Santa Cecilia apre il 2023 nel nome di Beatrice Rana e Jakub Hrůša.

di Claudio LISTANTI

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha aperto l’attività concertistica del 2023 con un “Concerto per il Nuovo Anno” molto applaudito dal pubblico che ha avuto come protagonisti la pianista Beatrice Rana ed il direttore d’orchestra ceco Jakub Hrůša che hanno presentato un programma incentrato su diverse e significative composizioni appartenenti al periodo romantico, capolavori come l’Ouverture da  Der Freischütz, op. 77 di Carl Maria von Weber, il Concerto per pianoforte op. 54 di Robert Schumann e la Sinfonia n. 7 op. 92 di Ludwig van Beethoven.

A nostro giudizio, oltre all’innegabile valore delle composizioni scelte ed alle più che convincenti interpretazioni dei musicisti impegnati, occorre mettere in primo piano il significato intrinseco della scelta degli interpreti che concretizza il significato ‘augurale’ di un ‘concerto per il nuovo anno’ orientando i riflettori verso quel senso di ’novità’ che i due interpreti sono riusciti a materializzarne lo spirito.

Detto più semplicemente quello che ci ha entusiasmato è stata l’intenzione degli organizzatori dei concerti di Santa Cecilia di aprire il nuovo anno con lo sguardo rivolto al futuro con l’intenzione di ‘sollecitare’ un auspicato rinnovamento che deve essere la base indispensabile per una istituzione musicale come l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che ha il compito di ricercare quanto necessario per rinnovare la sua grande tradizione musicale che l’ha resa, nel corso della sua storia, grande e straordinario punto di riferimento per lo sviluppo della Grande Musica sia per la città di Roma sia per il resto del nostro paese ed essere anche considerata come valido modello anche a livello internazionale.

Fig. 1 Il direttore d’orchestra Jakub Hrůša

Ed in quest’ottica che la scelta del coinvolgimento di musicisti come la pianista Beatrice Rana ed il direttore Jakub Hrůša è risultata del tutto efficace.

Per l’Accademia di Santa Cecilia il 2023 può essere considerato un anno ‘cruciale’ in quanto si trova nella non facile situazione di sostituire alla direzione musicale Antonio Pappano, lo straordinario musicista che ha portato l’istituzione romana ed i suoi complessi artistici ad eccezionali livelli interpretativi ma, dopo più di 18 anni, giunto alla naturale scadenza del suo mandato. Ora per l’Accademia è necessario trovare un sostituto all’altezza di questo difficilissimo compito che garantisca pienamente il ‘rinnovamento’. Il direttore ceco Jakub Hrůša è l’attuale Direttore Ospite Principale di Santa Cecilia ed aver affidato alla sua bacchetta testimonia, in un certo senso, la necessità di trovare una soluzione a questa situazione. Noi non siamo a conoscenza delle scelte strategiche e se ci sono personalità già designate dall’istituzione guidata dal Presidente e Sovrintendente Michele dall’Ongaro, peraltro rilevatesi sempre valide e di spessore, di nominare un sostituto ma, a nostro modestissimo avviso, da quanto abbiamo ascoltato in questo concerto, in relazione anche alla sua importante esperienza internazionale che lo ha visto alla guida di diverse importanti orchestre, Hrůša ci sembra possegga le qualità per un ipotetico maggiore coinvolgimento nell’attività musicale dell’Accademia.

Fig. 2 La pianista Beatrice Rana © Simon Fowler

Per Beatrice Rana il discorso è diverso. La pianista pugliese è balzata all’onore delle cronache musicali giovanissima, ormai non è più una semplice promessa ma una vera e propria stella del pianoforte dei nostri giorni visto il successo che continuamente riscuote presso i pubblici di tutto il mondo sia per i suoi concerti sia per le sue incisioni. È tuttora e giovanissima e per lei si può immaginare un luminosissimo futuro alla stregua di altri grandi pianisti, e pianiste, che, con un tantino di scaramanzia, non vogliamo citare. Si può, anche in questo caso, prevedere per il futuro una stretta collaborazione tra la strumentista e l’istituzione che arricchisca particolarmente i contenuti e la qualità dei concerti in programma.

Nello specifico il concerto del quale stiamo riferendo era basato su musiche provenienti dal repertorio cosiddetto ‘romantico’ del quale ne metteva in risalto alcuni aspetti fondamentali tramite la scelta di alcuni capolavori che possono essere significativi per questo genere di repertorio.

Fig. 3 Clara Wieck Schumann in una immagine del 1859 di E. Bendemann.

In apertura Carl Maria von Weber con l’Ouverture di Der Freischütz opera che da molti è considerata una sorta di ‘manifesto’ del romanticismo in musica soprattutto per la complessità dei caratteri contenuti nell’opera composta nel periodo che va dal 1817 al 1821 e basata su un libretto Friedrich Kind ispirato a “Das Gespensier-buch” di August Apel e Friedrich Laun. In esso ambiente e personaggi contribuisco alla formazione di un intreccio che sconfina nel popolare e nel fiabesco elementi che, in nuce, sono presenti in questa splendida ouverture. Poi il Concerto per pianoforte in la minore op. 54 di Robert Schumann scritto in due momenti distinti: il I movimento nel maggio – giugno 1841 e i rimanenti due, II e III movimento nel 1845 per essere eseguito per la prima volta il 1° gennaio 1846 con la parte solista affidata a sua moglie Clara Wieck. La particolarità di questo capolavoro è che il primo movimento si basa su una ‘Fantasia’ (connotazione ‘romantica’ per eccellenza in quanto derivata dal rifiuto di qualsiasi ‘schema’ o ‘forma’ di stampo ‘classico’) che imprime al brano i suoi caratteri fondamentali. Questo ‘concerto’ fu spesso criticato perché in esso sembrano quasi scomparire i ruoli del pianoforte e dell’orchestra ma il tempo ha dimostrato che, invece, esiste un vero e proprio colloquio ed intreccio tra questi due protagonisti.

Fig. 4 La pianista Beatrice Rana durante le prove del concerto.

A concludere il concerto un’altra composizione ‘emblematica’ per il romanticismo in musica, la Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92 di Ludwig van Beethoven. La gestazione della Settima occupò un periodo compreso tra il 1811 e il 1812 mentre la prima esecuzione ebbe luogo l’8 dicembre 1813, in un concerto organizzato dall’Università di Vienna. Anche questa composizione può essere considerata di ‘rottura’ con una certa tradizione, innanzi tutto per l’assenza di un vero e proprio tempo lento nonostante il ‘Poco sostenuto’ iniziale anche di cospicua entità, che sfocia poi nelle splendido ‘Vivace’ che introduce agli altri tre movimenti, sempre brillanti, ‘Allegretto’, ‘Presto’ e ‘Allegro con Brio’ che conducono l’ascoltatore in un ‘vortice’ di suoni dove ritmo e cantabilità si intrecciano fino allo stupendo finale che indussero Wagner a definire questa sinfonia come ‘l’apoteosi della danza’.

Per quanto riguarda gli interpreti della serata (ci riferiamo alla recita del 7 dicembre) c’è da dire che Beatrice Rana ha ottenuto un grande successo personale. Vestita con uno splendido abito rosso, molto appropriato allo spirito ‘augurale’ di tutta la serata, ha come di consueto offerto una prova del tutto convincente, a volte anche elettrizzante, che ha indotto il pubblico a dedicarle un vero e proprio trionfo al quale ha poi offerto come bis un emozionante preludio per pianoforte del musicista russo Aleksandr Skrjabin un autore che recentemente la pianista pugliese ha inserito con una certa regolarità nel suo repertorio.

Fig. 5 La pianista Beatrice Rana ed il direttore Jakub Hrůša durante le prove del concerto.

Per quanto riguarda Jakub Hrůša possiamo dire che la sua prova è stata certamente soddisfacente anche se nel Freischütz mancava forse un poco della necessaria spinta ‘romantica’ come del Concerto di Schumann è stata evidente, soprattutto nei primi due movimenti, una certa freddezza nel sopracitato rapporto tra piano e orchestra. Ma è nella Settima di Beethoven che il direttore ceco ha data il meglio di se, anche grazie al contributo dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, offendo una esecuzione del tutto in linea con l’intensità necessaria conducendo il pubblico in quel progressivo ‘vortice’ del quale abbiamo prima parlato riuscendo ad ottenere anche il giusto equilibrio tra ritmo e cantabilità che, per quanto ci riguarda, è oggettivamente la difficoltà principale da superare per tutti coloro che si cimentano nell’esecuzione di questo grande capolavoro. Al termine Jakub Hrůša è stato applaudito a lungo da tutto il pubblico finalmente convenuto presso la Sala Santa Cecilia dell’Auditorium della Musica Ennio Morricone al limite della capienza, chiamandolo più volte al proscenio per dimostrare un completo gradimento di quanto ascoltato.

Claudio LISTANTI  Roma 8 Gennaio 2023