La Sindone e Bernini. Pagine dal riepilogo per l’esposizione della ‘Mostra fotografica La Sindone e Bernini’, di Daniela di Sarra

di Daniela di SARRA*

*Riceviamo e con piacere pubblichiamo alcune pagine dal testo della Mostra fotografica “La Sindone e Bernini” inaugurata il 4 maggio nel Museo del Barocco di Palazzo Chigi ad Ariccia. La fotografa Daniela di Sarra -che con questo contributo inizia la sua collaborazione con About Art e che ringraziamo per la cortesia riservataci- ha avuto l’intuizione di comparare il busto berniniano col volto della Sindone: le due immagini appaiono perfettamente combacianti.

Bernini: il busto del Salvatore e la Sindone

da Pagina1. Il busto del Salvatore è l’ultima opera del Bernini,

quella in cui, secondo il figlio  biografo Domenico, egli “compendiò e restrinse tutta la sua arte”, e, secondo Baldinucci, “pose tutti gli sforzi della sua umana pietà”. Un’opera non commissionata da nessuno, ma eseguita dall’artista alla fine della vita, per sua devozione a sue spese e, come diceva, per la sua buona morte.

Giovan Lorenzo Bernini era uomo di devotissima fede,

profondo conoscitore di argomenti spirituali, che dibatteva col nipote, l’oratoriano padre Marchese, e con l’amico padre Oliva, Generale dei Gesuiti.  Fra tali argomenti, erano allora molto sentiti i ‘novissimi’, vale a dire le riflessioni sulla fine della vita e sulle pratiche devozionali ultime per scampare al pericolo di morire in peccato mortale e perdere la propria anima. Il marmo dell’Anima Dannata mostra appunto questa sua preoccupazione.

Il grande Irving Lavin ha dimostrato come Bernini, alla fine della vita, aspirasse di perseguire la bona mors, motivo ricorrente della devozione seicentesca, raccomandata dai Gesuiti, con  Roberto Bellarmino. Dimostra questa attenzione il quadro del Sanguis Christi, in cui il sangue di Gesù che ricopre il mondo, offerto dalla Madonna al Divino Padre, salva le anime dei peccatori che chiedono misericordia.

Pagina 3. Tra le amicizie di Bernini, fondamentale fu quella con la Regina Cristina di Svezia.

Figlia di Re Gustavo II Adolfo, era stata educata fin da piccola per regnare. Dotata di uno spirito libero e controverso, aveva assimilato una vasta cultura, con una smisurata passione per l’arte.

Convertita al cristianesimo dal suo maestro di filosofia Cartesio, abdicò al trono di Svezia, per aderire alla religione cattolica ed entrò a Roma su una carrozza disegnata da Bernini e offerta dal papa Alessandro VII, dal quale ricevette il battesimo.

Fu accolta con i più splendidi festeggiamenti. Divenne amica, protettrice e confidente del Bernini, con cui ebbe grande scambio di idee su religione, arte, cultura, scienza, filosofia. Prima di arrivare a Roma, era stata in pellegrinaggio a Torino nel 1656 per vedere la Santa Sindone, allora venerata profondissimamente come lenzuolo funebre di Gesù. Accolta con grandi onori dal Duca di Savoia Carlo Emanuele II e da Madama Reale Maria Cristina di Francia, si era inginocchiata a lungo davanti alla Sindone che aveva baciata.

Pagina 4. La Sindone è comparsa in occidente intorno al 1350 in Francia a Lirey, ma ce ne sono tracce più antiche in Medio Oriente.

E’ un lenzuolo funebre lungo 4,36 metri che conserva l’immagine frontale e dorsale di un uomo crocefisso coronato di spine, che ha patito tutte le violenze inflitte a Gesù come descritte nei Vangeli, tanto che lo si identifica con L’Uomo dei Dolori, che ben conosce il patire’, preconizzato dal profeta Isaia 750 anni prima di Cristo.

Al tempo di Bernini era considerata la più sacra reliquia cristiana. Fu oggetto di venerazione e pellegrinaggi anche da parte di illustri personaggi, come il cardinale Carlo BorromeoFrancesco di Sales. Si usava fare ostensioni della Sindone, in occasioni particolari, o la si mostrava a personaggi illustri in visita.

Pagina5. L’immagine del telo sindonico si comporta in modo anomalo quando la si fotografa,

producendo un’immagine negativa del tutto simile a un positivo ricco di dettagli, fenomeno scoperto da Secondo Pia, autore della prima fotografia nel 1898.

Non conclusivi ad oggi i risultati delle varie indagini fatte per datarla o per determinare come si sia prodotta questa immagine che non risulta dipinta.

La Sindone restituisce comunque l’immagine delle sofferenze patite da Gesù, tanto che Benedetto XVI la definì “Icona del sabato santo”. Nel corso dei secoli fu di ispirazione a vari artisti che raffigurarono il Santo Volto. Nei secoli fu di ispirazione a vari artististi che raffigurarono il volto santo, come Benozo Gozzoli e i mosaicisti bizantini della Sicilia.

Pagina 6. Bernini fu invano sollecitato ad andare in Francia prima da Luigi XIII, che chiedeva un suo ritratto, e poi da Richelieu.

Nel 1665 fu richiesto da Luigi XIV e da Colbert per il progetto del rinnovato Palazzo reale del Louvre. Il papa Alessandro VII, al secolo Fabio Chigi, consentì finalmente all’artista (che aveva appena terminato i lavori di Palazzo Chigi, della Collegiata e della piazza di Corte in Ariccia) di recarsi alla corte del Re Sole.

Durante il viaggio si fermò a Torino, ospite per tre giorni (20 – 22 maggio) del duca e dell’arcivescovo con grandi onori. Sicuramente poté vedere la Sindone, come si conveniva agli ospiti illustri; visitò il cantiere della cappella della Sindone e la Venaria Reale, cui lavorava il conte-architetto Castellamonte.

A Parigi, dove eseguì il celebratissimo ritratto del re,

conobbe Pierre Cureau de la Chambre, religioso della Cappella Reale ed esperto di fisiognomica, che lo seguì nel viaggio di ritorno, durante il quale sostò ancora a Torino. Cureau si fermò un anno a Roma, ed è verosimile che discutesse con Bernini su come doveva apparire la fisionomia dell’Uomo della Sindone da vivo, il Risorto, il più Bello dei Figli d’Uomo:

ὁ ποιμὴν ὁ καλός,

il bel pastore ovvero Buon Pastore nell’estensione greca del concetto di Bello-Buono, codificato da Platone.

Dopo tanti ritratti di Papi e Re, Bernini volle fare il ritratto del Re dei Re, vivo, trasfigurato dalla Sindone,

quel Salvatore che gli è talmente uguale da essere fotograficamente sovrapponibile all’immagine della Sindone.

Cureau fece fare per sé una copia della statua che ora si trova a Sées, in Normandia.

Il busto del Salvatore fu lasciato in eredità a Cristina di Svezia, che a sua volta lo lasciò al Papa.

La statua, di cui si erano perdute le tracce, fu riscoperta soltanto nel 2001 in S. Sebastiano fuori le mura da Francesco Petrucci, fondatore e direttore del Museo del Barocco nel Palazzo Chigi di Ariccia.

Daniela di Sarra  Roma  maggio 2019