Tra Architettura e Storia. La Stazione Termini, i progetti per salvaguardare le complessità territoriali (parte III^)

di Francesco MONTUORI

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M.Martini e F. Montuori 

DESTINO  DI  TERMINI

Terza parte (per le prime due parti cfr  https://www.aboutartonline.com/tra-architettura-e-storia-un-monumento-non-monumentale-la-stazione-termini-fino-al-progetto-1947-50/ e https://www.aboutartonline.com/tra-architettura-e-storia-la-stazione-termini-e-gli-inutili-tentativi-di-un-equilibrio-fra-necessita-urbane-archeologia-e-riqualificazione-parte-2/ )

Dalla terrazza

Piazza dei Cinquecento a Termini:  luogo di tutte le direzioni e di tutte le immagini, spazio provvisorio e precario, complesso e contraddittorio, sempre parzialmente rinnovato ma nel segno della casualità e della caducità. Termini sembra sfuggire ad ogni riforma formale (fig. 1)

fig. 1 La Stazione Termini negli anni ‘60

Ogni ri-progettazione non può che fare i conti con il carattere casuale della compresenza di luoghi e differenti funzioni, per valorizzarne l’ineludibile complessità, la molteplicità delle immagini, le stratificazioni della storia, la tensione fra i due grandi eventi architettonici delle Terme di Diocleziano e del fabbricato frontale della Stazione.

Numerosi sono stati nel tempo i progetti elaborati per incarico delle Ferrovie dello Stato e fra questi quelli redatti dall’arch. Eugenio Montuori in collaborazione con lo studio dell’arch. Luigi Moretti.

Nel 1964 gli architetti del Gruppo Romano Architetti Urbanisti (GRAU) Giuseppe Milani e Francesco Montuori, sollecitati dallo stesso Eugenio Montuori, proposero una loro soluzione: due lembi leggermente sollevati ai lati dell’informe spiazzo, scoperchiano una grande cratere centrale ove si intrecciano alle diverse quote, gli accessi lineari dei bus pubblici e delle auto private dirette ad un parcheggio sotterraneo. Ai lati le piazze pedonali. Insomma se caos deve essere, caos sia. (figg. 2,3)

Ovviamente i due grandi maestri della razionalità non presero in nessuna considerazione questa proposta. Tuttavia ebbe qui inizio, sul tema di Piazza dei Cinquecento, una sperimentazione continua che vive tutt’ora.

Nel 1985 il tema si ripropose. Inattuate anche le proposte di Montuori e Moretti, Anna Di Noto, Giuseppe Milani e Francesco Montuori elaborarono un progetto più maturo e a giudicarlo ancor oggi di grande semplicità (figg. 4,5,6)

fig. 4 Planimetria 1985

La nuova proposta invece di aggiungere propone di togliere:

fig. 5 Prospettiva 1985 (propr. B. Losito)

uno scavo archeologico e funzionale ridefinisce la geometria della piazza e, al tempo stesso  riporta alla luce le parti delle Terme di Diocleziano seppellite sotto l’asfalto stradale.

fig. 5 Prospettiva 1985 (propr. B. Losito)

Il livello funzionale, inferiore di circa 6 metri dal piano attuale della piazza, con la sua forma articolata definisce e delimita due nuovi grandi spazi: il primo fronteggiante la Stazione, in continuità con i grandi spazi della Galleria di testa e dell’Atrio voltato, il secondo, quello delle Terme di Diocleziano, per ricondurlo alla quota originaria del grande edificio imperiale.

Al livello del grande scavo, è previsto lo scorrimento del traffico di attraversamento da piazza Indipendenza a via Cavour, il collegamento dei bus pubblici al sistema metropolitano,  gli accessi alla Stazione, tramite una serie di rampe che collegano la quota di fermata dei mezzi pubblici con la piazza sovrastante.

 La nuova piazza della Stazione, proposta dai progettisti, si affaccia, come una vasta terrazza, sulla città, le Terme, il caotico traffico urbano; essa è destinata ad accogliere la grande folla che quotidianamente la abita.

L’unità architettonica delle Terme è valorizzata dalla soppressione dell’asse trasversale della via Luigi Einaudi, che ne spezza attualmente la spazialità originaria e dall’emergere della cinta esterna delle Terme, oggi sotto l’asfalto stradale.

Al livello dello scavo riemergono dallo spazio scavato, due isole di risulta: l’una comprende i resti della “Botte di Termini” che furono demoliti e sepolti all’atto della realizzazione della Stazione di Salvatore Bianchi; l’altra e’ destinata alle rampe di accesso ai parcheggi sotterranei, previsti, sulla base della pianta archeologica del Lanciani, in un’area priva di reperti archeologici (vedi fig. 3 della prima parte, About Art on line 19 maggio 2019 https://www.aboutartonline.com/tra-architettura-e-storia-un-monumento-non-monumentale-la-stazione-termini-fino-al-progetto-1947-50/).

L’unità spaziale del grande cavo urbano è rafforzata dai nuovi edifici lineari sui fronti sud-ovest e nord est che definiscono i limiti dei quartieri Esquilino e Castro Pretorio con il fine di valorizzare il confronto fra le Terme e la Stazione Termini.

Vengono proposti interventi di ricucitura della maglia a scacchiera della città post-unitaria: sul lato di via Solferino, in luogo dell’ex palazzo Compartimentale delle FF.SS., un nuovo fronte di edifici delimita lo spazio di quel lato della piazza, oggi non definito; sul lato opposto, un nuovo fabbricato per uffici riprende, come una quinta, il filo degli edifici a scacchiera di via Giolitti, in modo da cancellare sia l’attuale anacronistico arretramento, ricordo del precedente piazzale degli arrivi della Stazione del Bianchi, sia l’asse prospettico di via Cavour.

La variante del 2018, redatta “in solitudine” dal sottoscritto, riprende sostanzialmente l’impostazione del progetto del 1985,

fig. 7 Planimetria 2018

portando l’immagine dello scavo a conseguenze radicali. (figg. 7,8,9,10).

fig. 8 Sezione longitudinale 2018

I due isolotti sono aboliti e il piano dello scavo viene ulteriormente perforato, per evidenziare le rampe di accesso ai parcheggi e per illuminare i parcheggi sotterranei

fig. 9 Prospettiva (propr. L. Alberti)
fig. 10 Prospettiva 2018

Una radicale impostazione basata sull’immagine di una terrazza che si affaccia su un precipizio che sparisce nelle viscere della città.

Francesco MONTUORI    Roma  giugno 2019