Dopo Caravaggio niente fu più come prima; Napoli, Genova e Milano e gli eredi del Merisi in mostra a Milano

redazione

A Milano in mostra l’Ultimo Caravaggio

Gallerie d’Italia. Piazza della Scala, fino all’ 8 aprile

“L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri. Napoli, Genova e Milano a confronto (1610 – 1640)

Una grande iniziativa, a cura di Alessandro Morandotti, punta i riflettori su un aspetto non ancora del tutto indagato circa il fenomeno del caravaggismo, quando cioè, ancor prima della fine della parabola esistenziale ed artistica del genio lombardo, prese il via un’autentica rivoluzione di carattere intellettuale nel campo tematico, iconografico, stilistico; lo raccontò alcuni decennni dopo la morte di Caravaggio molto efficacemente lo storico Giovan Pietro Bellori, secondo il quale i vecchi pittori  :” rimanevano sbigottiti per quello novello studio di natura …  né cessavano di sgridare il Caravaggio e la sua maniera …”, mentre al contrario “... presi dalla novità, i giovani concorrevano a lui e celebravano lui solo come unico imitatore della natura”.

Ma se a Roma -allora autentico centro focale delle arti- a Napoli e in Sicilia l’avvento del verbo caravaggesco ebbe uno sviluppo straordinariamente consapevole oltre che subitaneo, in altre parti d’Italia i tempi non furono così immediati; non a caso il dipinto di riferimento è l’ultimo che Caravaggio dipinse, cioè il Martirio di Sant’Orsola, ora a Palazzo Zevallos Stigliano a Napoli di collezione Banca Intesa, che certo fornì l’idea ad un artista di notevole spessore come il genovese Bernarfdo Strozzi, che ne redasse una versione sicuramente ispirata a questa del Merisi ma già in un’orbita differente, non distante dal naturalismo ma filtrato in tratti più illuminati e colorati, tipici dell’insorgenza del barocco.

Da Napoli, passando per Genova e per Milano: il percorso della mostra si snoda proprio in questa direzione, con dipinti -alcuni dei quali mai in mostra a Milano- di tipicità caravaggesca firmati da Ribera o da Battistello Caracciolo ed altri di maestri quali appunto Strozzi, Rubens, van Dyck, per citarne alcuni, interni ad un’ottica già differente.

Un vero capolavoro di Giulio Cesare Procaccini, un dipinto su tela di 40 metri quadrati, è una delle attrazioni della esposizione che evidenzia quale fu davvero la forza esprsssiva di un maestro forse ancora poco dimensionato rispetto al suo reale valore.