La scomparsa di Achille Perilli; il ricordo di Vittorio Sgarbi nella fatale coincidenza dell’apertura della sua mostra al Mart di Rovereto

di Vittorio SGARBI

Commosso, stupito, addolorato, penso ad Achille Perilli, come al primo artista contemporaneo su cui, iniziando la mia attività di critico, in parallelo con quella di storico dell’arte, scrissi alla metà degli anni Settanta.

Perilli aveva una intelligenza lucida e geometrica, ma ciò che lascia interdetti e contemporaneamente indica una razionale provvidenza, è che, come Presidente del Mart di Rovereto, ho fortemente voluto, in collaborazione con Lorenzo Zichichi, e con le cure di Daniela Ferrari e Marco Di Capua, sensibili esegeti, una mostra di Perilli, in dialogo con Piero Gucicone, nel museo trentino.

I due artisti hanno temperamenti opposti ma pari tensione creativa. Ciò che appare incredibile è che la mostra, già pronta, che tristemente e sonnemente celebrerà il Maestro, con un rinnovato impegno critico nella rilettura del secondo Novecento, inaugura il 20 ottobre.
In questa coincidenza, mista di dolore e onore, c’è il mistero della vita e della morte, che soltanto l’arte risolve.

Entrambi gli artisti sono davanti a noi, con le loro opere, in dialettica e umana tensione, vivi. Tanto diversi e tanto intensi nell’indicare percorsi divergenti. Perilli ha aperto il mondo dell’astrattismo, condiviso con Dorazioo, Accardi, Turcato, nel gruppo Forma Uno, a una dimensione non legata all’istinto ma alla ragione, a un nuovo ordine del mondo, in cui la forma restutuisce la realtà senza interrompere la grande tradizione figurativa italiana, risalendo al “De divina proportione” di Luca Pacioli.

La visione astratta di Perilli non è fuga dal  mondo , ma idea di un mondo governato dalla ragione.

Il confronto con Piero Guccione, abbandonato alla infinità dei sensi, rende ancora più chiara la ricerca coerente e rigorosa di Perilli

Vittorio SGARBI  Roma 17 ottobre 2021