L’Opera di Roma apre il 2023 con un delizioso “Elisir d’amore”. Corretta la scelta di utilizzare un allestimento appartenente al repertorio del teatro.

di Claudio LISTANTI

All’Opera di Roma un delizioso Elisir d’amore.

Il 2023 del Teatro dell’Opera di Roma si è aperto con una più che convincente esecuzione del capolavoro di Gaetano Donizetti, L’elisir d’amore, rappresentato in un allestimento appartenente al repertorio del teatro firmato dal regista Ruggero Cappuccio con la direzione d’orchestra di Francesco Lanzillotta assieme ad una validissima compagnia di canto.

Fig. 1 L’elisir d’amore. Una scena di insieme Al centro Alessio Arduini (Belcore) © Fabrizio Sansoni – Opera di Roma 2023

L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti è l’opera scelta dal massimo ente lirico romano per aprire l’attività 2023. Questa decisione del Teatro dell’Opera, la cui direzione artistica è attualmente affidata ad Alessio Vlad, è il primo elemento da mettere in risalto per riferire di questo spettacolo che ha ottenuto un vistoso successo di pubblico, con la splendida sala del teatro gremita al limite della capienza, riservando alla fine un successo di notevoli dimensioni per tutti gli interpreti, testimonianza di indiscusso gradimento per quanto visto e ascoltato. Infatti approviamo, e i fatti ci danno ragione, la scelta di utilizzare un allestimento appartenente al repertorio del teatro, nello specifico già andato in scena con successo nel 2011 e nel 2014, una decisione che ne ha rinnovato il successo,  cui va aggiunto il merito di valorizzare le risorse del teatro che dimostra sempre di essere ai vertici per la produzione di spettacoli lirici. Il pubblico con la sua massiccia presenza fa capire che non si fa influenzare dalle mode ‘intellettualistiche’ che vogliono, per il teatro lirico, sempre nuovi allestimenti scenici, elemento che ha fatto nascere all’interno dei teatro d’opera la discutibile logica del rinnovamento a tutti i costi che oramai sembra imperare ovunque, con la ricerca della novità che porta spesso a realizzazioni teatrali  astruse, contraddittorie e contrastanti con l’impronta impressa dall’autore, con la conseguente lievitazione dei costi di produzione e, sempre con più frequenza, il disinteresse del pubblico.

Fig. 2 Scena iniziale de L’elisir d’amore. Al centro Aleksandra Kurzak (Adina) © Fabrizio Sansoni – Opera di Roma 2023

Per riferire di questo spettacolo iniziamo proprio dalla parte visiva. L’azione, che il libretto di Felice Romani dice svolgersi “… in un villaggio de’ paesi Baschi” , non è certo vincolante dal punto di vista ambientale, e tuttavia Ruggero Cappuccio, grazie anche allo scenografo Nicola Rubertelli, ha concepito un allestimento semplice ma evocativo di un ambiente ‘rurale’ e contadino rinunciando alle fin troppo consuete soluzioni sceniche di oggi, basate sul cambiamento del contesto originale a favore di una ambientazione per lo più contemporanea. Lo spettacolo al quale abbiamo assistito, invece, era orientato a rappresentare un ambiente ‘paesano’ ottocentesco, come ci fa capire il libretto, ma fantasioso ed elegante, grazie anche ai bei costumi di Carlo Poggioli, con la visione d’insieme completata dalle luci di Vinicio Chieli che esaltavano i colori chiari e brillanti di base, per completare efficacemente il contenitore all’interno del quale si svolgeva l’azione.

Quindi niente personaggi in giacca e cravatta e tanto meno in tuta mimetica come forse qualche regista potrebbe immaginare per quest’opera, visto che l’azione comprende anche la presenza di soldati, tutti elementi che purtroppo stanno funestando, a livello internazionale, i teatri d’opera.

Questo Elisir, invece, possedeva una patina di antico, come è giusto che sia per questo grande capolavoro, la cui azione scenica si inseriva con rara efficacia in tutto l’insieme. Ruggero Cappuccio ha concepito una regia brillante e spumeggiante curando i movimenti d’insieme e restituendo ai personaggi i connotati che il delizioso libretto di Felice Romani, librettista fondamentale per l’opera italiana dei primi anni 30 dell’800 che lavorò per i più grandi di allora (Rossini, Bellini e Donizetti), attribuì a tutti i personaggi.

Fig. 3 Il librettista Felice Romani

Cappuccio ha immaginato un Elisir dentro una cornice di carattere circense a sottolineare l’elemento ‘popolare’ come meraviglioso contorno della vivace storia che anima l’opera, all’interno del quale i personaggi sono risultati fedeli alle loro caratteristiche. Nemorino un giovane dall’animo semplice, certamente non stupido e sciocco ma perdutamente innamorato. Adina una ragazza vispa e briosa ma in fondo ostinata e puntigliosa. Dulcamara un imbonitore, certo simpatico però, in fondo, che risulta essere il motore dell’azione, quasi capostipite di molte personalità importanti della vita oggi che cercano di propagandare le meraviglie di cose dalla dubbia efficacia (politica docet), per finire con Belcore, un bellimbusto che ama autoincensarsi ma in definitiva attratto da Adina non per amore bensì per il solo scopo di conquistare una bella ragazza.

L’azione era intensa e coinvolgente arricchita dalla cospicua presenza di mimi acrobati utili per i prima citati caratteri circensi di questa realizzazione. Una scelta felice ma, come accade sempre più spesso, anche in questa occasione si è fatto un eccessivo uso dei mimi che a volte, soprattutto nei momenti più intimi, risultano invadenti e deconcentranti per lo spettatore.

La compagnia di canto ascoltata è risultata del tutto valida non solo dal punto di vista vocale perché dimostratasi di essere a proprio agio con il repertorio belcantistico del quale L’elisir d’amore è certamente uno dei più chiari esempi ma, anche, dal punto di vista scenico grazie a cantanti che hanno saputo inserirsi nell’impronta impressa dal regista allo spettacolo.

Il soprano polacco Aleksandra Kurzak ci ha regalato una Adina dalla voce fresca e sicura. Dal suo curriculum apprendiamo che è in possesso di un repertorio molto vasto che arriva fino al verismo, una dote che le permette di esibire sicurezza di emissione ed una voce piuttosto corposa che riesce a frequentare con una certa facilità non solo il registro acuto ma anche quello più grave; non un sopranino, quindi, come può capitare alle volte in Elisir ma una cantante in possesso di maturità vocale che è riuscita a dare spessore al personaggio.

Fig. 4 Il soprano Aleksandra Kurzak nel ruolo di Adina © Fabrizio Sansoni – Opera di Roma 2023

Del tenore John Osborn tutti conoscono il valore e il curriculum che lo vede tra i più applauditi e significativi interpreti del primo ottocento il cui Nemorino della serata è risultato del tutto convincente soprattutto per la duttilità nelle dinamiche dell’emissione che gli permette di rappresentare il personaggio in maniera del tutto credibile. Per lui lunghi applausi a scena aperta dopo la ‘furtiva lacrima’.

Fig. 5 Il tenore John Osborn nel ruolo di Nemorino © Fabrizio Sansoni – Opera di Roma 2023

Simone Del Savio è stato un simpatico e coinvolgente Dulcamara ; questo grazie alle sue esperienze di inizio carriera con la pesarese Accademia Rossiniana di Alberto Zedda, una scuola che ha consentito al cantante di affrontare il repertorio cosiddetto ‘buffo’ per una conoscenza professionale della quale appaiono gli effetti nella sua interpretazione frutto della riuscita acquisizione di una valida vocalità e di una facilità di emissione accompagnate da una precisa dizione, tutti elementi che contribuiscono ad una adeguata ed intensa recitazione.

Fig. 6 Il baritono Simone Del Savio nel ruolo di Dulcamara © Fabrizio Sansoni – Opera di Roma 2023

Alessio Arduini è stato un preciso Belcore vocalmente corretto e ben inserito nella visione registica di insieme. Giulia Mazzola appartenente alle ultime leve del canto, giovane ma già in possesso di diversi personaggi femminili nell’opera buffa, è stata una Giannina simpatica e precisa integrandosi al meglio con la visione d’insieme del regista; una cantante che ha le qualità per emergere in questo tipo di repertorio.

Fig. 7 Il soprano Giulia Mazzola (Giannetta), Simone del Savio (Dulcamara) © Fabrizio Sansoni – Opera di Roma 2023

L’altra buona sorpresa della serata è stata la direzione di Francesco Lanzillotta. Romano, con l’occasione ha debuttato nel teatro della sua città ottenendo un indiscutibile successo. La sua direzione è stata innanzitutto funzionale all’impostazione generale dello spettacolo riuscendo a dare all’esecuzione gli spiccati caratteri della commedia buffa, curando molto bene l’accompagnamento delle arie per le quali è riuscito a sottolinearne lo spirito e l’interiorità dei personaggi adottando per le scene di insieme dei tempi veloci, spesso serrati, che però non risultavano stridenti né tanto meno fuor di luogo ma, al contrario, ha dato brillantezza all’azione contribuendo ad accrescerne la teatralità. Questo grazie al valore all’Orchestra del Teatro dell’Opera e al Coro del Teatro dell’Opera diretto da Ciro Visco.

La recita alla quale abbiamo assistito (13 gennaio) ha avuto un indiscutibile successo con numerosi applausi a scena aperta ed un significativo trionfo finale rivolto a tutti gli interpreti a testimonianza di chiaro gradimento da parte del pubblico nella speranza che tutto ciò possa incoraggiare gli organizzatori del Teatro dell’Opera a scelte come questa.

Claudio LISTANTI  Roma 15 Gennaio 2023