Pierre Huyghe a Venezia con “Liminal”. Alla Punta della Dogana l’arte tra il possibile e l’impossibile.

di Roberto SGARBOSSA*

Liminal è il titolo dell’istallazione multimediale di Pierre Huyghe. I lavori provengono dalla collezione Pinault. La curatela è affidata a Anne Stenne.

All’entrata si presenta uno  spazio dove la luce è assente. Un  senso di disorientamento e precarietà ci accompagna tra le sale. Su grandi schermi vengono proiettati video inquietanti o meglio angoscianti con immagini di una città devastata forse da un terremoto e abbandonata dai suoi abitanti (fig. 1).

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L’interno di un edificio scopriamo essere abitato da uno strano essere ibrido. Una piccola scimmia indossa una maschera bianca kabuki, dalla testa scendono lunghi capelli neri. Si muove come un animale in gabbia, aggirandosi inquieta tra i mobili della cucina. L’artista riprende i suoi movimenti in maniera fredda, non c’è giudizio ne empatia. Spazio e tempo sembrano dilatarsi scambiando la finzione in realtà, l’umano in non umano, la vita nella morte (fig.2).

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La mostra continua in un’altra sala praticamente buia. Un non luogo dominato da una grande scultura simile ad una antenna , grande totem tecnologico che ruota forse per trasmettere indecifrabili segnali (fig. 3).

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In piedi in fondo alla stanza si intravvedono due figure, forse manichini, vestiti di nero. Indossano una maschera dorata. La sommità presenta dei piccolissimi fori dai quali sembrano fuoriuscire confuse parole, mantra senza significato (fig. 4). Ma ecco ora si muovono verso un’altra sala come attori-spettatori confusi.

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Relitti di statue, pseudo meteoriti e ragni marini, popolano una serie di acquari, feticci museali che ricordano il lavoro di Damien Hirst esposto sempre qui e a Palazzo Grassi. Il paragone con “Tresures from the wreck of the unbelievable” è molto ovvio, e ci fa provare lo stesso disagio. Tutto può essere vero o falso: Between lies and truth lies the truth (fig. 5).

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Huyghe ci fa continuare il nostro viaggio nelle luci disco dance anni ’80 nella stanza dei fumi di vapore acqueo illuminati da fari  colorati (fig. 6).

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Il parterre vuoto e inutile conduce ad un mondo distopico  nel video popolato da insetti e piccoli frammenti di minerale colati nell’ambra trasparente (fig. 7). Quando la vita cessa la si può analizzare, controllare e conservare, in questo caso trasformandola in una reliquia mediatica proveniente da una civiltà estinta.

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Telecamere super tecnologiche con lunghi snodi documentano così un pianeta senza vita. I resti di uno scheletro gigantesco lentamente si decompone sul suolo arso (fig. 8).

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Alla fine il significato di Liminal non viene spiegato. Non c’è bisogno.

Roberto SGARBOSSA  Venezia Marzo 2024

*Le foto sono dell’Autore