Salvador Dalì, un antico “disgraziatamente” moderno. Capolavori surrealisti dentro una partitura spirituale mariana

di Rodolfo PAPA

Un antico “disgraziatamente” moderno.

Il dipinto di Salvator Dalì La Madonna di Port Lligat del 1950 (olio su tela, cm 144×96, Minami Museum, Tokio) (FIG. 1) si presenta come un esploso, dove gli oggetti e le parti, separate e frammentate, sembrano galleggiare in aria, in una atmosfera surrealista, seppure peculiare.

1. Salvador Dalì, La Madonna di Port Lligat, olio su tela 144×96 cm., 1950 Minami Museum, Tokio

Dalì è, infatti, tra i firmatari del Manifesto Surrealista del 1935, tuttavia non è inseribile completamente in alcun movimento. Vedendo l’opera come un’esplosione surrealista, con architetture sezionate, oggetti sospesi, corpi attraversati, in una sorta di sogno o di incubo, in cui appare evidente anche la fascinazione verso la fisica atomica e le esplosioni nucleari, sembrerebbe poco adatta ad un soggetto ed a un contesto sacro, perché acquista un’aria di gioco, quasi irriverente, sul tema della maternità di Maria. Gran parte dell’arte atea contemporanea, infatti, tende ad avere un atteggiamento parassitario nei confronti delle opere sacre del passato, avendo solo capacità dissacratoria, nella impossibilità di affermare una negazione[1].

Ad una prima osservazione superficiale si potrebbe, dunque, semplicemente etichettare questa opera come surrealista, onirica, dissacratoria. Ma, contestualizzandola nella poetica di Dalì, e soprattutto osservandola meglio, concentrandoci su alcuni segni e sulla loro grammatica, ci accorgiamo di molteplici rimandi, in una sorta di “risemantizzazione[2] di segni antichi, che provengono da una tradizione e sono parzialmente mutati nel significante e nel significato, entro un discorso perfettamente coerente.

2. Piero della Francesca, Madonna con bambino, sei santi, quattro angeli e il donatore Federico da Montefeltro, tempera su tavola, cm., 1470-5 Pinacoteca di Brera, Milano

L’elemento che più attira l’attenzione è la conchiglia, posta al vertice della composizione, ed è allusione alla grande conchiglia posta da Piero della Francesca nella Pala di Brera del 1472 ca.[3] (FIG. 2) dove occupa tutto il catino absidale, in una citazione della architettura antica, che da quella romana, passando attraverso quella bizantina, giunge fino al Rinascimento. La conchiglia nella tradizione iconografica cristiana ha un peculiare significato mariano[4]. Dalì, grazie al linguaggio di sospensione della sua opera, può girare la conchiglia, risemantizzandola: la trasforma da copertura a contenitore, come fosse una acquasantiera, alludendo a Maria che si riempie di Spirito Santo, quando concepisce il Figlio. Inoltre, dalla conchiglia nella Pala di Piero scende un grande uovo di struzzo, anch’esso portatore di significati mariani, tra cui l’Immacolata Concezione[5]. Nel quadro di Dalì l’uovo pende tra le parti smembrate dell’architettura, come Grazia divina che scende nella Chiesa, proprio sopra Maria.

3. Sant’Anna con la Vergine e il Bambino in grembo, incisione f. 24v nel Libro d’Ore secondo l’uso di Le Mans, Conegelinge Bibliotek
4. Bottega di Pinturicchio, Immacolata Concezione, tempera su tavola, 33,5×21 cm., 1510 c. Nationalmuseum Stoccolma

Dalì dipinge Maria con il volto della moglie Gala, peraltro nel contesto di Port Lligat, residenza di elezione di Dalì e della moglie, e la rappresenta come attraversata da una finestra, contenente Gesù Bambino che a sua volta contiene un pane. Questa struttura peculiarmente surrealista è da leggere in realtà insieme alla simbologia mariana della conchiglia e dell’uovo, e rimanda ad immagini della Immacolata Concezione del ‘400 e del ‘500, come per esempio l’incisione di Sant’Anna con la Vergine e il Bambino in grembo nel Libro d’Ore secondo l’uso di Le Mans[6] (FIG. 3) e la piccola Immacolata Concezione dipinta dalla Bottega di Pinturicchio[7] FIGURA 4, dove la Trinità contiene l’universo, nel cui centro Maria contiene il Bambino. Nella struttura surreale dell’opera di Dalì, questi elementi non perdono significato, anzi lo potenziano mediante il dialogo con altri segni, interni ed esterni al mondo pittorico di Dalì. Tra questi, notevole è senza dubbio la cesta di pane: nella Madonna di Port Lligat troviamo il cestino con il pane sospeso nell’aria, il pane dentro il Bambino, e la cesta vuota sul sarcofago in primo piano, insieme ad altri simboli di antica tradizione cristiana come il pesce, il giglio, l’olivo. Con questa grammatica, chiaramente Dalì parla di Gesù come Pane Eucaristico, e con tutta evidenza rimanda a due suoi altri dipinti rappresentanti un cesto di pane, realizzati nel 1926[8] e nel 1945[9] (FIG. 5), che a loro volta chiaramente dialogano con Zurbaran, che per esempio nella Carità di San Martino[10], rappresenta il pane come carità per i poveri e come sacrificio eucaristico, come esplicitato dallo stesso Zurbaran nella serie dei dipinti dedicati all’agnello (FIG. 6) [11].

In un circolo virtuoso di significato, mentre questi riferimenti ci fanno comprendere la Madonna di Port Lligat, contemporaneamente anche gli altri due suoi dipinti escono dallo status di normali nature morte o da esercizi di abilità tecnica, e recuperano la loro allusione ad un mondo spirituale, eucaristico, proprio perché la stessa immagine la troviamo collocata dentro il corpo del Bambino Gesù.

5. Salvador Dalì, Il cesto di pane, olio su tavola, 33×38 cm., 1945, Fundación Gala-Salvador Dalì, Figueras
6. Francisco de Zurbarán, Agnus Dei, olio su tela, cm 38 x 62,1635 -1640. Museo del Prado, Madrid

Quel pane che sembra sollevarsi e che ha il suo vero posto dentro il petto di Gesù, allude anche al nome del luogo della sua nascita, Betlheem che significa appunto casa del pane. Tutti gli elementi nel dipinto, apparentemente casuali come le schegge di una esplosione, sono in realtà termini coerenti di un linguaggio colto dal profondo significato. La firma dell’artista è forse data dal rinoceronte, presente sul sarcofago, che è un riferimento a Dürer ed anche l’emblema dello stesso Dalì, come l’elefante con le zampe di insetto in altre opere.

L’opera può, dunque, essere letta come una orchestrazione complessiva di rimandi e di significati colti e raffinati, tenuti insieme in modo originale, da una grammatica spazio-temporale di inesauribile lettura.

È ben nota la grande cultura artistica di Salvador Dalì, ed anche il suo radicarsi, costante seppure controverso, nella tradizione cattolica, ed anche la libertà con cui ha attraversato le grandi sperimentazioni artistiche del Novecento dal Dada al Surrealismo, basti pensare a come irride gli esiti dadaisti ne I cornuti della vecchia arte moderna, da grande artista protagonista dell’arte nell’intero arco del Novecento, capace di dire tanto di nuovo, senza mai dimenticare le radici con il passato. Affermerà poi:

«Non preoccuparti d’essere moderno. È l’unica cosa che, disgraziatamente, comunque tu agisca, non potrai evitare» (15 luglio 1952)[12].

Rodolfo PAPA  Roma 22 Maggio 2022

NOTE

[1] Cfr Rodolfo Papa, Arte, religioni ed ateismo, in “Espiritu”161 (2021), pp. 130-145; Lorella Congiunti, Ateismo ateo. La negazione dio Dio dopo-oltre l’ateismo, Ladolfi editore, Borgo Manero 2015.
[2] Per il significato del concetto di “risemantizzazione” cfr Rodolfo Papa, Da Michelangelo a Michelangelo. Il ciclo di San Matteo di Caravaggio, in “ArteDossier”127, ottobre 1997,  pp. 22-26.
[3] Piero della Francesca, Sacra Conversazione con la Madonna col Bambino, sei santi, quattro angeli e il donatore Federico da Montefeltro ovvero Pala di Brera, olio su tavola, cm 251 x 173,  1472 ca., Pinacoteca di Brera, Milano.
[4] Cfr. Filippo Picinelli, Mundus Symbolicus, New York, Garland Publications, 1976, Lib. VI, Cap. XVI, n. 75, p.446.
[5] L’Immacolata Concezione, ovvero la preservazione di Maria dal peccato originale fin dal suo concepimento, a motivo della sua maternità divina, viene proclamato dogma da  Pio XI nel 1854 con la bolla Ineffabilis Deus, ma era già presente nella tradizione, nella liturgia ed anche nelle opere d’arte, come possiamo vedere nel dipinto di Piero della Francesca.
Cfr Franciscus De Retza, Defensorium Inviolate perpetueque Virginitatis Castissime Dei Genetricis Marie, Lienhart Ysenhut, Basilea 1490, c. 15v.
[6] Sant’Anna con la Vergine e il Bambino in grembo, Libro d’Ore secondo l’uso di Le Mans (f. 24 v, nella Conegelinge Bibliotek, CMB Perg. 24 4).
[7] Bottega di Pinturicchio, Immacolata Concezione, tempera su tavola, 33,5×21 cm., 1510 c. Nationalmuseum Stoccolma.
[8] Salvador Dalì, Cesto di pane, olio su legno cm 31,5 x31,5, 1986, St. Petersburg (Fla.), Salvador Dalì Museum.
[9] Salvador Dalì, Cesto di pane, olio su legno cm 33×38, 1945, Figueras Fundacion Gala Dali.
[10] Francisco de Zurbarán, La Grazia di Fra Martino de Vizcaya, 1639, olio su tela, cm 290-x-222, 1598-1664, Monastero di Santa Maria di Guadalupe, Cáceres, Spagna.
[11] Francisco de Zurbarán, Agnus Dei, olio su tela, cm 38 x 62,1635 -1640. Museo del Prado, Madrid.
[12] Salvador Dalì, Diario di un genio, SE, Milano 1996, p. 51.