“Le Signore dell’Arte. Storie di donne tra ‘500 e ‘600”. Luci e ombre della mostra milanese.

di Consuelo LOLLOBRIGIDA

Negli ultimi anni le istituzioni museali hanno indirizzato sempre più la loro attenzione verso le donne nell’arte. Soprattutto lo scorso biennio, malgrado la crisi imposta dalla pandemia, ha visto l’organizzazione di almeno quattro grandi esposizioni dedicate al tema.

Si è appena conclusa, alla National Gallery di Londra, Artemisia (ottobre ’20 – febbraio ‘21), a cura di Letizia Treves, storica dell’arte con un passato da connoisseur in una delle case d’asta più importanti del mondo. La mostra, prima dedicata all’artista nel Regno Unito, è nata a seguito dell’acquisizione da parte del museo inglese dell’Autoritratto come santa Caterina d’Alessandria (c. 1615-17), opera giovanile di Artemisia Gentileschi (1593-1654 c.), una delle 21 opere dipinte da una donna a fronte delle 2800 presenti nel prestigioso museo.

Nel maggio del ’20, Palazzo Pitti, appena fuori dal primo lockdown, apriva al pubblico, La grandezza dell’Universo” nell’arte di Giovanna Garzoni (maggio-giugno 2020), raffinata lettura della produzione dell’artista ascolana che Sheila Barker, attraverso l’analisi comparata del periodo storico e del mondo culturale di riferimento della Garzoni, ha inserito in un contesto cosmopolita e collocata nel novero delle personalità artistiche più influenti del linguaggio figurativo del ‘600 italiano.

L’anno si era aperto con un’altra importante esposizione, A tale of two women painters: Sofonisba Anguissola and Lavinia Fontana (Madrid, ottobre ’19 – febbraio ‘20), questa volta organizzata dal Prado di Madrid per celebrare i 200 anni della sua nascita.

Le Signore dell’Arte. Storie di donne tra ‘500 e ‘600 è la ricca antologia di opere e protagoniste, accolta dallo scorso 2 marzo nelle sale del Palazzo Reale di Milano e curata da Anna Maria Bava, Gioia Mori e Alain Tapiè. Una selezione di 34 artiste e oltre 130 pezzi provenienti da 67 prestatori diversi, tra cui gli Uffizi, Capodimonte, Brera, Castello Sforzesco, la Galleria Nazionale dell’Umbria, la Galleria Borghese, i Musei Reali di Torino, la Pinacoteca Nazionale di Bologna, Musée des Beaux Arts di Marsiglia e il Muzeum Narodowe di Poznan.Il percorso espositivo è articolato in cinque sezioni: le artiste del Vasari; le artiste in artiste in convento; le storie di famiglia; le Accademiche; e infine, Artemisia Gentileschi, la “valente pittrice quanto mai altra femmina”.

Artemisia Gentileschi, Maddalena penitente
Sofonisba Anguissola, Madonna dell’Itria

Se si esclude la Madonna dell’Itria di Sofonisba Anguissola, realizzata in Sicilia, a Paternò, nel 1578 e mai uscita dall’isola; la Madonna Immacolata e san Francesco Borgia, unica opera certa Rosalia Novelli, del 1663, proveniente dalla Chiesa del Gesù di Casa Professa di Palermo; o il Matrimonio mistico di Santa Caterina di Lucrezia Quistelli del 1576, dalla parrocchiale di Silvano Pietra presso Pavia, non sono presenti molte altre novità.

Risalta l’assenza di opere che avrebbero offerto una lettura più coerente con la critica specialistica. Il Ritratto di Giulio Clovio o il Ritratto di Giovan Battista Caselli, Poeta Cremonese di Sofonisba Anguissola avrebbero aiutato a comprendere la profonda cultura umanista dell’artista e a non liquidarla come abile ritrattista.

Lucrezia Quistelli, Matrimonio mistico di Santa Caterina

Uno studio critico approfondito di Claudia del Bufalo, artista che viene presentata per la prima volta, e di cui si presenta il Ritratto di Faustina del Bufalo, dipinto nel 1604, sarebbe stato auspicabile.

Ben rappresentate Ginevra Cantofoli e Orsola Maddalena Caccia, presente con la bella serie delle sibille, della collezione della Cassa di Risparmio di Asti. Allestita in un luogo deputato a

Orsola Maddalena Caccia, Sibilla Persica
Ginevra Cantofoli, Sibilla

raccogliere le suggestioni che il tema propone dall’inizio degli anni ’70, la mostra si propone come la continuazione ideale de Les Dames du Baroque, che lo stesso Tapiè, con Francesco Solinas, avevano organizzato a Gand nell’autunno del ’18. Forse, proprio in virtù di questo, da questa mostra milanese ci si aspettava di più, anche perché quest’anno ricorre il cinquantenario del Why Have There Been No Great Women Artists?, saggio provocatorio e pionieristico, scritto da Linda Nochlin (1937-2017), caposcuola degli studi genere nell’arte e ancora oggi punto di imprescindibile punto di riferimento per chiunque si accosti alla disciplina.

E’ noto che dal quel febbraio del 1971 il femminismo americano associò la storia delle donne nell’arte alle istanze storiche e ideologiche del movimento che ne favorì studi e ricerche, culminando  nella Women Artists 1550-1950, la prima memorabile mostra sulle donne artiste, curata dalla Nochlin e da Ann Sutherland Harris, e inaugurata nel dicembre del 1976 al Los Angeles County Museum of Art. Si dischiuse una stagione ricca di indagini e scoperte che ha portato allo stato attuale delle conoscenze, che si arricchiscono di nuove personalità ma soprattutto offrono una proiezione storiografica che butta giù pregiudizi e luoghi comuni.

La scelta di prendere le distanze dal metodo femminista degli anni ’70 e quella di non affrontare la lettura interdisciplinare di fatti artistici con quelli storici, economici e sociali, e l’aver invece privilegiato una ‘terza via’, ovvero la narrazione tout court delle storie di artiste vissute tra il Rinascimento e il Barocco, non aiuta a comprendere fino in fondo un fenomeno complesso e articolato.

Elisabetta Sirani, Porzia che si ferisce alla coscia

L’antologia di storie di ‘signore’ che si propone, sembra aver cancellato quegli studi appassionati e fondamentali che hanno costruito la storiografia e la critica di genere in questi ultimi cinquant’anni.

Consuelo LOLLOBRIGIDA Roma 14 marzo 2021