Andreas Angelidakis – POST – RUIN Bentivoglio, 28 aprile – 12 giugno 2022

di Beatrice BUSCAROLI

Rovine all’interno di rovine: così l’artista greco Andrea Angelidakis ha immaginato il suo intervento all’interno di tre sale suggestive e misteriose nei sotterranei di un palazzo cinquecentesco bolognese.

1506 – 1507: il palazzo della sola signoria, i Bentivoglio, che sorse in un luogo continuamente conteso tra il Papato e le poche forze di una città divisa tra grandi famiglie sempre in lotta tra loro, e la volontà di riportare Bologna sotto le redini dei nemici, papa o dinastie avverse, venne completamente distrutto dalla furia popolare, affiancata dalla volontà di Giulio II.

La vicenda della distruzione del palazzo, letteralmente disfatto al punto che i resti dettero nome a una piccola collina che ancora oggi ne reca memoria, “Il guasto”, è un unicum nella storia della città, così come l’insensatezza di questa cancellazione, in tutti i sensi, che ancora stupisce per l’ efferatezza del popolo che sembrò scagliarsi contro la famiglia, cacciata dalla città, coi suoi affreschi, opera di Lorenzo Costa, Francesco Francia e molti altri.

Voltiamo pagina. Intorno al palazzo c’erano le cantine, le stalle, i passaggi sotterranei. Su tutto ciò i nemici dei Bentivoglio, popolo, Senato cittadino e Papato, sparsero rovine di una distruzione che ancora stupisce per la vastità indescrivibile della sua violenza, una damnatio memoriae che forse i Bentivoglio non meritavano affatto.

Nella luce fioca delle stanze degli antichi sotterranei, oggi appaiono nuove rovine.

Templi greci, colonne spezzate, architravi muschiosi su cui aleggia la memoria di Francesco Piranesi, figurette che sembrano percorrere la storia come bamboccianti senza tempo, senza un tempo.

Ma l’artista, architetto greco del 1968, rovescia completamente quanto fino a qui si è detto. Elementi morbidi, enormi cuscini ricoperti da una superficie che imita il marmo, quadrati o a forma di volte, sembrano ridare uno spazio umano alla doppia vita di queste rovine. Perché sono modulari, perché ti ospitano mentre guardi i video e perché ridanno un sentore di vita a qualcosa che appare, dapprincipio, proprio come una sola rovina, del tempo e dello spazio.

“Mi sono formato come architetto e cambio ruolo tra artista, curatore, architetto e insegnante” , dichiara Angelidakis. “La mia pratica multidisciplinare si concentra spesso su Internet. Molte volte parto da un edificio esistente, producendo modelli, film, ruderi, installazioni o storie alternative, confondendo realtà e finzione, sfumando i confini tra realtà e virtuale”.

Benché il mondo antico, la Grecia soprattutto, sembrino la sinopia del pensiero di quel tempo che si affaccia per misurarsi con l’oggi, le rovine dell’artista hanno un’altra origine.

Partecipando a Documenta 14, nel 2017, Angelidakis propose ad Atene (seconda sede della mostra di Kassel) un’ “architettura morbida composta da 68 blocchi di ruderi, ruderi di un parlamento democratico” che può essere assemblata e riordinata in infiniti modi.

Il suo scorrere nei tempi e tra i secoli, il suo naturale confronto tra cuscini e democrazia, il suo occhio disincantato verso il mondo di oggi, un mondo destinato a trarre ulteriori e inconcepibili “rovine” dall’ imperio di Internet, dona a questo architetto una sorta di filosofia nuova e disincantata, che raccoglie il passato per gettarlo nel futuro, quasi presagendo una ulteriore forma di rovina.

“Poiché il web è pieno di siti web abbandonati, piattaforme e portali in disuso, l’abbandono a lungo termine trasforma le costruzioni in rovine, sia nella vita reale che in quella virtuale”.

Dunque il suo occhio, plasmato dalla civiltà in cui è nato e vive, attraversa i tempi senza utopie, rievocando spesso i primati dalla Grecia antica, ma riaffermandone la morte, nello stesso modo in cui dichiara la morte dei valori di oggi.

Come scrive Antonio Grulli, curatore della mostra, i video presentati negli antichi sotterranei, mostrano

“vere e proprie riflessioni critiche sul nostro modo di abitare e su come le tecnologie possano formare l’architettura più degli architetti stessi: come nel video in cui s’immagina una vita sommersa e definita dalle nostre nuove modalità di acquisto domestico, e in cui le scatole delle consegne a domicilio diventano i nuovi elementi base, fisici e simbolici dell’architettura”.

E ancora

“il computer, internet e le nuove piattaforme social diventano per lui uno dei principali strumenti del fare architettonico, permettendogli di portare una pratica generalmente collettiva – il costruire – verso l’isolamento dello studio artistico e intellettuale”.

Isolamento. Il Lavoro di Angelidakis mostra un mondo senza uomini, anche quando, nei suoi pannelli o nei suoi video, mostri accenni di un’umanità scomparsa, tra rovine antiche e moderni residui di un’ umanità in via di scomparire.

Una complessa installazione, notturna, seducente, pessimista, che sembra testimoniare il tramonto di un sistema civile, che proprio nel cosmopolitismo di Diogene il cinico a cui è dedicato il video Vessel del 2016, aveva trovato la linfa capace di garantire il sorgere di civiltà che un tempo si erano confrontate e avevano tra loro dialogato. Quel sistema, quell’abbozzo di civiltà tutta mediterranea, pare dissolversi.

Irrimediabilmente … Come quando l’Europa, mito contemporaneo ed effimero, scelse in anni recenti, di non contribuire alla Grecia di risollevarsi, forse dimenticando quanto Diogene ebbe modo di rispondere al giovane Alessandro il Macedone, allorché gli chiese da quale polis provenisse: “Sono cittadino del mondo intero”.

L’architettura (e non solo) diventa una sorta di gioco, in cui i blocchi leggeri in gommapiumaoffrono ai visitatori la possibilità di creare il proprio rudere contemporaneo”.

Il destino è sempre lo stesso, rovine greche, echi piranesiani e quindi romani, su cui incombe il fallimento dell’arte odierna.

Fatta da moduli morbidi, che non hanno un disegno né un luogo preciso, imitazioni di un marmo che non è più marmo ma plastica, ma dove l’uomo, prima ignorato e in fondo deriso, sembra poter tornare, dietro l’occhio ammiccante di un architetto che parla di rovine ma sogna una costruzione nuova, magari senza uomini, senza l’illusione di internet, ma dove il nulla sogna di riapparire.

Beatrice BUSCAROLI   Bologna 1° Maggio 2022

Andreas Angelidakis – POST – RUIN Bentivoglio, 28 aprile – 12 giugno 2022 (Bologna, via del Borgo di San Pietro 1)

Foto

Andreas Angelidakis, Les plus beau monumashaps du Grece, 2021, carta da parati, 58 mq/sm; credit: Courtesy Andreas Angelidakis e Palazzo Bentivoglio