Il Palazzo di Propaganda Fide, tra il gusto e le ambizioni del papato Barberini.

di Francesco MONTUORI

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  1. Martini e F. Montuori

Il  PALAZZO  DI  PROPAGANDA  FIDE

L’edificio è ritratto da Antonio Tempesta nel disegno edito da Giovanni Giacomo  De Rossi del 1661-1662 (fig.1), ed appare ormai ben inserito nella parte centrale della città di Roma nella pianta di Giovan Battista Nolli del 1748 (fig.2).

1 Tempesta, vista con piazza di Spagna e il Palazzo di Propaganda Fide (da calcografica.it)
Giovan Battista Nolli. Pianta del complesso su piazza di Spagna.

Il Palazzo ha una facciata di trentacinque passi, cinque finestre principali sopra quattro finestre inginocchiate con al centro il portone di ingresso e cinque mezzanini. Si accede alla scala di ingresso tramite tre gradini semicircolari. Il Palazzo, verso il cortiletto, terminava al piano terra e al primo piano con un doppio ordine di colonne di granito sormontate da capitelli dorici. Le colonne sostenevano le arcate di un doppio ordine cinquecentesco che si affacciava sul cortile ornato da una fontana con ringhiera in ferro circolare (fig.3).

Giovanni Battista Piranesi. Il Palazzo di Propaganda Fide in un’immagine del XVIII sec. (da calcografica.it)

Il palazzo fu originariamente la residenza del cardinale Bartolomeo Ferrandini, un isolato con casette ed orti interni. Il nucleo iniziale era sorto il piazza di Spagna ma col tempo l’edificio subì grandi trasformazioni in particolare verso via dei Due Macelli con la conseguente demolizione di alcune casette limitrofe.

Nel breve periodo il palazzo  passò ai suoi eredi e al monsignor G. B. Vives che ebbe il nobile scopo di istituirvi un collegio per la preparazione dei missionari. Nel 1626 l’immobile fu donato dal Vives al papa Urbano VIII, che regnò dal 1623 all 1644, affinché lo destinasse a sede della Sacra Congregazione de Propaganda Fide.

Il Palazzo di Propaganda Fide è, ancor oggi, un possedimento extraterritoriale della Santa Sede. L’edificio si affaccia su Piazza di Spagna e si sviluppa lungo la via di Propaganda Fide; fu la prima sede del Pontificio  Collegio per  l’istruzione dei missionari cattolici e sin dalla sua fondazione fu destinato a sede centrale della Sacra Congregazione per la propagazione della Fede cattolica.

Questo vasto edificio vide impegnati ben tre papi; all’inizio fu progettato su iniziativa di papa Gregorio XV Ludovisi; venne costruito dopo il 1620 dal suo successore Urbano VIII; infine l’ultima estensione del Palazzo fu realizzata da Alessandro Chigi fra il 1655 e il 1667.

Nei decenni fra il 1620 e il 1640 il cardinale Barberini affidò l’incarico a Gian Lorenzo Bernini, da lui scoperto tra le maestranze di sant’Andrea della Valle; eletto papa nel 1623 con il nome di Urbano VIII, Maffeo Barberini potrà interferire direttamente con commissioni in cui si intrecciano il gusto e le ambizioni del papato e della sua potente famiglia. Per merito suo architettura, pittura e scultura insisteranno sulla persuasione: la grandiosità, come forza di persuasione.

Gian Lorenzo Bernini rifece la facciata dell’edificio su piazza di Spagna.

4 Gian Lorenzo Bernini. Fronte del palazzo verso piazza di Spagna.

La nuova facciata è scandita da quattro lesene che suddividono il fronte in senso verticale; nel mezzo si apre il portale bugnato con un timpano triangolare. Al di sopra del primo ordine la finestra centrale è sovrastata dalla scritta marmorea Collegium Urbanum De Propaganda Fide, con più in alto lo stemma di Urbano VIII con le api barberiniane.  

A Gian Lorenzo Bernini si deve inoltre la costruzione dell’Oratorio dei Re Magi al piano terreno del palazzo. Al papa Urbano VIII subentrò Innocenzo X Panfili e a Gian Lorenzo Bernini subentrò Francesco Borromini. Urbano VIII era morto il 29 luglio del 1644; il suo successore, Giovanni Battista Panfili, fu eletto il 15 settembre di quello stesso anno e prese il nome di Innocenzo X.

A giudizio dei cardinali riuniti in conclave il 5 ottobre del 1646 occorreva un architetto che, oltre a preparare un progetto per il tratto di via di Propaganda fosse idoneo a soprintendere alla loro esecuzione. Prescelto personalmente dallo stesso pontefice Francesco Borromini fu scelto all’unanimità.

La decisione fu della massima importanza perché comportava un indirizzo artistico innovativo ed audace che avrebbe impresso alla costruzione del “nuovo Collegio” un carattere ben diverso da quello dell’edificio preesistente e della facciata di Gian Lorenzo Bernini. La scelta fu determinata dal buon esito delle opere precedentemente affidate al Borromini, ma anche dal fatto di essere stato indicato dal papa Innocenzo X così come il Bernini era stato scelto da Urbano VIII.

Francesco Borromini era nato nel 1599 a Bissone, nell’odierno Canton Ticino; nel suo viaggio a piedi verso Roma fece tappa a Ravenna dove potette ammirare la basilica di San Vitale e nella contrada toscana di Monteseprio dove visitò l’abbazia di San Galgano.

A Roma divenne allievo del Maderno, suo lontano parente, uno dei maggiori architetti di Paolo V Borghese. Lavorò a fianco di Bernini alla fabbrica di Palazzo Barberini e al cantiere di sant’Andrea della Valle. Alla morte di Maderno nel 1629, Borromini proseguì la carriera a fianco del Bernini che aveva assunto la direzione della fabbrica di San Pietro e che lavorava per le grandi famiglie romane: i Borghese, i Barberini, i Doria Panfili, gli Aldobrandini.

Il decennio del pontificato di Innocenzo X coinciderà con la grande stagione del Borromini. Non fu quest’ultimo la causa delle disgrazie che colpirono il Bernini; fu solo un malaugurato  caso che coincidesse con le disavventure in cui il Bernini era caduto in quello stesso periodo per il deplorevole affare del campanile da lui costruito sulla facciata di San Pietro e che minacciò di crollare.

Francesco Borromini. Vista del fronte su via di Propaganda Fide.

Il primo compito del nuovo architetto fu piuttosto limitato; i cardinali, in seguito ad un sopralluogo, furono del parere di provvedere nuovi alloggi per gli alunni: insieme a Borromini fu convenuto di ricavarli nell’area nord orientale del palazzo di Propaganda, al di sopra delle botteghe; ma il vero impegno del Borromini fu la costruzione del nuovo Collegio.

Il programma della nuova costruzione comprendeva oltre agli alloggi per gli alunni una chiesa più vasta di quella eretta dal Bernini nel 1631. Dopo estenuanti lungaggini il 18 dicembre del 1652 Borromini ricevette l’ordine “di far fare la provisione dei passoni (adeguati passi n.d.r.) per i fondamenti della fabbrica. Il Borromini ebbe agio di rivedere e ritoccare i suoi disegni e, in particolare, di conferire alla facciata esterna l’assetto definitivo. La data di costruzione può essere stabilita con certezza tra la fine del 1665 e l’inizio del 1667, vivente quindi il Borromini che si spense il 2 agosto di quello stesso anno.

Francesco Borromini. Vista del fronte su via di Propaganda Fide.

Del tutto posteriore al pensiero borrominiano è l’ultimo piano del Collegio a destra della facciata su via di Propaganda e via Capo le Case; la costruzione che ha alterato le proporzioni della facciata borrominiana sorse nel 1704 per disposizione di Clemente XI. Le stesse rifiniture decorative, alquanto sommarie, risalgono palesemente ad una fase dei lavori successiva all’intervento di Borromini; un disegno con il piano sopraelevato, conservato nel castello reale di Windsor lo illustra con chiarezza confrontando il palazzo con la vista di Giuseppe Vasi del 1759.

7 Francesco Borromini. Pianta della cappella dei Re Magi.
Francesco Borromini. La cappella dei Re Magi.

La nuova chiesa dei Re Magi, fu costruita sul sito dell’oratorio beniniano e ne comportò la demolizione. Alla data del primo del febbraio 1664 al compimento della chiesa mancavano ancora gli stucchi e  nel luglio del 1665 la chiesa non era stata ancora ufficiata.

Il Borromini fu costretto a demolire le preesistenze berniniane; abbandonata la primitiva forma ellittica realizzò una chiesa a forma rettangolare con angoli abilmente arrotondati in modo che la copertura a volta apparisse in continuità con le pareti, quasi come conclusione delle pareti stesse. Lesene e pilastri conferiscono maggior risalto ai fondi decorati delle quattro cappelle laterali che comunicano fra loro grazie a stretti passaggi; rimase, ovviamente, sull’altare maggiore l’Adorazione dei Magi di Giacinto Geminiani.

Il Borromini lasciò “imperfetti gli ornati delle cappelle e dei quadri”; dopo la sua morte furono completati  “con la direzione” dell’architetto Francesco Fontana, al quale fu dato ordine dalla Sacra Congregazione degli Eminentissimi Signori Cardinali “deputati alle decisioni sopra questo luogo pio”. Dal 1697 Francesco Fontana fu nominato architetto di Propaganda Fide.

La chiesa fu solennemente consacrata il 18 aprile 1729.

Francesco MONTUORI Roma 24 aprile 2022