Spazi urbani e trasformazioni urbanistiche: il caso di Ferentino, la città fondata da Saturno

di Francesco MONTUORI

Migranti sull’About

di M. Martini e F. Montuori

           Ferentino. Città  fondata  dal  Dio Saturno

A 40 miglia da Roma, sulla via Latina, Ferentino fu importante città degli Ernici. Definita dal Mommsen “ Primarium oppidum Hernicorum” svolse importanti scambi commerciali e culturali con altre antiche città del Lazio, Anagni, Alatri, Segni, Veroli. Agli Ernici è dovuta, a metà del IV secolo a.C., la costruzione della cinta muraria dell’Acropoli, posta sulla sommità del colle su cui sorge la città (fig.1).

Fig. 1 Veduta di Ferentino. Maria Candida Dionigi. Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal Re Saturno

Dopo la conquista romana, divenuta municipio, Ferentino conservò un certo decoro di piccola città per tutto il periodo imperiale. Orazio la indica come luogo particolarmente tranquillo:

“se ami la quiete, e il sonno fino al mattino, se detesti la polvere e il rumore dei carri e delle osterie, ti consiglio di andare a Ferentino”.

La romanizzazione della città avrà un importante impulso con l’ammissione di una colonia di 3.500 veterani delle guerre puniche.

La via Latina, una strada già efficiente nel 345 a.C., fu resa nel 340 più agevole dai romani che ne spostarono il tracciato al centro della valle del Sacco su terreni pianeggianti e la utilizzarono come via di penetrazione per la conquista di territori destinati a diventare parte integrante dello stato romano.

La strada entra a nord ovest del territorio comunale di Ferentino proveniente da Anagni (fig.2)

Fig.2 La via Latina a Ferentino. A cura di F.Montuori

e con un percorso pressocchè rettilineo sale verso l’abitato ed entra nella città dalla Porta Sant’Agata (fig.3) per uscire ad est da Porta Santa Croce in direzione di Frosinone (fig.4).

Il centro storico di Ferentino rappresenterà il risultato, per alcuni versi eccezionale, di tre differenti culture urbane: quella ernica, quella romana e quella cristiana.

Il circuito murario.

Il possente circuito delle mura, che si conserva per buona parte del percorso, si adatta alle caratteristiche orografiche dell’altura e delimita un area ancor oggi non completamente occupata da abitazioni; il terreno in salita configura un paesaggio urbano terrazzato scandito da diversi piani fino alla sommità del colle sul quale sorge l’Acropoli della città.

Le mura che delimitano il centro antico sono realizzate prevalentemente con due tecniche costruttive a seconda della conformazione e disposizione delle pietre: l’opera poligonale della cosidetta quarta maniera, in calcare scistoso, nella parte inferiore e l’opera quadrata, in travertino, in quella superiore; in alcuni settori la costruzione è realizzata in opera poligonale della terza maniera con pietre più accuratamente sbozzate. La loro realizzazione è databile nell’arco del III secolo a.C. e l’inizio del II sec. Al di sopra delle mura compare una terza tipologia di muratura di minor dimensione e disposte a filari; si tratta di restauri realizzati in epoca medioevale.

Sul percorso delle mura si aprono sette porte e numerose posterule, piccole aperture concepite come vie di fuga per la popolazione in caso di evacuazione della città; attualmente rimangono nel loro assetto originario la Porta Portella e la Porta Sanguinaria. A rifacimenti successivi, in epoca antica, vanno invece riferite la Porta Castello e la Porta Maggiore.

Lo spazio urbano ernico si articola in una triplice ripartizione degli spazi, conseguente all’importanza strategica che rappresentavano le porte principali della città: a nord ovest la Porta Montana, che collegava l’abitato alle altre città erniche dell’interno; a ovest la Porta Portella che collegava la città ad Anagni, che diverrà importante municipio romano; a sud la Porta Sanguinaria che si apriva verso la fertile campagna e la pianura della Valle del fiume Sacco. Tre assi viari collegavano i tre ingressi della città con l’Acropoli: l’asse nord sud da Porta Sanguinaria; l’asse che proveniva dalla Porta Montana a nord ovest; e l’asse viario da Porta Portella a nord est (fig.5).

Fig. 5 La città ernica. A cura di Francesco Montuori

Il rifacimento della via Latina da parte dei Romani ridefinì nelle sue linee essenziali la forma della città. L’apertura di due nuove porte, quella di ingresso della via Latina, Porta Sant’Agata, e quella di uscita, Porta Santa Maria Maggiore (fig.6), tra loro collegate dalla via Consolare e dalla via di Santa Croce, determinò la quadruplice ripartizione degli spazi, tipico della città romana.

Fig. 6 Porta di Santa Maria. Coll. Lemmermann, Roma Gabinetto Comunale Stampe

La via Latina nel suo tracciato interno alla città, incrocia la preesistente via Sanguinaria che sale verso l’Acropoli, per uscire da Porta Portella, definendo così la classica ripartizione degli spazi urbani organizzati da un decumano e da un cardo. All’incrocio dei due assi sorse il Forum dell’antica città (fig.7).

Fig. 7 La città romana. A cura di Francesco Montuori

La parte meridionale della città fra il decumano, la cinta muraria e la Porta Sanguinaria, grazie al terreno meno impervio e più favorevole, sarà preferita per l’insediamento edilizio e monumentale; qui saranno realizzati le Terme e il Teatro e qui sorgerà, già allora, un popoloso quartiere.

L’era cristiana trova dunque città e territorio compiutamente organizzati secondo le forme e le regole della civiltà romana: Ferentino gode a quel tempo dei diritti e doveri di un municipio e appartiene territorialmente alla prima regione augustea del “Latium et Campania”.

La presenza del cristianesimo a Ferentino è databile al I secolo. La comunità cristiana si insedia fuori della città murata, nel cosidetto sobborgo di Ferentinum Novum; subì la persecuzione di Diocleziano, ma, dopo l’Editto di Costantino sulla libertà di culto, stabilisce a Ferentino la prima sede vescovile che trova la sua naturale collocazione nella Cattedrale di Santa Maria Maggiore. In seguito il titolo di Cattedrale sarà trasferito sull’Acropoli nella chiesa dei santi Giovanni e Paolo.

Si costruisce uno stretto rapporto fra cinta muraria, porte ed edifici religiosi; la chiesa più importante, Santa Maria Maggiore (fig.8),

Fig. 8 Santa Maria Maggiore. Da Ferentino Studi e ricerche. Accademia Nazionale dei Lincei

è dislocata nella parte più densamente popolata dell’abitato, in prossimità della Porta Sanguinaria; in seguito viene costruita la chiesa di San’Agata, esterna alle mura, prossima alla via Latina ed alla relativa porta di accesso alla città; nei pressi di Porta Portella verranno edificate la chiesa ed il seminario di San Francesco (fig.9)  e, presso Porta Montana nella parte a nord della città, la chiesa di Santa Maria dei Cavalieri Gaudenti (fig.10), fondata nel 1243 su un antico bastione poligonale.

La forma della città appare dunque totalmente reimpostata dalla cultura urbana cristiana: Porta Montana, Porta Sanguinaria e Porta Portella costituiscono i poli urbani di un sistema tripartito con l’Acropoli al suo baricentro strategico, esaltata nella sua funzione di organizzazione spaziale, religiosa e politica (fig.11).

Fig.11 Acropoli, lato sud-est. Da A.M.Ranieri, Ferentino dalle origini al medioevo Foto Credito Italiano
Fig.12 Cattedrale dei SS.Giovanni e Paolo, in una fotografia del 1902. Da A.M.Ranieri, Ferentino dalle origini al medioevo

Il dato urbanistico di rilievo è dunque la riutilizzazione dell’Acropoli romana: nel IX secolo viene qui edificata la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo e consacrata la chiesa di San Pietro per opera di Leone IX (fig.12). I vescovi trasferiscono sull’Acropoli la sede vescovile.

Si recupera in tal modo la tripartizione ernica in cui non i percorsi ma le chiese, definiscono le polarità che riorganizzano lo spazio urbano (fig.13).

Fig.13 La città cristiana. A cura di Francesco Montuori

La città ha ora un notevole impulso edilizio che completa la terza fase di crescita urbana, alto-medioevale e cristiana. Così dall’inizio del secolo XIII alla prima metà del XVI Ferentino gode di un particolare splendore e diviene la capitale politico-amministrativa ed economica della provincia di Campagna e Marittima nel Lazio meridionale.

Viaggiatori del Lazio meridionale.

Fig.14 Marianna Candida Dionigi
Autoritratto ad olio, Museo Napoleonico, Roma

All’inizio dell’ottocento Marianna Candidi Dionigi (fig14), studiosa di archeologia e pittrice, grande viaggiatrice e provetta disegnatrice, pubblica “Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal re Saturno”. Raccoglie nel libro le sue lettere dove rivela il suo entusiasmo: “Vi comunicai nell’antecedente mia lettera la meraviglia da me destata alla vista delle mura antichissime di Ferentino…..Sono composte di grosse pietre, tagliate in poligoni irregolari, ben connesse fra loro senza cemento…..l’aspetto di queste mura, composte di massi grandiosi, informi, di pietre fosche di maestosa rozzezza, sembra il ritratto degli antichi suoi fabbricatori…. La descritta maniera di costruire viene distinta da taluni con il nome di opera Ciclopea, quasi che soltanto uomini di corporatura, e di forza straordinaria avessero potuto comporre mura di si enormi pietre. Riguardo al tempo nel quale furono erette si forti mura, non se ne ha degli Autori precisa contezza; ma si rileva che i Pelasgi in Italia ne fossero circondati e muniti i loro castelli”.

Candida Dionigi ci lascerà splendidi disegni e rilievi della cinta muraria (fig.15) oltre ad una perfetta rappresentazione dell’Acropoli della città la cui fondazione ella fa risalire al dio Saturno, in una mitica età dell’oro.

Fig.15 Posterula a Nord di Porta Santa Croce. Disegno di Marianna Dionigi. Da A. M. Ranieri, Ferentino dalle origini al medioevo.

Studiosi meno famosi, come il De Simoni, nel riprendere queste ipotesi leggendarie affermerà che “sono inclinato a crederle opere italiane e di carattere italico dei remoti tempi”. Nella polemica sulla datazione della cinta muraria interverrà il Dodwell che per primo aveva introdotto la ipotesi di mura ciclopee. Lo stesso Gregorovius annovera tra le rovine più notevoli della città la cerchia di mura “ciclopiche che circondano anche la fortezza situata in alto sulla cima più elevata”, mentre Alfonso Giorgi, studioso ferentinate di grande rigore scientifico riconduce la tipologia più antica ai Pelasgi e quella più recente ai Tirreni, come allora veniva chiamato il popolo degli etruschi, anch’essi di mitiche origini.

Nel 1909 i primo studio serio di topografia della città fu redatto dal grande archeologo inglese Thomas Ashby che fece una ricognizione diretta delle emergenze archeologiche della città e ne redasse una vera e propria dettagliata pianta, che comprende l’abitato moderno ma segnala anche le principali strutture antiche localizzate nel tessuto urbano. Cronologicamente tra le più recenti, la pianta di Bartoli del 1954 mostra una notevole attenzione alle strutture antiche, localizzandole con l’indicazione della loro funzione e delle strade ove si trovano.

Finalmente nel 1994 Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli, integrando le conoscenze già acquisite con nuovi dati scaturiti dall’indagine sul campo ed elaborati secondo i più recenti metodi di mappatura, redigono la più completa pianta della città, indicando tutti i monumenti urbani e verificandoli sulla base del confronto con le fotografie aeree (fig.16).

Fig.16 Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli. Pianta di Ferentino 1994. In Cinte Murarie di antiche città del Lazio. Commissione Europea

La fase di attuale degrado

Il circuito murario appare oggi compromesso in diversi punti del suo percorso.

Fig.17 Posterula nei pressi di Porta Sant’Agata. Coll. Lemmermann, Roma Gabinetto Comunale Stampe

La cinta muraria, strutturata in torri e fortificazioni era stata restaurata e rafforzata in epoca medioevale; in seguito allo smantellamento di numerose torri e all’abbandono di ogni manutenzione nuove costruzioni, cominciarono ad insediarsi sopra il sedime stesso della cinta muraria, utilizzando per gli accessi la via delle Antiche Terme che corre dietro le mura, ben più in alto rispetto alla base della cinta muraria.

La pianta del centro storico di Antonio Fea del 1828 mostra un insediamento ormai consolidato. Il fenomeno si manifestò in particolare presso la Porta Montana, la Porta Portella e nel lungo tratto di mura rettilineo di circa 220 mt. che partendo da Porta Sanguinaria conduce all’angolo ovest delle mura dove è localizzato un imponente edificio in curva con dove è importante posterula, porta Stupa, menzionata da Candida Dionigi (fig.17).

Fig.18 Tratto di mura fra Porta Sant’Agata e Porta Sanguinaria. Fotografia di Francesco Montuori

Le costruzioni moderne che insistono nei tratti descritti sulla cinta muraria, in particolare nel lungo tratto rettilineo verso valle, consistono in case di abitazione a più piani; l’edilizia si è venuta negli anni trasformando con demolizioni e successive ricostruzioni e l’introduzione, in anni recenti, di balconi, verande, finestrelle aperte sul partito murario ed in particolare di servizi igienici aggettanti sulle mura, con relative colonne di scarico che, prive di fognature, scaricano direttamente verso valle sul terreno esterno. Frequentemente le colonne, in più parte danneggiate e di difficile manutenzione, hanno favorito la crescita di piante infestanti, origine di gravi danni alle mura stesse.

Si è dunque creato un importante problema archeologico aggravato da un altrettanto grave inquinamento igienico e un generale problema di salute pubblica (fig.18)

Fig.19 Porta Sanguinaria. Foto Pietro Scerrato. Da Le Mura Megalitiche . Gangemi Editore

Il lungo tratto rettilineo e imponente della cinta muraria prosegue per circa 220 metri e si conclude con la Porta Sanguinaria, la Porta di accesso dell’antichità meglio conservata (fig.19). Il tratto di mura che la ingloba è fra quelli più spettacolari del circuito urbano, realizzato con la sovrapposizione di enormi massi poligonali di calcare scistoso e con l’opera quadrata di blocchi travertinosi.  

Tito Livio narra che la conquista romana della città comportò una ”atrocissima strage in conseguenza della quale sia venuto per tradizione il nome di Porta Sanguinaria.” Marianna Candidi Dionigi lascerà scritto nelle sue lettere: “ho ritratto con entusiasmo il prospetto della Porta Sanguinaria”, oggi presso la collezione Lammermann (fig.20).

Fig. 20 Porta Sanguinaria. Disegno di Marianna Dionigi. Coll. Lemmermann, Roma Gabinetto Comunale Stampe

Furono chiamate costruzioni Saturnie le città con questi particolari recinti di mura: il nome di Ciclopici deriva quasi sicuramente dal fatto che in quei tempi la levigazione delle grandi pietre esigeva precauzioni per garantire l’incolumità degli occhi, per cui gli operai portavano sul viso una maschera sulla quale era un solo foro perfettamente rotondo, posto a uguale distanza dai due occhi; per questa particolare forma del foro (kuklos) furono chiamati Ciclopi.

Molte antiche città furono costruite in opera Ciclopea; fra queste la più famosa è la città greca di Tirinto, le cui mura assomigliano a quelle di Ferentino, antica città del Lazio meridionale.

Francesco MONTUORI  Roma  7 febbraio 2021