Rita Randolfi. Caravaggio: nuovi studi a confronto. Novità e miti da sfatare.

di Rita RANDOLFI

Il Convegno ed il volume 1951-2021. L’Enigma Caravaggio: nuovi studi a confronto. Novità e miti da sfatare.

È stato pubblicato da Etgraphiae e verrà presentato in più occasioni ed in diverse sedi il volume contenente gli atti del convegno internazionale, che si è svolto online a fine gennaio del 2022, dal titolo 1951-2021. L’Enigma Caravaggio: nuovi studi a confronto. L’iniziativa si andava a inserire nelle celebrazioni per i 450 anni dalla nascita del grande maestro lombardo.

La novità del convegno, pensato da Sergio Rossi in collaborazione con Rodolfo Papa, è stata innanzitutto la modalità di partecipazione. La pandemia ancora costringeva ad evitare i contatti fisici, e l’idea di poter sfruttare la tecnologia per un evento condiviso, in un momento storico in cui la nostalgia dell’incontro e della “normalità” pervadeva tutti, ma ancora veniva consigliata una certa prudenza, è stata decisamente vincente.

La possibilità di collegarsi online ha consentito la presenza, in tempo reale, di docenti, direttori di musei, restauratori, ma anche di dottorandi o dottorati, studenti, semplici appassionati, permettendo scambi di informazioni, opinioni, puntualizzazioni in tempo reale, come mai era accaduto prima. Occorre riconoscere come da quel momento molte istituzioni si sono attrezzate per permettere, attraverso i social, una più ampia partecipazione di pubblico a manifestazioni di questo genere, solo che nella maggioranza dei casi si tratta di riprese dal vivo o registrate, in cui difficilmente si può interagire. Viceversa i dibattiti hanno costituito l’eccezionalità di questo convegno, e se c’è almeno un aspetto positivo da attribuire al Covid-19 forse è legato proprio alla scoperta della tecnologia come mezzo di comunicazione diretta ed efficace.

Sarebbe auspicabile incrementare questo tipo di divulgazione, magari utilizzando la modalità mista, in presenza e a distanza, ma con un moderatore informatico addetto, in grado di riportare le domande ai relatori e le relative risposte. Altro vantaggio non trascurabile era quello di poter vedere le immagini direttamente sullo schermo del computer, mentre i relatori parlavano, riportando finalmente le opere al centro dell’attenzione: talvolta, invece, in presenza non si gode di una buona visuale, gli schermi sono ridotti, si perde il fulcro degli interventi degli studiosi. È stato quindi decisamente interessante riunire attorno a un tavolo virtuale esperti del Merisi, allo scopo di tentare di colmare quelle lacune, quegli interrogativi che ancora permangono sulla sua vita, tenendo conto anche del complicato sostrato culturale e sociale in cui lavorò.

Tante le novità emerse, nonostante Caravaggio goda di una bibliografia a dir poco sterminata. Innanzitutto è stato ribadito da più parti e da nomi autorevoli quali Treffers, Rossi, Papa, come l’artista sia tutt’altro che un miscredente o, peggio, un ateo sarcastico, dai tratti irriverenti. Al contrario, la sua sensibilità acuta, in perenne travaglio spirituale, lo spinge a considerarsi un peccatore, vittima della tentazione, ma alla continua ricerca di salvezza, una sorta di alter ego di san Paolo che nella lettera ai Romani al capitolo 7 scriveva di compiere il male che non avrebbe mai voluto fare, pur essendone pienamente consapevole e nonostante conoscesse il vero bene e la strada da percorrere verso la perfezione della santità. Dunque il Merisi era un autentico cattolico, che si riconosceva fragile nella carne, ma desideroso di riscattarsi, un po’ come il tormentato protagonista, interpretato magistralmente da Robert De Niro, nell’intramontabile film Mission o ancora, per proporre un paragone letterario, come Rodion Romanovič Raskolnikov del celeberrimo Delitto e Castigo di Fëdor Dostoevskij.

L’ambiguità che spesso è stata riscontrata in alcuni quadri del maestro quindi risponde all’esigenza voluta di proporre una doppia lettura laica e religiosa al contempo. Ne sono convinti Rossi e Dalma Frascarelli che, tenendo in considerazione il nuovo clima culturale creatosi attorno alle scoperte scientifiche di Galileo Galilei, afferma che lo scopo ultimo delle opere dell’artista era quello di persuadere lo spettatore, di svegliare le coscienze, di istruire in sintonia con quanto la Chiesa chiedeva all’arte nel periodo della contro-riforma. Non va infatti sottovalutato l’ambiente da cui il pittore proveniva, permeato dalla spiritualità di san Carlo Borromeo, che come illustrato da Michele Dolz, aveva riconosciuto ed esplorato il potere didascalico delle immagini, sulle quali invitava i vescovi ad esercitare un controllo rigoroso.

Caravaggio Sette opere della Misericordia 1607, Napoli chiesa del Pio Monte,

E se Caravaggio non era un intellettuale nel senso moderno del termine, sicuramente era colto e dotato di un acume pittorico che gli ha consentito di coniare composizioni assolutamente rivoluzionarie, come il cosiddetto Bacchino malato, il Ragazzo morso da una lucertola, o andando avanti nel tempo, le Sette opere di misericordia di Napoli: e su questo dipinto ho sottolineato nel mio saggio come il desiderio e l’aspirazione al perdono che connota tutta l’esistenza del Merisi si rendano particolarmente tangibili in questo capolavoro, dove il pittore enuclea le sue conoscenze letterarie, mitologiche e bibliche, per sfornare un’immagine di potente sintesi e bellezza. Con questa pala Caravaggio sposa definitivamente la dottrina cristiana, che reputa essenziale compiere le opere buone, che altro non sono che l’imitazione del comportamento di Cristo. Attraverso le opere e mediante i sacramenti ogni cristiano anela a trasformarsi in Gesù, perpetuando la sua venuta sulla terra. E del resto in tutte le opere di Caravaggio si respira il dualismo tra il bene ed il male, anche se la scelta definitiva spetta sempre all’uomo.

Nonostante le capacità inventive decisamente fuori del comune, ci si è resi conto come il lombardo non avesse avuto esperienze così diverse dai colleghi del suo tempo: Michelangelo avrà incontrato le medesime difficoltà e privazioni che sperimentavano tutti i forestieri a Roma, avrà tentato disperatamente di procacciarsi le commissioni e di integrarsi in un tessuto sociale stratificato. Anche se, da Vasari in poi, il motivo dell’artista alle prime armi, affamato di successo, che si reca nella bottega di un pittore affermato per trovare fortuna diventa un vero e proprio topos letterario, probabilmente persino “l’irraggiungibile” Caravaggio avrà dipinto opere di qualità non sempre eccelsa, e proprio per questo motivo non riconosciute come sue, e avrà replicato, al pari di altri, quelle che riscuotevano maggior successo.

Basti pensare, come ribadito più volte da Sergio Rossi, alle numerose repliche del Mondafrutto, o alle diverse copie, ai “doppi” molti dei quali rintracciati da Fabio Scaletti, che indica nelle 3 P, perizia, pedegree e prove, un metodo affidabile per individuarne l’autografia. Sul discorso delle repliche, ma anche dell’interpretazione in chiave moraleggiante delle opere giovanili e sull’importanza che ebbe Prospero Orsi, agli esordi della carriera romana del Caravaggio insiste anche Beatrice Riccardo. Altra caratteristica emersa dagli studi è la straordinaria memoria che caratterizzava il modus operandi del pittore e che gli permise di ricordare particolari che il suo occhio attento registrava, desunti dallo studio appassionato e approfondito del passato e dei grandi del Rinascimento e non solo.

La Danesi Squarzina ha messo in luce alcune soluzioni formali che Caravaggio aveva ripreso, anche a distanza di anni, da Simone Peterzano, nella cui bottega si era formato, mentre Matteo Gargiulo ha rivelato i modelli bizantini cui il pittore si rifece. Di conseguenza è stato fatto notare come non sempre l’artista dipingesse dal vero – anche se questa restava la sua peculiarità, come ad esempio rivela Bussagli, che studia nel dettaglio l’anatomia dei muscoli del braccio del Ragazzo con il cestodi frutta, ponendolo a confronto con un modello dal vivo che sostiene dei pesi con una sola mano ­- alcune composizioni gli derivavano proprio dalla sua capacità di ricordare e rielaborare particolari che lo avevano incuriosito e affascinato.

Ma altri contributi hanno dimostrato non solo come fossero percepite le novità del maestro lombardo in Italia (S. Capelli, P. Carofano, L. Facchin, P. Giansiracusa, A. Spiriti) e all’estero (A. Rodolfo, C. Metzger) ed in contesti culturali lontani dalle mete da lui toccate, come la Sardegna (L. Agus), la Spagna (R. Triadó) o l’America Latina (L. Vargas). Michela Gianfranceschi ha illustrato come le non semplici traduzioni a stampa dei quadri del Merisi, giocati sul contrasto tra ombre dominanti e luci improvvise, avessero garantito la diffusione delle sue composizioni.

Addirittura Massimiliano Ferrario ha rivelato come Caravaggio avesse potuto condizionare le scelte di artisti moderni come Wright of Derby, Goya, David e Géricault, Cezanne che si accorsero di lui molto prima della letteratura artistica, che ne ha avviato una rivalutazione solo in tempi più recenti. Ancora oggi performarce, murales e tableax vivant si ispirano o riproducono le sue opere. Del resto uno dei meriti più grandi che si riconosce all’artista è proprio l’invenzione di un linguaggio nuovo, moderno che, come evidenziato da Pietro di Loreto continua a comunicare emozioni e a sedurre un pubblico sempre più ampio e interessato, come dimostrano l’enorme affluenza alle mostre a lui dedicate, ma anche i post che si possono trovare su facebook, tiktok, instagram.

Per tornare al convegno, nuove conoscenze sono state fornite dalle indagini diagnostiche e dai restauratori che hanno rivelato elementi di grande interesse circa la tecnica esecutiva del maestro, la preparazione delle tele, i disegni progettuali (si vedano i saggi di C. Mariani, di C. Withfield). Restano, in ogni caso, ancora questioni rimaste aperte. I primi anni di attività del maestro sono avvolti nel mistero, così come gli ultimi momenti della sua vita. Restano, in ogni caso, ancora questioni rimaste aperte. I primi anni di attività del maestro sono avvolti nel mistero, così come gli ultimi momenti della sua vita.

Caravaggio, S. Giovannino, (o Sacrificio d’Isacco?)Roma, Musei Capitolini.

Quanto ai primi, addirittura non si sa ancora quando effettivamente Caravaggio sia arrivato a Roma ed al proposito Sergio Rossi ha sostenuto che questa data non possa essere posticipata oltre il 1594. Quanto ai secondi, Paolo Giansiracusa ha narrato con acume e passione il soggiorno siracusano del Merisi mentre Valentina Certo ha ricostruito, attraverso un’attenta analisi delle fonti e dei documenti, il soggiorno messinese dell’artista in cerca di protezione. Ancora alcune opere citate dalle fonti non sono state mai trovate, altre si prestano a nuove interpretazioni (il san Giovannino della Pinacoteca Capitolina letto come un Sacrificio di Isacco da R. Papa), si discute sui committenti (L. Testa), sulle implicazioni morali e filosofiche dell’operato del pittore in relazione ai tempi moderni, agli influssi che ha avuto sulla cultura artistica a 360 gradi come attestano persino le opere musicali di Flavio Colusso.

Il risultato è un volume di 350 pagine con un apparato fotografico consistente ed una bibliografia aggiornata, che sicuramente costituirà la base di partenza per ulteriori approfondimenti.

Rita RANDOLFI  Roma 7 Febbraio 2024