Il tormentone delle buche nella città senza un grattacielo. Ma “non sono buche, semmai lacune, spessori mancanti”. Riflessioni di “uno sporco intelletuale”

di Massimo MARTINI

Migranti sullAbout

di M. Martini e F. Montuori

Si fa presto a dire buche………..!

PREVALENZA DELLA LACUNA

Volare alto, guadando in basso

ATTO PRIMO – LE LACUNE COME TALI

La lacuna semplice come te l’aspetti

E’ necessario innanzi tutto sgomberare il campo dalle buche. Buca: Cavità naturale o artificiale del terreno, di forma irregolare, più fonda che estesa (Devoto-Oli). Lacuna: Discontinuità nella regolare successione di sedimenti stratigrafici (Devoto-Oli). Non c’è partita, ne dovete convenire. Sono seduto all’esterno per un cappuccino e qualcuno ha trasformato un tronco tagliato lungo il marciapiede, nell’occasione per una breve aiuola. Con tanto di pietre a recingere un improvviso cespuglio. Più in là il fenomeno si ripete, ma a decoro di un magro alberello e della sua piccola pozza di terra indifesa. Bene. Quelli del bar cominciano ad accogliere i clienti fin dalla strada. Fioriscono i fiori e fioriscono anche le buche. Il tormentone delle buche nella città senza uno straccio di grattacielo. Io osservo curioso, ma non sono affatto convinto. Sono uno sporco intellettuale, direbbe qualcuno. E non vedo buche, terra smossa. Semmai lacune, spessori mancanti. Con una vasta letteratura che le riguarda. Strati. Di morbido asfalto. Di pavimentazioni: successione modulare di mattonelle, lastre, basole. (fig 1)

Figura 1- Lacuna come semplice interruzione di un manto di asfalto

La lacuna spigolosa, a zig zag, che non avevi messo in conto

Fin qui tutto sotto controllo. Più o meno so dove vado a parare. (Limitandomi al luogo fisico su cui appoggiamo il piede). (Lontano dagli affreschi, tanto per capirci). Dentro l’arte del costruire, fino ai mosaici romani, alle opere dei madonnari, al gioco di bambini per strada uno, due, tre, stella… Passa il tempo, gironzolo, faccio foto, mi rigiro le copie tra le mani, poi a lungo mi perdo nello splendore dello schermo del personal computer. Dove la forma diventa luce e scappa via. Sfugge, insomma. Arrivano sorprese. Vengo rapito non tanto dall’esito dal restauro in fieri della lacuna (che scatta in automatico), quanto dalla varietà di forme. Della singola lacuna. Gesto. Energia. Action painting. Ma. Lungo i marciapiedi cadono i vecchietti. Sulle strade si sfrangono i motociclisti. Leggero devo andare. Cedere sempre alla curiosità, questo sì. Poi volare un poco in alto, se possibile lontano alquanto dal dolore. Ed ecco la seconda lacuna, la lacuna spigolosa, zigzagante, nata nel cotto povero e dissestato di un passo carraio anonimo, lungo un viale alberato intitolato al mare breve. (fig 2)

Figura 2- Lacuna come semplice interruzione di una pavimentazione in mattonelle

La lacuna giusta al posto giusto, la cosiddetta lacuna di scuola

Finalmente una lacuna come si deve. Nella foto di Patrizia Nicolosi alla Villa di Livia a Prima Porta a Roma. Un mare in tempesta di murature in pietrame. Tutte riassunte in una massa compatta. Avvolta in quella malta neutra che dicesi di salvaguardia. Poi un lago della tranquillità, elegante, sinuoso. Dove il moto ondoso diventa segno, pensiero. E nelle acque delle idee, galleggia la lacuna.  Come una barchetta fragile, indomita però. Un segno del caso che significa molto. Perché quello che deve dire, lo dice in maniera diretta. Dice che senza strappo da ricucire non c’è antico. Che lo strappo è la garanzia dell’antico. Che se lo strappo te lo fai da solo o addirittura lo paghi nel capo firmato, allora lo riduci a tatuaggio. (Nella canea delle identità di comodo). (Attento agli sciamani fatti in casa. Sono i più pericolosi). (fig 3)

Figura 3- Lacuna come interruzione di una pavimentazione storica in mosaico (Villa di Livia a Prima Porta a Roma – Foto P. Nicolosi)

 

La lacuna incerta

Nell’inventario che certifica il campionario delle differenze, mancava giusto una lacuna incerta. Non pensavo potesse attrarre la mia attenzione. Ma, quando arriverò al terzo atto di questa rassegna, dopo aver verificato rabberci e rattoppi, io so che incontrerò una vera e propria sorpresa. Quando, a fronte di un segno inatteso (la cui natura qui adesso non rivelo), la carrellata di lacune si trasformerà in una carrellata di insiemi. Per cui, a fronte di una lacuna che aspiri a divenire insieme, la congruità vuole… Che i segni facenti parte dell’assieme debbano essere identificati univocamente come facenti parte dell’insieme stesso. Con una funambolica cascata di ipotesi matematiche, come in un fantastico gioco di perle di vetro che, lungo il marciapiede oppure oltre, chissà dove… Ora vedete quei piccoli detriti che ballano scompostamente attorno a una lacuna in via di formazione, creando gran confusione? Che dire in proposito? L’assieme agitato assomiglia alla magica cottura, nell’acqua che bolle, di un uovo in camicia… Prima sfuggiva la forma. Ora sfugge l’informe. (fig 4)

Figura 4- Lacuna dai contorni non definiti come interruzione di un massetto di sottofondo

La lacuna infinita

Poi la lacuna incerta diventa infinita. O meglio lo sottintende, l’infinito. Il limite c’è ma è inconoscibile. Una mancanza, (perché la lacuna è mancanza, interruzione, discontinuità…) che non riesce a trovare la misura di se stessa. Ci si perde. Relativamente parlando. E di nuovo siamo alla Villa di Livia a Prima Porta a Roma. Ne manca troppo, di pavimento. Ed è pure di grande valore testimoniale. La definizione rammenta: Discontinuità nella regolare successione di sedimenti stratigrafici. Manca la regolare successione, appunto. Ma noi subiamo  il vincolo morale a conservare tutto (magari sotterrandolo per preservarlo). E come un cemento a rapida presa, questo è di fatto un ordine superiore! Che trascende il reale! Sovrasta lo stato di fatto. I confini, se incerti del fenomeno, privi del diritto a esistere. Il dubbio come senso di colpa. Aumenta l’ansia. Gli avanzi: rari nantes in gurgite vasto. L’assieme: uno sgangherato giardino zen. Infinito approssimato! Le parole stentano a dire. Ma forse avete capito. (fig 5)

Figura 5- Lacuna come interruzione molto estesa di una pavimentazione storica (Villa di Livia a Prima Porta a Roma – Foto P. Nicolosi)

La lacuna come idea di lacuna

Quando la confusione è massima. Allora torno a pescare nello stesso mare generoso di Patrizia Nicolosi. E lì mi sembra di riconoscere addirittura l’archetipo della lacuna! Un impensabile archetipo. La lacuna stessa fatta idea. Forse trattasi addirittura di qualcosa che non è nemmeno catalogabile come lacuna. Affogata com’è nell’impasto di un massetto informe e senza destino. Più simile a terra solida e compatta, che a strato di asfalto, men che mai sequenza di tessere di mosaico. Ma la forma è tutta lì, chiara e distinta, quasi sigillata da un raccordo di malta. Malta ubbidiente. Impronta dell’astronauta sulla luna. Idea imprigionata in un impossibile calco. Effetto di una giuntura inappropriata, di un rattoppo non rattoppo. E non mi frega, se sono in errore. Come mi appare e così deve essere! Lacuna accompagnata dal sapiente gesto di uno scultore. Segno galleggiante, assoluto, finale. (fig 6)

Figura 6- Lacuna come rattoppo casuale in un massetto di sottofondo in un bene storico (Villa di Livia a Prima Porta a Roma – Foto P. Nicolosi)

La lacuna come pozzanghera: mobile, effimera, evaporabile

Piove, poi smette di piovere, poi lungo il marciapiede rimangono per un certo tempo delle pozzanghere. Avendo percepito il segno assoluto nel magma della Villa di Livia, ora mi sento più leggero, appagato. Viene voglia di andare di nuovo a caccia di chissà cosa. Soprattutto di quello che vive per terra, più frequente, più comune, meno visibile di sicuro. Chi l’avrebbe detto che l’ente lacuna, grazie al linguaggio inequivoco della figurazione, avrebbe coinciso con l’ente pozzanghera. Laghetto provvisorio per le formiche. Abbeveratoio per le cornacchie urbane. Che ne so, potessi chiederglielo. Con i fotografi amatoriali che continuano a cercare cieli azzurri riflessi nelle acque delle pozze (tutti a inseguire quello che già si sa…). E anche io a cercar di trarre partito dalla leggerezza di strada. Magari diffidando della poesia consumata delle foglie morte. Il grigio dell’asfalto è magnetico. (fig 7)

Figura 7- Lacuna percepibile come pozzanghera con acqua e fango

La lacuna come pozzanghera ghiacciata, poi ci sono anche i cristalli

Ora dunque è chiaro il mio rovello. Di fronte a un fenomeno che, nel sentire comune, non pone le domande perché già contiene le risposte. Arrivando a contemplare un ventaglio ristretto di possibilità. Perché. La lacuna ha di fronte a sé due soli destini, più uno che si chiama tempo. a- Che venga realizzata una buona pezza a colore, senza soluzione di continuità. bChe la si lasci dentro una sua specifica neutralità figurativa, in una discontinuità che la porta a essere protagonista involontaria ma ignota. (Come indagò con grande acume, di cui poi daremo conto, Cesare Brandi nell’irrinunciabile Teoria del restauro). c- Che rimanga così com’è… Insomma, della lacuna come tale, non interessa quasi a nessuno. Essa esiste solo in quanto incidente da rimuovere. (A meno che non si accettino come positivi i rabberci e i rattoppi mal fatti, riandando al fascinoso ragionare de Il caso e la necessità di Jacques Monod). Ora, senza questo strano vai e vieni, come avremmo potuto godere della bellezza di un laghetto ghiacciato, al centro di una banale pozzanghera, con l’esplosione di cristalli che dicono di Hermann Hesse? (fig 8)

Figura 8- Lacuna percepibile come pozzanghera con acqua ghiacciata e cristalli in superficie

La lacuna retrocede al grado di avvallamento, anche lui capace di dire

Per quanta cura ci metti, l’errore è sempre lì. Pronto. E’ venuto a certificare la necessità del fare indagini ma anche l’esistenza, sempre, di qualcosa che va oltre l’indagine stessa. Soprattutto è venuto a dirti: stupido!, non vedi che oltre alle buche e alle lacune, avresti dovuto tenere conto anche degli avvallamenti? Che dire. Certo non ricomincio da capo. Non si tratta di fare nuovi manuali (ognuno farà il suo…) Si tratta piuttosto di cercare altri legami. Nuovi non ne servono. Bastano quelli fuori schema. Laddove l’abitudine rende cieco l’uomo tranquillo. Guardare un poco più in là. Goderci il niente di una pozzanghera che evapora lentamente. Pozzanghera derivata da avvallamento, non da lacuna. Mentre risulta più evidente il rilascio lento di macchie, tracce, gore. Di grigi che trascolorano in altri grigi. Fateci caso. L’asfalto, il nero assoluto per eccellenza, va ingrigendo pure lui. Chimica della città. (fig 9)

Figura 9- Lacuna-avvallamento come pozza di acqua stagnante

Massimo MARTINI   Roma luglio 2019

(Il seguito in uno dei prossimi numeri di About Art online)