A Spoleto un Rigoletto nel mondo degli scacchi

di Claudio LISTANTI

 

Un buon successo di pubblico ha salutato la prima rappresentazione di Rigoletto di Giuseppe Verdi eseguito venerdì 18 settembre nell’ambito della 74ma edizione della Stagione Lirica Sperimentale di Spoleto ed affidato alla direzione di Marco Boemi e alla regia di Maria Rosaria Omaggio. Buona anche la compagnia di canto.
Il capolavoro verdiano è stato il coronamento ideale per questa manifestazione musicale, una delle più durature d’Italia, in quanto ha stimolato quella ‘sperimentazione’ che è la colonna portante della rassegna e che non si esaurisce solamente con la ricerca di nuovi interpreti vocali ma che è rivolta anche ad una preparazione a largo spettro dei cantanti impegnati (vocalità, recitazione, dizione, movimenti scenici) e all’esplorazione di nuove vie che portino lo spettacolo lirico al passo con i tempi.

fig.1. Un momento di Rigoletto. Maria Rosaria Omaggio regista @Riccardo Spinella

Dopo i due successi nel campo della musica del ‘700 primi ‘800 de La prova di un’opera seria di Francesco Gnecco e dei due intermezzi Pericca e Varrone di Alessandro Scarlatti e La Serva Padrona di Giovanni Battista Pergolesi c’è stata la proposta della tradizionale esecuzione di un’opera di grande repertorio e di grandi dimensioni, individuata in Rigoletto, una scelta che, viste le disposizioni in atto in materia di contenimento del Covid, aveva i connotati di una ‘prova del fuoco’ per l’istituzione musicale umbra.

Dopo i primi due spettacoli poc’anzi citati, le cui rappresentazioni sono state agevolate dalla ridotta numerosità degli esecutori previsti, mettere in scena il Rigoletto, vero caposaldo di tutta la Storia dell’Opera, poteva essere un azzardo in quanto le misure anti covid sono piuttosto severe e trovare gli spazi necessari, garantendo la sicurezza sanitario di spettatori ed artisti può essere considerata impresa ardua.

La creazione dell’allestimento scenico è stata affidata a Maria Rosaria Omaggio, attrice e regista di notevole spessore che ha costruito uno spettacolo del tutto godibile contenuto nella splendida sala del Teatro Nuovo che per l’occasione ha modificato la struttura interna nella quale la Omaggio ha saputo inserire quanto da lei ideato.

fig.2. La sala delle feste a Palazzo ducale immagine di Mino la Franca per la parte video dello spettacolo

Tutti gli interpreti erano collocati sul palco scenico per l’occasione ampliato con la copertura della buca dell’orchestra rinunciando all’utilizzo delle tradizionali ‘quinte’ per rendere visibili tutti i tre lati del palcoscenico. L’orchestra è stata collocata nelle parti laterali; con il podio al centro gli strumentisti avvolgevano una pedana dedicata all’azione con alle spalle uno schermo sul quale erano proiettati video che avevano il compito di integrare quanto accadeva sulla scena. Nel retro dello schermo era collocato il coro; la visione d’insieme era molto suggestiva in quanto si poteva individuare uno schieramento avvolgente che aveva come cuore pulsante lo sviluppo teatrale dell’opera, quindi, il dramma nella sua interezza rispettando con efficacia il necessario distanziamento interpersonale.

fig.3. La scena antecedente al rapimento di Gilda @Riccardo Spinella

 

Dopo questa descrizione qualche lettore, forse, potrebbe immaginare una esecuzione ‘in forma di concerto’ o ‘oratoriale’ come adottato da alcuni teatri europei ma Maria Rosaria Omaggio ha concepito una azione ispirata al gioco degli scacchi. Come da lei stessa dichiarato nelle note di regia contenute nel programma di sala l’ispirazione iniziale è venuta da una delle arie più famose dell’opera, ‘La donna è mobile’ immaginando piena libertà di movimento per la ‘donna’ accostando ciò alla regola degli scacchi che consente alla Regina massima libertà di movimento. Ma poi, sempre leggendo le sue dichiarazioni, c’è anche un omaggio a Giuseppe Verdi ed alla sua attrazione per il gioco. A tale scopo cita un fatto parigino all’epoca della rappresentazione de Les vêpres siciliennes riportato da un giornale locale che metteva in evidenza il fatto che Verdi fu visto in un ritrovo di scacchisti impegnato in una partita con Alfred De Musset.

Questa tesi è confortata dal fatto che gli storici di Verdi ci dicono che il musicista amava la briscola e il biliardo (quest’ultimo aspetto si può constare visitando la Villa di Sant’Agata) ed il gioco entra anche nelle sua opera come nei soldati de Il Trovatore ed in quelli de La Forza del Destino intenti a giocare a dadi o nella magistrale scena della partita a carte che è uno dei punti focali de La Traviata. Così come è ricordato che nel 1878 scrisse alla Contessa Maffei di essere stato insieme alla Strepponi a Montecarlo dove entrambi persero ma ‘ben poco’ come sottolineato dallo stesso Verdi.

La Omaggio quindi ha collegato il libretto di Rigoletto con le mosse di una partita a scacchi rinominando Rigoletto: Melodramma in tre atti trasformato in quattro scene scacchistiche, denominate Salone delle Feste a Palazzo Ducale; Strada casa di Rigoletto e rapimento di Gilda; Il salotto nel Palazzo Ducale; Osteria di Sparafucile.

 

fig.4. La sala del Palazzo ducale immagine di Mino la Franca per la parte video dello spettacolo

Allo scopo, ha ottenuto la consulenza di esperti come Paolo Andreozzi e Roberto Cassano entrambi istruttori presso la Federazione Scacchistica Italiana ed a Massimiliano De Angelis presidente dell’Associazione Scacchisti Italiani. Insieme hanno schematizzato tutta la partita creando 71 mosse che sono state alla base dei movimenti della scacchiera che è stata realizzata sulla pedana. Qui muovevano gli interpreti vocali, divisi in due, gruppi bianchi e neri, per evidenziare i contrasti esistenti tra loro ed iniziare così una partita che giunge al termine grazie alle mosse della torre nera, Il Duca di Mantova’ che agevola l’alfiere nero Sparafucile a mangiare la regina bianca, Gilda, per poi dare scacco al re bianco, Rigoletto, aggiudicandosi così la partita.

Ecco la disposizione sulla scacchiera dove appaiono molto chiari i motivi di contrasto tra pedine uguali ma di diverso colore:
Rigoletto Re bianco
Monterone Re nero
Gilda Regina bianca
Maddalena Regina nera
Contessa di Ceprano Torre bianca 1
Duca di Mantova Torre nera 1
Madre di Gilda Torre bianca 2
Conte di Ceprano Torre nera 2
Duchessa di Mantova Alfiere bianco 1
Sparafucile Alfiere nero 1
Figlia di Monterone Alfiere bianco 2
Paggio Alfiere nero 2
Giovanna Cavallo bianco 1
Marullo Cavallo nero 1
Usciere Cavallo bianco 2
Borsa Cavallo nero 2
Cortigiani Coro Pedoni bianchi
Cortigiani Coro Pedoni neri

 

fig.5. Un momento della rappresentazione di Rigoletto @Riccardo Spinella

 

La regia è risultata molto curata sia nei movimenti individuali che in quelli collettivi per un’azione alla quale ha giovato la parte video ideata da Mino La Franca che ha contribuito a rendere più comprensibile lo svolgimento dell’azione e i bei costumi di Clelia De Angelis. Il tutto integrato dalle luci di Eva Bruno importanti per rendere più suggestiva la percezione d’insieme e rendere meno stridente il rapporto visivo con le spoglie mura perimetrali del palcoscenico.

In definitiva questa nuova proposta scenica di Maria Rosaria Omaggio ci è sembrata del tutto valida anche se certamente troverà critiche come sempre accade nel teatro d’opera. Però, comunque la si voglia pensare, una cosa ci pare certa: il nucleo drammatico dell’opera è rimasto intatto così come sono rimasti intatti tutti gli slanci romantici in essa contenuti. Ai nostri giorni siamo abituati a vedere rappresentazioni ‘travisate’ operate anche da registi ed artisti famosi che ci sembrano ispirati al postulato del ‘famolo strano’ come recentemente è capitato al verdiano Rigoletto che abbiamo visto ambientato nel mondo dei giostrai e, peggio, all’epoca della cosiddetta Repubblica di Salò. Operazioni che sganciano l’opera da qualsiasi afflato romantico e dal rispetto del musicista autore che dimostrano scarsa considerazione per l’originale soprattutto quando si parla di Verdi vero genio teatrale di tutto l’800 italiano. Qui a Spoleto la visione verdiana ci è parsa salvaguardata rendendo valida la proposta.

 

fig.6. Nicola Di Filippo (Duca), Silvia Alice Gianolla (Maddalena), Vittoria Magnarello (Gilda), Maria Rosaria Omaggio (Regista), Marco Boemi (Direttore d’orchestra) e Luca Bruno (Rigoletto) @Riccardo Spinella

Per quanto riguarda la parte musicale è stata affidata a Marco Boemi musicista di innegabile esperienza nel campo dell’opera lirica e della collaborazione con i cantanti. Pur in presenza di una collocazione inusuale dell’orchestra che purtroppo ha alterato i rapporti sonori tra strumenti e cantanti, elementi che siamo abituati a percepire grazie alla presenza del ‘golfo mistico’ che da fine ‘800 è stato adottato in tutto il mondo, Boeri grazie anche all’Orchestra del Teatro Lirico Sperimentale ha fornito una prova convincente riuscendo a dare all’ascolto i necessari slancio e attenzione a quanto appare sul palcoscenico. Solo per fare qualche esempio citiamo l’esecuzione della festa del primo atto che evocava gli sfarzi della corte cinquecentesca così ben rappresentata da Verdi così come le parti più intime, duetto Sparafucile-Rigoletto o lo splendido finale secondo come anche il vero e proprio ‘trilling’ del terzo atto con la tragica conclusione.

 

fig.7. Un momento della rappresentazione di Rigoletto @Riccardo Spinella

Anche la compagnia di canto, composta per la maggior parte da vincitori del concorso di quest’anno e degli ultimi anni, è risultata del tutto bilanciata nell’insieme. Convincete il Rigoletto di Luca Bruno che ha evidenziato con decisione le varie sfaccettature del personaggio, dal lato feroce di persona asservita al potere a quello lirico di padre premuroso ottenendo un buon successo personale. Anche il tenore Nicola Di Filippo nei panni de Il Duca di Mantova è stato applaudito a lungo anche a scena aperta. Vincitore del concorso 2020, Di Filippo, ha esibito una buona linea vocale anche se in certi punti un poco acerba ma migliorabile con la pratica del canto. Gilda di buon spessore quella di Vittoria Magnarello brava nella fiorita parte vocale dedicata al personaggio del quale ha messo in risalto con più decisione la condizione di ragazza innamorata più che il lucido pensiero di donna matura che si sacrifica per salvare il suo innamorato.

fig.8. Il finale dell’opera dell’immagine di Mino la Franca per la parte video dello spettacolo

Nelle altre parti convincente la Maddalena di Silvia Alice Gianolla; i due bassi Ferruccio Finetti (Sparafucile) e Giordano Farina Il Conte di Monterone pur evidenziando un buon impianto vocale sono a nostro giudizio troppo giovani per rendere bene i due personaggi. Nelle altre parti secondari c’erano Chiara Boccabella Giovanna e La Contessa di Ceprano, Alfred Ciavarrella Marullo, Andrea Vincenti Borsa Matteo, Alberto Crapanzano Il Conte di Ceprano, Amedeo Testerini Usciere di corte e Klara Luznik Paggio della Duchessa. Per l’occasione sono state create tre parti mute affidate Lucia Cittadoni Duchessa di Mantova, Diletta Masetti Figlia di Monterone e Giorgia Teodoro Madre di Gilda. Il coro è stato ben preparato da Mauro Presazzi.

Una recita che ha messo in risalto, oltre alle doti di ogni singolo artista, una preparazione piuttosto accurata per la parte scenica e per la parte prettamente vocale frutto del lavoro di due professioni di grande esperienza come Maria Grazia Omaggio e Marco Boemi che sono riusciti a svolgere anche un cospicuo lavoro nella cura particolare a tutto vantaggio dell’espressione musicale e teatrale.

fig.9. Il saluto di tutti gli interpreti al termine della recita

La recita è stata a lungo applaudita al termine con numerose chiamate al proscenio per tutti gli interpreti salutati da lunghe e reiterate dimostrazioni di gradimento.

Claudio Listanti