“La luce ricorda”. Quattro pittori d’immagine all’Accademia Nazionale Cinese di Pechino

redazione

Testo di Carla CERATI

In questi anni recenti la prestigiosa istituzione dell’Accademia Nazionale Cinese di Pittura ha spesso volto lo sguardo e l’attenzione verso l’Italia e l’Europa, affascinata dalla grande tradizione culturale legata all’arte, alla pittura, alla poesia ed alla filosofia. Già la rassegna d’arte Phoenix Art Exhibition che si è tenuta nel settembre 2017 nei musei di Feng Huang, che ha visto insieme in un dialogo-confronto dodici dei maggiori artisti cinesi e sei importanti artisti europei, esprimeva la necessità e la volontà di un confronto fra espressioni artistiche Cinesi e Occidentali.

Ora, la mostra che si è appena tenuta a Pechino, presso la sede dell’Accademia Nazionale Cinese di Pittura, puntualizzando una scelta relativa agli specifici linguaggi della pittura contemporanea, ha voluto invitare ad esporre due fra i più significativi autori della scena artistica italiana, Ruggero Savinio e Giuseppe Modica, insieme a due famosi pittori cinesi, Tang Yongli e Zhang Yidan, nel segno di uno scambio culturale e della creazione di una circolarità fra Oriente ed Occidente.

La cura della mostra è stata affidata a Giorgio Agamben, filosofo italiano di fama internazionale il cui pensiero ha in Cina una particolare accoglienza ed è studiato attraverso un’ampia diffusione editoriale, e a Zhang Xiaoling Vice Presidente dell’Accademia stessa, critico d’arte e fine studioso della cultura artistica internazionale, promotore di iniziative tese a valorizzare l’identità e la comunicazioni tra diversi paesi e culture.

L’Istituto italiano di Cultura, diretto dal dr. Franco Amadei, in collaborazione con l’Ambasciatore italiano a Pechino, S. E. Ettore Sequi, ha organizzato per l’occasione una giornata di studi con gli artisti  e i curatori.

R. Savinio, Bagnante di spalle
R. Savinio, Figura sulla scogliera

Il testo di Giorgio Agamben La luce ricorda, che ha dato il titolo alla mostra, ci suggerisce anche il filo conduttore nel concetto della luce come elemento primigenio, originario della creazione: dalla luce proviene la forma e la sua percezione; la luce trascina con sé la materia, si fa materia e si identifica con la materia cui dà forma. Se la luce è, in questo senso, ciò in cui forma e materia coincidono in un corpo, allora si comprende perché la luce sia per eccellenza il luogo e il medio della pittura. E Agamben ritrova nei quattro autori questo comune denominatore: il ricordarsi, ciascuno a suo modo, della capacità della luce di farsi corpo.

G. Modica. Atelier-Melanconia 2015 olio tela 100×80
G. Modica. Omaggio a Man Ray(nudo sul divano) 2014 olio tela cm 160×100

In Ruggero Savinio la luce è tutta raggrumata sui corpi, che non sono essi stessi altro che il risultato di un assillante e ripetuto picchettare della luce, tanto che non sapresti dire se il martellio provenga da fuori o da dentro, quasi fossero lavorati  a sbalzo dal colore che li forma.

A proposito della pittura di Giuseppe Modica, Agamben puntualizza l’aspetto della rifrazione e lo affianca a quello della riflessione, già indagato da molti studiosi. La rifrazione è intesa come sottile slittamento dei piani e cambiamento dell’angolo dello sguardo. Essa crea in Modica una sorta di straniante metafisica divisione, che cristallizza la visione su un piano altro, oltre la retina, più profondo e remoto, nell’area dell’umor glacialis.

Savinio e Modica sono due autori diversi fra loro, non assimilabili a gruppi di corrente, ma sono entrambi dentro il linguaggio della pittura come compenetrazione di forma-colore-luce. Una pittura che rimanda alle antiche ragioni originarie di autori come Giotto e Masaccio (Savinio), Piero della Francesca e Antonello da Messina (Modica) e che, attraversate e raccolte le sollecitazioni del Novecento, si rinnova nel Duemila alla luce delle inquietudini del contemporaneo. Un’antica accezione e ragione dell’arte che si interroga sul tempo e si reinventa senza uscire dalla natura stessa della pittura e dall’immanenza fisica e concreta dell’opera. Due autori, Savinio e Modica, tenacemente legati all’avventura della ricerca e della pittura; una pittura lenta e densa di sedimentazioni, di addizioni e sottrazioni e di memoria, in cui il tempo, la luce e l’immaginazione giocano un ruolo preponderante e fondamentale.

Questo intenso legame con il fare della pittura, con radici lontane e profonde è ciò che crea il rapporto con gli altri due artisti esposti in mostra.

Tang Yongli. Nascita della nuova Cina 482×170 cm
Tang Yongli. Dunhuang Dream. The Elderly-140×78 cm 1998

Tang Yongli è un autore che coniuga antica religiosità e laicità moderna, l’antica pittura ad affresco e la moderna indagine analitica di ascendenza europea. Questo rende plastici e minuziosamente descritti nei particolari i personaggi rappresentati. Oltre le figure il vuoto, l’assenza, la sospensione e parallelamente un ritmo segnico gestuale verticale di scrittura, che intreccia un dialogo armonico e sinergico con la figura e la sua plasticità. La forma verticale del supporto rafforza la verticalità dei personaggi che sono racchiusi in uno spazio definito solo dalla scrittura: un margine che rende ieratiche e solenni le immagini rendendole corporee. E questo accade anche nelle composizioni con molte figure, nelle quali la mancanza di margini accentua l’orizzontalità e la fisicità.

 

Zhang Yidan. Figura. 54X78 cm 2015
Zhang Yidan. Paesaggio 49X106cm 2015

Zhang Yidan ha osservato con profondo interesse la pittura di paesaggio dell’antica Cina ed ha pubblicato studi su Zhu Da (1626 – 1705), pittore e calligrafo, cercando di comprenderne la struttura e la forma espresse anche come studio del paesaggio. In parallelo Zhang Yidan ha indagato la decorazione dei tessuti nella tradizione popolare cinese. Da questo percorso nasce l’amore per il paesaggio e la figura, raccontati con grande capacità descrittiva e accuratezza di esecuzione nei suoi lavori, per i quali ha vinto importanti premi.

Giorgio Agamben osserva che la luce nella pittura cinese non è mai tema, si è completamente smemorata di sé e forse per questo non produce mai ombre, e forse è nella bruma sottile che pervade i quadri di Zhang Yidan e nel cielo alto che fa da contrappunto al paesaggio, che va cercata l’atmosfera sospesa. Sembra continuare la tradizione della pittura di paesaggio, quasi che i suoi inchiostri fossero frammenti di un rotolo delle Cinque Dinastie o dell’epoca Song – dice Agamben – e trova riscontro nel trattato sulla pittura di Shitao (1642-1707) dove tutti gli elementi descritti da Zhang Yidan nelle sue opere sono considerati costituenti essenziali della pittura: l’acqua che scorre e trabocca in tutte le sue forme,…la montagna che si trattiene e nasconde e  con la successione delle sue cime e delle sue pareti “veicola un ritmo”, gli alberi, isolati e in piccoli gruppi…

Carla Cerati ottobre 2018