La mostra sui giocattoli della Sovrintendenza Capitolina a Palazzo Braschi (fino al 10 gennaio 2021)

di Nica FIORI

Il gioco è sicuramente uno degli aspetti più importanti della vita del bambino, perché gli trasmette piacere e allo stesso tempo contribuisce alla sua educazione.

La mostra “Per gioco. La collezione dei giocattoli antichi della Sovrintendenza Capitolina”, ospitata nel Museo di Roma a Palazzo Braschi fino al 10 gennaio 2021, documenta in modo significativo i cambiamenti e le innovazioni che si sono succeduti nella nostra società, proprio attraverso lo studio dei giocattoli. Meravigliose case delle bambole, arche di Noè, circhi, trenini, aerei, automobiline, bambole, automi, lanterne magiche, teatrini, soldatini e costruzioni varie testimoniano il progredire delle tecniche a servizio della fantasia.

Bambole e carrozzina

Si tratta di una selezione di oggetti provenienti dalla grande collezione di 33.000 pezzi ospitata nei magazzini della Centrale Montemartini: meravigliosi manufatti creati da abili artigiani, espressione di un’arte popolare quasi dimenticata, o prodotti della prima industria del giocattolo della fine del XIX secolo per giungere ai ninnoli più moderni e ai modellini pionieristici che ripropongono i miti del volo aereo e della automobilistica.

L’idea della mostra è quella di parlare al bambino che è dentro ogni adulto, rievocando i giocattoli e i balocchi della propria infanzia; allo stesso tempo si può trovare una nuova chiave per aprire una porta magica che ci conduce, attraverso una identica suggestione, a capire e ad aiutare a crescere le donne e gli uomini di domani. Molti giocattoli, infatti, come ha evidenziato la curatrice della mostra Emanuela Lancianese, “sono legati al mondo del lavoro e prefigurano simbolicamente il mondo reale”.

Il percorso espositivo è pensato per gli adulti e per i bambini, tant’è che ci sono anche piccole finestrelle concepite per i più piccoli: si snoda attraverso una selezione di circa 700 pezzi, che richiamano nostalgicamente il passato, ma appartengono comunque all’immaginario creativo e ludico dei nostri giorni. Sono oggetti che ci fanno provare emozioni dimenticate, l’incanto delle piccole forme, dei colori, delle stoffe preziose, dei sorprendenti meccanismi costruiti con cura pezzo dopo pezzo.

Bambole

La Sovrintendente capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli ha tenuto a precisare nel corso della presentazione che

l’universo dei giocattoli ha un’importanza culturale che travalica i confini disciplinari, come ha sottolineato a cavallo fra gli anni ’20 e ’30 del Novecento un intellettuale del calibro di Walter Benjamin, del quale è stata proposta in italiano non molti anni or sono un’antologia sul tema”.
Casa di bambola della regina di Svezia

Dei giocattoli da lui citati nei suoi testi, la maggior parte è rappresentata nella straordinaria raccolta che la Sovrintendenza capitolina ha acquisito nel 2006 dal collezionista perugino Leonardo Servadio, il quale a sua volta aveva rilevato nel 1999 il Leksakmuseum dello svedese Peter Pluntky, aperto a Stoccolma fra il 1979 e il 1991. È per questo che in mostra prevalgono giocattoli di produzione svedese o comunque nordica, data la grande tradizione del giocattolo in quei paesi.

È proprio dalla Svezia che proviene la cosiddetta “casa della regina”, una delle prime case di bambola che venivano realizzate fra il XVI e il XVII secolo per l’èlite aristocratica scandinava. Questa fu ordinata nel 1686 da Ulrika Eleonora, moglie del re Carlo XI, a un ebanista di origine tedesca per donarla alla figlia Hedvig Sophia. Nel lussuoso manufatto l’unico ambiente rappresentato in origine non era la sala del trono, o il salone da ballo, ma la cucina: evidentemente la principessina si divertiva a giocare con le stoviglie nella speranza di diventare una buona padrona di casa.

Casa di bambola anni ’60

Le case di bambola svedesi esposte in mostra sono per lo più concepite come credenze o armadietti, più che case in miniatura, ma gli spazi interni seguono l’arredo delle varie stanze con i salottini, i lettini e gli ambienti da pranzo.

Dall’inizio del Novecento le fabbriche dei giocattoli incominciarono a realizzare a costi piuttosto contenuti intere case fornite di tutti gli accessori.

Casa di Elsa

Sono casette che testimoniano indubbiamente il benessere della società svedese (c’è anche la luce elettrica all’interno di una di esse).

Addirittura spettacolare è la “casa di Elsa”, dotata di un ascensore elettrico, perfettamente funzionante dopo un accurato restauro. È stata realizzata nel 1912 in modo amatoriale da un fratello maggiore per la sorellina, utilizzando ingranaggi di scarto di un orologio.

Una sala è dedicata ai giocattoli che raffigurano stalle, fattorie, animali e arche di Noè. I più belli tra gli esemplari esposti provengono da una zona della Sassonia, l‘Erzgebirge, dove dal Settecento si era sviluppata una produzione artigianale di giocattoli lignei, esercitata dai minatori locali, che nelle pause stagionali realizzavano presepi automatici.

Un castello

A partire dall’Ottocento al legno si affiancarono anche oggetti di latta e metalli vari, più adatti alla riproduzione dei meccanismi a molla, che permettevano anche un movimento più realistico.

È invece svedese il tipico cavallo della Dalarna, una figura di fantasia scolpita in legno di pino, vivacemente colorata, che in origine era realizzata con gli scarti della lavorazione artigianale dei mobili.  Una serie di costruzioni, in particolare castelli e altri edifici tipici delle città nordiche, è realizzata con blocchi di vario materiale e appaiono come veri e propri antenati del Meccano e del Lego. La loro invenzione si deve all’inventore tedesco Friedrich Adolph Richter negli anni ’80 dell’Ottocento.

Una grande sala espositiva è dedicata alle bambole: dalle più raffinate in biscuit o porcellana a quelle di panno (come le famose Lenci) sono disposte a semicerchio, come se fossero a teatro o in un giardino.

Ci colpiscono le cinque bambole che raffigurano le cinque gemelline omozigoti canadesi Dionne, nate nel 1934, personaggi simbolo di un’epoca in cui i rotocalchi cominciavano a puntare sulle notizie sensazionali.

Le sorelline Dionne

Un tocco di esotismo è dato dalle due bambole di pezza precolombiane, rinvenute in una tomba peruviana del XIV-XV secolo. Evidentemente anche nel mondo preincaico, come in quello romano, quando si seppelliva una bambina, si mettevano delle bambole nel corredo funerario, ma forse esse avevano una connotazione magica, più che di gioco.

Particolarmente affascinanti sono i modelli di navi, che erano realizzati inizialmente nei cantieri navali per studiare i dettagli degli scafi in costruzione, prima di diventare giocattoli (eccezionale il modello della nave a vapore Leviathan, costruito in legno, latta, fili di metallo e fibra vegetale). Dalle navi si passò via via agli aeroplani (ma c’è pure un dirigibile Zeppelin e un aquilone a ricordare i mezzi aerei) e alle automobili, dalle più piccole a quelle guidabili, che indubbiamente hanno avuto un grande successo in tutto il Novecento.

The Leviathan

E poi slittini, cavalli a dondolo, biciclette, monopattini e tutto ciò che consentiva il movimento.

Lanterna magica

Affascinanti sono anche le creazioni didattiche e scientifiche, come le lanterne magiche (una è a forma di pagoda), esposte in una sorta di Wunderkammer e in particolare il “mutoscopio”, inventato nel 1894 dall’americano Herman Casler, di cui sono esposte due versioni di fine Ottocento. Come viene spiegato in caratteri chiari nella lunga didascalia di accompagnamento: “all’interno di una scatola di metallo munita di visore con lente d’ingrandimento, era alloggiato un rullo su cui erano stampati singoli fotogrammi di un’unica storia. Il rullo, dopo l’introduzione di una moneta, era mosso da una manovella che faceva scorrere le figure davanti alla lente e che permetteva anche di velocizzare, rallentare, riavvolgere o fermare l’azione, proprio come con i nastri delle videocassette”.

Un pregio della mostra, oltre all’indubbia bellezza dei manufatti artigianali, è proprio la buona leggibilità delle spiegazioni e l’inserimento del percorso all’interno delle spettacolari sale di Palazzo Braschi, illuminate naturalmente da finestre che si affacciano su Piazza Navona, quasi a richiamare i suggestivi mercati del passato, famosi proprio per i giocattoli nel periodo dell’Epifania. L’edificio, come scrive il curatore dell’allestimento Enzo Pinci,

è in realtà in sintonia con l’aspetto giocoso ed allegro che è il principio stesso del giocattolo: riproduzione in altra scala dell’esistente, tripudio d’invenzioni e di forme dedicate ai bambini…”.

In effetti, quando a un certo punto del percorso troviamo il modello del Foro Pamphilio di piazza Navona, così come era stato concepito da Borromini, la sensazione è che, pur facendo parte del normale percorso museale, non sia così dissimile dalle costruzioni di castelli, edifici, stazioni ferroviarie concepite per gioco, per il piacere dei bambini o degli adulti, in misura più o meno grande a seconda delle possibilità di spazio e di tempo da dedicare alla costruzione.

Nica FIORI   Roma 1  Agosto 2020

PER GIOCO. La collezione dei giocattoli antichi della Sovrintendenza Capitolina

25 luglio 2020 – 10 gennaio 2021

Museo di Roma a Palazzo Braschi (Sale espositive del I piano). Ingresso da Piazza Navona, 2 e da Piazza San Pantaleo, 10. Martedì – domenica ore 10.00 -19.00. La biglietteria chiude alle ore 18. 24 e 31 Dicembre 10.00-14.00. Giorni di chiusura: il lunedì, 1° maggio, 25 dicembre

Preacquisto consigliato online da casa

www.museiincomune.it

Biglietto “solo Mostra” € 7,00 intero e € 5,00 ridotto. Biglietto “cumulativo” Museo di Roma + Mostra. Per i residenti a Roma: € 12,00 intero e € 8,00 ridotto. Per i non residenti a Roma: € 13,00 intero e € 9,00 ridotto