Il trionfale ritorno di Maurizio Pollini a Santa Cecilia dopo cinque anni.

di Claudio LISTANTI

Un vero e proprio trionfo ha salutato il ritorno di Maurizio Pollini presso i concerti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

Lo scorso lunedì 7 febbraio, la Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica ha fatto registrare una eccezionale partecipazione di pubblico, come non se ne vedeva da mesi, accorso per non mancare a questo avvenimento musicale.

Fig. 1 Il pianista Maurizio Pollini durante il concerto del 7 febbraio per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

Ciò è dovuto alla grande stima che il pubblico romano ha sempre avuto verso l’arte pianistica e le interpretazioni di Pollini che ha stabilito uno stretto legame con il pubblico e gli appassionati della nostra città che, nel tempo, si è rafforzato sempre di più. Quest’anno, poi, c’era un’occasione in più per celebrare questo artista, per il compimento nello scorso mese di gennaio dei suoi ottanta anni, raggiunti nella piena maturità interpretativa ed espressiva, che ha reso la serata veramente elettrizzante.

Nella sua lunga carriera iniziata alla metà degli anni 60’ dello scorso secolo dopo che si impose alla ribalta internazionale vincendo, nel 1960, il prestigioso Concorso Chopin a Varsavia dopo il quale ottenne moltissimi apprezzamenti personali tra i quali, quello importantissimo del grande Arthur Rubinstein.

La sua carriera è stata, ed è sfolgorante, per lo sterminato repertorio affrontato, sicuramente basato su Chopin ed altri grandi dell’epoca romantica come Beethoven, Schumann e Schubert ai quali ha unito anche le particolari poetiche musicale del primo ‘900, Schönberg, Berg e Webern per giungere a grandi autori contemporanei come Boulez, Nono, Berio e Stockhausen, ricordando in questo suo percorso, non solo il classicismo di Mozart ma anche le grandi architetture di Bach e Domenico Scarlatti.

Un repertorio a 360° gradi che solo i grandi riescono ad affrontare ottenendo consensi del quale abbiamo avuto, proprio qui a Roma, meravigliosi riflessi con il suo progetto del 2008 ‘Pollini Prospettive’, una iniziativa che ricordiamo con affetto per il folto programma, concerti e conferenze che ci hanno dimostrato, con una certa logica, che tra compositori appartenenti a così diverse epoche e stili esisteva, però, una connessione più robusta di quanto si possa, in prima analisi, riscontrare.

Fig. 2 Il pianista Maurizio Pollini durante il concerto del 7 febbraio per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

Ma la sua personalità si completa, al di là della musica, con la sua sensibilità intellettuale verso la politica e il sociale che hanno fatto parte della sua vita influenzando anche la sua arte. Il musicologo Sandro Cappelletto, nella nota biografica pubblicata nel programma del concerto, mette in evidenza questo aspetto ricordando la reazione di Pollini all’attentato di Piazza Fontana dopo il quale partecipò al funerale delle vittime dichiarando che la sua presenta era dovuta “per dire che il fascismo nel nostro paese non sarebbe passato”. Oppure la decisione di eseguire l’Imperatore di Beethoven all’interno della Paragon una fabbrica tipografica genovese occupata, come anche le sue dichiarazioni circa la condanna della guerra in Vietnam. Una sensibilità per gli avvenimenti contemporanei che caratterizza e completa la sua figura ma anche una attenzione verso i soprusi. Una sensibilità che ha saputo trasfondere in alcune indimenticabili interpretazioni chopiniane come quella dello Studio n. 12 dell’op. 10 do minore il cui Allegro con fuoco porta il soprannome di “La Révolutìonnaire”, in italiano “La presa di Varsavia” scritto dopo aver appreso della caduta di Varsavia o dell’ispirazione epica, ardente e appassionata della Polacca in La bemolle maggiore “Eroica” op.53 n°6, due composizioni che, come testimoniano tutti coloro che hanno avuto la fortuna di ascoltarle dal vivo, eseguite in maniera trascinante e avvincente esaltandone tutti gli impulsi eroici.

Per tutte queste sue caratteristiche, Pollini, nella sua carriera ha stabilito con il proprio pubblico un rapporto privilegiato che ne ha amplificato non solo la partecipazione degli ascoltatori ma anche il suo estro di interprete.

Nel concerto di Santa Cecilia Maurizio Pollini ha presentato un programma di stampo prettamente romantico composto da capolavori appartenenti a tre grandi di quel periodo: Beethoven, Schumann e Chopin.

Entusiasmante è stata l’apertura affidata alla Bagatella in mi bemolle maggiore op. 126 n. 3 di Beethoven scelta, crediamo, operata non molto casualmente. Nell’ultimo periodo il musicista scrisse due raccolte di Bagatelle, l’op. 119 e l’op. 126 che, forse, prendendo alla lettera il loro titolo, spesso sono considerate pagine minori del grande genio di Bonn, tanto che non sono di frequentissimo ascolto. Ma, come in tutte le ultime opere Beethoven, l’ascoltatore percepisce qualcosa che va al di là del tempo in cui sono state concepite come se, in un certo senso, il musicista superasse se stesso. Questa cosa viene con più forza in questa Bagatella n. 3 dell’op 126, Andante cantabile e grazioso, due minuti di musica intesa quasi un congedo dall’arte pianistica ma con delle sonorità la cui intensità e vigore, espresse con una magistrale sintesi, ci rimandano certamente a poetiche del ‘900 che, come detto prima, sono state frequentate da Pollini, quasi un ulteriore conferma di quella connessione tra epoche diverse molto cara al pianista.

Sempre di Beethoven il secondo brano in programma, la Sonata per pianoforte n. 28 in la maggiore, op. 101 la prima composizione che aprì l’ultimo periodo beethoveniano nel quale compare una certa sperimentazione di base che mostra anche delle difficoltà tecniche esecutive. Tutto ciò appare molto più evidente all’ascolto ravvicinato della precedente sonata (n. 27 op. 90) più vecchia di un anno. In quest’ultima si rileva con forza il carattere liederistico che stride con l’op 101 molto chiaramente orientata alla ricerca di una nuova forma e di un nuovo linguaggio. Elementi che Pollini, ci sembra, abbia colto in pieno offrendo una interpretazione intensa ed ardente quanto espressiva sublimata dal quarto movimento finale Presto, ma non troppo e con decisione. Allegro.

Fig. 3 Il pianista Maurizio Pollini durante il concerto del 7 febbraio per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

Concludeva la prima parte del concerto la Fantasia in do maggiore per pianoforte, op. 17 di Robert Schumann il cui contenuto lascia intendere un allontanamento dalla forma sonatistica stretta per raggiungere una maggiore libertà di espressione che il termine ‘Fantasia’ evoca con precisione. Dapprima pensata come grande sonata per essere abbinata ad un monumento a Beethoven che la città di Bonn voleva dedicare al suo illustre cittadino. Il progetto tramontò e la composizione divenne, quindi, una Fantasia dove il fervore per l’invenzione e la creatività con un discorso pianistico intenso e coinvolgente. I tre movimenti sono ben concatenati tra loro: ‘Da suonare in modo fantastico e appassionato. In tono di leggenda– ‘Moderato. Con energia. Un po’ più mosso. Molto più animato– ‘Lento e sostenuto. Leggero da capo a fine. Molto più animato’. Pollini ha orientato la sua interpretazione procedendo con un discorso molto compatto, dalle sonorità misurate e efficaci molto attente alle indicazioni dinamiche dell’autore per una cantabilità di gran classe. Una esecuzione non priva di fascino, coinvolgente e appassionate.

Nella seconda parte del concerto tutto Chopin. Brani brevi ma di grande ‘appeal’ per usare un termine in voga oggi: Mazurca in do minore op. 86 n. 3. Moderato seguita dalla Barcarola in fa diesis maggiore op. 60. Allegretto, dalla Ballata n. 4 in fa minore op. 52. Andante con moto e, per finire lo Scherzo n. 1 in si minore op.20. Presto con fuoco.

Una serie di brani ideali per l’arte pianistica di Maurizio Pollini che ha saputo curare il necessario senso ritmico accomunandolo a quell’elemento melodico che costituisce l’innegabile fascino di Chopin, che con la sua interpretazione di questa sera, il pianista milanese ha dimostrato, ancora una volta, di avere Chopin nelle sue corde emotive.

Al concerto ha assistito un pubblico delle grandi occasioni come non si vedeva da prima di questa pandemia augurandoci che sia il vero e proprio segnale di ripresa, non solo per la musica, ma per tutto il nostro paese, la nostra società e la nostra cultura. Alla fine tutti in piedi per tributare un vero e proprio trionfo per Pollini applaudendo con intensità e decisione per molti minuti. Il pianista che ha dimostrato di gradire, anche con commozione, questa manifestazione d’affetto per la sua interpretazione e per la sua lunga e entusiasmante carriera in una serata che ha rafforzato il saldo legame con il pubblico romano.

La Ballata No.1 In Sol minore, Op.23 di Chopin è stato il bis che Pollini ha concesso dopo le insistenti richieste del pubblico vero e proprio grande suggello ad una serata che rimarrà dentro di noi per sempre.

Claudio LISTANTI  Roma Febbraio 2022