Per Capogrossi a 50 anni dalla morte: grande esposizione alla Galleria d’Arte Moderna di Roma (fino al 6 novembre)

di Silvana LAZZARINO

A Roma e in altre città italiane il ricordo per Capogrossi a 50 anni dalla morte: mostre e iniziative celebrano l’artista che racconta i ritmi enigmatici e poetici del suo segno tra memoria e tempo

Quel geometrismo compositivo dove si inseguono e articolano segni nel loro aprirsi e chiudersi a costruire possibili tracciati di sentieri con cui contattare la poetica delle emozioni, la capacità di sperimentare l’uso di una nuova figurazione nel rielaborare l’astrazione, sono centrali nell’opera di Giuseppe Capogrossi (Roma, 7 marzo 1900 – Roma, 9 ottobre 1972) esponente fra i più originali e anticonformisti dell’Informale. Alla sua opera che ruota intorno al concetto di segno ed alla complessità nel definire una trama compositiva ora semplice e ripetitiva, ora con variazioni rispetto a linee ed al colore con cui riferirsi al flusso dell’esistenza nella concretezza e nella vitalità del suo procedere tra memoria e presente, visibile e invisibile, è dedicata la grande mostra “Capogrossi. Dietro le quinte” in corso a Roma negli spazi della Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea aperta fino al 6 novembre 2022.

Curata da Francesca Romana Morelli, l’esposizione che è stata inaugurata lo scorso 20 settembre 2022 ha dato il via a tutta una serie di iniziative che si svolgono in Italia e che rientrano nel progetto “Capogrossi. Il segno nei musei e nelle istituzioni italiane” su impulso del Presidente della Fondazione Guglielmo Capogrossi, con cui viene celebrato l’artista a 50 anni dalla morte avventa il 9 ottobre 1972.

Tra i padri della pittura informale e dell’arte italiana del Novecento, Capogrossi nella ricerca di nuovi linguaggi se nella prima fase figurativa dispone le figure entro spazi geometricamente definiti, successivamente prende le distanze dalla realtà oggettiva per tessere combinazioni di varie forme cromatiche e compositive dall’effetto spesso decorativo. Così è negli anni Cinquanta che un nuovo periodo dell’arte di Capogrossi prende forma, accostandosi all’astrattismo e all’espressionismo, rivisitati però con originalità. Motivi geometrici astratti simili ad architetture ricercate caratterizzano i suoi lavori in cui le stesse complessità geometriche diventano espressioni multiple di uno stato emotivo insondabile che cambia e si rinnova.

Giuseppe Capogrossi, Superficie

Ma entro questo nuovo linguaggio nessuna interpretazione è data come assoluta e tra l’altro i dipinti non presentano un titolo caratterizzante, ma tutti sono denominati con “Superficie” differenziandosi per la numerazione che li accompagna.

Il percorso espositivo con oltre trenta dipinti e una ventina di opere su carta provenienti dalle collezioni della Galleria Nazionale, sede del più cospicuo nucleo di opere dell’artista, dalla Fondazione Archivio Capogrossi e da collezioni private, mette in luce le tappe che caratterizzano la trasformazione della sua arte a partire dall’iniziale stagione pittorica legata alla figurazione culminata poi nel tonale, per giungere alle alchimie del segno nelle sue rappresentazioni simili a griglie e  trame  dove le forme non sono mai uguali, ma rispondono  a variazioni in rapporto allo spessore del segno e al colore.

Accanto ad una selezione di dipinti che da diverso tempo non sono stati più esposti come Superficie 274 (1954) e Autoritratto con Emanuele Cavalli (1927 circa) in cui l’artista raddoppia sé stesso attraverso il ritratto del sodale Emanuele Cavalli che spunta da dietro le sue spalle; sono le altre Superfici in cui vengono esplorate le infinite possibilità del segno anche nel ripetersi delle forme Tra queste: Superficie 76 bis (1954-1958) dia segni disposti in modo articolato a definire degli spazi vuoti che nella struttura compositiva creano sospensioni a guardare nei luoghi silenti della memoria; Superficie 538 (1961) caratterizzata da un piano nero dove entrano in gioco sottili gradi di luminosità e di opacità dei pigmenti neri, diagonalmente come bloccati da una fenditura bianca su cui la combinazione di segni neri e di più grandi arancioni esercita una forza dinamica volta a portare l’attenzione verso un nuovo ascolto di sé in cui abitano contraddizioni a partire dal confronto con la realtà esterna e i suoi condizionamenti.

Sono inoltre presenti Superficie 419 (1950 circa) dove la griglia su cui poggiano i segni grandi che impongono un ordine ai segni più piccoli restituisce un aspetto bidimensionale, e Superficie 106 (1954) la cui forma ovale sta ad indicare la continuità, a suggerire partendo dalla struttura compositiva la ricerca di un raccordo con la dimensione visiva-sonora dello spazio esterno. Da citare inoltre il grande arazzo Astratto (1963) pensato per la Turbonave Michelangelo ed i Rilievi bianchi, ideati dall’artista negli anni sessanta cui è dedicata una sala e che sottolineano il suo essere costantemente volto alla sperimentazione.

Giuseppe Caporossi, Paesaggio invernale (Proprietà UniCredit)

Di interesse anche i documenti d’archivio provenienti dai fondi documentari dell’artista conservati nell’Archivio della Galleria e presso la Fondazione, come ritratti fotografici di Capogrossi con personaggi di spicco dell’epoca, cataloghi di mostre, riviste, lettere e articoli di giornale, che ricostruiscono le relazioni intessute dall’artista rimasto in costante osservazione della realtà esterna e sempre in ascolto di sé in linea con le proprie scelte riguardo il discorso pittorico.

La mostra prevede visite di mediazione culturale in programma ogni giovedì alle ore 11,00, condotte dalle mediatrici e dai mediatori culturali, cui si accede gratuitamente poiché comprese nel biglietto di ingresso alla mostra.

Sono circa 25 i musei e le istituzioni italiane che conservano nelle loro collezioni opere di Capogrossi e da ottobre sono parte di una mostra diffusa sul territorio italiano, sezione curata da Patrizia Rosazza Ferraris, che contempla incontri, conferenze, laboratori. Tra queste citiamo la Galleria d’Arte Moderna – Gam di Genova che ha aderito all’iniziativa per le celebrazioni dei 50 anni dalla morte di Capogrossi, esponendo l’opera Ballerina (1946) conservata nelle sue collezioni e presentando lo scorso 11 ottobre la conferenza “Capogrossi dalla figurazione all’astrazione” tenuta dal Prof. Leo Lecci, professore di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università degli Studi di Genova.

Silvana LAZZARINO  Roma 23 Ottobre 2022

Capogrossi. Dietro le quinte

Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea Viale delle Belle Arti 131 Roma (fino al 6 novembre 2022)

a cura di Francesca Romana Morelli

per informazioni

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