Storie e leggende del culto di Mitra. Riapre il Mitreo di Marino, dopo un lungo lavoro di riqualificazione.

di Nica FIORI

Marino, uno dei più frequentati Castelli romani sulla via dei Laghi, offre ai visitatori diversi luoghi d’interesse naturalistico, archeologico e artistico, ma uno in particolare è un vero gioiello in grado di suscitare forti emozioni, perché ci catapulta nell’atmosfera rarefatta di un lontano passato, quando si affermò nel mondo romano il culto di Mitra, i cui riti misterici venivano praticati in ambienti tenebrosi che imitavano le grotte (spelaea), non di rado realizzati in edifici preesistenti.

Mitreo di Marino
Antiquarium del mitreo di Marino, resti della cisterna

Il Mitreo di Marino, venuto alla luce nel 1962 all’interno di una cisterna di epoca romana, che probabilmente serviva un’adiacente villa patrizia, è rimasto di fatto chiuso per via delle infiltrazioni d’acqua che lo rendevano poco accessibile e viene ora aperto per la prima volta al pubblico, dopo un’importante riqualificazione funzionale e tecnologica, inaugurata il 23 settembre 2021. Trattandosi di un luogo ipogeo estremamente delicato, con un altissimo tasso di umidità, la sua apertura sarà limitata a poche ore per tre weekend al mese (visite guidate con prenotazione obbligatoria che prevede 15 visitatori per volta, biglietto di 8 euro) e sarà gratuita per i residenti a Marino nel primo mese, secondo il volere del sindaco Carlo Colizza.

Antiquarium del mitreo, cippi

Come ha spiegato l’architetto Emanuela Todini, coordinatrice progettuale e direttrice dei lavori, il mitreo è per le sue caratteristiche intrinseche un luogo “respingente”, in quanto scavato in profondità nella roccia di peperino, nato per contenere e conservare dell’acqua e, seppure riadattato a mitreo nel II secolo d.C., doveva accogliere solo pochi adepti per il tempo necessario alle celebrazioni rituali. L’edificio che sovrasta l’ingresso al sito archeologico, costruito negli anni Sessanta, costituisce un’ulteriore chiusura alla vista e alla frequentazione.

La sfida è stata quella di rendere “accogliente” il sito, con una prima sosta in un ambiente, un tempo utilizzato come cantina e ora adattato ad antiquarium (sono esposti reperti venuti alla luce negli scavi del 2005),

Antiquarium del mitreo di Marino, resti di antefisse

con videoproiezioni che raccontano le tante vite del luogo e in particolare l’iniziazione ai misteri di Mitra che prevedeva sette livelli, ognuno posto sotto l’influenza di un pianeta.

I sette gradi iniziatici del mitraismo

I gradi, i cui nomi ci sono pervenuti da una epistola di San Girolamo, erano Corax (corvo), Nymphus (sposo), Miles (soldato), Leo (leone), Perses (persiano), Heliodromus (auriga del carro del Sole), Pater (padre), abbinati rispettivamente con Mercurio, Venere, Marte, Giove, Luna, Sole e Saturno.

Già con queste “immersioni” multimediali il coinvolgimento emotivo è assicurato, ed è amplificato poi dalla discesa attraverso sette gradini (come sette erano i gradi di iniziazione) in una lunga galleria (29 m), al termine della quale si accende l’illuminazione che permette di ammirare un magnifico affresco dai colori brillanti (realizzato a encausto) raffigurante Mitra tauroctono, ovvero il dio nell’atto di uccidere con un pugnale un toro bianco, secondo la consueta iconografia che lo riproduce con le vesti orientali, il mantello stellato svolazzante e la testa girata verso il Sole che è in alto alla sua sinistra, mentre la Luna è in alto a destra.

Mitreo di Marino, affresco con Mitra tauroctono

Accanto al Sole è un corvo nero che funge da suo messaggero. Ai lati in basso sono raffigurati i due tedofori che sono associati a Mitra, a sinistra Cautes con la fiaccola alzata a simboleggiare la luce del giorno (e insieme l’aspetto primaverile del sole e la rinascita) e a destra Cautopates, con la fiaccola abbassata a simboleggiare la notte (e insieme l’aspetto autunnale del sole e la morte). Ai lati sono otto riquadri (quattro per lato) dipinti con scene relative alla storia del dio.

Mitreo di Marino, part. dell’affresco principale con Cautopates
Mitreo di Marino, affresco su una parete della galleria con Cautes

Mitra, secondo il mito originatosi in ambiente indo-iranico e rielaborato nel mondo romano, sarebbe nato invincibile (Sol Invictus era uno dei suoi appellativi), con un pugnale in mano, da una roccia generatrice il 25 dicembre (solstizio d’inverno), giorno che diventerà poi il Natale di Cristo, e sarebbe stato assunto in cielo dopo aver ucciso un toro, simbolo di fecondità, per rendere possibile col suo sangue la rigenerazione del creato.

Mitreo di Marino. Toro, affresco

Alla base del mitraismo, in effetti, era la credenza in un complesso sistema astrologico, in cui i pianeti e i segni zodiacali erano divinizzati e instauravano con l’uomo un rapporto di fiducia e devozione. Mitra, ereditando dal dio Sole il compito di guidare la corsa dei pianeti, era pure descritto nell’atto di far ruotare gli astri nel cielo. Ma quest’ordine cosmico era il risultato della sua vittoria sul toro selvaggio.

Mitreo di Marino, affresco

Con la sua uccisione, Mitra compie un atto di animazione del cosmo e si fa garante di salvezza eterna per i fedeli, come sottolinea una frase graffita nel mitreo romano di Santa Prisca: “Et nos servasti aeternali sanguine fuso” (“E ci salvasti attraverso l’aspersione del sangue eterno”, espressione che verrà ripresa da Sant’Agostino in un sermone riferendosi a Cristo). Tutto il creato beneficia di questa infusione di vita, a cominciare dalla terra, e infatti dalla coda del toro morente spuntano le spighe.

Il serpente e lo scorpione (raffigurato mentre attanaglia i testicoli del toro), mandati dal dio del male Ahriman, cercano con il loro veleno di contrastare l’azione vivificante del sangue, ma inutilmente. C’è pure il cane che lecca la ferita del toro, per evitare che il sangue tocchi la terra, ma il suo ruolo non è così chiaro. Dopo essersi purificato, Mitra festeggia la vittoria insieme al Sole con un banchetto, quindi sale in cielo sulla quadriga solare.

La rappresentazione della tauroctonia sembra alludere al ciclo della natura, quando a primavera, sotto la costellazione del Toro, la vegetazione rinasce dopo il gelo invernale e allo stesso tempo è una metafora del processo di rigenerazione dell’anima che è alla base del culto.

Lo stesso sole muore al tramonto per rinascere il giorno dopo all’alba. La luce esiste perché illumina il buio: per questo Mitra viene adorato in una grotta, grotta che simboleggia anche la volta celeste. Quanto agli animali raffigurati, essi richiamano le costellazioni di Canis, Hidria e Scorpius, mentre il sacrificio del toro sancirebbe la fine dell’era del Toro.

Ho avuto l’opportunità di visitare in anteprima il mitreo, con la guida di Emanuela Todini e dell’archeologa Gabriella Serio della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti, e devo riconoscere che si tratta di un mitreo particolarmente affascinante, il cui confronto può essere fatto in Italia con il mitreo Barberini a Roma e con quello di Santa Maria Capua Vetere in provincia di Caserta, caratterizzati dal fatto che la rappresentazione sacra è dipinta, e non scolpita come negli altri mitrei.

Il confronto con il mitreo Barberini (III secolo d.C.), che ho visto di recente, è per me immediato: entrambi sono caratterizzati dalla presenza dei quadretti ai lati della tauroctonia, che vanno “letti” dall’alto verso il basso, prima quelli di sinistra e poi quelli di destra. Le scenette laterali nel mitreo di Marino rappresentano in ordine: Giove che colpisce con i suoi fulmini i Giganti per ristabilire l’ordine cosmico, Saturno che simboleggia l’età dell’Oro, Mitra che nasce dalla roccia, armato di pugnale e con una fiaccola, Mitra che doma il toro, Mitra che si carica il toro sulle spalle fino alla grotta dove verrà ucciso, Mitra che colpisce con una zampa del toro il Sole (scena interpretata come iniziazione del Sole ai misteri di Mitra), Mitra che stringe un patto di alleanza con il Sole, Mitra che fa scaturire l’acqua da una roccia con una freccia, permettendo così il risveglio della natura.

Nel mitreo Barberini i quadretti sono dieci, ma non tutti ben leggibili. Le scene raffigurano gli stessi episodi già visti, con in più il banchetto mistico dopo l’uccisione del toro e la raffigurazione di Mitra sul carro solare. Sono rappresentati, inoltre, tutti i segni zodiacali, disposti ad arco per dare l’idea della volta celeste. Al centro dell’arco è Aion (il Tempo), che poggia su un globo: il suo corpo è avvolto dalle spire di un serpente e ha la testa leonina (ma non si è conservata), perchè è chiamato a determinare con la sua forza divoratrice ogni azione.

Mitreo Barberini, Roma, foto Soprintendenza speciale di Roma

Un’ulteriore differenza tra i due dipinti è data dal colore delle vesti di Mitra: nel mitreo Barberini il mantello è rosso e il vestito (tunichetta, pantaloni e berretto frigio) è azzurro, mentre a Marino è il contrario. Anche il toro ha un colore diverso: bianco a Marino e più tendente all’ocra nel mitreo Barberini.

Mitreo di Marino. Mitra tauroctono

L’affresco del mitreo di Marino è meglio conservato ed è artisticamente superiore rispetto a quello Barberini, che pecca nell’anatomia del corpo di Mitra ed è in generale più approssimativo.L’artista del mitreo di Marino riesce indubbiamente a trasmettere un maggiore pathos e ci colpisce per la raffinatezza dei volti dei personaggi raffigurati.

Dal punto di vista architettonico, contrariamente ad altri mitrei, il mitreo di Marino non ha conservato i banconi laterali sui quali prendevano posto i fedeli che partecipavano al rito officiato dal Pater e al banchetto sacro, perché evidentemente si trattava di strutture in legno e non in muratura. Conserva invece un’ara centrale in peperino con epigrafe del dedicante, Cresces, da identificare con uno dei Pater della comunità, e su una parete è leggibile un’iscrizione con un nome femminile.

Un caso rarissimo questo, perché il mitraismo era praticato secondo molti studiosi solo dagli uomini, e in particolare dai soldati, in quanto Mitra era il dio garante dei giuramenti e ci si aspettava da lui un aiuto in battaglia. Ma a Marino il mitraismo aveva probabilmente tra i suoi seguaci, più che i soldati, gli operai addetti a scavare la pietra nelle vicine cave di peperino. Questa religione, dalla potente carica etico-salvifica, ebbe in effetti un certo successo anche tra gli operai e i liberti, spesso di origine straniera, che nella religione ufficiale romana sentivano la propria inferiorità, mentre nel dio nato e venerato in una grotta, che elargiva la sua grazia agli iniziati secondo una gerarchia religiosa e non sociale, vedevano il loro dominus in grado di offrire loro una speranza di rinascita. Quanto alle donne, si potrebbe ipotizzare che potessero aderire alla religione, ma senza avere un ruolo attivo.

Nella lunga galleria del Mitreo di Marino non è più percepibile la distinzione tra il vestibolo (dove sostavano quelli che non erano ancora ammessi al culto) e il mitreo vero e proprio, ma la si intuisce dalla presenza dei due tedofori raffigurati sulle pareti, presumibilmente all’altezza di un cancello o di una tenda che doveva separare i due settori.

Mitreo di Marino. Tedoforo, affresco

Sappiamo che gli adepti dovevano sostenere delle prove di iniziazione legate ai diversi gradi, e forse in alcuni casi un battesimo di sangue, dal momento che nel mitreo di Caracalla a Roma è stata ritrovata la fossa sanguinis, che doveva probabilmente servire a questo scopo.

In realtà del mitraismo romano sono pervenute scarse notizie, oltretutto da parte di scrittori cristiani prevenuti contro quella religione. Tertulliano, uno dei più noti padri della Chiesa del II-III secolo, definisce i luoghi di culto mitraici “castra tenebrarum” (accampamenti delle tenebre, in contrapposizione ai “castra lucis” dei cristiani), evidenziando l’organizzazione dei fedeli in milizie sacre e l’oscurità degli ambienti di culto: scelta questa che veniva giudicata contradditoria rispetto alla natura essenzialmente solare del dio. Un altro autore cristiano del IV secolo, Firmico Materno, scrive a questo proposito:

E questo chiamano Mitra, celebrano la sua liturgia in grotte nascoste, sì da evitare, sprofondati come sono nello squallore oscuro delle tenebre, la benedizione dell’astro splendente …, o detestabile trovata di una barbarica legge!”.

In realtà, qualche secolo dopo, anche in ambito cristiano si afferma la scelta dell’antro tenebroso per venerare l’arcangelo Michele, difensore del giudizio divino nonché custode e guida delle anime verso il cielo, a partire dalla grotta sul Gargano, dove sarebbe apparso più volte (la prima volta nel 490). San Michele viene festeggiato il 29 settembre, intorno all’equinozio d’autunno, quando il sole passa dall’emisfero settentrionale dello Zodiaco a quello meridionale, scendendo quindi “agli inferi” (nelle cui tenebre Michele ricaccia il drago satanico contro cui ha combattuto nel cielo). Questa data un tempo era sacra a Mitra-Sole, come del resto l’altro equinozio, e quindi l’Arcangelo deve aver ereditato le sue funzioni equinoziali (v. //www.aboutartonline.com/29-settembre-san-michele-arcangelo-tra-apparizioni-leggende-iconografia-e-culto/).

Nica FIORI  Roma 26 settembre 2021

Mitreo di Marino, via Borgo Stazione, 12 – Marino (RM)

http://www.comunemarino.rm.it – email info@comunemarino.rm.it