla, e al seme (a cui la forma somiglia), diventa un chiaro simbolo di vita e quindi un naturale attributo di Cristo.

Proprio per la sua forma, la “mandorla” rappresenta esplicitamente, in chiave simbolica, la Verginità di Maria. E non è quindi un caso che la prima immagine isolata della ferita nel costato di Cristo sia opera di una donna, per una donna.

La sacra ferita generatrice è quella di un Cristo androgino, in senso spirituale: unione perfetta tra femminile e maschile (sul Cristo androgino mi permetto di rimandare ad un altro articolo edito qualche mese fa per questa stessa rivista ( Cfr. https://www.aboutartonline.com/leonardo-alchemico-una-indagine-sui-misteri-del-salvator-mundi-tra-ermetismo-e-neoplatonismo-con-video-audio/).

L’importanza del genitale femminile è allora un implicito richiamo sia alla  discendenza matrilineare, di tradizione ebraica, sia alla discendenza messianica.

Se dalle prime menzioni nei testi medievali, la ferita nel costato di Cristo viene descritta come fonte di vita (fons vitae), il luogo da cui la Chiesa, i sacramenti e la speranza della salvezza sono venuti al mondo, mano a mano, essa inizia ad essere considerata  anche come porta di accesso al corpo di Cristo, e teologi e mistici del XIII secolo, come San Bonaventura, la descrivono come un vero e proprio portale, istruendo i fedeli su come entrarvi:

«Il cuore di Cristo è stato ferito affinché noi vedessimo nella piaga visibile la ferita invisibile dell’amore, e attraverso il portale del suo costato, trafitto dalla lancia, ci avvicinassimo al suo cuore».

Nel De perfectione vitae, Bonaventura si spinge anche oltre, nei suoi consigli alla comunità delle Clarisse:

«Non mettere solo il tuo dito nella piaga dei chiodi, non mettere solo la tua mano nel suo costato, ma entra con tutto il tuo essere attraverso la porta del suo fianco nel cuore stesso di Gesù», per essere «trasformato in Cristo dal tuo amore ardente per il Crocifisso».

Una tale unione mistica era il fine ultimo dell’intensa meditazione della Passione, e Bonne de Luxembourg, molto probabilmente, usava questa immagine miniata come punto di partenza per un viaggio della mente attraverso la ferita del costato per raggiungere il cuore di Cristo. Abbiamo, a testimonianza proprio dell’uso devozionale di questo genere di immagini per raggiungere l’unione mistica con Cristo, alcuni codici in cui il colore della ferita vulviforme è saltato a causa del continuo strofinio delle dita sull’immagine (fig. 7)

Fig. 7

Dunque, l’associazione della ferita nel costato con il canale della nascita e con l’apertura che conduce all’interno del corpo spiega l’analogia visiva con la vulva.

Mistici medievali, sia uomini che donne,  hanno descritto visioni in cui penetravano il corpo di Cristo, descrivendo l’ingresso attraverso la ferita laterale (vulnus) per raggiungere il grembo di Cristo (utero) e dimorarvi.

Scrive, ad esempio, Giacomo da Milano:

«Se ti sforzi di entrare in Cristo attraverso queste strette aperture, non solo la tua anima, ma anche il tuo corpo vi troverà riposo e meravigliosa dolcezza, e ciò che è carnale e tende alle cose carnali, sarà davvero reso spirituale attraverso l’ingresso in quelle ferite».
Fig. 8 La ferita del costato in un Libro d’Ore del 1400

Carla ROSSI   Lugano 21 febbraio 2021