Geometrismi, cosmogonie ed altre meraviglie; energia, forma e colore nell’arte di Pietro Marchioni

di Elena GRADINI

Nelle opere di Pietro Marchioni abita una certa vitale e prepotente energia che fatica ad essere contenuta all’interno dello spazio pittorico.

Complice la sua molteplice formazione, umana ed accademica, l’artista ha attinto molta della sua ispirazione dalle proprie esperienze di vita, che lo hanno visto viaggiare principalmente attraverso l’Europa ed il Continente Africano, consentendo così al suo io personale di riformulare in certo modo la propria visione delle cose e del mondo, lasciando progressivamente dietro di sé le proprie pregresse esperienze culturali per aprirsi al nuovo, proprio come le sue opere nelle quali abitano molteplici e diverse forme semantiche, dettate dalle esperienze vissute a contatto con mondi e culture altre dalla propria.

Con i suoi molteplici interessi verso l’arte, il design, la fotografia, l’artista è approdato ad un linguaggio artistico fortemente codificato che rende ben riconoscibile, ad un occhio attento, la firma artistica del proprio modus operandi. Opere le sue concepite come un coacervo polimaterico che si espande nello spazio dell’opera, che può essere tela, tavola, o cartone, così da sottolineare la sua naturale propensione verso il polimaterismo. Tra le varie suggestioni evocate dalla propria creatività spiccano soprattutto le infinite variabili che compongono il sostrato dell’opera; fitte trame a sequenza lineare o incrociata nelle quali si intersecano moduli circolari che rimandano a pianeti e galassie lontane dalla nostra; ammassi stellari che bucano lo spazio pittorico e sembrano voler rapire lo spettatore all’interno dei loro freddi nuclei siderali per poi essere controbilanciati dal calore avvolgente dei pianeti che abitano lo spazio limitrofo.

Nelle trame utilizzate, nel colore dai toni caldi e avvolgenti, si percepisce come l’artista abbia assorbito fortemente l’influenza dei luoghi dove ha vissuto ed abbia fatto proprie le loro specificità identitarie, costituite da tramonti infuocati e fredde notti stellate nel deserto; in quei tonalismi polimaterici sembrano abitare le tradizioni delle tribù africane avvezze all’uso di materiali come il legno, il cartone, le pelli conciate, il colore dai toni marcati che ne delimita le appartenenze etniche. Tutto questo amalgama di memorie va ad abitare i suoi universi stellari ed equatoriali insieme e restituisce una forte cosmogonia che viene aumentata anche grazie all’uso del mosaico, impiegato come una trama preziosa e sottile che va a scandire il tempo ed il ritmo della tela, ordita come un tessuto sacro e antico.

Ci si trova di fronte a vere e proprie allegorie dell’esistenza e delle sue sfumature; delle tipicità culturali e degli universi remoti.

E tutta questa personale visione sembra essere in costante evoluzione creativa di forme e di movimenti che, mai paghi, tendono verso l’approdo e la conoscenza di nuove e diverse forme di vita altre rispetto alle nostre, così da voler sottolineare come il flusso dell’esistenza umana sia esso stesso per definizione mutevole ed in continua e circolare trasformazione, soggetta a quella legge fisica dell’entropia per cui tutto si trasforma. In questo perenne ciclo di nascita, crescita e morte trova spazio la rigenerazione continua in nuove e diverse forme dell’essere e dell’abitare, che Pietro Marchioni sembra voler in quale modo catturare, consapevole che tuttavia l’uomo per la sua stessa natura può tendere alla conoscenza senza però mai approdare un vero ed univoco punto, in quanto tutto ciò che ci circonda, a partire dalla nostra stessa natura umana, è fatto di cambiamento e di perdita.

Piace tuttavia poter immaginare che, nella sua vibrante ed instancabile ricerca di spazi e mondi altri, Marchioni voglia sempre serbare quel suo particolarissimo entusiasmo dettato dalla curiosità verso le cose e gli uomini, in modo da poterci ancora regalare altri ed altrettanto multiformi universi abitativi, entro i quali, per un tempo breve o lungo che sia, l’osservatore possa trovare piacevole rifugio, una sorta di fuga estetica, dalle noiose banalità del quotidiano e risollevare il proprio spirito verso una nuda sinfonia creativa capace di avvolgere per il tempo necessario cuore e spirito, prima di tornare ad abitare l’esistenza quotidiana.

Elena GRADINI  Roma 10 Aprile 2022