Al “Convito di Absalon”, capolavoro di Niccolò Tornioli, il premio come più bel dipinto alla 32^ Biaf di Firenze

di Rita RANDOLFI

Sono  molto grata  alla casa editrice Darte per aver scelto di presentare la mia monografia su Niccolò Tornioli nell’ambito della Biennale dell’Antiquariato di Firenze, che ha riaperto i battenti quest’anno dopo il lungo periodo segnato dalla pandemia, infatti il dipinto premiato come il più bello dell’esposizione, che si è rivelata di altissima qualità,  appartiene proprio al pennello dell’artista senese: si tratta di un meraviglioso Convito di Absalon, proveniente dalla collezione  di Luigi Koelliker, portato in mostra dalla Galleria Robilant & Voena.

Il quadro, un olio su tela, di  cm 216,2 x 147,5 era stato riferito al Tornioli già dal Voss, che lo aveva visto nel 1974 ad un’asta torinese con il riferimento errato a Rutilio Manetti. Nel 1978  Alessandro Bagnoli lo pubblica e Marco Ciampolini poco dopo lo inserisce tra le opere dell’ultimo periodo di attività  dell’artista.

Niccolò Tornioli, Il Convito di Absalon

L’episodio raffigurato, decisamente raro in pittura, è tratto dall’Antico Testamento, più precisamente dal secondo libro di Samuele. Per vendicare la violenza che  Ammòn aveva compiuto ai danni di  Tamar, Absalon convince Davide,  padre di tutti e tre,  a concedergli di invitare anche i restanti  fratelli  ad  un banchetto.  Si mette quindi   preventivamente d’accordo con i  servi, i quali, quando Ammòn, un po’ come il Polifemo dell’Odissea, sarà completamente frastornato dal vino,  dovranno aggredirlo ed ucciderlo.

Tornioli rende con maestria la concitazione del momento: il protagonista lancia il segnale, indicando con veemenza il colpevole. Il suo gesto imperioso ripete quello di Copernico degli Astronomi nella Galleria Spada di Roma e del sommo sacerdote ammantato della Disputa con i dottori nel tempio, in collezione privata a Siena, mentre la sua fisionomia  ed il  cappello piumato ed ornato con una spilla rinviano al soldato della Vocazione di san Matteo di Rouen, e al personaggio a sinistra che grida nella Cacciata dei mercanti dal tempio di palazzo Spada.

Il desiderio di giustizia di Absalon traspare dall’espressione del suo volto e,  simbolicamente,  da  quella testa di leone  che abbellisce l’impugnatura della sua spada, visibile  da sotto il mantello rosso.

Ammòn alza le braccia  muscolose ripetendo un atteggiamento  che, da Raffaello dell’Incendio di Borgo, a Caravaggio della Deposizione di Cristo nella Pinacoteca della Città del Vaticano, a  Domenichino della Caccia di Diana della Galleria Borghese, a Pietro da Cortona del Ratto delle Sabine della Pinacoteca Capitolina, a Gian Lorenzo Bernini del gruppo del Ratto di Proserpina diventa un vero e proprio topos iconografico.

Le fisionomie degli altri personaggi ricorrono spesso nei dipinti del senese. Il soldato al centro con la barba che sta per conficcare la punta della lancia sotto l’ascella dello stupratore è lo stesso modello  di Montano del Sacrificio di Mirtillo della Galleria Spada, ma anche del dottore ammantato della Disputa nel tempio, in collezione privata a Siena e nell’inedito, con stesso soggetto, di ubicazione ignota. Il giovane terrorizzato sulla destra ritorna nella Cacciata dei mercanti dal tempio del palazzo Capodiferro Spada. Persino quegli occhi corrucciati, quelle fronti corrugate dei personaggi secondari  che si intravedono tra le figure principali sono tipiche cifre stilistiche dell’artista, desunte dagli esempi dei colleghi, come  Mattia Preti,  Nicolas Tournier o Simon Vouet, tanto per citarne qualcuno.

La scena  è estremamente dinamica, tumultuosa, sembra quasi di poter ascoltare il chiasso delle urla degli astanti: Tornioli  coinvolge lo spettatore all’interno di una narrazione dal ritmo serrato, quasi teatrale,  dando l’impressione che gli oggetti che cadono dalla tavola imbandita possano scivolare ai piedi di chi osserva il quadro.

Una fonte di ispirazione per l’impaginazione dell’opera  potrebbe essere stata la Cacciata dei mercanti dal tempio di Valentin all’Ermitage. La tela, costruita sulle diagonali,  rappresenta un Cristo profondamente alterato che ribalta un tavolo, proprio come avviene  nel Convito.

Nella versione di Niccolò sulla tovaglia candida spicca un centro tavola, costituito da un piatto, dove uno strano animale, che pare  un fossile e ricorda la raccolta di mirabilia del più importante committente del senese, Virgilio Spada, è cavalcato da un uomo che fa violenza su una donna: Ammòn e Tamàr.  Il pittore cita, ancora una volta,  se stesso: la schiena nuda, le gambe muscolose e la postura dello stupratore  ricordano la figura della costellazione di  Ercole dipinta sul globo al centro degli Astronomi Spada.

L’inconsueta rappresentazione della donna sul fossile nasconde in realtà una citazione colta, tratta dal mito di  Nereide che cavalca una pistrice, un animale marino che, oltre ad avere sembianze mostruose,  era noto per la velocità con cui catturava le sue prede. Tornioli, dunque, prendendo spunto da Cesare Ripa, allude alla hybris di Absalon che assassina il fratello, la cui violenza è talmente inconcepibile e inaccettabile da far nascere inevitabilmente un desiderio di vendetta e giustizia, sensazioni forti, contro cui si dimena un essere diabolico, con il corpo da ratto, le orecchie appuntite, la bocca spalancata con la lingua protesa all’infuori, che si sporge aggrappandosi all’elmo del soldato all’estrema sinistra, armato di alabarda, cercando di impedire che ferisca il  colpevole.

Il senese si rivela un naturamortista di eccezionali capacità: da un altro piatto cadono i dolci, tra i  quali  spicca uno a forma di scudo, decorato con  una testa  di Medusa. Questa Gorgone allude allo scudo  della dea Athena, che aveva trasformato Medusa in un mostro, dopo che questa era stata posseduta da Poseidone: un altro riferimento erudito al mito greco, dunque, che si ricongiunge all’episodio rappresentato.

Chissà che  il ricamo appena visibile   sul lembo destro della tovaglia, possa costituire una traccia per identificare i committenti del quadro, persone sicuramente di un certo spessore culturale e dai molteplici interessi, tra cui quello per le armi: una spada, un’alabarda, una lancia, due pugnali.

Ciampolini propone plausibilmente  il nome di Mattias de’ Medici, governatore di Siena nel 1629 e ancora nel 1641, nonché combattente durante la guerra dei Trent’anni, fervido collezionista tanto  di dipinti con personaggi  in armature, quanto di strumenti scientifici come   quadranti, astrolabi, compassi, che denunciano le proprie passioni, coltivate anche dallo stesso Tornioli e dal suo mentore Virgilio Spada. Mattias, per giunta, torna a Siena, dopo varie peripezie,  nel 1648, data che coincide con la possibile esecuzione  del Convito.

Le stoffe degli abiti dei personaggi del quadro sono estremamente ricercate: damaschi, velluti, cotone. Tornioli reimpiega i costumi di cui dispone, il cappello, l’elmo del soldato a sinistra, e ancora  la spilla sul manto di Absalon è la stessa che orna l’acconciatura di Pero della Carità Romana Spada e che si ritrova sul diadema della Giuditta, di ubicazione ignota, il panneggio blu del mantello di Ammon avvolge la personificazione dell’Astronomia del celebre capolavoro della Spada e le gambe della Cleopatra già Koelliker, nonché il cuscino della compagna, in collezione privata, recentemente restituitagli da Gianni Papi, che l’ha sottratta dal catalogo di Artemisia Gentileschi.

Il chiaroscuro contrastato, i colori vivaci, i diversi sentimenti colti sui visi delle otto figure maschili ritratte contribuiscono a rendere la composizione accattivante ed in grado di emozionare. Tornioli  rivela la sua stratificata cultura iconografica,  letteraria, biblica, una perizia tecnica notevole, una capacità di narrazione sorprendente, qualità  che ne  confermano l’importanza e l’unicità  nel variegato panorama della Roma della metà del Seicento, pullulante di artisti provenienti da ogni dove, giustificando la stima che Borromini e Virgilio Spada nutrono per lui.

Questa tela, permeata di grande pathos, può essere considerata il contraltare degli Astronomi Spada: entrambe le opere hanno un formato orizzontale, sono abitate da numerosi personaggi vestiti in maniera scenografica ed appariscente, tuttavia mentre il quadro Spada si rivela più equilibrato, qui domina un fremito di vita, di rabbia, di nervosismo che fanno pensare ad una datazione più tarda, più vicina al Sacrificio di Mirtillo,  rivelando, dunque, un Tornioli inquieto figlio del suo tempo.

Rita RANDOLFI  Roma  9 ottobre 2022