Viaggio attraverso la fruizione Il Metaverso dell’arte a Palazzo Cipolla (Roma, fino al 23 luglio).

di Giulio de MARTINO

Le arti visive «dalla tecnica alla tecnologia» potrebbe essere il sottotitolo dell’interessante mostra “Ipotesi sul metaverso” che si vede a Palazzo Cipolla, a via del Corso, fino al 23 luglio 2023.

La mostra – curata da Garbiele Simongini e Serena Tabacchi – si sottrae con eleganza sia alla retorica da baraccone del futuribile mirabolante, sia alla fatwah degli ayatollah antidigitali e offre al visitatore un ampio e qualificato panorama dell’incontro fra la creatività degli artisti e i nuovi mezzi tecnologici della connessione e della virtualità.

Aiuta a comprendere i rapporti fra la connettività digitale e le tecnologie generative definite come Intelligenza Artificiale. L’uso artistico di queste tecnologie aiuta a comprendere che a decidere del loro significato culturale e del loro valore sociale siano l’intenzione e il progetto di chi le utilizza.

Fig. 1 Giovan Battista Piranesi, Carceri d’invenzione, Tav. XVI, 1749-1761, © ICG, Roma. Grégoire Dupond, Carceri d’invenzione 300 anni © Galleria Nazionale dell’Umbria.

La mostra di Palazzo Cipolla si sviluppa attraverso il confronto fra le arti visive del Novecento (con riferimenti all’arte e alla filosofia del ‘600) e il mondo delle tecnologie digitali. Gli artisti in mostra, oltre a esibire il loro laboratorio di co-progettazione estetica, rendono condivisibile il sapere tecnologico di cui dispongono attraverso una interfaccia fruibile dai visitatori.

Tutte le arti (disegno, pittura, scultura, musica, architettura, fotografia, cinema, letteratura, teatro, moda, video, pubblicità) sono oggi interessate da una nuova fase di cambiamento tecnologico. Apprendimento, adattamento, metanarrazione sembrano essere i passaggi necessari per entrare nel metaverso dell’arte d’oggi.

Le Carceri d’invenzione (1761) di Piranesi – con cui si apre il percorso della mostra – sono state un esempio di innovazione tecnica e di anticipazione architettonica e narrativa di tipo distopico. Lo mostra bene il filmato di Grégoire Dupond che conduce il visitatore all’interno della tavola XVI attraverso le immagini virtuali, espanse e ruotate, modificando la prospettiva geometrica tradizionale.

Fig. 2 Fabio Giampietro/Augusto Di Giacomo, Aiora: Floating Tales, Altalena interattiva e Digital Art, 2013-2023 © Courtesy of the Artist

Sull’altalena digitale di Fabio Giampietro/Augusto Di Giacomo – munita di un sensore ottico e di uno schermo tridimensionale – si prova la sensazione di staccare i piedi da terra e di perdere di gravità per immergersi in una condizione fruitiva iperreale.

Lungo tutto il percorso della mostra, opere di artisti del passato interagiscono con quelle dei contemporanei.

Vediamo – dai secoli della modernità ai tempi della postmodernità – Carlo Maratti, Andrea Pozzo, Giovanni Battista Piranesi, Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Fortunato Depero, De Pistoris, Giorgio de Chirico, Maurits Cornelis Escher, Victor Vasarely, Ugo Nespolo, Giulio Paolini, Giuseppe Fiducia, Pier Augusto Breccia, Alfredo Zelli, Cesar Santos.

Sono, invece, site-specific le opere/installazioni di alcuni tra i più rappresentativi artisti digitali: Robert Alice, Refik Anadol, Alex Braga, Joshua Chaplin, Sofia Crespo e/and Feileacan McCormick, Damjanski, Primavera De Filippi, fuse*, Fabio Giampietro/with Paolo Di Giacomo, Krista Kim, Mario Klingemann, Pak, Joe Pease, Federico Solmi, Sasha Stiles, Pinar Yoldas. Tutti ben documentati nel ricco e accurato Catalogo.

Fig. 3 Pier Augusto Breccia, Onda lunga, 2015, olio su tela, 140×100 © Collezione Breccia

Il software – coefficiente delle nuove «macchine intelligenti» – è portatore di un cambiamento di cultura e di psicologia. La mostra non si limita a proporre un viaggio digitale dentro l’arte del passato, ma fa scaturire l’arte dalle tecnologie intelligenti stesse.

Oggi le macchine senzienti e umanizzate costituiscono – al pari dei pets (gli animali da compagnia) – il nostro «prossimo»: dialogano con noi. Per questo occorre attuare un piano di riequilibrio mentale ed esistenziale che organizzi in forme nuove l’ambiente umano-sociale e umano-personale.

Ecco che, dopo la stagione delle avanguardie e delle neoavanguardie e dopo le sperimentazioni dell’informale e della body art, del cinetic e della optical art (in mostra c’è un dipinto di Vasarely), siamo pronti a recepire l’internet interiorizzato, gli ambienti virtuali e i «Digital twin» proposti dagli artisti[1].

Fig. 4 Federico Solmi, The Painter and the Model, Video single-channel, 2022 © Luis de Jesus Los Angeles, Beckers + Kornfeld, Frankfurt/Berlin

In una società che adopera la «tecnologia della sensibilità» (Sensor Society) e che è attraversata dai messaggi di anticipazione dell’influencing connettivo, le arti svolgono una funzione di stimolo all’apprendimento e all’adattamento attivo. La generatività dell’I.A. viene piegata alla creatività del progetto estetico degli artisti.

Non assistiamo quindi all’ennesima «morte dell’arte» o alla sparizione degli artisti, soppiantati dai tecnologi e dagli ingegneri, quanto piuttosto ad un cambiamento di localizzazione del pubblico dell’arte e ad una trasformazione delle forme della fruizione[2].

Fig. 5 Joe Pease, Everything is Contemporary, video art, 2023 © Courtesy of the Artist

Le immagini digitali – immagini non prodotte con il gesto situazionale del fotografo o del cineoperatore, ma con la tecnologia Generative Fill o dragGAN – non sono disposte su di un supporto fisico, ma su di un display. Inquietano e stupiscono il pubblico avvertendolo che la fruizione e l’autofruizione avvengono attraverso la manipolazione di immagini modificate.

Molti fotografi e cineasti che giudicavano innocente il passaggio dalla fotografia ottica e analogica a quella di tipo digitale si sono dovuti ricredere. La digitalizzazione delle arti visive (a cominciare dalla fotografia e dalla pubblicità) ha modificato il funzionamento di tutte le tipologie di comunicazione[3].

Si ha la netta percezione che tutto il patrimonio di arte e di comunicazione del passato remoto e prossimo si sia trasformato in un giacimento di DATA utilizzabili per la manipolazione digitale da parte delle tecnologie generative.

Fig. 6 Fortunato Depero, Simultaneità metropolitane, olio su tavola, 1946, 93,5×105,5 © MART, Trento/Rovereto

Ciò su cui si interroga la mostra sul METAVERSO dell’arte è: 1. la relazione fra le arti visive generative del passato (a cominciare dalla pittura e dalla scultura dei Futuristi) e le arti digitali, e 2., le trasformazioni della fruizione dell’arte da parte del pubblico: sarà ancora una esperienza di tipo culturale, trascendente e immaginativo come accadeva nel passato?

Fig. 7 Giulio Paolini, Eco e Narciso, 2017-2018, inchiostro rosso e collage su riproduzione fotostatica e carta grigia, cm 70×85 © Courtesy dell’Artista

Riguardo al primo punto, già alla fine dell’800, le arti visive avevano incorporato contenuti meta-artistici e avevano realizzato forme di figurazione che derivavano dalla rielaborazione tecnica dell’arte Rinascimentale e Seicentesca. Dopo l’età dell’Impressionismo e dell’Avanguardia, l’arte pop, analitica e concettuale del secondo Novecento hanno proseguito sulla strada dell’alterazione della comunicazione.

Sul secondo punto, ciò che è cambiato nelle arti è la forma della narrazione. Il loro linguaggio esibisce sé stesso e contatta la percezione senza trasferire mitologemi e culturemi. In molti casi, gli elementi autoreferenziali superano di gran lunga gli spunti narrativi ed esistenziali.

Lo spettatore fa esperienza di una percettività dilatata e di una potenza interattiva sconosciute all’arte classica. Gli artisti – sul modello dell’«opera aperta» – offrono al pubblico un kit di strumenti digitali – visori, sensori, schermi, computer – perché costruisca da sé stesso la narrazione artistica che dovrebbe coinvolgerlo.

Resta da chiedersi se, in una società affamata di narrazioni e di risposte ai propri inquietanti interrogativi, il pubblico sia davvero pronto per il viaggio verso sé stesso che si svolge nell’infinito del METAVERSO.

Probabilmente è una elìte quella che si avventurerà nelle nuove dimensioni della fruizione. Anche se tutti ne fanno esperienza, in forma semplificata, sui display degli smartphone.


Fig. 8 Joshua Chaplin, The Core, esperienza d’arte spaziale 3D, 2022 © Courtesy dell’artista

Giulio de MARTINO  Roma 27 Maggio 2023

La mostra

Ipotesi Metaverso

 a cura di GABRIELE SIMONGINI e SERENA TABACCHI

ENTE PROMOTORE Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale. ENTE ORGANIZZATORE Poema Spa. Esposizione: PALAZZO CIPOLLA, Via del Corso, 320, Roma, fino al 23 luglio

Catalogo: Ipotesi Metaverso, a cura di Garbiele Simongini, Serena Tabacchi e Teresa Emanuele, Drago Publisher, 2023. Contatti:  fondazione@fondazioneterzopilastrointernazionale.it

NOTE
[1] AA.VV., The Responsive Eye, New York, MOMA, 1965; Lea Vergine, Dall’informale alla body art, Torino, Studio Forma, 1976.
[2] Giulio de Martino, Lo spettatore turbato. Forme della felicità e del panico nella società distopica, Milano, Mimesis, 2023.
[3] Vedi: @inproceedings{pan2023_DragGAN,  title={Drag Your GAN: Interactive Point-based Manipulation on the Generative Image Manifold}, author={Pan, Xingang and Tewari, Ayush, and Leimk{\”u}hler, Thomas and Liu, Lingjie and Meka, Abhimitra and Theobalt, Christian}, booktitle = {ACM SIGGRAPH 2023 Conference Proceedings}, year={2023}.