La Sibilla Cumana di Domenichino dalla Galleria Borghese alla Pinacoteca Nazionale, Bologna, dall’8 aprile al 31 luglio 2022.

di Beatrice BUSCAROLI

Naturalmente è Carlo Cesare Malvasia, lo storico secentesco dedito a rivendicare alla “Felsina pittrice” i primati della sua città , il primo autore che racconta la storia della Bologna pittrice, a narrare quanto Domenichino, Domenico Zampieri, figlio di un calzolaio ma ben presto allievo in pittura di Denis Calvaert, fosse appassionato di musica.

Poi la storia s’ingarbuglia, Calvaert lo caccia dalla bottega e Domenichino – così chiamato, pare, dalla bassa statura – si rifugia nell’Accademia degli Incamminati , la scuola dei Carracci, quando già Annibale lavorava a Roma.

A lui, testimonia il Malvasia:

“piacque in eccesso la musica, onde anche putello, altra conversazione fuor dell’arte non aggradiva (…) e sebbene ei non ne sapeva tanto la pratica, ne discorreva per teoria con tali fondamenti e ragioni, che molti della professione volevano sentirlo ed approfittarsi della sue nuove speculazioni”.
Domenichino, Sibilla Cumana, Roma, Galleria Borghese

La Pinacoteca Nazionale di Bologna ospita, dall’8 aprile al 31 luglio, la Sibilla Cumana di Domenichino della Galleria Borghese di Roma, intrecciando rapporti con le opere della Pinacoteca stessa, da Guercino a Elisabetta Sirani, ma insistendo anche sul suo profondo legame con la musica.

Splendido ritratto di donna, che trae il suo profondo legame con la Santa Cecilia di Raffello, un quadro che scosse le coscienze bolognesi affermandosi come un ideale che rimase intatto per secoli, la Sibilla Cumana è raffigurata con uno spartito e una viola da  gamba.

Lavoro eseguito nel 1617 per il cardinale Scipione Borghese, la Sibilla romana mostra lo scatto intelligente, la nuova vitalità che riaccese il classicismo bolognese, ancora ingenuo ma coltissimo, premessa alla trasmigrazione di questi modelli in tutta Europa.

Volto perfetto e solare, occhi luminosi e intensi, abito stupendamente animato da luccicori settecenteschi, la Sibilla guarda in alto, quasi sentisse realmente le voci della musica che non sta suonando, ma solo immaginando.

Giulio Caccini

Gli studi che accompagnano l’esposizione del dipinto, hanno scoperto che il testo riportato sullo spartito è opera di Giulio Caccini, dalla raccolta di brani a voce sola e basso continuo pubblicata nel 1602. Di famiglia toscana, Caccini nacque a Roma, e visse per lo più a Firenze, visitando diverse volte Ferrara e Parigi.

Domenichino condivideva con Caccini l’interesse per lo stile monodico, opponendosi alla polifonia di moda: questo sembra voler dimostrare la nostra Sibilla, che sembra socchiudere la bocca appressandosi a cantare come solista.

Domenichino, Santa Cecilia , Parigi, louvre

Degli stessi anni è la Santa Cecilia del Louvre, di collezione Ludovisi, una delle opere sue più celebrate e riprodotte. E Cecilia sta suonando la viola,  una “viola bastarda” a sette  corde, mentre il putto regge uno spartito contemporaneo.

Altra derivazione da Raffaello, questa Santa Cecilia sembra ancora di più attratta da un cielo musicale, nel cui volto spiccano, ancora una volta , occhi rapiti da un’ ispirazione misteriosa.

Passano pochi anni, e Domenichino si pone di fronte al Re David che suona l’arpa (Louvre).

Opera sontuosa, spettacolare, opera in cui l’arpa sembra la protagonista del dipinto stesso, in luogo della cetra che solitamente gli era attribuita, ribadisce di nuovo l’interesse profondo che Domenichino portava ai cambiamenti musicali in corso, cercando di legarli alla sua pittura.

Nel 1638 Domenichino scrive a Francesco Albani, antico compagno di studi:

“In questi ultimi tempi, per necessità, non havendo alcuna conversatione, né divertimento, casualmente me diedi un poco di diletto alla musica, e per udirne, mi posi a fare istrumenti, et ho fatto un liuto, et un cembalo, et hora faccio fare un’arpa con tutti li suoi generi Diatonico, Cromatico et Enarmonico: cosa non più stata fatta, né inventata. Ma perché è cosa nuova alli musici del secolo nostro, non ho potuto per anco farlo suonare”.

Un’arpa tripla, dotata di 76 corde, che dimostra di quale profondità fosse la conoscenza che Domenichino acquisì sugli strumenti musicali, in un’epoca in cui si cercava di recuperare la tradizione della musica antica.

Domenichino sperimentatore, costruttore di strumenti musicali, sodale del cardinale Giovan Battista Agucchi nella definizione di quel classicismo cattolico, idealista e realista a una tempo, Domenichino affascinato da una bellezza sovraumana, che accende le guance  accaldate della sua Sibilla e inventa gli strumenti, perché quelli esistenti non gli bastano, e vuole salire, salire, salire oltre, dove le arti insieme hanno un significato, e una bellezza sola.

La bellezza dell’Italia, che inizia col primo Rinascimento e non finisce mai …

Beatrice BUSCAROLI  Bologna 10 aprile 2022

Sibilla Cumana di Domenichino dalle Galleria Borghese, Pinacoteca Nazionale, Bologna, dall’8 aprile al 31 luglio 2022.

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