In mostra a Forlì il mito di Ulisse; pittura, scultura, archeologia fanno rivivere un’epopea straordinaria

di Nica FIORI

Ulisse, l’arte e il mito. L’imperdibile mostra a Forlì

Musa, quell’uom di multiforme ingegno / dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra / gittate di Ilïòn le sacre torri …“

Polytropos”, che in greco vuol dire versatile, multiforme, è l’aggettivo che Omero utilizza per descrivere Ulisse nel proemio dell’Odissea (qui ricordato nella versione di Ippolito Pindemonte). L’intelligenza, la diplomazia, l’inganno sono, in effetti, le doti di un eroe che è diventato l’archetipo dell’uomo audace, astuto, avido di conoscenza.

Un’occasione imperdibile per farci ammaliare da questo personaggio mitico, reso immortale da Omero, ma rivisitato poi da una moltitudine di autori antichi e moderni, è la grande mostra Ulisse, l’arte e il mito, realizzata a Forlì nei Musei San Domenico (dal 15 febbraio al 21 giugno 2020), a cura di Gianfranco Brunelli, Francesco Leone, Fernando Mazzocca, Fabrizio Paolucci, Paola Refice.

Ivan Mestrovic, Laocoonte dei miei giorni, bronzo, da Zagabria

La mostra, ricca di 250 opere d’arte, propone ai visitatori un’esperienza unica e indimenticabile: un viaggio alla ricerca delle nostre antiche origini, perse nelle favolose leggende del mito. Il contributo dell’arte, in effetti, è stato decisivo nel trasformare il mito, nell’adattarlo, illustrarlo, interpretarlo continuamente in relazione al proprio tempo, dall’antichità al Novecento, dal Medioevo al Rinascimento, dal naturalismo al neo-classicismo, dal Romanticismo al Simbolismo, fino alla Film art contemporanea di Bill Viola.

Quella di Ulisse è una figura autodeterminata, che non si lascia guidare dal destino e non si piega alla volontà degli dei, pur mantenendo il suo senso di responsabilità per i compagni, il suo amore per Penelope, il suo attaccamento verso il figlio. La sua superiore intelligenza si manifesta nelle sue intricate e favolose avventure. Egli sembra abbandonarsi di continuo a pericolose seduzioni, curioso di apprendere e desideroso di confrontarsi e superare le forze della natura. Il suo viaggio nel Mediterraneo misterioso è particolarmente affascinante per noi, così come lo è stato per gli artisti greci, etruschi e romani di cui ci sono pervenute le opere, proprio perché egli non rifiuta nessuna esperienza, non si lascia fermare entro i limiti del mondo conosciuto.

Claude Lorrain (1600-1682). ‘Ulysses Recieved by the Daughters of Lycomedes’. France, 1648. Dimensions: 91×133 cm. Credit: Album
Omero, II sec. d.C. Musei Capitolini

Ed è proprio il viaggio per mare a essere richiamato nella prima sezione, ospitata nell’ex chiesa di San Giacomo, dal relitto di una nave greco-arcaica (VI- V secolo a.C.), recuperata a 800 m dalla costa di Gela (Caltanissetta), a una profondità di 5-6 m, ed esposta a Forlì per la prima volta, in attesa della realizzazione di un proprio museo in Sicilia. Un prestito veramente eccezionale, perché l’imbarcazione, che era lunga 17 m, ha conservato la chiglia e i madieri di legno (ne sono esposti 7). Si trattava di un’imbarcazione mercantile, che trasportava anfore di olio e di vino, ma anche dei lingotti di oricalco. La nave è stata felicemente ricostruita su un supporto di plexiglass trasparente, così da dare l’idea che stia galleggiando sul mare, ed è circondata dalle principali divinità del pantheon greco.

L’Odissea si apre, infatti, con il concilio degli dei, quando Atena invoca Zeus di far tornare in patria Ulisse, che, dopo 10 anni dalla presa di Troia, è trattenuto contro la sua volontà nell’isola di Ogigia dalla ninfa Calipso. L’assemblea degli dei è rievocata da un grande dipinto di Rubens

P. P. Rubens, Concilio degli dei
Dodekatheon, da Ostia antica

prestato dalla Pinacoteca del Castello di Praga e dal Dodekatheon proveniente da Ostia Antica, un altare circolare di marmo bianco raffigurante 12 divinità, realizzato da un’officina neoattica da un originale di Prassitele. Tra le statue a tutto tondo, a parte l’Apollo del Belvedere e lo Zeus di Capo Artemisio, che sono copie in gesso, sono esposte bellissime statue marmoree, come per esempio l’Afrodite Callipigia del Museo archeologico di Napoli, l’Ares tipo Borghese e la Demetra con la veste in marmo nero dagli Uffizi.

In questa sezione è presente anche un’opera contemporanea, un grande cavallo di Mimmo Paladino, a ricordare ovviamente il cavallo di di Ulisse, grazie al quale i greci riuscirono a distruggere Troia.

Mimmo Paladino, Cavallo

Proseguendo il percorso vediamo come l’antichità classica ha preferito determinate scene dell’Odissea. Troviamo Ulisse soggiogato dal canto melodioso delle Sirene,

Leon Belly, Les Sirenes, 1867, Saint-Omer, Musée de l’hotel Sandelin

raffigurate spesso col corpo di uccello, ma anche come donne del tutto umane che suonano strumenti musicali (nelle urne etrusche di Volterra), come pure Circe, la maliarda, che trasforma i suoi compagni in maiali, prima di essere presa d’amore per il nostro eroe; ecco ancora Polifemo, il gigante con un occhio solo, che viene ubriacato e quindi accecato con un palo fiammeggiante, e, per finire, l’incontro con Scilla in quel braccio di mare così temuto dai naviganti che è lo stretto di Messina.

Innumerevoli manufatti ceramici e marmorei mostrano la fortuna artistica di questi episodi, che non di rado abbellivano nel mondo romano degli antri. Ricordiamo in particolare la Grotta di Tiberio a Sperlonga, dalla quale proviene l’immagine iconica di Ulisse, scelta per la copertina del catalogo, che faceva parte del gruppo dell’Accecamento di Polifemo.

Testa di Ulisse, Museo Arch. di Sperlonga

Anche se per Fabrizio Paolucci Ulisse ha “mille volti”, come scrive nel suo saggio in catalogo, per noi il volto di Ulisse è quello di Sperlonga, con i riccioli che fuoriescono dal suo cappello frigio, gli occhi incavati e la bocca semiaperta in un atteggiamento di sofferenza e determinazione, quando sta per compiere un’azione violenta, necessaria per porre fine all’orrore della drammatica esperienza con il Ciclope.

 

 

Ulisse scappa dall’antro di Polifemo, Galleria Doria Pamphilj

Lo stesso museo di Sperlonga ha pure prestato una statua di Fanciulla panneggiata con le statue di tre maialini, che potrebbe essere una raffigurazione di Circe, mentre da San Felice Circeo proviene una bella testa, detta di Circe, che potrebbe essere in alternativa un’Afrodite.

Fanciulla con maialini (Circe), dal Museo Archeologico di Sperlonga
Polifemo con un compagno di Ulisse, II d.C.Musei capitolini

Dopo un periodo di silenzio sui personaggi dell’Odissea nella tarda antichità, a un certo punto ricompare nel medioevo la figura della Sirena, che non è più una donna-uccello ma si è trasformata in una donna-pesce, a volte bicaudata, come in un marmo da Cividale del Friuli (XI secolo), e in mosaico da Ravenna (basilica di S. Giovanni Evangelista).

Il mito di Ulisse, così come lo ha interpretato Dante nel XXVI canto dellInferno, letto da Vittorio Gassman, introduce una sezione di codici miniati che raffigurano l’incontro del poeta con Ulisse e Diomede, racchiusi in due fuochi. È proprio Ulisse “lo maggior corno della fiamma antica”, che racconta al poeta quel suo desiderio di “divenir del mondo esperto”, quindi il “folle volo” e il naufragio che segue.

J. Jordaens, Ulisse e i compagni scappano dall’ antro di Polifemo, Mosca museo Puskin

Così come i greci del V secolo a.C. non vedevano bene le astuzie di Ulisse, tanto che Euripide lo definisce “cialtrone”, anche Dante inserisce Ulisse tra i consiglieri fraudolenti e non approva il suo desiderio di superare l’ignoto, ma rende il personaggio indimenticabile. E quel mare, che fa sprofondare la nave negli abissi, sembra prefigurare la conoscenza del nuovo mondo e spingerà gli autori di fantascienza a immaginare nuove odissee, come la memorabile 2001 Odissea nello spazio, resa brillantemente sullo schermo da Stanley Kubrick.

Domenico Beccafumi, Penelope

Ulisse si trasforma con l’umanesimo in un eroe cortese ed entra a far parte delle decorazioni di dimore principesche, come per esempio palazzo Poggi a Bologna, da dove proviene una vetrata sulle storie di Ulisse, disegnata probabilmente da Pellegrino Tibaldi, mentre è di Liberale da Verona il Trionfo della castità (con riferimento a Penelope), una preziosa tavola quattrocentesca di un cassone nuziale, che lascia per la prima volta la sua sede di Castelvecchio a Verona. Un altro bel dipinto rinascimentale è la Penelope di Domenico Beccafumi (1514, Venezia, Pinacoteca Manfrediana) ed è pure notevole un disegno del Parmigianino, Circella beve la pozione magica di fronte a degli uomini su una nave, dal Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi.

Al piano superiore del complesso conventuale di San Domenico, la mostra prosegue in ordine cronologico con una quantità impressionante di opere d’arte, soprattutto pittoriche. Nel Seicento a emergere è la figura di Circe tra i dipinti di Guercino e di Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto. Tra le opere del periodo neoclassico spiccano i dipinti di Johann Heinrich Füssli (Tiresia predice il futuro a Ulisse),

J. H. Füssli,Tiresia predice il futuro a Ulisse

Anton Raphael Mengs (Il Parnaso), Pompeo Batoni, Joseph Wright of Derby, Angelica Kauffmann, Francesco Hayez. Tra gli artisti di pieno Ottocento risaltano i nomi di Max Klinger, Giulio Aristide Sartorio e soprattutto John William Waterhouse, cui si devono due straordinari dipinti, Circe invidiosa e Sirena. Tra Ottocento e primo Novecento grande successo hanno proprio le Sirene, esseri acquatici dalle doti oracolari. Come ha evidenziato Francesco Leone:

Le sirene, come le muse e le sibille, sanno tutto ciò che sulla terra è accaduto e accadrà. Il loro canto conduce a una conoscenza assoluta che proietta la finitezza dell’uomo in una dimensione incontenibile che è propria della sfera divina. Nel canto delle sirene si annida la smania di conoscenza dell’essere umano”.
Waterhouse, Circe invidiosa, Art-Gallery of South-Australia
Waterhouse, Sirena, Royal Academy of Arts

Mal’entusiasmante brama di una conoscenza smisurata è fatale per l’uomo. E per questo nelle sirene viste come donne-pesce il Simbolismo traspose il tema moderno della femme fatale, che tanta importanza ebbe nelle arti e nella letteratura del secondo Ottocento. Sono gli stessi anni in cui dai racconti dell’Odissea si estrapolano come protagoniste assolute le figure femminili: Circe, Calipso, Nausicaa, Penelope.

Insieme ai nomi di artisti famosi troviamo delle scoperte assolute come quella del simbolista croato Bela Čikoš Sesija. Nel Novecento, insieme a Ivan Meštrović, Alberto Savinio, Scipione, Corrado Cagli, Carrà, Sironi, Arturo Martini e Leoncillo, troviamo Giorgio de Chirico con le sue Muse inquietanti e con l’autoritratto come Ulisse. Nato a Volos in Grecia nel 1888, più di ogni altro artista del XX secolo de Chirico si è sentito discendente diretto di Ulisse.

De Chirico, Ulisse. Autoritratto come Odisseo
Oinochoe con Ulisse fugge dalla grotta di Polifemo, Pontecagnano M. Archeologico

Ma, forse, ognuno di noi può riconoscersi nell’eroe omerico, perché, come hanno evidenziato i curatori della mostra: “Ulisse siamo noi, le nostre inquietudini, le nostre sfide, la nostra voglia di rischiare, di conoscere, di andare oltre”.

I motivi, così tipici della cultura moderna, dell’erranza, dell’inquietudine, del peregrinare, del ritorno a casa, ma anche dell’insensatezza di ogni fermarsi, rendono questo mito sempre attuale e, stranamente, sembra attrarre pure i genetisti, tanto che è stato chiamato “fattore Ulisse” un gene, presente nel DNA di alcuni individui, che, interagendo con i neuroni del cervello, li spingerebbe verso l’avventura.

Nica FIORI    Forlì  16 febbraio 2020

ULISSE. L’ARTE E IL MITO

Forlì, Musei San Domenico, Piazza Guido da Montefeltro

Catalogo Silvana editoriale

Orario: da martedì a venerdì 9,30-19; sabato, domenica e festivi 9,30-20. Lunedì chiuso

 Info: tel. 199 15 11 34; www.mostraulisse.it