Come operava Caravaggio: la ‘messa in posa’ dei modelli. Nuovi studi

di Roberta LAPUCCI  Storica dell’Arte, Docente

Gli studi per la messa in posa  dei modelli in Caravaggio

Il saggio è un breve ragionamento sulla messa in posa dei modelli e sul modo di comporre le figure da parte del Caravaggio.

In passato ho già dimostrato come  questo pittore impaginasse sulla tela una figura alla volta, procedendo dal fondo della composizione gradualmente verso il primo piano; in radiografia questo metodo di lavoro si osserva grazie alla sovrammissione dell’intero personaggio antistante su di un altro precedentemente dipinto sempre completo;  il che indica che l’artista non aveva già in mente dove una sagoma finisse e iniziasse l’altra, ma correlasse le figure in corso di esecuzione pittorica.

In questo testo  volevo invece approfondire  i suoi sistemi di posa con i modelli e l’uso di equipaggiamenti di studio, quali ad esempio i manichini.

Era per lui normale avvalersi di un corredo di sbozzi, disegni parziali, tracciati, studi da sculture, visto che posizioni  e volti simili vengono ripresi dopo un certo lasso di tempo; non si può mai parlare di molti anni nella sua carriera artistica, dato che se ne conoscono appena 3 lustri se vogliamo accettare il suo arrivo a Roma nel 1595, fino alla morte nel 1610.

Un personaggio presente in un certo dipinto, talvolta un amico o un garzone, viene più volte ripetuto soprattutto nella fase giovanile, quando il costo dei modelli doveva essere un onere gravoso per il giovane pittore.

Fra gli esempi dell’uso di uno stesso modello, replicato a breve distanza temporale, il più calzante è quello del  presunto Cecco Boneri,  protagonista del Sacrificio di Isacco Uffizi, della Conversione Odescalchi e dell’Amor vittorioso di Berlino.

Talvolta la tipologia dell’ impaginato di un volto come questo femminile, della Maddalena, Galleria Doria Pamphilji, visibile in scorcio a tre quarti, viene ripresa a distanza di anni con unnetto cambio di stile,  ma con un simile concetto di posa, delicata, dolce, languida e reclina;  si ripresenta  nella Madonna col Bambino del Riposo Doria Pamphilji (di cronologia vicina alla Maddalena) ma anche nella Natività di Messina (assai più tarda).

Un ribaltamento destra sinistra del volto della stessa figura virile si nota nell’Apostolo del Cristo nell’orto già a  Berlino e nell’anziano Cimone delle Sette Opere di Misericordia napoletane.

Una di queste doppie citazioni (riverse destra sinistra) potrebbe avere  valore autobiografico; nella Morte della Vergine, del Louvre, incarico affidatogli nel 1599 anche se  l’opera fu eseguita solo dopo ben 5 anni nel 1604,  la donna giace in una posa abbandonata, con la mano destra  sul ventre, il braccio sinistro steso e la testa reclina indietro; la stessa posizione compare nel Seppellimento di Santa Lucia, un dipinto tardo del Caravaggio, eseguito a Siracusa, dove la Santa era venerata. Lucia è anche il nome della madre del pittore e viene facile ipotizzare che questo duplice richiamo potrebbe essere un diretto ricordo del corpo adagiato sul letto alla morte della sua stessa mamma, scena alla quale il pittore dovette assistere quando era circa ventenne. Del resto la mano destra sul ventre ha sempre simboleggiato nell’arte antica  la protezione del piccolo che si porta in grembo.

Per quel che concerne il braccio steso che allude alla chiamata da parte di Cristo, presente  nella Resurrezione Lazzaro e nella Vocazione di San Matteo in San Luigi dei francesi l’ipotesi è che il pittore abbia eseguito queste due impostazioni  simili, seppure viste dal lato opposto, studiandole in un’ unica seduta di posa del modello mediante schizzi, tracciati, bozzetti; il Salvatore occupa  lo stesso spazio, circa un terzo della scena e  ripete lo stesso modulo compositivo geometrico ma ancora una volta ribaltato destra-sinistra. In certi casi, il Merisi cancella alcuni personaggi precedentemente dipinti durante l’ esecuzione delle  opere, per poi tornare a riproporli simili  in pitture successive

Ad esempio l’angelo del Riposo Doria mostra strette affinità col guerriero, visibile solo nelle radiografie del Martirio di San Matteo in San Luigi dei Francesi, pensato in una prima stesura e successivamente eliminato.

Figura citata da Annibale Carracci in veste di donna formosa sulla  destra del celebre Ercole al bivio, 1595-96 del Museo di Capodimonte.

Sempre nella prima stesura del Martirio di  San Luigi dei francesi viene eliminata una donna che si ritrae dalla scena, di cui il pittore sembra avere  memoria nella posa di Pero che si scosta dal padre Cimone delle Sette opere di Misericordia durante il periodo napoletano.

La realizzazione dell’abbozzo dei personaggi eseguita con l’ausilio di espedienti ottici (specchi e lenti antichi) talvolta impediva di poter tenere  una figura intera a fuoco in un’unica seduta di posa; in certi casi si riusciva ad ottenere una buona resa solo su mezza figura alla volta; questo creava distorsioni dovute al riposizionamento del sistema catottrico che causavano un’incongruenza nell’innesto fra le gambe e il torso; questo errore veniva nascosto dal  Caravaggio con l’apposizione di un mantello rosso o di un’ombra profonda nella zona del pube.

Amorino dormiente, Firenze, Palazzo Pitti

 

Per la ripetizione di altre parti del corpo simili si vedano ancora il  torso e il braccio del San Giovanni Battista Corsini e del San Girolamo di Malta,  sempre riversi destra sinistra.

Su un impaginato simile per il torso, sono stati inseriti due volti  diversi, entrambi che innestano male sul collo e sulle spalle. Questo ci induce a ipotizzare che il pittore potesse predisporre di tracciati base preliminarmente impostati per le masse corporee delle figure, su cui poi inseriva teste diverse, riprese dal naturale.

La posa della gamba del San Giovanni  Corsini è simile  a quella del San Giovanni battista di Kansas City, col ginocchio che sporge in avanti; le sue braccia invece sono incrociate e richiamano le ultime opere dell’artista, ad esempio il San Giovanni Borghese, sempre riverse destra sinistra o il San Giovannino disteso, recentemente comparso all’attenzione della critica nelle mostre giapponesi e conservato  in collezione privata.

L’aspetto femminile del corpo di quest ultimo giovane, col petto da ragazza adolescente e le cosce morbide, fa ipotizzare che possa essere stato uno studio di posa per la Madonna della Natività di Messina, poi rivestita con veste rossa lunga, come conveniente al decoro.

L’aggiunta successiva della testa di San Giovanni che di nuovo non innesta correttamente sul corpo muliebre e che ha proporzioni maggiori, è stata recentemente collegata da Malcom Ross al ritratto di un bambino, Federico, membro del casato Della Rovere, come compare nei ritratti di Claudio Ridolfi (1560-1644). Identificazione supportata anche dal difetto nei piedini di Federico, fedelmente riprodotto dal Caravaggio in questo dipinto.

Il volto e il piedino, elementi  caratterizzanti il personaggio, vengono quindi aggiunti posteriormente all’esecuzione della massa corporea, che invece raffigura una giovinetta adolescente in posa giacente di lato.

Due porzioni separate di pittura, eseguite in due momenti diversi.

Volendo stabilire un parallelo fra l’arte di Francisco Goya e del Caravaggio nella ritrattistica, l’artista spagnolo fermava rapidamente la posa e l’espressione del volto di ciascuno e  poi componeva i personaggi insieme in una fase successiva; i documenti affermano che Goya aveva a disposizione i suoi modelli (soprattutto i componenti della famiglia reale) al massimo per 45 minuti e quindi dovesse catturarli in meno di un ora con grande rapidità, come si vede nei bozzetti per la famiglia di Carlo IV, Madrid, Prado; le loro vesti venivano successivamente adagiate su manichini.

Nei bozzetti di Goya risultava impostato infatti solo lo scollo della veste; le braccia risultavano sempre assenti, anche per la intrinseca difficoltà tecnica dell’artista nella loro resa che, ove presente, spesso è goffa e pesante.

Nel  ritratto ufficiale del Conte de Floridablanca della collezione Banco de España a Madrid, il dipinto di piccole dimensioni che Goya sta mostrando è probabilmente il primo bozzetto del volto, la prima resa compositiva atta a cogliere la psicologia e l’espressione. Fu forse eseguito per richiedere l’approvazione finale al suo committente.

Nel caso del Caravaggio  al contrario, veniva prima studiata la corporatura del ritrattato, il suo abbigliamento e i suoi attributi iconografici; la testa veniva poi aggiunta in un secondo momento e spesso non attaccava bene sul collo.

Chiaro esempio di questo problema il Ritratto di Alof de Wignacourt del Museo del Louvre; un  uomo alto e robusto che non avrebbe mai potuto indossare l’armatura  di Jean de la Vallette, ancor oggi conservata all’Armeria di Valletta e  assai piccola di dimensioni.

L’armatura fu quindi riprodotta mentre era fissata ad un manichino e la testa del Gran Maestro, ritratta dal vero, vi venne “incernierata” in seguito, con una dinamica poco convincente (lo stesso problema si ripresenta nel Ritratto di Antonio Martelli, della Galleria Palatina di Firenze).
La posizione statuaria di Alof viene utilizzata secondo lo stesso schema compositivo per ritrarre suo fratello Philippe de Wignacourt, nella Decollazione del Battista, non più in armatura ma  in veste di carceriere con le chiavi ai fianchi (con pantaloni bianchi e veste verde, come il presunto San Giuseppe della  Natività di Palermo)

La maggior parte delle teste del Caravaggio sono fuori dal loro corretto posizionamento (si veda anche quella del San Francesco nella appena citata Natività palermitana); quindi l’artista inizia col ritrarre  la massa corporea delle figure da manichini o da sculture antiche e poi aggiunge le teste, che sono i ritratti dal vero dei  personaggi.
Questa dissonanza fra le  misure e il mutuo posizionamento corpo/volto è ancora più facile da notare nella Natività di Messina; qui la testa del pastore è davvero di dimensioni troppo grandi e orientata erroneamente rispetto alla massa corporea.

 

Per concludere, nella biografia di Gaspare Celio si narra che  da Milano il Merisi
“se ne andò a Roma, dove passando poveramente andava facendo per un bottegaro detto Lorenzo ciciliano, alcune teste di santi, per cinque baiocchi l’una, e ne faceva doi, et se ne andava a mangiare….”;

il Bellorisi avanzò per quattro o cinque anni facendo ritratti …”  e ancora  tra le opere “grossolane” – teste o “capocce” condotte alla buona ed eseguite nel numero di tre al giorno per un “grosso” l’uno (1 scudo corrispondeva a 20 grossi) – eseguite dal Merisi nella bottega di Lorenzo Siciliano o in quella di Antiveduto Gramatica, certamente potevano esserci anche dei ritratti sotto forma di studi di teste: “una produzione che dovette essere comunque veloce e tendenzialmente seriale, scarsamente redditizia e soprattutto poco stimolante per un giovane ambizioso come Michelangelo”. (Nicosetta Roio, Aboutartonline dicembre 2018)

 

Viste le citazioni dei biografi, ci si aspetterebbe di trovare un numero cospicuo di testine del Caravaggio.

Le molteplici proposte presentate da Franco Moro nel volume Caravaggio sconosciuto sono veri e propri ritratti a mezzo busto; ritengo che  si debbano invece cercare piuttosto i studi di teste di piccolo formato come questi due preparatori di Tiziano, di collezione privata per l’Arcangelo e Tobiolo della Chiesa di San Marziale a Venezia.

Quando saremo pronti per dare il via alla caccia al tesoro per le testine del Caravaggio è qualcosa di simile a queste che dobbiamo cercare.

Roberta LAPUCCI   Firenze 28 febbraio 2021