Il  Ninfeo di  Quintus  Mutius a Segni. Un monumento dedicato alle preziose acque urbane della città

di Francesco MONTUORI

Migranti sull’About

di M. Martini e F. Montuori

Il Ninfeo signino di Quintus Mutius presenta alcune caratteristiche di eccezione uniche fra i reperti archeologici non solo laziali; esso è in primo luogo una struttura monumentale che ha le caratteristiche di un simbolo urbano in quanto costruito per assicurare all’antica Segni un bene prezioso, lo sfruttamento delle acque urbane dell’antica città, garanzia di fondo della vita di una comunità. Ma una seconda caratteristica eccezionale  riguarda chi questo ninfeo realizzò, l’architetto Quintus Mutius, che appose la sua firma in lettere greche al centro del prospetto principale dell’opera realizzata; cosa del tutto rara, un unicum  per un reperto archeologico.

Una struttura straordinaria sotto l’aspetto artistico e architettonico che riflette l’importanza di una città, la Signia dell’età tardo repubblicana, una città così ricca da permettersi di realizzare opere imponenti e di commissionare ad uno dei più importanti architetti dell’epoca la realizzazione di un ninfeo, un servizio pubblico necessario per la vita della città: la mostra dell’acqua proveniente dalle sorgenti del Monte Pianillo.

Siamo verso la fine del II secolo a.C. e Signia è una città di grande importanza del basso Lazio; il circuito murario in parte in opera incerta e in parte in opera poligonale della IV maniera bugnata, misura ben cinque chilometri e racchiude una  superficie di  50 ettari (fig.1);

Fig. 1. Antica Signia, la cinta muraria

il tempio di Giunone Moneta costruito nel punto più alto dello sperone roccioso domina dell’alto la valle del fiume Sacco, relazionandosi con le altre città murate, Anagni e più a sud, Ferentino.

Nella recente pubblicazione dedicata al Ninfeo di Segni per le edizioni Quasar 2020, Francesco Maria Cifarelli, già direttore del Museo Archeologico di Segni, descrive puntualmente la localizzazione del monumento:

Il complesso archeologico di cui il Ninfeo fa parte sorge a mezza costa lungo il fianco meridionale del monte, ad est dell’abitato; esso è interno al circuito delle mura da cui dista pochi metri….qui testimoniato da uno dei pochi tratti supersiti dell’intero settore fra Porta Maggiore e Porta Saracena (fig.2):
Fig. 2. Antica Signia, la cinta muraria e la Porta Saracena

si tratta di un tratto di m.12,10 conservato per un massimo di cinque filari di blocchi, molto corrosi e in alcuni punti mancanti, inglobato in un moderno muraglione di contenimento che delimita il lato a monte dell’attuale via della Fontana.

Al di sopra della linea delle mura una larga terrazza è delimitata verso sud est da un poderoso sistema di sostruzioni del quale restano oggi  due muraglioni quasi ortogonali fra loro. Il ninfeo di Q.Mutius sorge al limite occidentale di questa platea e occupa un vano quadrangolare aperto in un massiccio corpo murario; l’intera struttura è lunga allo stato attuale m. 12,60, alta nel punto più alto m. 5,36 per uno spessore di m. 5,20. Il paramento dell’intero corpo di fabbrica è in opera incerta di ottima fattura. Le ammorsature angolari ai due estremi del vano in cui è inserito il ninfeo sono a blocchi di calcare allungati, piuttosto irregolari (fig.3).

Fig. 3. Il ninfeo di Quintus Mutius. Il ninfeo di Q.Mutius a Segni a cura di F.M.Cifarelli
Fig. 4. Il ninfeo, un antro selvaggio. Il ninfeo di Q.Mutius a Segni a cura di F.M.Cifarelli

Per chi raggiunge il ninfeo provenendo dalla città la percezione è quella dell’improvviso aprirsi di un ambiente inatteso, un antro selvaggio che nel rumore scrosciante della cascata d’acqua preludeva all’uscita dal mondo del costruito per addentrarsi in quello della natura; una grotta in rapporto scenografico con il paesaggio, esemplare monumentalizzazione dell’acqua di un mondo, quello ellenistico, strettamente legato alla costruzione del paesaggio, all’integrazione fra natura e architettura (fig.4). Una cultura dove gli spazi naturali si intersecano spesso con i santuari, i corsi d’acqua, le cisterne;  un paesaggio dove l’acqua è elemento sempre presente, vivo, matrice e simbolo dello stare in comunità. Il divino e l’umano sono intrecciati con un paesaggio naturale ed antropizzato.

Il volume dell’intero corpo di fabbrica è occupato dal ninfeo e da una cisterna; a sinistra in un vano quadrangolare compreso fra la cisterna e il muraglione occidentale del complesso appare il ninfeo la cui struttura venne come inserita dentro la grande grotta che lo contiene.

Fig. 5. Il ninfeo, la vasca d’acqua. Il ninfeo di Q.Mutius a Segni a cura di F.M.Cifarelli

Esso è coperto a volta a sesto ribassato ed è costituito da una parete di fondo con due ordini sovrapposti di nicchie e da due pareti laterali con un solo ordine di due nicchie; la nicchia centrale del secondo ordine è decisamente più ampia delle altre e segna l’assialità della composizione. All’interno del grande vano voltato era la vasca d’acqua, rivestita sul fondo e sulle pareti dal cosidetto cocciopisto, un impasto di frammenti di cotto amalgamati da una malta di colore rosso intenso (fig.5).

La vasca termina con una profonda risega che la divide dalla zoccolatura, la prima visibile al di sopra della superficie dell’acqua e nella quale si conserva, sul lato di fondo, l’iscrizione di Quintus Mutius (fig.6).

Fig. 6. L’iscrizione di Kointus Moutius architectore. Il ninfeo di Q.Mutius a Segni a cura di F.M.Cifarelli

Una cornice di valve di telline disposte a spina di pesce con la parte interna rivolta allo spettatore delimita un campo rettangolare nel quale, su uno sfondo musivo formato da tesserine di marmo bianco si legge in lettere greche, formate da perline di blu egiziano:

KOINTOS  MOUTIUS  ARCHITECTORE

Il nome dell’architetto si riferisce ad un esponente appartenente alla gens Mucia una famiglia vicina a Mario e dunque agli eventi della prima guerra civile; secondo Cifarelli l’edificazione del ninfeo dovrebbe dunque risalire ai primi due decenni del I secolo a.C. e più precisamente non oltre l’82 a.C.

Sopra le lastre poggiano i piedritti delle nove nicchie dell’ordine inferiore; esse sono replicate ai lati del fronte del grande arco centrale sull’asse quale si imposta la grande nicchia rettangolare. Sul fondo di alcune nicchie sono ben visibili gli appoggi di basi di sculture che è lecito immaginare presenti un tempo nelle nicchie stesse.

Assolutamente eccezionale è la decorazione parietale del monumento. Si tratta di una decorazione a mosaico rustico realizzata con diversi materiali naturali (conchiglie, globetti di blu egizio, frammenti di vetro), una multimaterialità che permette la realizzazione di un ampia policromia; una decorazione dunque organica alla finta grotta che partecipa  alla ricostruzione di una natura selvaggia (fig.7).

Fig. 7. Uno dei pilastrini decorati a mosaico parietale
Il ninfeo di Q.Mutius a Segni a cura di F.M.Cifarelli
Fig. 8. Una delle nicchie a finta grotta selvaggia
Il ninfeo di Q.Mutius a Segni a cura di F.M.Cifarelli

Il ninfeo di Segni offre l’opportunità di ammirare i primissimi mosaici parietali di età romana. L’opera  può essere considerata come il più antico esempio di mosaico parietale, databile fra la fine del II ed il principio del I secolo a.C. Scrive Cristina Boschetti in uno dei saggi della pubblicazione che “In un epoca nel quale i pavimenti tendono ad essere dominati dall’impiego di elementi tagliati in forma regolare, le tessere, il mosaico parietale si muove in direzione opposta…ricercando elementi tridimensionali ed irregolari, creando decorazioni che enfatizzano i caratteri architettonici delle strutture decorate e che, al tempo stesso, evocano i caratteri di una parete rocciosa naturale.” (fig.8)  

Fig. 9. Un’arcata decorata a mosaico parietale
Il ninfeo di Q.Mutius a Segni a cura di F.M.Cifarelli

Al di sopra di una zoccolatura di base corre lungo i tre lati del ninfeo una cornice modanata a rilievo che definisce il piano di appoggio delle tre nicchie dei lati e quelle del registro inferiore del prospetto principale appoggiato sul fondo della grotta. Tramite un sapiente uso di conchiglie di tipi diversi e di perline di blu egiziano vengono organizzate tre fasce di decorazione chiuse in alto nel punto di massimo aggetto della cornice da una fila di perline di blu egiziano (fig.9). Su di esso si impostano i pilastrini laterali e quelli del partito delle nicchie centrali.

 Limitando la descrizione al solo  prospetto principale interno, notiamo che i pilastrini sono percorsi da una fitta rete di piccole impronte lasciate da numerosi minuscoli gusci di conchiglie. Il corpo del pilastro è diviso dalle nicchie da una fascia di intonaco con disposti quasi verticalmente, nello stretto spazio di risulta, gusci di diverse specie di conchiglie, frammenti di vetro e scagliette di pomici e spuma di mare (fig.10).

Fig.10. Dettaglio della decorazione di uno dei pilastrini. Il ninfeo di Q.Mutius a Segni a cura di F.M.Cifarelli

Al di sopra è il capitello reso con forte rilievo; resta quasi informe la massa dell’echino, mentre l’abaco ben conservato mostra di essere stato composto mediante due fasce: l’inferiore composta da piccole valve di C.edule inframezzate in basso da perline di blu egiziano (fig.11)

Fig.11. Dettaglio del capitello di un pilastrino. Il ninfeo di Q.Mutius a Segni a cura di F.M.Cifarelli
Fig.12. La nicchia centrale a finta grotta con l’iscrizione di Quintus Mutius. (Compagnia dei Lepini)

Sui capitelli poggiano le arcate disegnate da una fila di gusci di murici all’estradosso, poi da una fila di perline di blu egiziano e ancora da una nuova fila di gusci di murici compresa fra due file di tesserine irregolari di marmo (fig.12).

La ricchezza della decorazione parietale e la raffinatezza dei dettagli costruttivi che hanno fatto di questo monumento esempio mirabile di in architettura perfettamente inserita nel paesaggio, hanno indotto l’Amministrazione comunale a mettere in campo tutte le misure per renderlo visitabile oltre che agli studiosi anche a un pubblico più vasto, senza turbare quell’equilibrio naturale con il territorio consolidato nel tempo.

Per difendere il monumento dalle insidie del tempo e degli incauti visitatori il monumento fu posto, negli anni ’60, all’interno di un manufatto in muratura e cemento armato con un muro di contenimento nella parte posteriore che preservava il monumento da pericolose spinte del declivio posto a monte. Tuttavia questo monumento straordinario andava difeso e conservato nel modo più idoneo per renderlo visitabile a turisti, studenti, studiosi. Gli architetti  Fulvio Balzani e Michelangelo Bedini furono infine incaricati di realizzare un vasto padiglione in sostituzione dell’ angusto magazzino da tempo inadeguato

Fu dunque realizzato un padiglione rivestito esternamente da una trama leggera di lamelle in legno di larice sbiancato; le lamelle sono poste in orizzontale interrotte a breve distanza dal terreno d’appoggio per conferire leggerezza al padiglione (fig.13). Le pareti interne, realizzate con pannelli aquapanel posti a secco, sono tinteggiate di color bianco.

Fig.13. Il moderno padiglione. Il ninfeo di Q.Mutius a Segni a cura di F.M.Cifarelli
Fig.14. L’interno del padiglione con la terrazza di affaccio verso il ninfeo

Il rivestimento si interrompe nella parete a valle per consentire di illuminare con luce naturale e diffusa il monumento e nel contempo di permettere di scorgere dall’esterno la struttura del ninfeo, creando un sorprendente effetto di trasparenza. Un dislivello interno permette al pubblico di apprezzare il monumento affacciandosi come da una terrazza verso il ninfeo (fig.14).

All’esterno,  pannellature in corten, un acciaio dotato di una forte resistenza alla corrosione che nel tempo acquista un color ruggine, si prestano quale supporto per eventuali mostre temporanee ed attività didattiche (fg.15)

Fig.15. L’ingresso del padiglione con i pannelli espositivi in corten. Il ninfeo di Q.Mutius a Segni a cura di F.M.Cifarelli

Un modello esemplare di valorizzazione di un monumento che trova nel Lazio pochi esemplari analoghi: il ninfeo della Salita del Grillo a Roma;  il ninfeo dell’”Antro delle Sorti” di Palestrina, una grotta arricchita da tre profonde nicchie e decorato con finti stalattiti;  il ninfeo Ponari di Cassino.

Francesco MONTUORI  Roma 25 luglio 2021