“Tiziano e l’immagine della donna nel Cinquecento Veneziano”. L’intepretazione dei ritratti femminili nella grande esposizione a Palazzo Reale (Mi)

di Consuelo LOLLOBRIGIDA

Il conflitto russo-ucraino compromette anche l’arte. Non solo mettendo in pericolo il patrimonio storico-artistico conservato in Ucraina – a cui presto dedicheremo un articolo  – ma coinvolgendo i rapporti culturali bilaterali tra la Russia e i Paesi Nato.

Secondo le ultime notizie fortunatamente sarà evitata la restituizione – che in un primo momento era stata richiesta- all’Ermitage di San Pietroburgo della Giovane donna con cappello piumato, l’opera che Tiziano eseguì tra il 1534 e il 1536 e che è ospitata dal 23 febbraio al Palazzo di Reale di Milano per la mostra “Tiziano e l’immagine della donna nel Cinquecento Veneziano”.

Curata da Sylvia Ferino-Padgen, già direttrice della Pinacoteca del Kunsthistorisches di Vienna, la mostra si avvale di un prestigios comitato scientifico di cui fanno parte Anna Bellavitis, Jane Bridgeman, Enrico Maria Dal Palazzolo, Wencke Deiters, Francesca Del Torre, Charles Hope, Amedeo Quondam.

L’esposizione prende le mosse da Titian’s Women, fondamentale contributo, pubblicato nel 1997 dalla compianta Rona Goffen, alla quale Giovanna Nepi Scirè dedica un commovente contributo in catalogo.

Quarantasette dipinti, di cui 16 di Tiziano, raccontano in undici sezioni il ruolo dominante della donna nella pittura veneziana del XVI secolo.

Le “Belle veneziane”, ritratti di donne fortemente idealizzate, interpretate alla luce del riscoperto L’arte de’ cenni, composto nel 1616 da Giovanni Bonifacio che crea una sorta di enciclopedia dei gesti alla luce dei quali si è potuto riconsiderare un vasto apparato iconografico, molto spesso associato al mondo delle cortigiane. Lo scoprirsi il seno, ad esempio, non era simbolo di spregiudicatezza sessuale, come si è ritenuto per lo meno a partire dall’Ottocento, ma al contrario stava a significare l’apertura del cuore, un atteggiamento di sincerità e verità, atto consensuale della donna verso lo sposo per suggellare le nozze.

TIZIANO, Ritratto di giovinetta, 1545 circa. Olio su tela, 84,5×73 cm. Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte

Come spiega con grande chiarezza la Ferino-Padgen nel saggio “Le ‘Belle veneziane’: spose idealizzate” l’interpretazione di molti ritratti femminili dell’epoca, quindi, va completamente rivisita.  La Violante, “La Bella”, la Giovane donna con pelliccia, di Tiziano, oppure il Ritratto di donna che scopre il seno di Bernardino Licino e la Giovane donna che scopre il seno di Tintoretto non sono generici ritratti di cortigiane, bensì delle donne che mostrano con sincerità l’amore verso il loro (promesso) sposo.

La  stessa Violante che guarda l’osservatore  con sicurezza e sfida e che quindi vi stabiliva un contatto visivo con l’osservatore, tradiva la propria identità di cortigiana. In realtà i biondi capelli di Violante che cadono sciolti sulle spalle, tenuti insieme soltanto da sottili trecce, dicono tutt’altro. Comunicano il suo stato di nubenda perché solo alle giovani spose era permesso, prima o poco dopo il matrimonio, questo vezzo.  Le dita della mano sinistra segnano una “V”, gesto che si trova in molti ritratti femminili ideali, soprattutto di questo periodo.

Si ritiene che questo gesto stia a indicare “Venere”, ma anche “Virtus”, e nel caso specifico anche “violetta” – fiore delicato che, secondo i trattatisti, per la sua fragilità simboleggiava sia le spose vergini e innocenti sia il pericolo della perdita dell’innocenza. Questo è un argomento molto importante contro la tesi che la viola fosse anche un attributo delle cortigiane, giacché esse non dovevano preoccuparsi della propria verginità̀.

E’ così per la Giovane donna con il suo promesso sposo che Bernardino Licino ritrarrebbe, come scrive Anouck Samyn nel saggio “E da queste parole vennero a pigliarsi per mano”.

Bernardino Licinio, Giovane donna con il suo promesso sposo, 1520 circa, olio su tavola, 81,3×114,3 cm, Parigi, Galerie Canesso

Semantica gestuale di una promessa nuziale, il momento del fidanzamento. Il matrimonio nella Venezia del Cinquecento costituiva, più che un semplice atto d’unione, un fondamento dell’identità personale e familiare. Esibire il seno non significa trasgredire quindi le convenzioni della moralità pubblica ma aprire la porta dell’anima e indicare il consenso al matrimonio.

BERNARDINO LICINIO Ritratto di donna che scopre il seno, 1536. Olio su tela, 83×65,5 cm
Bergamo, collezione privata
PALMA il Vecchio, Giovane donna in abito verde, post 1514. Olio su legno di pioppo, 50×40,5 cm Vienna, Kunsthistorisches Museum

Al legame eterno è associata la presenza in molti di questi ritratti dell’anello gemello. Nel Ritratto di donna che scopre il seno di Licino e nella Giovane donna in abito blu di Palma il Vecchio le donne indossano un anello a doppia fascia con rubino e smeraldo nella seconda falange dell’anulare. Come scrive Paulus Rainer nel saggio “Gli anelli gemelli”:

«In occasione del fidanzamento l’anello gemello poteva essere diviso, in modo che i promessi spossi calzassero ciascuno il proprio cerchio; al momento delle nozze i due cerchi venivano riuniti a formare un unico anello a formare un anello che simboleggiava l’adempimento dei voti nuziali».
TIZIANO, Isabella d’Este in nero, 1534-1536 circa. Olio su tela, 102,4×64,7 cm. Vienna, Kunsthistorisches Museum

Un saggio è dedicato al “timpano” o “coperto”, ovvero dei dipinti utilizzati per coprire o proteggere molti ritratti femminili, in mostra rappresentato dal Trionfo d’Amore di Tiziano, in prestito da Oxford.

Nel “Non men ver che il vero”: il ritratto femminile tra reale e ideale Beverly Louise Brown indaga il rapporto tra letteratura e arti figurative, aprendo il suo contributo con  “Questo è l’aureo, il bello, il sacro volto”, il sonetto che Pietro Aretino dedica al ritratto di Elisabetta Querini Massola, di cui elogia la bellezza e la fedeltà al reale del dipinto di Tiziano. Il pittore pone la figura femminile al centro del suo mondo creativo, e grazie al suo sguardo lo scenario artistico dell’epoca muta completamente. Per Tiziano la bellezza artistica corrisponde a quella femminile. Si veda il bel ritratto di Isabella d’Este in nero, del 1534/1536, o il Ritratto di Eleonora Gonzaga Della Rovere, del 1537.

TIZIANO, Ritratto di Eleonora Gonzaga della Rovere, 1537 circa. Olio su tela, 114×103 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi
Tiziano, Schiavona, 1510 (c.a). Olio su Tela, cm 117×97, Londra National Gallery

Tra le nuove interpretazioni che la mostra offre, meritano decisa attenzione  le osservazioni della Brown sul celebre dipinto di Tiziano La Schiavona (la donna dalmata), in prestito dalla National Gallery di Londra. Nell’opera la donna è ritratta due volte: una nella figura frontale e una nel rilievo sul parapetto, in sintonia con i ritratti all’antica eseguiti da Gian Cristoforo Romano. Da sempre interpretata come la disputa tra i meriti delle arti, in cui alla durevolezza della scultura veniva contrapposta la capacità della pittura di evocare le sembianze del reale, l’opera è oggi letta alla luce della nuova decodificazione dei gesti che è il fondamento esegetico dell’esposizione.

Nell’eseguire la tela, Tiziano fu  probabilmente ispirato al dipinto di Bellini di cui parla Pietro Bembo in un sonetto del 1500. Nel testo il poeta descrive il ritratto come “il volto di colei, che scolpita ho nel core con maggior cura. Credo che, ‘l mio Bellin con la figura t’abbia dato il costume anco di lei che m’ardi, s’io ti miro, e per te sei freddo smalto”.Come scrive la Brown:

«Il rilievo simboleggerebbe pertanto la manifestazione visiva di ciò che era scolpito nel cuore del poeta  includendolo nel dipinto Tiziano afferma che la sua arte supera la scultura e la poesia».

Inoltre, la presenza del monogramma VV nel rilievo, da sempre letto come le iniziali del suo nome (TITIANVS VECCELLIVS), sarebbe invece il motto Triumphant Virtus a indicare ciò che non è rappresentabile, ovvero la virtù interiore della donna.

Della Brown anche il saggio sull’emblematico ritratto di Clarissa Strozzi, esempio di «fluttuazione tra reale e ideale nella ritrattistica femminili d’inizio Cinquecento». Eseguita come (futuro) ritratto matrimoniale, il dipinto colpisce per la tenerezza della bambina e per il ricco apparato iconografico che rimanda alle armi e virtù della famiglia Strozzi, dove rimase fino al 1878, quando su acquistata dal Staatliche Museum di Berlino. Una delle opere più documentate di Tiziano, di cui reca la firma “Titianus” sotto la figura del cane, «il ritratto – scrive la Brown – non celebra la bambina che è ma la donna che diventerà».

Una sezione è dedicata alle eroine e le sante, tra le quali spicca Lucrezia e suo marito, Tarquinio e Lucrezia di Tiziano, entrambi dal Kunsthistorisches di Vienna, o l’enigmatico Ritratto di gentildonna ispirata da Lucrezia di Lorenzo Lotto, in arrivo dalla National Gallery di Londra. E tra questi exempla virtutis non poteva mancare Giuditta, in mostra rappresentata dalla versione del 1512 di Lorenzo Lotto, della collezione BNL/BNP di Roma, di Paolo Veronese e di Palma il Giovane, provenienti dal Kunsthistorisches di Vienna.

Tintoretto è presente, tra l’altro con Susanna e i vecchioni, ancora dal Kunsthistorisches, che si confronta con uno dei soggetti più popolari nella Venezia del ‘500, allegoria par excellence della giustizia divina che smaschera e punisce i colpevoli.

TINTORETTO, Susanna e i vecchioni, 1555-1556 circa. Olio su tela, 146×193,6 cm. Vienna, Kunsthistorisches Museum

La Staatsgalerie di Stoccarda ha prestato la bellissima Maddalena di Tiziano, ormai data al maestro e alla bottega, per la quale è stata anche suggerita una permanenza nella collezione di Antonio Canova.

TIZIANO e bottega. Maria Maddalena, 1565 circa. Olio su tela, 114×99 cm. Stoccarda, Staatsgalerie Stuttgart

Arricchisce catalogo e mostra la presenza della ricca letteratura femminile dell’epoca. Da Isotta Nogarola (1418-1486) a Cassandra Fedele (1465-1558 circa), da Moderata Fonte (1555 – 1592) a Lucrezia Marinelli (1571 – 1653), Venezia ha dato voce alle opere delle donne, spesso dialoghi ed epistolari di carattere pubblico.

Nel 1451 esce il dialogo Chi abbia maggiormente peccato Adamo od Eva della Nogarola, mentre della Fedele sono giunte 123 lettere che vedono tra le destinatarie Isabella di Castiglia ed Elenora d’Aragona. Il discorso su La nobiltà et l’eccellenza delle donne porta la firma della Fonte e Il merito delle donne quella della Marinelli.

L’affondo su Francesco Petrarca, Pietro Bembo,  Baldassare Castiglione, Pietro Aretino e Giovanni Della Casa apre la riflessione sul riolo svolto dagli intellettuali del tempo su quello che oggi definiamo prospettiva di genere. Dagli Asolani (Venezia, 1505) di Bembo, un trattato d’amore sotto forma di dialogo, a Il Libro del Cortigiano di Castiglione, scritto alla corte di Urbino verso il 1514, la mostra affronta con equilibrato giudizio storiografico il tema della querelles des femmes, introducendo le opere di Gaspara Stampa (1523-1554) e Veronica Franco (1546-1591). Quest’ultima, figlia di un orefice di Padova, ebbe una formazione letteraria e musicale  a Venezia nella prima metà del XVI secolo e fu rappresentante del cosiddetto “petrarchismo femminile” con un proprio salotto.

Bernard Aikema dedica in catalogo una lunga riflessione su La Vecchia, una delle pochissime opere quasi unanimemente attribuite a Giorgione. Proveniente dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia, l’opera presenta molte analogie con la tradizione iconografica di teste di uomini e donne anziani che si era sviluppata tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo a nord delle Alpi. L’esempio più interessante è il disegno eseguito nel 1517 da Dürer e che raffigura, come nella versione di Giorgione, la propria madre. Unicum nella pittura veneta del primo Cinquecento, il dipinto è la rappresentazione iconica della pittura veneta della prima metà del secolo, che Giorgione seppe tradurre con «rara qualità, forza espressiva e pluralità di rimandi culturali». Giorgione è presente anche con la Laura del 1506 da Vienna.

Dipinti di Paris Bordon, Giovanni Carliani, Bernardino Licinio, Giovanni Battista Moroni, Palma il Giovane, Alessandro Bonvicino completano e arricchiscono questo itinerario nella pittura di soggetto femminile della Venezia del Cinquecento.

Consuelo LOLLOBRIGIDA Roma 20 Marzo 2022