Riparato il danno alla Santa Bibiana. La proposta di un esperto

di Mario URSINO

Il danno alla Santa Bibiana: una domanda e una proposta

Santa Bibiana part. prima e dopo il restauro del dito (immagine da Dagospia)

In margine alle forti e giuste critiche apparse sul grave incidente occorso alla celebre scultura del Bernini, mi permetto di aggiungere un’osservazione di carattere strettamente tecnico: nella risposta fornita dalla Direzione della Galleria Borghese (About Art si legge che l’opera venne consegnata il 13 marzo 2018 alla Chiesa “precisamente in un’area allestita a cantiere per effettuare quella rotazione della statua nella nicchia della sua posizione originaria. A quella stessa data si interrompe la responsabilità della Galleria Borghese…” (sic!) Ma come è possibile, mi sono chiesto; non avrebbero avuto l’obbligo i funzionari e i restauratori della Borghese o del Mibact di rimanere ed essere presenti fino al momento definitivo della collocazione della scultura nella sua posizione originaria? È incredibile quindi scaricare la responsabilità sugli operatori della zona del “cantiere” non avendo qualche funzionario tecnico-scientifico dell’amministrazione assistito alla collocazione definitiva dell’opera.

Nell’esperienza del mio lavoro presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, non è mai successo che uno di noi (storici dell’arte e/o restauratori) non fosse presente all’andata e al ritorno di opere andate o ricevute in prestito. Ritengo sia stata una grave negligenza essere assenti alla fine del lavoro, anche per capire come sia potuta avvenire la rottura netta del dito della mano della scultura.

Ed ora avanzo la mia modesta proposta: diversi anni fa, mentre ancora prestavo servizio alla Galleria Nazionale, ricordo benissimo che ricevemmo, come tutti i musei e le soprintendenze, una circolare ministeriale che ci imponeva di fornire un elenco delle opere che per la loro fragilità, dimensione e importanza storico-artistica dovevano essere dichiarate “inamovibili”. Noi diligentemente lo facemmo. Va detto che codesto obbligo si riferiva, ovviamente, a tutte le opere di proprietà statale. Purtroppo in questo caso, e non solo, ho l’impressione che sia stata disatteso, a giudicare dagli spostamenti (si veda quanto ha scritto in questa occasione Nicola Spinosa) nazionali e internazionali di celebri capolavori dello Stato e del patrimonio ecclesiastico che rientra anch’esso nella vigilanza del Mibact, ai sensi della legge di tutela del patrimonio culturale.

Ebbene non sarebbe il caso di promulgare una norma che faccia obbligo anche agli enti diversi dallo Stato di fornire un elenco delle “opere inamovibili” in accordo con le soprintendenze? Ma temo che non si farà mai, dato i tempi attuali.

Mario Ursino Roma 6 maggio 2018