La pala di San Sepolcro di Girolamo Bedoli: note sul pittore a margine del recente restauro.

di Domiziana PELATI

Domiziana Pelati (Parma, 1996) si è laureata a Bologna nel 2018 in Storia dell’arte moderna con una tesi sugli affreschi del Parmigianino a Fontanellato, successivamente, presso lo stesso Ateneo ha conseguito la laurea magistrale in Pittura in età moderna con il Prof. Daniele Benati, discutendo nel marzo 2021 una tesi sugli affreschi parmigiani di Girolamo Bedoli. Si occupa principalmente di pittura emiliana del Cinquecento e del Seicento. Con questo articolo inizia la sua collaborazione con About Art Online.

Domenica 26 settembre, nella Chiesa di San Sepolcro a Parma, è stato presentato al pubblico il restauro della Madonna con Bambino, san Giovannino e angeli di Girolamo Bedoli (Viadana 1508?- Parma 1570)[1]. L’intervento, realizzato dalla Dott.ssa Anna Morestori con la supervisione della Prof.ssa Giusi Zanichelli e della Dott.ssa Lucia Fornari Schianchi, è stato finanziato dal Rotary Club di Parma.

Citata frettolosamente da Vasari nell’edizione giuntina delle Vite (1568)[2], la pala di San Sepolcro (fig. 1) vanta una storia insolitamente ben documentata delle proprie condizioni conservative.

1 Girolamo Bedoli, Madonna con Bambino, san Giovannino e angeli, 1556, Parma, Chiesa di San Sepolcro (prima del restauro)

Commissionata da Diana Tagliaferri Cusani per la cappella di famiglia e portata a termine nel 1556, quando il pittore ricevette gli ultimi pagamenti [3], la tavola fu sottoposta a una pulitura già nel 1722[4]. Successivamente, Bertoluzzi (1830)[5] ne lamentò le condizioni precarie, e ancora Testi nel 1908[6] ne denunciò i numerosi deterioramenti. Un primo restauro novecentesco venne effettuato solo nel 1935 in occasione dell’esposizione della tavola alla grande mostra sul Correggio [7], mentre un secondo ci fu nel 1948, quando ebbe luogo la “Mostra parmense dei dipinti noti ed ignoti dal XIV al XVIII secolo[8].

È proprio ragionando su quest’ultimo intervento che, in occasione della presentazione al pubblico dell’opera (fig. 2), la restauratrice Anna Morestori ha messo in luce le problematiche riscontrate durante i lavori.

2 (a) Girolamo Bedoli, Madonna con Bambino, san Giovannino e angeli, 1556, Parma, Chiesa di San Sepolcro ( dopo il restauro)
2. (b) Girolamo Bedoli, Madonna con Bambino, san Giovannino e angeli (dettagli), 1556, Parma, Chiesa di San Sepolcro (dopo il restauro)
2. (c) Girolamo Bedoli, Madonna con Bambino, san Giovannino e angeli (dettagli), 1556, Parma, Chiesa di San Sepolcro (dopo il restauro)

La tavola si presentava compromessa dai numerosi spostamenti subiti (verso la fine dell’Ottocento l’opera fu spostata dalla cappella Cusani alla quarta cappella a sinistra dell’altare e infine venne collocata in sagrestia dopo il 1971[9]) e dagli ultimi restauri, che hanno persino comportato l’eliminazione di una striscia di circa 20 cm dalla parte destra del supporto, ai fini di una nuova incorniciatura.

Per procedere è stato necessario mettere in sicurezza la cornice e il supporto in legno di pioppo (235 x 135 cm) formato da cinque tavole assemblate in un sistema di traverse a incastro, che si presentava fortemente dissestato e contratto. Successivamente, l’intervento sulla superficie pittorica, condotto secondo principi non invasivi e calibrati, ha dovuto tenere conto di cadute di colore che interessavano principalmente lo sfondo, nonché di tracce di una probabile operazione di stiratura che ha reso illeggibile la parte alta del dipinto. Grazie all’analisi ai raggi ultravioletti sono emerse alcune ridipinture stese a spessore e sono state ritrovate tracce di una vernice ottocentesca, tendente all’ingiallimento.

Morestori ha dunque proceduto alla pulitura, alla rimozione delle ridipinture sopracitate e alla stuccatura delle lacune. Ricorrendo, inoltre, alla tecnica della reintegrazione ad astrazione cromatica è stata in grado di far riemergere inedite sottigliezze pittoriche e una cromia vivida e accesa tipica della tavolozza bedoliana sulla metà del sesto decennio del Cinquecento.

La riscoperta delle cromie originali del dipinto permette finalmente di riprendere la discussione, in parte ancora aperta, sulla sua datazione.

La commissione a Bedoli di una pala per la cappella Cusani è da sempre nota agli studi grazie alle fonti settecentesche, in particolare, Baistrocchi (1780) [10] e Affò (1796) [11] confermano, sulla base di un documento andato perso, che il 24 novembre 1556 il pittore ricevette il saldo dell’opera da parte della vedova di Francesco Cusani, giureconsulto morto sette anni prima.

Se pochi anni fa il ritrovamento del contratto di allogazione permise di chiarire i termini in cui l’opera venne commissionata, tuttavia, sollevò anche qualche dubbio circa la sua datazione tradizionale; il documento, infatti, è datato 26 marzo 1550 e testimonia l’avvenuta commissione dell’opera per la cappella Cusani, che Bedoli si impegnava a completare entro un anno per il compenso di 50 scudi d’oro[12]. Fermo restando il dato indiscutibile fornito dal contratto di allogazione, tuttavia, per motivi stilistici è da escludere una retrodatazione del dipinto al 1550-1551.

3 Girolamo Bedoli, Polittico di San Martino de’ Bocci (pannello centrale), 1538, Parma, Galleria Nazionale

Calata in un contesto boscoso, la sacra conversazione è senz’altro una delle più dolci e intense mai dipinte dal pittore; mentre sullo sfondo due angeli, a seconda delle letture iconografiche, sembrano spezzare i rami di un albero o raccoglierne il frutto del peccato, chiara allusione all’umanità che attende di essere redenta, il piccolo Gesù, centro magnetico della composizione, guarda verso di noi mentre siede sulle ginocchia della madre, amorevolmente tesa in un abbraccio che avvolge anche san Giovannino sulla sinistra, intento nel gesto simbolico di consegnare una piccola croce a Gesù. Sulla destra, un angelo dalla veste frusciante si avvicina accoratamente al gruppo, lamentando con gesti ed espressione l’intellegibile destino di Cristo, che gli posa con fare rassicurante una mano sulla spalla.

Sebbene il gruppo della Madonna e del Bambino richiami formalmente il pannello centrale del Polittico di San Martino de Bocci (Parma, Galleria Nazionale) (fig. 3), immediato è il rimando, per intonazione cromatica e vicinanza stilistica, alla Sacra Famiglia con san Giovannino, santa Caterina e angeli (Parma, Galleria Nazionale) (fig. 4),

4 Girolamo Bedoli, Sacra Famiglia con santa Caterina e angeli, 1556, Parma, Galleria Nazionale

nonché al prezioso quadro farnesiano del Cupido dormiente (Chantilly, Musée Condé) (fig. 5), entrambi datati alla metà degli anni cinquanta del secolo.

5 Girolamo Bedoli, Cupido dormiente, 1556, Chantilly, Musée Condé

È una fase, quella intorno al 1556, in cui Bedoli perviene a un linguaggio altamente personale, facendo propria la sentimentalità feriale, dolce e accostante delle sacre conversazioni del Correggio. Basti pensare all’atteggiamento della Madonna della scodella (Parma, Galleria Nazionale) (fig. 6), peraltro anch’essa originariamente collocata in San Sepolcro nella cappella fronteggiante la cappella Cusani;

6 (a) Correggio, Madonna della scodella (dettaglio), 1528-30, Parma, Galleria Nazionale
(b) Correggio, Madonna della scodella (dettaglio), 1528-30, Parma, Galleria Nazionale
7 Correggio, Madonna di San Sebastiano (dettaglio), 1524 ca., Dresda, Gemäldegalerie

al suo sguardo bonario, alla sua gestualità posata sembrano fare diretta allusione le Madonne bedoliane di quegli anni, così come da altre prove correggesche più precoci, si pensi alla Madonna di San Sebastiano (Dresda, Gemäldegalerie) (fig. 7) e alla Madonna della cesta (Londra, National Gallery), sembra derivare lo sciolto sgambettare di Gesù e degli angeli, una cifra che il pittore farà propria in altre opere vicine cronologicamente, come la Conversione di san Paolo per San Francesco a Mantova, datata al 1560 ca (fig. 8).

Oltre a calare entro una nuova semplice ma efficace veste compositiva lo sguardo rinnovato alle tenere invenzioni del Correggio, questa precisa fase dell’operato di Bedoli si contraddistingue per un trattamento più robusto dei corpi – un aspetto che si deve principalmente all’influenza di Giulio Romano, come si dirà più avanti -, per una maggiore concretezza nell’esplicitare nei volti e nei gesti la temperatura emotiva dei personaggi, persino per una resa più carnosa degli elementi naturali (fig. 9), che avvicina le fronde maneggiate dagli angeli nel quadro in San Sepolcro ai famosi brani di verzura di mano del Parmigianino (fig. 10).

8 Girolamo Bedoli, Conversione di san Paolo (dettaglio), 1560 ca., Mantova, Galleria di Palazzo Ducale
9 Girolamo Bedoli, Madonna col Bambino, san Giovannino e angeli (dettaglo), 1556, Parma, Chiesa di San Sepolcro (dopo il restauro)
10 Parmigianino, Madonna di Santa Margherita (dettaglio), 1529, Bologna, Pinacoteca Nazionale

È un debito, quello verso il parente, che in Bedoli non verrà mai meno, specialmente nella resa eburnea degli incarnati e nei più raffinati brani pittorici ravvisabili in dettaglio nei panneggi, sempre condotti con tocco leggero e sottile, capace di suggerire trasparenze ancora squisitamente legate alla sua lezione.

Tornando alle motivazioni per cui la datazione al 1556 della tavola di San Sepolcro debba considerarsi valida, vale la pena soffermarsi sulla natura della commissione per la cappella Cusani. Risale al 2004 la proposta di Fabrizio Tonelli di attribuire a Bedoli su basi stilistiche il disegno del sacello funerario di Francesco Cusani addossato alla parete sinistra della cappella[13], un’ipotesi che ha di recente trovato conferma nella ricerca archivistica di Alessandra Talignani, da cui è emerso che fu il fratello del defunto a commissionarne l’esecuzione nel 1549 allo scultore Giambattista Barbieri su disegno di Bedoli.

Si tratta di un documento particolarmente significativo, poiché, oltre a confermare il ruolo centrale del nostro nella realizzazione della tomba Cusani (fig. 11), ne mette altresì in luce le competenze tecniche e lessicali riguardo la disciplina architettonica, aggiungendo un tassello importante alla conoscenza del pittore e della sua fortuna presso i più importanti committenti parmigiani[14].

Alla luce di ciò, è comprensibile che Diana Tagliaferri volesse completare la decorazione della

11. (b) L’aspetto odierno della cappella Cusani
11 (a) Giambattista Barbieri e Girolamo Bedoli, Monumento funebre di Francesco Cusani, 1549-51, Parma, Chiesa di San Sepolcro

cappella in breve tempo, commissionando già nel 1550 l’esecuzione della pala d’altare allo stesso Girolamo, e perseguendo, com’è evidente, un armonico dialogo tra pittura e scultura.

A dispetto dei termini di contratto, però, è lecito credere che l’effettiva realizzazione dell’opera – e della cornice, ora perduta – si sia protratta per qualche anno, fino all’avvenuta consegna nel 1556, come peraltro attestano le fonti settecentesche di cui sopra. All’inizio degli anni cinquanta Bedoli era oberato di commissioni. Oltre a essere l’artista più richiesto in patria, infatti, si ritrovò più volte a lavorare per committenze mantovane; risalgono a quegli anni la Santa Tecla del Museo Diocesano di Mantova, le sette tele con le Storie dell’Evangelista per la Chiesa di San Giovanni alle Carrette, la cui esecuzione si protrasse fino alla metà del sesto decennio, e la grande Adorazione dei pastori del Louvre, eseguita nel 1552 con la partecipazione di Fermo Ghisoni, stretto collaboratore di Giulio Romano.

È infatti lecito pensare che, proprio nel contesto dell’ampia riqualificazione del Duomo mantovano portata avanti dagli allievi del Pippi in quegli anni[15], Bedoli abbia ripensato in parte il proprio modo di dipingere, pervenendo a una nuova sintesi formale di cui daranno prova le opere dopo la metà del sesto decennio. La frequentazione di un diverso milieu culturale e la vicinanza con le opere di Giulio Romano e del suo entourage lasciarono in lui le tracce più visibili nel maggiore vigore plastico delle figure e nell’utilizzo di una cromia vivida e intensa (fig. 12),

12. Giulio Romano, Adorazione dei Magi, 1535, Parigi, Musée du Louvre

che grazie al recente restauro ritroviamo nei colori freschi e accesi della tavola di San Sepolcro (fig. 13).

13. Girolamo Bedoli, Madonna col Bambino, san Giovannino e angeli (dettaglio), 1556, Parma, Chiesa di San Sepolcro (dopo il restauro)
14. Giulio Romano, Disegno per la casa dell’artista (dettaglio), 1530 ca., Stoccolma, Nationalmuseum

Abbandonate, in parte, le più sottili preziosità filo-parmigianinesche e le astrazioni formali del quarto e quinto decennio del secolo, il pittore iniziò a guardare con più attenzione, attraverso il filtro giuliesco, alla lezione del classicismo di Raffaello.

15. Girolamo Bedoli, Apollo in una nicchia e due muse, Chatsworth, Collezione Devonshire

A Giulio Romano, di fatto, Bedoli aveva già iniziato a ispirarsi molto presto, fin dalla prima impresa decorativa nel Duomo di Parma (1538-44), reinterpretandone, nel Cristo giudice dell’abside, l’invenzione – per verità raffaellesca – della Deesis della Galleria Nazionale di Parma[16].

Ma fu soprattutto alle innovazioni architettoniche che il nostro guardò con costanza (fig. 14),  tradendone la conoscenza in alcune prove grafiche (fig. 15), seminandone le invenzioni nelle opere pittoriche, adottando, infine, soluzioni affini nella progettazione dei monumenti funebri, come dimostrano la tomba Prati in Duomo[17]  e il sepolcro Cusani.

L’influenza del pittore dei Gonzaga è infatti riscontrabile, secondo Talignani, nell’urna posta a ornamento del monumento richiamante la cultura antiquariale della Roma clementina, ma soprattutto nel mascherone di satiro (fig. 17) che campeggia sulla bugna in chiave d’arco[18], chiara derivazione dalle decorazioni mantovane del Pippi (fig. 16).

16. Giulio Romano, Satiro, Mantova, Palazzo Te, camera delle Cariatidi
17. Giambattista Barbieri e Girolamo Bedoli, Monumento funebre di Francesco Cusani (dettaglio), 1549-51, Parma, Chiesa di San Sepolcro

Tonelli aveva citato l’importanza dell’architettura giuliesca per il monumento Cusani, avvicinandolo stilisticamente alla tomba di Baldassarre Castiglione in Santa Maria delle Grazie a Curtatone (Mantova) e più in generale al monumento Thiene nel Duomo di Vicenza[19].

Mettere in luce l’influenza di Giulio Romano nell’opera di Bedoli disegnatore, pittore e architetto significa pertanto aggiungere un tassello importante alle vicende culturali e formali che interessano la commissione delle opere per la cappella Cusani, un ambiente che alla metà degli anni cinquanta del secolo si presentava armonicamente compatto e coerente dal punto di vista stilistico.

In conclusione, la discussione intorno alla nuova collocazione dell’opera ha fortunatamente portato a escludere l’ipotesi di ricollocarla nella cappella Cusani, rischiando di snaturarne l’attuale e ormai storicizzata conformazione, optando per la soluzione – di certo non ottimale, ma quantomeno sensata – di esporla alla destra del presbiterio, dove ora è finalmente visibile al pubblico.

Domiziana PELATI  Parma 19 dicembre 2021

NOTE

[1] Gli estremi cronologici del pittore, da sempre incerti, sono recentemente stati al centro di alcune considerazioni degli studiosi. In un articolo del 2010, con buone motivazioni, Fadda ha proposto di posticipare di otto anni la data di nascita del pittore, convenzionalmente fissata al 1500. Cfr: E. Fadda, Con Parmigianino a Viadana. Girolamo Bedoli (1508?-1569) nella bottega dei Mazzola, in “Vitelliana, Viadana e il territorio mantovano fra Oglio e Po”, 2010, p. 21. Sulla data di morte si veda invece: G. Cirillo, Parmigianino, Bedoli e Anselmi, in “Parma per l’arte”, 12, 2006, p. 13.
[2] G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architetti, Roma 2016 (1568), p. 784.
[3]  A. R. Milstein, The Paintings of Girolamo Mazzola Bedoli, New York 1978, p. 204.
[4]  G. Bertoluzzi, Guida per osservare le pitture sia a olio che a fresco esistenti attualmente nelle chiese di Parma,
Parma 1830, p. 165.
[5] L. Testi, Una grande pala di Girolamo Mazzola alias Bedoli, detto anche Mazzolino, in “Bollettino d’Arte”, 10, 1908, pp. 385, 393.
[6] M. Di Giampaolo, Girolamo Bedoli, Firenze 1997, p. 299.
[7] A. O. Quintavalle, Mostra del Correggio, Parma 1935, p. 110.
[8] Id., Mostra parmense dei dipinti noti ed ignoti dal XIV al XVIII secolo, Parma 1948, pp. 77-78.
[9] Milstein, The Paintings… cit., 1978, p. 205.
[10] R. Baistrocchi, Guida di Parma, Parma, Galleria Nazionale, ms n. 120, p. 73.
[11] I. Affò, Il parmigiano servitor di piazza, Parma 1796, p. 108.
[12] A. Talignani, Bedoli e la scultura, Bedoli e gli scultori, in Girolamo Mazzola Bedoli «eccellente pittore, e cortese e gentile oltre modo». Atti della Giornata Internazionale di studi (Viadana, 6 maggio 2017), a cura di E. Fadda, G. Milanesi, Viadana 2019, p. 71.
[13] F. Tonelli, Per Correggio, Parmigianino, Anselmi, Bedoli e l’architettura, in Parmigianino e la scuola di Parma. Atti del convegno, Casalmaggiore e Viadana 5 aprile 2003, Viadana 2004, pp. 57-58, 71-72.
[14] Talignani, Bedoli e la scultura… cit., 2019, pp. 83-84.
[15] Di Giampaolo, Girolamo Bedoli… cit., 1997, p. 130, n. 28.
[16] D. Ekserdjian, Girolamo Mazzola Bedoli, in Basilica Cattedrale di Parma: novecento anni di arte, storia, fede, a cura di M. Pellegri, M. C. Chiusa, Parma 2005, p. 97.
[17] A. Bacchi, Prospero Clemente: uno scultore manierista nella Reggio del ‘500, Milano 2001, p. 25.
[18] Talignani, Bedoli e la scultura… cit., 2019, p. 86.
[19] F. Tonelli, L’”Adorazione dei Magi” per la Certosa di Parma e l’architettura di Giulio Romano nell’opera di Girolamo Bedoli, in “Parma per l’arte”, 15, 2009, pp. 64-65, nota n. 60.