Il patrimonio artistico dell’Istria e della Venezia Giulia, vent’anni di studi di arte e cultura oltre ogni nazionalismo (con pagine scelte del catalogo del 1935)

di Enrico LUCCHESE

Enrico Lucchese (Trieste, 1973) si è laureato nel 1997 in Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea conseguendo il Dottorato nel 2006 e l’Abilitazione Scientifica Nazionale nel 2014; ha maturato numerose sperienze in campo accademico e universitario ricoprendo incarichi didattici presso vari istituti tra cui l’Ecole du Louvre, la Fondazione Giorgio Cini e presso l’Università di Trieste con insegnamenti nel settore dell’iconografia e dell’iconologia. Specializzato in particolare di pittura veneta settecentesca, ha pubblicato saggi su Piazzetta, Sebastiano Ricci, Tiepolo, Anton Maria Zanetti, nonchè numerosi contributi sul vedutismo veneziano; è membro della Libera Accademia di Studi caravaggeschi cardinale Francesco Maria Bourbon del Monte. Con questo intervento inizia la sua collaborazione con About Art

L’inventario del 1935 e vent’anni di studi dell’arte veneta ‘mobile’ in Istria.

La pubblicazione della Provincia di Pola nella collana Cataloghi e Inventari degli oggetti d’arte d’Italia, a un anno di distanza dalla riproposta di Zara curata da Carlo Cecchelli nel 1932, e nuovamente con la partecipazione dell’Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata, cade nel ventennale dell’inizio delle ricerche storico-artistiche in Istria, in Quarnero e in Dalmazia dell’Istituto di Storia dell’arte dell’Università degli Studi di Trieste.

Nel 1997, infatti, un gruppetto di laureandi stava seguendo un seminario di catalogazione scientifica di dipinti dal XV al XIX secolo del Museo Regionale di Capodistria, docente Giorgio Fossaluzza: un’esperienza fondamentale per tutti noi, studenti giuliani, friulani e veneti che della pur vicinissima Istria sapevano, alla fine dei conti, ben poco, cresciuti con un paese dell’Est al confine sostituito, all’inizio dell’età adulta, da due nuovi stati sovrani di un territorio che palesemente si dimostrava, ai nostri occhi guidati dalle lezioni di uno specialista schedatore qual è Fossaluzza e dagli incontri con il conservatore del museo Edvilijo Gardina, senza soluzione di continuità culturale con Venezia e la sua secolare civiltà.

La volontà di riaprire il ponte delle indagini in Italia sulle opere d’arte veneta lungo le coste orientali dell’Adriatico, superando con la forza della scienza schemi nazionalistici esiziali, partiva dal nostro relatore di laurea, Giuseppe Pavanello che aveva sostituito Decio Gioseffi sulla cattedra triestina di Storia dell’arte medioevale e moderna. Con la sua direzione, sempre in quel 1997, il numero 16-17 della rivista universitaria Arte in Friuli Arte a Trieste, pubblicata con i contributi ministeriali e del C.N.R., inaugurava la sezione di “Studi e ricerche d’arte veneta in Istria e Dalmazia”, titolo pure della contemporanea collana di volumi aperta da Antonio Alisi, Istria. Città minori.

Le città istriane. Litografia di Pietro Coelli fatta da Modiano

Per tutte le attività scientifiche che il nostro gruppo intraprese da quel giorno, si rivelò sempre imprescindibile il ricorso alle schede dell’Inventario degli oggetti d’arte censiti nel 1935 nella Provincia di Pola, un territorio che amministrativamente andava da Capodistria ad Albona, fino alle isole di Cherso e di Lussino: un libro curato dal punto di vista tipografico, con caratteri stampati in oro sulla fronte e il dorso della copertina, edito dalla Libreria dello Stato su impulso della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti.

Come si è segnalato nel saggio introduttivo al Catalogo zaratino, Pola era il quinto numero – leggibile in frontespizio – di una specifica collana ministeriale destinata alla schedatura sintetica, richiamata pure nel formato ‘portatile’ (18 × 26 cm), di “oggetti d’arte”, perlopiù mobili, delle provincie del Regno d’Italia, iniziata nel 1931 con Bergamo, e proseguita nel 1933 con Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria, nel 1934 con Parma e L’Aquila. Si trattava, dunque, di un progetto complesso, vista la varia natura dei materiali (dal dipinto alla miniatura, dal parato liturgico al mobile di sacrestia, dal reliquiario alle sculture) da catalogare. All’inizio del volume in esame, si dichiarava che il redattore dell’inventario era stato Antonino Santangelo, coadiuvato da illustri studiosi di arte veneta, Vittorio Moschini e Antonio Morassi, compilatori di due gruppi di schede “fusi organicamente nel testo”, a sua volta approvato dalla Sovrintendenza di Trieste per la pubblicazione curata da Luigi Serra, l’autore del catalogo delle cose d’arte d’Urbino (1934) e vero ‘regista editoriale’ in quel periodo nella Direzione Generale. Santangelo, che nel 1936 sarà il curatore del Catalogo delle cose d’arte e di antichità di Cividale del Friuli, è talvolta indicato nelle bibliografie come principale, se non unico, autore: si è notato invece che furono coinvolti più esperti, tra i quali si deve contare anche Wart Arslan, ringraziato per i “molti utili suggerimenti e consigli” in appendice a pagina 201, il quale stava preparando l’inventario degli oggetti della Provincia di Padova, uscito l’anno seguente.

L’esemplarità metodologica dell’inventariazione di Santangelo-Moschini-Morassi risiede nel fatto che, fino almeno alla citata trascrizione e soprattutto edizione critica di Città minori (1997), il volume del 1935 è rimasto l’unico testo di riferimento per la conoscenza dell’intero patrimonio artistico mobile istriano.

Provincia di Pola si dimostra, infatti, scientificamente più puntuale del pur interessante Arte in Istria di Francesco Semi uscito, con prefazione di Giuseppe Fiocco, nella prima edizione proprio nel 1935, così come – bisogna dirlo – solo l’acribia delle note di Maria Walcher trasformò in strumento utile l’esercizio di erudizione locale di Istria. Città minori. Partendo proprio dal fatto che Alisi, nel suo manoscritto del 1937, non aveva considerato i beni culturali di Capodistria, Parenzo, Pirano e Pola, oggetto di grande attenzione invece dell’inventario che qui si ripresenta, l’Università degli Studi di Trieste editò nel 1999 (ma la stampa è del 2001) il catalogo delle opere di architettura, scultura e pittura delle cosiddette Città maggiori istriane, dal Medioevo all’Ottocento: schede che, se da una parte non presero più in considerazione reliquiari, tessuti e altri materiali di arte applicata inventariati nel 1935, dall’altra analizzavano monumenti architettonici, opere del XIX secolo e affreschi non contemplati nella pubblicazione ministeriale.

Pur con dette differenze, il solco di una tradizione catalografica era fissato: un’indagine sul campo, non bloccata dai confini attuali, che teneva conto pure delle novità emerse dagli studi dei colleghi sloveni e croati.

Anche loro, infatti, avevano condotto e stavano portando avanti ricerche sul patrimonio artistico dell’Istria, continuando a riferirsi all’Inventario come a una fonte obbligatoria: dalla rassegna topografica di Tomaž Brejc (1983) sulla pittura nella regione litoranea slovena dal Quattro all’Ottocento, alla monumentale Istria pittorica. Dipinti dal XV al XVIII secolo. Diocesi Parenzo-Pola (2005), schedatura di Višnja Bralić e Nina Kudiš dei dipinti mobili del territorio in Croazia corrispondente ai vescovadi già di Cittanova, Parenzo, Pedena e Pola.

A margine e forse pure sull’onda di queste indagini nella penisola istriana, nel maggio 2002 erano pubblicamente presentate a Roma, nella sala Querini del Museo Nazionale di Palazzo Venezia, dal sottosegretario ai Beni Culturali Vittorio Sgarbi un complesso di opere artistiche ricoverate durante la Seconda Guerra mondiale provenienti da Capodistria, Pirano e Portorose, naturalmente elencate nell’inventario di Santangelo-Moschetti-Morassi. Restaurate e portate in mostra, con schedatura a cura del personale della Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia, al Museo Revoltella (2005-2006), esse sono oggi esposte in un altro museo civico triestino, quello di villa Sartorio. Accanto a questo insieme, va contato in Italia pure un gruppo di opere dalla chiesa e convento di Sant’Anna di Capodistria, il cui ricco patrimonio è inventariato (pagine 27-38) nella Provincia di Pola: il polittico di Cima da Conegliano si trova oggi al Palazzo Ducale di Mantova, pertanto in una sede statale, mentre il Museo Renato Raffaelli di Gemona del Friuli, presso il Santuario di Sant’Antonio, ospita numerose altre opere da Sant’Anna. Inoltre, rimanendo alle proprietà di conventi un tempo parte della Provincia Veneta dell’Ordine dei Frati Minori, al Museo Antoniano della Basilica del Santo a Padova è esposta la pala d’altare di Vittore Carpaccio dalla chiesa di San Francesco di Pirano, illustrata a tutta pagina nel nostro Inventario (p. 145).

I seguenti convegni di Venezia, alla Fondazione Giorgio Cini (2007), e di Capodistria e Isola d’Istria, all’Università del Litorale e presso la Comunità Nazionale degli Italiani (2009), si rivelarono quindi un momento di confronto e di bilancio senza frontiere fra chi, croato italiano sloveno, aveva affrontato lo studio dell’arte in Istria e nelle isole di Cherso e di Lussino.

Anche in quell’occasione, il volume del 1935 fu spesso menzionato come testimonianza preziosa di un panorama di beni culturali mutato a causa della Storia e per la natura ‘spostabile’ dei manufatti lì indagati: un censimento scientifico di tutto rispetto, cui oggi mancano all’appello alcuni ‘numeri’ (come gli eccentrici profeti Zaccaria e Geremia di Vittore Carpaccio già nel coro del duomo di Capodistria, si veda a pagina 40), che resta quindi uno strumento primario per la consapevolezza di una civiltà artistica che definisce con chiarezza e qualità il profilo di una terra bellissima.

(il libro edito da Zel Treviso si può acquistare anche da questo link https://zeledizioni.it/prodotto/provincia-di-pola-inventario-degli-oggetti-darte/

Inventario: pp. 27, 60, 127, 145

Enrico LUCCHESE  Venezia novembre 2018