Un “Amico francese di Giovan Francesco Gessi” per un dipinto antico nella recente asta Bertolami Fine Art (14 maggio)

di Simone ANDREONI

Simone Andreoni è uno storico dell’arte e art advisor. Nel corso dei suoi studi ha privilegiato in particolare l’arte fiamminga, romana e senese dei sec. XVI e XVII. Tra le varie iniziative cui ha partecipato vanno segnalate almeno le ultime relative alle esposizioni, tuttora in corso, nella Piazza del Duomo di Pisa “Orazio Riminaldi: un maestro pisano tra Caravaggio e Orazio Gentileschi” e a quella in corso a Carrara “Goya, Boucher, Ricci , Batoni e i Maestri del ‘700 nella città del Cybei. E’ stato autore della scoperta della miniatura a Bruxelles di Cesare Franchi, detto il Pollino, nonché  -insieme a Teresa M. Vale – della scoperta del Reliquario di Giuseppe Valadier e dei disegni preparatori nel Museo di Santa Maria Maggiore, Con questo articolo inizia la sua collaborazione con About Art.

Tra Sei e Settecento, come ricorda Liliana Barroero, Roma fu <<veramente l’Università europea dell’arte, il centro di elaborazione di tutte le nuove poetiche>> grazie alle molte occasioni di lavoro che si offrivano ai giovani pittori e scultori sufficientemente ambiziosi da coglierle[1].

I dipinti creati a Roma in quell’epoca, pertanto, manifestano un carattere cosmopolita; e anche un’attitudine emotiva, raffinata ed elegiaca. Eppure, il loro valore appare soverchiato nella memoria collettiva dai capolavori di quei titani che sono Pietro da Cortona, Carlo Maratta e Pompeo Batoni. Pertanto, qualunque occasione si offra agli studiosi e ai collezionisti per constatare la vitalità e la complessità della scena artistica romana al di fuori di quei grandi nomi è davvero degna della massima attenzione.

La più recente opportunità di ritornare in tema è stata offerta dal lotto 263 dell’asta 91 di Bertolami Fine Art: si tratta di un piccolo dipinto (34.5 x 43.5 cm) raffigurante la Sacra Famiglia e attribuito a Scuola centro-italiana del XVII o del XVIII secolo (fig. 1)[2].

Fig. 1 – “Amico francese di Giovan Francesco Gessi” o Giovanni Battista Ruggieri (?), qui attribuito, Sacra Famiglia, (metà/seconda metà del Seicento?), già Roma, Bertolami Fine Art.
Fig. 2 – Bartolomeo Pinelli, Famiglia contadina (1807-1808), New York, Cooper Hewitt – Smithsonian Design Museum.

Come si vede, questa opera è caratterizzata da un naturalismo lirico, che sembra rielaborare un istante tipico di vita romana, così come ancora nell’Ottocento la rappresentava Bartolomeo Pinelli (fig. 2): la Madonna è infatti seduta su una colonna tronca e porge due ciliegie al Bambino Gesù, che si protende entusiasta verso di esse. Accanto, un attempato, rustico san Giuseppe offre alla moglie una piccola mela, tratta dai molti frutti che tiene in grembo. Sullo sfondo, le mura sbrecciate di qualche rovina antica, che possono ricordare i confini del Foro di Augusto nel rione Monti.

È un piccolo saggio di bravura pittorica, insomma: il pennello dell’artista scorre veloce, quasi compendiario; ma sa fermarsi sul volto di san Giuseppe come sul corpo del Bambino. E sul viso di sua madre riesce addirittura a diventare aulico, di un atticismo prezioso, a tratti distante quasi fossimo di fronte a una icona bizantina ai tempi del barocco.

Una simile spregiudicatezza formale, con accenti virtuosistici, lascia intendere che questa potrebbe essere una prova erratica di un giovane pittore forestiero, il quale si mantiene nella costosa capitale pontificia con deliziosi piccoli dipinti come questo, che produce a getto continuo. Uno che, non essendo in una bottega prestigiosa, può permettersi di sperimentare quanto vuole, magari incoraggiato dai suoi connazionali con cui passa tutte le sere in osteria.

Uno di quei giovani così difficili da identificare, insomma, perché una volta tornato in patria muta stile o professione; oppure, se sfortunato, rimane a Roma e finisce sepolto in una qualche fossa comune perché morto durante una pestilenza, oppure tumulato in qualche chiesa nazionale a Roma in seguito a una rissa finita male.

Ma, forse, questo piccolo maestro ebbe maggior fortuna e una clientela anche di alto livello. Nella Galleria Spada di Roma si conserva infatti un Incontro di Giacobbe e Rachele (fig. 3) che, senza dubbio, gli può essere attribuito e ci permette di capire meglio il suo stile[3].

Fig. 3 – “Amico francese di Giovan Francesco Gessi” o Giovanni Battista Ruggieri (?), qui attribuito, Incontro di Giacobbe e Rachele (metà/seconda metà del Seicento?), Roma, Galleria Spada, inv. 67.

Ritroviamo infatti nel volto di Rachele quello della Madonna, questa volta caricato però di una delicata, sensibile emotività, cui si contrappone – proprio come nel quadretto già Bertolami – il vecchio intento a tosare una pecora nell’angolo inferiore destro del dipinto.

Ciò facilita il lavoro di identificazione? Non esattamente, purtroppo.

La prima volta in cui fu registrato nella collezione Spada, cioè nel 1717, l’Incontro compare infatti senza attribuzione, mentre nel 1759 è inventariato come copia dal Guercino. Nell’Ottocento, invece, vi si riconobbe addirittura la mano del Poussin, e nel 1925 Ludovico Hermanin lo riferì a Ciro Ferri, che lo avrebbe eseguito sotto l’influenza del maestro francese.

Più convincentemente, secondo Longhi potrebbe trattarsi di un pittore connazionale e seguace di Poussin, vissuto nella seconda metà del Seicento, che Zeri dimostra a conoscenza dell’Ercole al bivio di Annibale Carracci, e il cui pennello sarebbe caratterizzato da un accademismo affine a quello di Giacinto Gimignani[4].

Nella fototeca di Zeri, però, l’Incontro presenta una proposta attributiva in favore di Giovanni Battista Ruggeri, allievo di Giovan Francesco Gessi[5]. Tale riferimento appare centrato, ma sembrerebbe solo in parte: se infatti è innegabile che i tipi fisici rappresentati e la composizione dei due dipinti discendono da quell’allievo di Guido Reni (figg. 4-5),

Fig. 6 – Jacques Stella, Carità (ca. 1640-1650), già New York, Sotheby’s, asta 29 gennaio 2016, lotto 497, https://www.sothebys.com/en/auctions/ecatalogue/2016/master-paintings-sculpture-day-sale-n09461/lot.497.html

si riconosce in entrambi una “maniera piccola”, colta e aggraziata, che ci sembra non potrebbe essere francese in maniera più palese; fra Poussin e Jacques Stella precisamente (fig. 6).

Ruggeri risulta invece dipingere in maniera diversa, anche da quanto documenta la stessa fototeca di Zeri.

Ecco, pertanto, un’altra manifestazione del cosiddetto “genio degli anonimi”: ecco, cioè, un altro saggio di abilità espressiva e finezza di pennello da parte di un pittore che al momento non sembra proprio possibile identificare. Speriamo perciò che anche altre sue opere possano emergere, nel tempo, perché sembra avere una personalità dalle idee molto chiare, che merita di essere ricostruita.

Magari qualche studioso francese o emiliano, leggendo queste righe, sarà in grado di attribuire questa coppia di dipinti a un pittore preciso; nel frattempo, ci piacerebbe proprio cominciare a pensare, fra gli artisti attivi a Roma attorno alla metà del Seicento, anche a un “Amico francese di Francesco Gessi”, sia pure con il beneficio del dubbio.

Simone ANDREONI    Roma 13 giugno 2021

NOTE

[1] Liliana Barroero, Le grandi tappe della cultura figurativa romana nel Seicento e nel Settecento, in Il Seicento e Settecento romano nella Collezione Lemme, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Barberini, 21 ottobre 1998 – 6 gennaio 1999), Roma, Edizioni De Luca, 1998, p. 18.
[2] https://auctions.bertolamifinearts.com/it/lot/100159/scuola-centro-italiana-xvii-xviii-/
[3] Maria Lucrezia Vicini, Il Collezionismo del cardinale Fabrizio Spada in Palazzo Spada, Roma, Markonet, 2006, p. 196 cat. 12.
[4] Ibidem, con bibliografia.
[5] http://catalogo.fondazionezeri.unibo.it/scheda/opera/51136/Anonimo%20romano%20sec.%20XVII%2C%20Giacobbe%20e%20Rachele%20al%20pozzo .