Il museo di arte urbana delle migrazioni M.A.U.MI di Roma a Tor Pignattara.

di Rita RANDOLFI

Il 27 ed il 29 settembre Casa Scalabrini 634, ubicata in via Casilina 634, ha aperto le porte al pubblico per presentare il primo museo di arte urbana delle migrazioni M.A.U.MI di Roma.    

Tor Pignattara conosciuta dai romani come una borgata problematica, segnata dal degrado, è in realtà un quartiere che, pur con le sue innegabili difficoltà, rivendica un’identità ben precisa, che la caratterizza fin dall’antichità, per la presenza del cimitero dei soldati dell’imperatore, sul quale Costantino fece costruire il mausoleo per la madre Elena, la cui impresa più importante è legata al viaggio in terra santa, alla ricerca della reliquia della vera croce su cui fu appeso Gesù. L’origine turca di Costantino e di Elena, che contribuirono alla diffusione del cristianesimo, ufficializzata con l’emanazione del celebre editto di Milano del 313 d.C., ha in un certo qual modo condizionato il tessuto abitativo di questa area geografica, da sempre considerata terra di migranti.

La storia del quartiere è stata efficacemente illustrata da Stefania Ficacci che nel suo libro appena uscito Roma oltre le mura si è soffermata in particolare  sui periodi più recenti, quando, a partire dal XIX secolo, molte famiglie nobiliari, tra cui i Torlonia, i Caracciolo, i Chigi, acquistarono appezzamenti di terreno da destinare in prima istanza alle coltivazioni, e che successivamente divennero oggetto di un’edilizia popolare, povera, soprattutto nel periodo del Governatorato, in un momento in cui il centro dell’Urbe si musealizza, rigettando nella periferia i ceti più disagiati.

Tor Pignattara diviene quindi in un primo tempo la zona di chi emigra dal centro, poi, in virtù della realizzazione della ferrovia Roma-Fiuggi, accoglie i Ciociari, in cerca di un posto di lavoro. Successivamente arriveranno i calabresi, i pugliesi, gli abruzzesi, tutti i cerca di un’occupazione. Oggi Tor Pignattara viene anche designata con il nome di “Banglatown” per la massiccia presenza di migranti bengalesi, che  si mescolano con pakistani, cinesi, africani, rendendo questo il quartiere più multi-etnico d’Europa.

Gli Scalabriniani sono  un ordine religioso missionario dedito all’accoglienza, e Casa Scalabrini, oltre ad essere un centro dove gli immigranti possono trovare alloggio, imparare la lingua ed un mestiere, grazie all’idea di alcune guide turistiche dell’Ecomuseo Casilino è diventata anche un museo a cielo aperto, il primo dei migranti di Roma. Il cortile della Casa infatti, è stato abbellito con dei murales, eseguiti da diversi artisti contemporanei, che hanno cercato di coniugare passato e presente, raccontando la storia di un quartiere, la cui vocazione specifica appare da sempre quella dell’integrazione tra popoli e culture diverse.

Il ciclo inizia con La fondazione di Roma di Nicola Verlato, in bianco e nero,

1 Nicola Verlato La fondazione di Roma

dove sullo sfondo di un’architettura a tetto spiovente aperta sulla campagna, al centro della quale si erge una statua antica, a ricordare i natali della città eterna, alcuni uomini versano terra dalle  pignatte all’interno di un solco in primissimo piano. La campagna simboleggia le origini del quartiere e le pignatte sono un chiaro riferimento al Mausoleo di Elena.  Antichità e cristianesimo si sposano  nel Trionfo del passaggio dal paganesimo al cristianesimo, di David Vecchiato.

Davide Vecchiato Trionfo del passaggio dal paganesimo al cristianesimo

Qui la Roma dei monumenti antichi e delle torri medievali è vista alla rovescia e  in bianco e nero, e fa da sostrato ad una nuova epoca attraversata da un destriero, che ricorda i monumenti equestri degli imperatori romani, cavalcato da un bambino italo-asiatico, incoronato di alloro, a rappresentare la continuità tra il passato prima di Cristo, e l’avvento del cristianesimo. Gli scheletri danzano con il toro, simbolo di Mitra, in un perenne rimando di concetti che celebrano la vita eterna, suggellando quel desiderio dell’uomo di restare immortale e di lasciare un’impronta nella storia. Il serpente che si morde la coda  in mano al bambino sta ad indicare questa circolarità, cambiano i periodi e gli uomini, ma Roma rimane eterna e non dimentica nessuno. Il Medioevo viene celebrato da Croma, con i suoi pellegrini armati di bastone e  bisaccia che  giungono a piedi fino a Castel Sant’Angelo e poi a san Pietro per venerare le reliquie della cristianità.

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Cleva immortala Elena in un’icona modena che rammenta l’arte di Bisanzio, denunciando la provenienza dell’imperatrice, la quale,  dietro la corona,  nasconde la storia di una ragazza madre ripudiata dal suo compagno, il tribuno Costanzo Cloro e riabilitata dal figlio, che le conferì il titolo di Augusta.

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Proprio lei capisce il messaggio rivoluzionario del cristianesimo e va alla ricerca della croce di Gesù, che trova e porta a Roma, conservandola nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme, costruita sul terreno di sua pertinenza, accanto al palazzo dove risiedeva.

Come sarebbe Roma senza l’apporto dei forestieri è la domanda che si pone Simone Tso autore di un murales che riproduce una mappa della città in bianco e nero animata dalla presenza di dinosauri, unici elementi colorati,  collocati strategicamente nei luoghi che devono la loro fama ad artisti non romani.

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Daniele Tozzi gioca con il pavone, una delle  immagini simboliche maggiormente raffigurata  nelle catacombe dei SS. Pietro e Marcellino, trasformandone la coda  in uno dei suoi celebri  calligrammi, che riproduce una  frase di Marguerite Yourcenar:  “Sembra esserci  nell’uomo come negli uccelli un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove”. 

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Alessandro Senso divide il suo murales in due zone, sullo sfondo una Roma che racconta se stessa, con il quartiere dell’Eur con il   gazometro, il colosseo quadrato, il ponte delle musica,  su una piazza che riproduce quella del Campidoglio, popolata da sagome nere, e una parte  animata da persone colorate, la cui identità viene rivelata dai disegni simbolici sui loro volti: sono operai, badanti, commercianti, ristoratori, gente comune, che con il proprio lavoro sostiene tutto il resto.

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Infine Gio Pistone, con un murales in cui coloratissime figure si stagliano contro un sfondo nero, che ricorda un po’ Mirò, un po’ Kandinsky, ha fuso miti e leggende di provenienza filippina, cinese, bengalese, e rumena, creando un’atmosfera  affascinante, senza tempo, di perfetta fusione tra storie che hanno sempre qualche elemento in comune.

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Lo scorso 4 ottobre il progetto del museo è stato presentato  da Claudio Gnessi, autore del volume  M.A.U.MI. Volume #1,  nella  Curia Julia nel parco archeologico  del Colosseo. Ora si attende l’ultimazione dei lavori e l’apertura al pubblico, con l’inserimento del Museo nei circuiti di fruizione pubblica, in una Roma che allarga sempre di più i suoi orizzonti, accogliendo nuovi stimoli, che la rendono la città più affascinante del mondo.

Rita RANDOLFI  Roma 16 Ottobre 2022