“Io guardo ancora il cielo. Federico Faruffini”. Riaperta la mostra a Villa Borromeo d’AddaIo; fino al 27 giugno;

redazione

Sabato 1 maggio ha riaperto a Villa Borromeo d’AddaIo la mostra “Io guardo ancora il cielo. Federico Faruffini” prorogata fino al 27 giugno; promossa e sostenuta da Comune di Arcore a cura di Simona Bartolena con la collaborazione di Anna Finocchi

La mostra si potrà visitare venerdì, sabato e domenica dalle 15.00 alle 18.00 con prenotazione obbligatoria sul sito Ville Aperte – Eventi. Ilprogetto raccontala vicenda umana e artistica di questo straordinario artista dell’Ottocento, in un percorso coinvolgente, dalla narrazione profondamente “emozionale”,e attraverso un’ampia serie di capolavori corredati da un ricco apparato di schizzi, lettere, ricordi personali che restituiscono l’originalità di una figura complessa e sfaccettata.

Più di sessanta opere provenienti da importanti collezioni private di tutta Italia: dipinti a olio, acquerelli, disegni, incisioni e fotografie originali, numerose lettere e documentazioni d’epoca,formanoun percorso narrativo che, con un occhio di riguardo alla didattica, è pensato per coinvolgere anche un pubblico di non esperti.

Federico Faruffini fu uno straordinario pittore dell’Ottocento italiano, genio irregolare e tormentato e figura chiave nel superamento dei canoni romantici e accademici che ancora ingombravano la scena artistica lombarda alla metà del XIX secolo. Protagonista di una vicenda personale drammatica, che ben testimonia l’inquietudine esistenziale della generazione postromantica, nacque a Sesto San Giovanni nel 1833 e si formò a Pavia, dove la figura di Giacomo Trecourt garantiva un’apertura verso il nuovo che a Milano, a causa dell’incombente presenza della lezione di Hayez, stentava ad affermarsi.

Personalità ribelle e difficile, dall’indole instabile, Faruffini vivrà un’esistenza fatta di incertezze, ripensamenti, improvvisi cambi di rotta, fino al suicidio, avvenuto nel 1869, a 36 anni, dopo aver tentato inutilmente di trovare una cura ai propri tormenti abbandonando la pittura per aprire uno studio da fotografo e dopo aver cercato la sua strada tra Parigi, Milano, Roma e Perugia.

Federico Faruffini, Bozzetto per la battaglia di Varese, 1861-1862, olio su tela, 18,3 x 37,3 cm, collezione privata

Le sue opere, spesso innovative e a tratti sorprendenti, trovarono scarsa accoglienza in Italia, mentre raccolsero notevoli successi a Parigi. Eternamente diviso tra il desiderio di ottenere il plauso della critica e la voglia di sperimentare e uscire dai canoni imposti dall’insegnamento accademico, Faruffini fu costantemente in cerca di se stesso, mai soddisfatto, sempre pronto a rimettersi in discussione. Il suo straordinario talento nel rinnovare generi pittorici anche ben consolidati negli ambienti ufficiali –su tutti quello di storia –ne fece uno dei principali precursori della stagione scapigliata, anche grazie alla vicinanza con l’amico e compagno di studi Tranquillo Cremona. Ma la sua ricerca costituì un importante momento di passaggio verso la modernità anche per molti altri artisti delle generazioni successive.

Meno nota e frequentata di quella francese, l’arte italiana dell’Ottocento italiano è spesso ingiustamente trascurata. La scena artistica italiana del XIX secolo, invece, rivela aspetti di straordinario interesse e personalità affascinanti, degne di essere raccontate anche a un pubblico di non addetti ai lavori. Tra gli artisti della seconda metà dell’Ottocento spiccano personaggi la cui ricerca ha cambiato le sorti della pittura italiana, giocando ruoli di rilievo anche nella scena internazionale. Uno di questi è senza dubbio Federico Faruffini.

17.Federico Faruffini, Gli scolari dell’Alciato, 1864, olio su tela, 60 x 149 cm, collezione privata

La mostra sarà corredata da un catalogo che racconterà in modo esaustivo la ricerca e la figura dell’artista, oltre che testimoniare le opere presenti in mostra. In occasione dell’esposizione l’artista Enrica Borghi realizzerà un’installazione in omaggio a Federico Faruffini, dedicata all’opera La Toeletta antica. Il lavoro sarà esposto al primo piano di Villa Borromeo d’Adda, con altri lavori della Borghi, per tutta la durata della mostra, in un dialogo suggestivo tra passato e presente.

INFO Io guardo ancora il cielo. FEDERICO FARUFFINI, una mostra promossa e sostenuta da Comune di Arcore a cura di Simona Bartolena con la collaborazione di Anna Finocchi coordinamento, organizzazione e realizzazione Ponte 43 con il supporto di heart –pulsazioni culturali- fino al 27 giugno2021. Villa Borromeo d’Adda. Largo Vincenzo Vela, 1 Arcore, MB Orari di apertura e modalità di accesso venerdì, sabato e domenica, dalle 15.00 alle 18.00.

Prenotazione obbligatoria sul sito Ville Aperte –Eventi Ingressi€ 10,00 biglietto intero (solo mostra) € 8,00 biglietto ridotto per residenti di Arcore (solo mostra) € 15,00 biglietto intero (ingresso alla mostra + visita alla Villa Borromeo d’Adda) € 12,00 biglietto ridotto per residenti di Arcore (ingresso alla mostra + visita alla Villa Borromeo d’Adda) Gratuito per i minori di 6 anni e visitatori disabili con accompagnatore. Ufficio stampa mostraSara Zolla | Ufficio stampa e comunicazionepress@sarazolla.com| T. 34

Federico Faruffini nasce il 12 agosto del 1833, a Sesto San Giovanni, dove il padre Paolo, farmacista, si era trasferito da Pavia. Raggiunto il fratello maggiore a Pavia per studiare Giurisprudenza, comincia a seguire i corsi di disegno pittura della scuola civica cittadina, diventando allievo di Giacomo Trecourt. Più che a Trecourt, però, Faruffini guarda come proprio modello al Piccio, condividendo questa passione con Tranquillo Cremona, suo compagno di studi. A Pavia si lega di una profonda amicizia anche con Ernesto Cairoli e ne frequenta la famiglia. Nel 1855 torna a Milano: i rapporti con il maestro erano diventati molto burrascosi, fino al punto che egli ne aveva chiesto l’espulsione da scuola, e lui doveva iniziare il tirocinio presso il tribunale per terminare i suoi studi di legge. L’anno seguente parte per Roma. Nel 1856 si fa notare a Brera con il suo Cola di Rienzi che dalle alture di Roma ne contempla le ruine (collezione privata) ponendosi consapevolmente tra gli artisti che ambivano a rinnovare la pittura a soggetto storico in Italia, sull’esempio del Piccio e, soprattutto, di Domenico Morelli. A Roma, dove resta fino al 1858, frequenta Morelli, Celentano e Altamura con i quali ha occasione di arricchire le proprie esperienze e progredire nella propria ricerca. Tornato a Pavia nel 1858, vince il concorso Frank della civica scuola di pittura con una grande tela di soggetto storico. Al cardinale Ascanio Sforza, vescovo di Pavia, trovandosi nel castello di Milano, viene presentato il modello del duomo di Pavia da tre deputati di quella fabbrica, onde averne qualche sussidio in denaro per dar mano al lavoro, come infatti avvenne (Pavia, Musei civici). Nei mesi successivi Faruffini dipinge una notevolissima serie di lavori con un linguaggio sempre più personale e innovativo, evidente soprattutto nei molti bozzetti e studi. Tra il 1859 e il 1862 realizza anche la Battaglia di Varese (Pavia, Musei civici), un grande dipinto elaborato per disposizione testamentaria di Ernesto Cairoli, caduto il 26 maggio 1859, in uno scontro con le truppe austriache. Nel 1861 torna a Milano, dove da una parte raccoglie numerosi riconoscimenti e dall’altra risente di una dura ostilità da parte degli ambienti accademici. Nel 1865 inizia anche a dedicarsi all’acquaforte, incidendo un gruppo disuoi dipinti e collaborando all’edizione della Divina Commedia, pubblicata a Milano, con il commento del Tommaseo, dall’editore F. Pagnoni. Intanto crescevano le difficoltà economiche e si inasprivano i rapporti col padre, da sempre mal disposto verso la scelta artistica del figlio. Nel novembre del 1865 si trasferisce a Parigi, dove ottiene importanti gratificazioni: una medaglia d’oro al Salon del 1866 per il suo Borgia e Machiavelli, un terzo posto all’Esposizione universale del 1867 e una mostra personale alla galleria Cadart-Luquet. Ma i successi parigini non lo aiutano a risolvere i suoi problemi, dovuti a una profonda inquietudine esistenziale: se da un lato il Faruffini desiderava ottenere il consenso del mercato con opere accessibili e vendibili, dall’altro non poteva rinunciare alla pittura di storia e alla propria vena più libera e sperimentale. Disorientato, rientra in Italia nel 1867, in precarie condizioni di salute fisica e mentale. Resta per breve tempo presso la famiglia a Sesto San Giovanni, poi torna a Milano e infine a Roma, dove si dedica anche alla produzione di operette ad acquerello nel genere da souvenir con ciociari, popolani e figure in costume. Insoddisfatto tenta la via della fotografia, con l’intenzione di costituire un repertorio di scene di genere con figure in costume ciociaro da vendere ai pittori in sostituzione dei più costosi modelli viventi. Nel 1868 vende i materiali del suo studio per acquistare l’attrezzatura fotografica; ma l’impresa non ha fortuna: anche le sue fotografie erano ritenute troppo sperimentali. In un tentativo estremo di dare ordine alla propria vita, si sposa con Adele Mazzoleni, dalla quale ha una figlia, Teresa Maria Dolores, nata il 20 gennaio del 1869, e si trasferisce a Perugia. Ma anche questo nuovo cambiamento non placa le sue ansie. Federico Faruffini si toglie la vita ingerendo il cianuro di potassio con cui sviluppava le sue fotografie, il 15 dicembre del 869

Roma  9 maggio 2021

Adele Naiaretti

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