Nîmes, l’antica Nemausus; archeologia e storia de “la Roma di Francia”.

di Nica FIORI & Francesca LICORDARI

Nîmes, l’antica Nemausus

Secondo una tradizione medievale, Nîmes, una delle città più affascinanti dell’Occitania, era chiamata “la Roma di Francia”, sia per la sua posizione su sette colli (ma se ne vedono solo cinque), sia perché la romanità qui era fortemente sentita, come testimoniano i suoi monumenti molto ben conservati.

Lo stesso stemma della città, raffigurante un coccodrillo egiziano incatenato a una palma che divide in due la legenda COL NEM (abbreviazione di Colonia Nemausus), deriva da una moneta in bronzo, detta “asse di Nîmes”, che presenta sul davanti i busti dell’imperatore Augusto e del suo luogotenente (e genero) Agrippa e sul rovescio l’immagine del coccodrillo incatenato: una chiara allusione alla fondazione della città romana da parte dai legionari reduci dalle campagne d’Egitto e alla vittoria di Ottaviano Augusto su Marco Antonio nella battaglia di Azio del 31 a.C.

Il coccodrillo lo si ritrova anche in una fontana di Place du Marché, questa volta accanto ai resti di due colonne.

1 Fontana del coccodrillo

L’insediamento romano sorse in realtà su quella che era l’antica capitale gallica dei Volsci Arecomici, trasformata da Augusto nel 27 a.C. nella Colonia Augusta Nemausus. In pochi decenni, grazie alla sua ubicazione sulla via Domizia, che collegava l’Italia alla penisola Iberica, divenne il centro più importante delle Gallie.

Quanto al nome Nemausus, deriva da un dio celtico venerato dagli Arecomici, il cui culto era legato all’acqua e praticato presso la sorgente cittadina. Questo legame con l’elemento acquatico non si è mai perso e ancora oggi la visione dello spettacolare Giardino della Fontana di Nîmes ci colpisce per la sua ricchezza idrica.

2 Giardino della Fontana
3 Giardino della Fontana

Nella città antica il rifornimento di acqua potabile era garantito dai numerosi pozzi che attingevano a un’importante falda freatica. La sorgente era di tipo valchiusano, ovvero caratterizzata da un sifone naturale e dall’acqua che sgorgava in maniera intermittente, creando una portata irregolare. L’altezza troppo bassa, infatti, non ne permetteva una soddisfacente distribuzione per semplice gravità. Proprio per questo si sentì l’esigenza di andare ad attingere l’acqua a Uzès, 25 km più a nord, dove la sorgente aveva una portata regolare e un’altezza di circa 71 metri. L’unico inconveniente era dato dalle gole del fiume Gardon, che costituivano un ostacolo all’arrivo dell’acqua in città. Venne realizzata così una grande opera di canalizzazione, il cui elemento principale è il celebre Pont du Gard, lo spettacolare ponte-acquedotto a tre ordini di arcate, alto 48,77 metri (il più alto in assoluto tra gli acquedotti) e con una lunghezza di 275 metri. Costruito in età augustea, è stato attivo fino al VI secolo d.C.

4 Pont du Gard

Una volta arrivata in città, l’acqua doveva essere distribuita per mezzo di un bacino di raccolta e di decantazione, il castellum aquae, uno dei pochissimi edifici di questo tipo che si sono conservati nel mondo romano. Attraverso un’apertura quadrangolare l’acqua entrava in una vasca circolare di 5,50 m di diametro e di 1 m di profondità. Dal lato opposto vi erano 10 tubi di piombo, che la incanalavano verso la città, raggruppati a due a due in cinque gallerie. Il castellum era munito, inoltre, di tre sportelli di scarico.

5 Castellum aquae

Nemausus non era l’unica divinità adorata in città. Vicino alla sorgente è stata trovata una dedica alle dee madri di Nîmes, incisa in gallo-greco, cioè in lingua gallica traslitterata con alfabeto greco, posta sull’abaco di un capitello. Ai nostri giorni ignoriamo i rituali legati a questi culti e i caratteri dei santuari dove erano celebrati. Negli scavi degli anni 1991-92 un edificio porticato con funzione cultuale è stato scoperto nelle vicinanze del Giardino della Fontana. Datato per la stratigrafia all’inizio del I secolo a.C., presenta sulle cortine dei muri tecniche di taglio della pietra di tradizione ellenistica ed è confrontabile con i porticati conosciuti in bassa Provenza dalla fine dell’età del Ferro. In età romana la sorgente e tutta la zona situata nella parte bassa del Giardino della Fontana sono state ristrutturate in un vasto complesso architettonico diversamente interpretato dagli archeologi. Esclusa ormai l’ipotesi che si tratti di terme, ne è stato sottolineato il carattere sacro.

6 Edificio con funzione templare

L’ipotesi dell’archeologo Pierre Gros, formulata nel 1984 e considerata la più attendibile, riconosce nelle strutture un santuario dinastico o augusteo, l’unico caso di questo tipo attestato in occidente. Nell’Augusteo erano riuniti diversi edifici che avevano allo stesso tempo un carattere religioso e politico, con una marcata valenza sociale. In effetti nelle immediate vicinanze della sorgente c’era un ninfeo, al centro del quale era stato eretto un altare per il culto imperiale, e un enigmatico edificio chiamato Tempio di Diana. Quest’edificio in realtà non sembra avere alcun collegamento con la dea della caccia, ma per la presenza di nicchie sulle pareti dell’ambiente principale potrebbe essere identificato forse con una biblioteca. Presenta una pianta a cella centrale, fiancheggiata da due corridoi coperti a volta. Da questo corridoio a piano inclinato si accedeva al piano superiore in larga parte distrutto. Mantenutosi praticamente intatto fino al XVI secolo, perché trasformato nel Medioevo in un monastero, ha ispirato numerosi pittori romantici e ancora oggi affascina i visitatori.

7 Edificio templare, interno
8 Tour Magne

Lo spazio era chiuso a nord dal pendio della collina e sugli altri lati da un triplice porticato. Al centro di quello meridionale vi era l’ingresso monumentale, dal quale partiva la principale via di comunicazione con la città. L’importanza del complesso era anche sottolineata dalla presenza della Tour Magne, una torre gallica della cinta muraria, sopraelevata dai Romani, che si innalzava come un segnale sulla sommità della collina che dominava il sito. Attualmente presenta un’altezza di 32,5 metri (il basamento, alto 18 metri, è di 12,7 x 17,2 metri), ma non ci è giunta completamente integra in quanto è stata rovinata nel XVII secolo da saccheggiatori alla ricerca di un tesoro.

Il vero cuore del santuario era il ninfeo, costituito da una piattaforma massiccia, all’incirca quadrata, su cui sorgeva l’altare. Questa piattaforma era circondata da porticati, in parte sotterranei con esedre alternativamente semicircolari e rettangolari. Al posto dell’altare scomparso, nel XVIII secolo è stato posto un gruppo statuario.

9 Ninfeo del Giardino della Fontana

Le mura, che delineavano il perimetro della città, risalgono al 16-15 a.C. e sono state finanziate direttamente dall’erario imperiale. Si estendono per un percorso di 6 km racchiudendo al loro interno una superficie di 220 ettari. L’accuratezza con la quale sono state costruite si rivela nello spessore costante di 2,10 m e nell’omogeneità della tecnica edilizia in opus quadratum e opus coementicium.

Oltre alla Tour Magne, inglobata nel loro percorso, sono ben visibili due delle porte d’accesso. La Porta di Augusto, chiamata una volta Porta d’Arles perché si apriva sulla via Domizia in direzione della città omonima, si trova nella zona sud-est. È formata da quattro fornici: i due maggiori, uno d’entrata e uno d’uscita, servivano per il passaggio carrabile, i due minori erano riservati ai pedoni. Sui fianchi era rinforzata da due torri semicircolari. La chiave di volta di ognuno degli archi centrali è sormontata da una protome di toro. Al di sopra dei fornici minori vi sono delle nicchie dove dovevano esserci due statue, probabilmente quelle di Augusto e di Agrippa. Nel cortile interno vi era un pozzo e una base dove si suppone vi fosse la statua di Augusto.

10 Porta di Augusto
11 Porte de France

La Porte de France, detta anche “Porte d’Espagne”, è meno imponente della precedente perché costituita da un solo fornice. Inglobata all’interno del tessuto cittadino tra due palazzi, presenta al di sopra del fornice una struttura cieca a pilastri. In origine doveva essere affiancata da due grosse torri, di cui una è parzialmente conservata sul lato occidentale.

Sempre all’età augustea risale la Maison Carrée, un grandioso santuario in calcare locale, che rispecchia in pieno i motivi dell’ideologia imperiale. Dell’imponente complesso, costituito da un tempio intorno al quale si sviluppavano due ali porticate, rimane solo la parte centrale, il tempio di culto vero e proprio, dedicato ai nipoti prediletti di Augusto, Gaio e Lucio Cesari. Sull’architrave del pronao era posta l’iscrizione dedicatoria a lettere bronzee (CIL XII, 3156), scomparsa ma leggibile grazie ai fori d’inserimento delle lettere, che si riferisce alla prima metà del 2 d.C., quando Lucio Cesare era stato designato al consolato per l’anno successivo, incarico che non rivestirà mai a causa della sua morte prematura:

C(AIO) CAESARI AVGVSTI F(ILIO) CO(N)S(VLI), L(VCIO) CAESARI AVGVSTI F(ILIO) CO(N)S(VLI) DESIGNATO / PRINCIPIBVS IVVENTVTIS

(A Gaio figlio di Cesare Augusto console, a Lucio figlio di Cesare Augusto console designato, principi della gioventù).

12 Maison Carree

Il tempio si presenta come un grande esastilo corinzio pseudoperiptero (25×12 m) con 6 colonne sulla fronte e 11 sul lato lungo, posto su un massiccio podio in opera quadrata, alto 2,82 m. La scalinata di accesso al pronao, costituita da 15 gradini, è posta sul lato settentrionale. I due gradini superiori si prolungano tutt’intorno all’edificio formando lo stilobate. A eccezione del lato nord di accesso con iscrizione, sopra le colonne corre un architrave a tre fasce con fregio raffigurante una lussureggiante vegetazione a girali d’acanto, animata qua e là dalla presenza di uccelli. Il monumento trova confronti, soprattutto per quel che riguarda i capitelli, col tempio di Marte Ultore nel Foro di Augusto a Roma. D’altronde l’arte provinciale prende spesso ad esempio i monumenti della capitale: il Foro di Augusto, in particolare, sembra essere il modello maggiormente imitato.

13 Maison Carree

La cella, lunga 16 metri, ospitava la statua del genio dell’imperatore e presumibilmente quelle di alcuni membri della famiglia imperiale. Sotto la cella ci sono una sala a volta e una galleria che portava a un ambiente sotterraneo, riutilizzato al momento della trasformazione in chiesa nel XVII secolo. Prima ancora il tempio era stato la sede dei magistrati cittadini dopo la caduta dell’impero, mentre dopo la rivoluzione francese fu utilizzato come sede di archivi. Proprio il reimpiego nel corso dei secoli ha permesso all’edificio, dichiarato monumento nazionale nel 1823, di arrivare fino ai nostri giorni in un eccezionale stato di conservazione.

L’altra grande impresa architettonica fu la costruzione di un anfiteatro (chiamato l’Arena) nella zona sud-orientale della città. Un edificio di tale tipo costituiva un indispensabile complemento di ogni insediamento abitativo. Risale alla fine del I secolo d.C. ed è tecnicamente assai evoluto perché fa un largo uso di volte. Sembra che fosse destinato per lo più a combattimenti di gladiatori, anche perché poco fuori della città sono state rinvenute 14 loro stele funerarie. D’altra parte i gradini sono poco elevati rispetto all’arena e di conseguenza non garantivano una protezione sufficiente agli spettatori nel caso di venationes. Sempre per ragioni di ordine tecnico sono da escludere anche le naumachie.

14 Anfiteatro

L’ellisse misura 133,4 m (asse maggiore) per 101,4 m (asse minore). La facciata a due piani, alta 21 m, è coronata da un attico dove si vedono ancora le mensole che dovevano sostenere il velario. Gli spettatori potevano accedere ai vomitoria grazie a cinque gallerie concentriche, situate a diversi livelli e collegate tra loro da numerose gallerie radiali. È tecnicamente più evoluto rispetto all’anfiteatro della vicina Arles, l’antica Arelate, in quanto sono stati introdotti diversi perfezionamenti, come per esempio i dispositivi per lo scolo delle acque pluviali e per la pulizia delle latrine, che stavano nelle scale che portavano alla galleria circolare superiore. La cavea, che poteva accogliere fino a 23.000 spettatori, era divisa in tre zone con un parapetto che faceva da separatore; i sedili sono indicati da solchi incisi, distanziati di 40 cm. I posti d’onore erano attribuiti ai decurioni locali; 40 erano inoltre riservati ai battellieri del Rodano e 25 a quelli dell’Ardéche. L’Arena, la cui ellisse misura 69 metri per 38, aveva gli accessi principali in corrispondenza delle estremità dell’asse maggiore. Il ritrovamento di contrappesi in piombo fa ipotizzare l’esistenza di montacarichi che collegavano gli ambienti sotterranei con l’arena.

Una serie di bassorilievi decoravano i parapetti e i pilastri dell’anfiteatro. Le scene raffigurate erano in tema con gli spettacoli gladiatorii che vi si tenevano, mentre la presenza del motivo della lupa con i gemelli, sul pilastro nord-est della facciata, ci appare come un chiaro esempio di richiamo alla tradizione della città fondatrice.

15 Rilievo con Lupa

Il rilievo originale è ora conservato nel vicino Musée de la Romanité, inaugurato nel giugno 2018. Progettato dall’architetto franco-brasiliano Elizabeth de Portzamparc, è caratterizzato da un’architettura dal design contemporaneo, con una sorta di toga di vetro pieghettata, che contrasta con la classicità dell’Anfiteatro, ma allo stesso tempo ne richiama le linee.

16 Mosaico della domus di Penteo
17 Mosaico con Anfitrite

Su una superfice di 3.500 mq sono esposti oltre 5.500 reperti archeologici, che fanno rivivere la storia di Nîmes dall’età del Bronzo al Medioevo.

Sono stati inglobati diversi elementi archeologici monumentali, già esposti nel chiostro dei Gesuiti (sede del vecchio museo), mentre tra le novità ci colpiscono i resti di una domus romana rinvenuta tra il 2005 e il 2007 negli scavi preliminari dell’area.

18 Ricostruzione di una domus

Il nuovo allestimento museale esalta in particolare la visione di eccezionali mosaici policromi (tra cui quello con l’Uccisione di Penteo dell’omonima domus e quello con Anfitrite) del I-II secolo d.C., testimonianze dell’assimilazione dei modelli romani da parte delle classi più abbienti della società di Nemausus (ricordiamo che era originario di lì il padre di Antonino Pio, imperatore dal 138 al 161).

Grazie alle postazioni multimediali, alle ricostruzioni di ambienti antichi e perfino di un Giardino archeologico, comprendente le piante tipiche dell’antichità, oltre che alla vicinanza dell’Arena, che appare spettacolare dalla terrazza del museo, ci si sente veramente immersi nella romanità francese.

19 Giardino archeologico

Nica FIORI & Francesca LICORDARI   Roma 2 ottobre 2022