I Tesori archeologici dell’Arabia Saudita in mostra al Museo delle Terme (fino al 1° marzo 2020)

di Nica FIORI

ROADS OF ARABIA. Un’importante mostra archeologica nel Museo delle Terme

Misteriose iscrizioni su pietra, statue antropomorfe monumentali, piccole figure bronzee finemente modellate, elaborate ceramiche e preziose oreficerie, tra cui un’abbagliante maschera funeraria del I secolo d.C., affascinano i visitatori della mostra Roads of Arabia. Tesori archeologici dell’Arabia Saudita, giunta a Roma dopo altre 16 tappe internazionali e ospitata nelle Terme di Diocleziano, una delle prestigiose sedi del Museo Nazionale Romano. Un’esposizione quanto mai interessante, perché ci introduce con numerosi reperti alla ricchezza culturale di un paese, la cui conoscenza si è modificata negli ultimi decenni in seguito a numerose ricerche archeologiche, condotte da specialisti sauditi e stranieri, compresa l’importante attività della missione archeologica italiana dell’Istituto Orientale di Napoli.

L’idea del cammino, dello spostarsi di popoli nomadi e di mercanti – e poi di viaggiatori – procedendo tra città e villaggi, piazze locali e mercati cosmopoliti, strade di pietra e sentieri terrosi, deserto e oasi, compare in mente, immediata, ricca di immagini di fantasia e avara di storia, alla semplice lettura, al solo annuncio del titolo Roads of Arabia”,

affermano i curatori Alessandra Capodiferro e Mohammed Al-Ahamari, ma lo scopo della mostra è invece proprio quello di narrare

la storia del territorio, vasto e poco conosciuto, della Penisola arabica, un esteso sub-continente di oltre tre milioni di chilometri quadrati di paesaggio naturale vario e straordinario, ancora intatto, di cui l’Arabia Saudita occupa la maggior parte”.

Dobbiamo riconoscere che per la maggioranza di noi italiani l’Arabia Saudita è un misterioso Paese dal paesaggio desertico, ricco di pozzi petroliferi e abitato da uomini con la kefiah in testa e da donne completamente coperte. Il più delle volte, parlando degli arabi, tendiamo a identificarli con i musulmani, perché è dall’Arabia che è partita la rivoluzione religiosa islamica, che si è poi diffusa in un’area geografica vastissima. Ricordiamo i nomi di La Mecca e Medina, le città sante dell’Islam, celebri per i pellegrinaggi, e che potrebbero quindi essere equiparate alle città cristiane di Roma e Santiago di Compostela, o a Gerusalemme, santa per tutte e tre le religioni monoteiste. Crediamo forse di conoscere la storia recente del Regno Saudita, ma del suo passato sappiamo molto poco. Eppure i rapporti tra le nostre penisole sono molto antichi, perché i Romani ebbero scambi commerciali con l’Arabia a partire dal I secolo a.C., e c’era sicuramente anche uno scambio di informazioni e di cultura, evidenziata in mostra da reperti dei primi secoli d.C. Nello stesso Corano c’è una sura che porta il nome di ArRum (i Romani), dalla quale apprendiamo che Maometto era politicamente a favore dell’Impero romano d’Oriente nella guerra dei Bizantini contro i Persiani Sasanidi. Non dobbiamo dimenticare poi la dominazione araba in Sicilia, che tanto ha dato alla cultura della nostra isola.

In epoca antica nella penisola arabica si sviluppò una complessa rete stradale che metteva in comunicazione il sud della penisola, dove si producevano l’incenso e la mirra, con i Paesi del Vicino Oriente antico, che facevano grande uso di quei prodotti costosissimi nei loro templi e nelle corti reali. Lungo queste rotte fiorirono città e mercati che vendevano oggetti di lusso prodotti localmente e altri d’importazione, provenienti anche dall’India e dalla Cina. Con l’avvento dell’Islam nel VII secolo, La Mecca divenne il centro spirituale del mondo islamico e le antiche strade carovaniere furono attraversate, oltre che dai mercanti, dai numerosi pellegrini provenienti dalla Siria, dall’Iraq, dall’Egitto e da altre terre convertite alla nuova religione. Statue e altri oggetti con raffigurazioni di uomini e di animali, che prima erano di uso comune, furono sostituiti da nuovi manufatti con scritte ispirate al Corano.

L’esposizione parte dall’età paleolitica, con i primordiali utensili in pietra (raschiatoi e asce), e prosegue con manufatti del neolitico, in particolare frammenti di statue di animali (notevole il frammento di statua di cavallo da Al Magar, risalente all’8800 a.C.)

Frammento di Cavallo del neolitico, 8800 a.C
Statua stele IV millennio a.C., da Al-Ula, Museo nazionale, Riad.
Statua stele con disegni in rilievo, IV millennio, a.C., Museo nazionale Riad
Frammenti di recipienti in steatite da Tarut, III-II millennio a.C

e statue e stele funerarie antropomorfe (IV millennio a.C.), rese con un’impressionante astrazione. Le prime civiltà storiche, documentate a partire dal IV millennio a.C., sono quelle di importanti città che hanno intrattenuto rapporti con i popoli della Mesopotamia, dell’Egitto e del Levante.  Alcuni reperti (recipienti, ciotole e bicchieri) dai raffinati decori sono realizzati in clorite e in steatite: provengono dall’isola di Tarut, famosa per le palme da datteri, e risalgono al III millennio a. C. Altri vasi in terracotta, provenienti da Dharan (cultura di Dilmun), risalgono al 2000-1800 a.C.

Il percorso espositivo prosegue con i reperti provenienti da Tayma, Al-‘Ula e Qaryat Al-Faw, ricche città sorte sulla leggendaria via dell’incenso, e infatti troviamo in mostra incensieri e statuette di dromedari.

Dromedari in argilla o in bronzo da Qaryat Al-Faw, dal III sec.a.C. al III d.C
Incensieri in calcare, Qaryat Al-Faw, dal III sec. a.C. al III d.C

Tayma con la sua oasi attirò l’attenzione dell’ultimo re babilonese, Nabonide (regnante dal 556 al 539 a.C.), che 
vi soggiornò per alcuni anni, finché nel 540 a.C. ritornò a Babilonia, ma poco dopo venne sconfitto dall’esercito persiano di Ciro II. In quest’epoca si assiste a un rinnovamento del repertorio artistico e delle tecniche che vanno a fondersi con le tradizioni locali. Alcune decorazioni architettoniche di Tayma fanno pensare, in effetti, alla vicina Mesopotamia e una testa maschile all’Egitto.

Incensiere da Tayma periodo nabateo

Del successivo periodo nabateo è invece un incensiere con un’iscrizione che identifica il proprietario. Ricordiamo che il regno dei Nabatei realizzò nella città di Al Hijr (Mada’ in Saleh), riconosciuta come patrimonio dell’umanità dall’Unesco, imponenti tombe scavate nella roccia, che ricordano le architetture di Petra (la capitale dei Nabatei, sita nell’attuale Giordania).

Al-‘Ula, corrispondente all’antica Dedan, divenne un centro di una certa rilevanza nel VI secolo a.C. sotto la guida della tribù locale dei Lihyaniti. La città, che si era arricchita grazie ai pedaggi imposti a tutte le carovane dirette dall’Arabia meridionale verso il Mediterraneo e la Mesopotamia, sentì l’esigenza di creare una sua lingua scritta e sviluppò una ricca produzione artistica. 
I Lihyaniti fecero edificare numerosi templi che ornarono di monumentali statue, due delle quali sono esposte in mostra (IV sec. a.C.).

Sempre da Al-Ula proviene una testa in arenaria rosa (IV-III sec. a.C.) di 50 cm di altezza.

Due statue monumentali del IV sec. a.C, Università Re Saud Riad
Testa in arenaria rosa, da Al-Ula, IV-III sec. a.C. h 50cm

 

 

Qaryat al-Faw era situata nel punto d’incontro di diverse vie commerciali che collegavano il sud con il nord-est dell’Arabia. Le sue costruzioni, inserite tra rigogliosi palmeti, le valsero l’appellativo di Dhat al-Jnan (città paradisiaca).

Da questa città provengono alcuni bronzi tra cui le statuine di Eracle e Arpocrate (divinità dell’Egitto romano riconoscibile dal dito in bocca) e una testa virile (I secolo a.C. – II d.C.) appartenuta un tempo a una statua a figura intera, che ci colpisce per i riccioli della capigliatura (di tradizione sudarabica) e per la raffinatezza del volto che rivela analogie con l’arte greco-romana.

Tra gli altri reperti dello stesso sito troviamo pure una statuina di Iside-Tyche (Iside Fortuna) in ceramica invetriata azzurra e un grande frammento di telaio di porta o di finestra decorato con figure geometriche e animali a rilievo, che evidenziano uno stile internazionale tra l’arabo, il greco e il romano.

Frammento di telaio di porta con animali in rilievo, da Qaryat Al-Faw, III a.C.-III d.C

Sono presenti anche pitture parietali dai vivaci colori, risalenti a un periodo che va dal III secolo a.C. al III d.C.

Da Nairan, a sudovest di Qaryat al-Faw, provengono altri affascinanti reperti, tra cui una testa di leone in bronzo (e un artiglio) del II secolo e due teste in alabastro (III-I sec. a.C.) dai meravigliosi effetti di luce, una delle quali reca una scritta in alfabeto nusnad.

Due teste in alabastro da Najran, III-I sec. a.C
Porta della Kaaba, Dinastia ottomana 1635d.C

Segue una sezione della mostra relativa al periodo islamico. Tra le altre cose sono esposte una porta della Kaaba di età ottomana (argento dorato su legno, 1635) e un pezzo del prezioso telo nero, detto kiswa, che la ricopre. Il telo viene rinnovato ogni anno; questo, con decoro in oro e argento,  è stato donato nel 1992 e misura cm 470 per 86. La Kaaba, un’antica costruzione situata all’interno della Sacra Moschea della Mecca, rappresenta il luogo più santo dell’islam, perché vi è custodita una pietra nera, trovata da Abramo e ritenuta di origine celeste. La venerazione verso questo strano oggetto non va confusa con il feticismo e la superstizione, ma si tratta di un sacro rispetto verso qualcosa che viene “d’altrove” e che dunque è un segno dell’aldilà.

Vetrina con ori del I sec. d.C. Museo nazionale Riad

La Mecca divenne uno snodo commerciale importante nel V secolo d.C., quando la tribù dei Qurayshiti, attivamente impegnata nel commercio carovaniero, vi si stabilì. Ed è qui che nacque il profeta Maometto nel 571 d.C. Nel 622 d.C. Maometto partì per Medina, situata a più di 300 km dalla Mecca, per andare a predicare la nuova religione. Il memorabile viaggio dalla Mecca a Medina (Egira) segna l’inizio del calendario islamico. Nel 631 d.C. i musulmani fecero ritorno alla Mecca e introdussero l’Islam. Il difficoltoso viaggio dei pellegrini di andata e ritorno dalla Mecca poteva durare mesi, a volte persino anni. Per sopperire in parte alle spese, i pellegrini portavano con sé beni trasportabili come ceramiche, vetri, gioielli e oggetti in metallo che potevano scambiare o vendere, dei quali troviamo alcuni esemplari in mostra.

Targa marmorea con il nome di Solimano

Tra i pezzi storici legati alla Mecca troviamo anche un’iscrizione che documenta un restauro della sua moschea, che nel 1400 era stata danneggiata da un’inondazione, e una targa marmorea con il nome di Solimano (detto il Magnifico), potente sovrano della dinastia ottomana dal 1520 al 1566, che alla Mecca lasciò il segno ricostruendo due minareti.

I reperti più recenti sono relativi allo Stato Saudita che ha in Riad la sua capitale. Ci colpiscono in particolare alcuni oggetti appartenuti al defunto re Abd-Al-Aziz (1876-1953), fondatore dell’attuale Regno nel 1932, tra cui la sua spada in oro e argento e il suo equipaggiamento per la falconeria, con il trespolo per il falco e il guanto, che sottolineano l’importanza di quest’arte nella cultura araba.

Spada del re Abd-Al-Aziz XX sec

Nica FIORI     Roma 29 novembre 2019

Roads of Arabia. Treasures of Saudi Arabia

Roma, Museo Nazionale Romano Terme di Diocleziano
, viale E. De Nicola 78

28 novembre 2019 – 01 marzo 2020. Orario: da martedì a domenica 9.00 -19.30  (la biglietteria chiude alle 18.30). Biglietto museo: 
10€; 
riduzioni e gratuità secondo la normativa vigente; 
5€ ogni venerdì e sabato dal 29 novembre al 28 dicembre 2019
 nelle aperture speciali dalle ore 20.00 alle ore 23.00

 tel. +39 06 39967700 http://museonazionaleromano.beniculturali.it