Tra filatelia, politica e arte, il ‘caso’ del pittore Antonio Simonazzi (Modena, 1824 – 1908).

di Emilio SIMONAZZI

E’ un dato ormai acquisito che il francobollo non sia solo uno strumento impiegato per soddisfare la tassa per la spedizione di una lettera, ma che sia anche un indicatore preciso di situazioni politiche e culturali, oltre che mezzo figurativo.

Federico Zeri nel suo scritto: “ I francobolli italiani: grafica e ideologia dalle origini al 1948 “, pubblicato da Einaudi nella collana Storia dell’arte italiana – parte terza, volume secondo –  definì il francobollo

“... il mezzo figurativo più stringato e concentrato di propaganda, quasi un manifesto murale ridotto ai minimi termini, dal quale il substrato sociale e politico si rivela con estrema chiarezza e pregnanza. Ed è anche il mezzo figurativo di propaganda più capillarmente diffuso, sia nei diversi strati della società, cioè a livello locale, sia, in senso orizzontale, per i suoi destinatari situati in un sistema terminale che ignora distanze e frontiere. “

Al pari del francobollo vanno considerati i documenti postali che suo tramite siano entrati nel circuito postale ed abbiano viaggiato lungo le rotte postali di tutto il mondo, in tutte le epoche.

Un documento postale può infatti attraverso la propria affrancatura, i bolli di annullamento e di transito, l’indicazione del destinatario o del mittente, oltre che dei possibili contenuti, essere un testimone di avvenimenti storici, di personaggi, di accadimenti che abbiano segnato in qualche modo la storia.

E’ questo il caso di tre documenti postali apparsi anni or sono in un interessante articolo a firma di due fra i più noti cultori della storia postale modenese, Gabriele Serra e Paolo Vaccari, nel numero 20 della rivista Vaccari Magazine del 1998.

Si tratta di tre lettere, fra cui una raccomandata, inviate tra il maggio del 1886 ed il dicembre del 1890 dall’Eritrea a Modena al pittore Antonio Simonazzi presso il Regio Istituto Belle Arti della città. Fig. 1 ( due delle tre lettere inviate ad Antonio Simonazzi dall’Eritrea )

Fig 1
Fig 1 bis

Tre importanti lettere che attraverso la loro visione attestano altrettanti momenti della storia patria in campi fra loro diversi, ma culturalmente importanti.

Le lettere provengono dall’Eritrea nel primo momento dell’occupazione italiana di quel territorio, iniziata già nel novembre del 1869 con l’acquisto da parte dell’esploratore Giuseppe Sapeto della baia di Assab nella Dancalia, regione del sud-est eritreo. Acquisto compiuto ufficialmente per conto della compagnia di navigazione Florio-Rubattino, ma in effetti per il governo italiano; mentre Massaua con il suo porto venne occupata militarmente il 5 febbraio 1885. Si dava inizio in tal modo all’avventura coloniale italiana ed ai servizi postali in terra africana che sempre hanno suscitato nei collezionisti una forte attrattiva da un punto di vista storico postale.  Fig. 2 ( cartina delle prime fasi di occupazione italiana in Eritrea )

Fig 2

Da un punto di vista postale va precisato che il relativo servizio venne organizzato, per quanto attiene la baia di Assab, alla fine del 1881 tramite il Commissariato della località che trasferiva la corrispondenza per nave ad Aden sulla sponda opposta del Mar Rosso, ove veniva affidata al locale Console italiano che a sua volta, tramite l’ufficio postale inglese della località, provvedeva ad inoltrarla in Italia.

Nel febbraio del 1885  Assab venne dotata di un proprio ufficio con il bollo numerale 3840, mentre a Massaua l’ufficio postale venne istituito il 1° marzo 1885 con il bollo numerale 3862. Tutte e tre le buste hanno  la particolarità di essere state inoltrate al Professore Antonio Simonazzi presso il R.I. Belle Arti di Modena. Fig. 3 ( la terza lettera indirizzata al pittore Antonio Simonazzi da Massaua )

Fig 3

Antonio Simonazzi nacque a Modena nel 1824 e fu allievo presso l’Accademia Atesina di Belle Arti, fondata dal Duca Ercole III° d’Este a Modena nel 1790, di Adeodato Malatesta che venne chiamato a dirigerla nel 1839.

Fig 4

L’Accademia fu una fucina di autori di rilievo ed allorquando nel 1877-78 una riforma dell’istruzione portò alla chiusura di numerose accademie artistiche in tutto il Regno d’Italia, l’Accademia Atesina sopravvisse sia pur mutando la denominazione in Regio Istituto di Belle Arti, grazie anche alla qualificata partecipazioni di alcuni suoi allievi nel 1872 alla Seconda Esposizione nazionale di Belle Arti tenutasi a Milano. Fra essi si distinse Adolfo Venturi che poi nel 1932 diede il proprio nome all’istituto, che nel frattempo con la riforma Gentile del 1923 si era trasformato in Istituto d’Arte. Fig. 4 ( la facciata dell’Istituto d’Arte Adolfo Venturi )

Fig 5

Simonazzi fu pittore di chiara derivazione malatestiana e raggiunse nel corso della propria vita notorietà anche al di fuori della città natale, nel cui ambito peraltro realizzò la pala d’altare con Santa Cecilia allocata nel 1849 nella Chiesa della Madonna del Voto. Fig. 5 ( la pala d’altare dedicata a Santa Cecilia di Antonio Simonazzi )

Particolare curioso ed interessante è l’esperienza didattica posta in essere dai bambini della scuola elementare Anna Frank di Modena che per tre anni hanno seguito i lavori di restauro della tela eseguiti dal Museo civico d’arte di Modena, con la collaborazione della restauratrice Cristina Russo Verbini.

Esperienza tradotta poi in un volume :” Luce e colore, Antonio Simonazzi, Santa Cecilia e…dintorni “ realizzato con il coordinamento di Luana Ponzoni.

Occorre rammentare che lo stesso Antonio Simonazzi in età matura fu insegnante presso l’Accademia Atesina di Modena e che fra i propri allievi  annoverò Giovanni Muzioli (1854 – 189) ed Augusto Valli ( 1867- 1945 ).

Il Muzioli fu pittore inizialmente vicino ai macchiaioli, ma con una maggiore caratterizzazione per i soggetti storici e sacri; Augusto Valli, invece, divenne noto come pittore orientalista.

Il Valli, nemmeno ventenne, prese parte nel 1886 alla spedizione organizzata dal Conte Gian Piero Porro ( 1844 – 1886), Presidente della Società d’Esplorazione Commerciale in Africa, per l’esplorazione dell’Abissinia e dell’Harrar in particolare ed i cui componenti vennero in gran parte trucidati dai ribelli dell’Emiro Abdallah nell’eccidio di Gildessa il 9 aprile 1886.

Valli ebbe modo di tornare successivamente in Africa dove nel 1890-91 fu alla corte del Re Menelik in qualità di pittore, maturando quel gusto che contraddistinse molte delle sue opere e realizzando numerosi schizzi e disegni delle realtà africane che riportò poi in Italia allorquando vi fece definitivamente ritorno.

Viene a questo punto spontaneo domandarsi se non possa essere stato proprio il Valli l’ignoto autore delle tre lettere dirette al Simonazzi che ne era stato l’insegnante  presso il Regio Istituto di Belle Arti, considerato che le stesse furono scritte dalla medesima persona come dimostra l’identica grafia dell’indirizzo. Missive che partirono nel 1886 e nel 1890, anni in cui il Valli era effettivamente presente in terra d’Africa e che lo stesso avrebbe ben potuto, quindi, indirizzare al suo Maestro a Modena.

Sfortunatamente non sarà mai possibile trovare risposta a questo quesito, ma rimane, comunque, la certezza che i tre documenti postali ci hanno permesso di conoscere persone ed avvenimenti che hanno caratterizzato la storia; ponendo nel contempo in evidenza il rilievo che la spinta colonialista italiana ebbe sin dai primi anni, tanto da indurre un giovane pittore ad imbarcarsi per la lontana terra eritrea, tentato da un’avventura esplorativa che fortunatamente non risultò per lui fatele e che, anzi, ne caratterizzò l’aspetto artistico in maniera determinante.

Emilio SIMONAZZI Roma 12 Novembre 2023