I temi di “Una dolorosa felicità”, di Maurizio Olivieri, nell’intervista all’Autore di Silvana Lazzarino.

di Silvana LAZZARINO

Il libro di Maurizio Olivieri “Una dolorosa felicità” presentato con successo alla Libreria Horafelix lo scorso 15 maggio 2024,con letture di brani scelti del libro di Raffaella Agus e Edoardo Piazza. 

Il volume accompagna ad aver fiducia nel constatare come ogni legame d’amore, in particolare con la propria mamma, sussista a questo tempo.

L’intervista all’autore è di Silvana Lazzarino

Siamo attori e spettatori di un tempo qui definito in cui manifestare a pieno se stessi con autenticità e partecipazione ad ogni aspetto del quotidiano in cui le relazioni e il confronto con l’altro diventano occasioni per evolversi. Ma se questo tempo prevede un limite e dunque un termine sconosciuto, come lo si può vivere al meglio senza farsi sopraffare dal pensiero che prima o poi dovremo lasciare questo piano del viaggio?

Un primo passo è proiettarsi con fiducia in ogni nuovo giorno provando a considerare come la parola fine rappresenti soltanto un punto di confine che apre ad un nuovo inizio poiché tutto è in trasformazione e come ad ogni giorno segue la notte per poi nuovamente cedere il passo ad una nuova alba, così anche per l’uomo ciascuna esperienza di vita che inizia e finisce diventa occasione per evolversi proiettandosi verso una rinnovata consapevolezza nell’accogliere tanto i momenti bui, quanto quelli di luminosità. Nulla è casuale, ma ogni accadimento acquista un senso se in esso si riscopre la bellezza di ascoltarsi nel profondo per essere in armonia con sé e quanto intorno.

Con la parola fine rispetto a questo tempo si parla di morte, ma il distacco da questa temporalità che accomuna tutti può esser letto come una rinascita in cui non si interrompono i legami di affetto e amore vissuti prima, ma li si continua a sentire in altra forma, che va oltre il visibile.

Se la possibilità di perdere una persona amica comporta tristezza e smarrimento, ancor più queste emozioni possono diventare schiaccianti nell’accompagnare la propria madre lungo il decorso di una malattia fino all’aggravarsi della stessa e al distacco. Vedere e constatare come lo stato di salute della propria mamma vada peggiorando di giorno in giorno, ferisce e toglie forza, ma allo stesso tempo restituisce quella energia inattesa e inconsapevole con cui accogliere un nuovo modo di rapportarsi a lei, standole accanto in quel dolore che permette di ritrovare e sigillare l’abbraccio d’amore infinito con cui si è stati accolti appena giunti in questo piano di vita.

Di quell’abbraccio di calore e amore tra madre e figlio che dona forza e lo fa ancor più in una fase della vita dove la malattia di lei spaventa, ma apre alla speranza, parla Maurizio Olivieri nel suo recente libro “Una dolorosa felicità” (Betti Editrice 2023) dove come scrive nella prefazione Elisabetta Torrini

Maurizio riesce con abilità ad esaltare la profondità di quei momenti così unici e indimenticabili come lo sono quelli che precedono la scomparsa di una persona cara. La propria madre diventa spirito invisibile ma presente, archetipo che ridefinisce e dona senso ad ogni vissuto del protagonista, il quale tenta di ricreare quel collante fondamentale per chiunque abbia amato il proprio genitore a volte anche più di se stesso.”

Sostenuto da quella fede che unisce le persone oltre questo tempo, da cui mai stiamo stati separati del tutto essendo l’individuo corpo fisico e psicoemozionale unitamente all’anima, Maurizio Olivieri  costruisce una narrazione che si richiama alla scrittura di un diario, in cui è come se dialogasse con la sua mamma invitandola a ricordare momenti di felicità e serenità condivisi insieme, ma anche dove esprime la propria preoccupazione e incertezza constatando il peggiorare delle sue condizioni di salute di settimana in settimana, fin da quella cena di Natale del 2019 in cui si avvertiva una sorta di “dolce malinconia” dettata dal presentimento che quello forse sarebbe stato l’ultimo Natale insieme a lei.

Dalla felicità nel  condividere situazioni piacevoli quali la gita a Caprarola in una domenica di ottobre per  visitare Palazzo Farnese organizzata per i genitori, alla preoccupazione per il venir meno di quell’autonomia della mamma scandita da un’evidente incertezza nei movimenti e dallo sguardo smarrito e a volte assente, il lettore viene guidato in un vissuto dove seppur il dolore e la sofferenza emotiva non possono essere evitati, si fa strada sempre più la consapevolezza di non essere soli proprio nei momenti più bui e allo stesso tempo la possibilità di trovare proprio in fondo ad un tunnel quella luce per rinascere, grazie anche a quell’amore che viene donato a e da chi è vicino.

Lo stare accanto alla sua mamma per assisterla unitamente alla sorella Alessandra e al padre Enzo, ha suggellato la dolcezza di quell’amore madre-figlio che mai ha fine.

Sebbene il periodo di lockdown dovuto al Covid-19 abbia comportato l’aggravarsi dello stato di salute della mamma, esso ha permesso a madre e figlio a Teresa e Maurizio di stare più vicini e lasciare cadere quelle maschere dovute ad abitudini e condizionamenti con cui talora ci si identifica, per poter meglio conoscersi e riconoscersi. La condizione di fragilità della mamma e lo stato di dolore misto a speranza di Maurizio hanno dato voce all’autenticità di ogni loro pensiero e stato d’animo, permettendo loro di ritrovarsi.

Dai ricovero al pronto soccorso dell’Umberto I° dove la mamma resta per tre giorni, alla cena della vigilia di Natale che si presagiva essere fosse l’ultima insieme a lei, dalla ricerca di una badante alla dolcezza dello stare con lei nel recitare insieme il Rosario delle 18. E ancora dal ricovero nella RSA a Tivoli, ai momenti di forte smarrimento e commozione nel ritrovarsi fino alla corsa in ospedale sempre a Tivoli dove era stata portata d’urgenza in ambulanza, ogni episodio descritto lascia trapelare quel profondo amore del figlio per la propria mamma fatto di dolcezza e cura, rispetto e dedizione, senza scivolare nel dramma.

Pagine che toccano nel profondo, commuovendo in alcuni passi dove emerge tutta la dolcezza di un legame che spesso non ha bisogno di parole, bastando uno sguardo o semplicemente il pensiero. Significativo a riguardo la recita del Rosario dove la mamma Teresa capisce a cosa stia pensando il figlio Maurizio.

Vi è un confrontarsi con tutto quello che comporta la fase della malattia della madre, l’accudimento e la sfera emozionale fino al momento del distacco cui non si è mai preparati, proprio come accade quando si è bambini e i primi giorni di asilo sono sempre i più difficili da accettare. La separazione dal genitore, difficile da accettare, offre la possibilità di diventare genitori di sé stessi avendo come sostegno quell’amore incondizionato del genitore, che diventa ancora più presente pur nell’assenza fisica. Riguardo il distacco e la paura di non rivedere sua mamma l’autore lo descrive nel viaggio verso la RSA di Tivoli dove la mamma sarebbe stata ricoverata. Così come poi l’autore sottolinea il proprio pensiero, riguardo la paura di perdere le figure genitoriali.

Spazio anche a quei momenti necessari a Maurizio per ritrovare se stesso e quel respiro che solleva quali lo yoga, la musica, o un ritiro in Toscana nel primo fine settimana di Agosto, occasione questa per entrare a contatto con la natura e ritrovare quell’equilibrio e armonia con se stessi spesso smarrite entro le dinamiche del quotidiano.

Ogni passo compiuto per sostenere la sua mamma e la paura di perderla si nutre di dolcezza attraverso i suoi abbracci e parole anche sussurrate, a consolidare quell’amore che lega una madre al proprio figlio e che diventa respiro infinito ad accarezzare il cuore.

Tutto quello che accade va considerato in un’ottica di evoluzione e in linea con questo pensiero: Maurizio ha scelto di non rassegnarsi al dolore ma di reagire, trovando anche degli spazi per sé e in un ambiente a diretto contatto con la natura.

Il distacco fisico definitivo dalla sua mamma Maurizio lo avverte inizialmente come il precipitare in un baratro buio al quale si accompagna quel senso di colpa che pesava su di lui come un macigno. Così l’autore infatti descrive il proprio smarrimento poco dopo aver appreso da una dottoressa nel pronto soccorso, che sua madre non c’era più.

Il dolore devastante, il più grande che si possa attraversare, viene attenuato dal desiderio e bisogno di rinascere. La morte e la rinascita fanno parte dell’esistenza e ne determinano il suo equilibrio: ogni aspetto dell’universo è in questo costante processo di vita e morte per rinascere ogni volta, così come può esserlo un incontro apparentemente casuale con uno sconosciuto. Ma Maurizio sceglie di vivere il dolore “come una nuova energia” che lo porta come lui scrive ad ”onorare ancora di più la mia vita difendendo con forza i miei sogni fino a poterli realizzare. Fu questa la promessa che mi feci anche per ricordare e onorare te”

Lo stare accanto alla sua mamma Teresa, significa per Maurizio essere in una visione di comprensione e cura di quella parte emozionale che nutre l’Anima.  Il ricordare episodi vissuti insieme alla madre, il dare ascolto a segnali della sua presenza dopo la sua partenza da questo piano di vita, diventa motivo di forza.

Si evince da queste pagine che avvolgono la mente e il cuore, quel reciproco accoglimento entro una visione di amore infinito che, iniziato in questo piano si eleva anche dopo quel distacco per diventare presenza invisibile, energia che sostiene.

Non mancano riflessioni sul destino dell’uomo, e su come dall’inizio del terzo millennio l’umanità si stia disumanizzando dimenticando la propria origine divina gestendo ogni pensiero e azione entro l’ottica del controllo e dunque della paura di non poterlo sempre mantenere. Alcune considerazioni traggono spunto da momenti dii condivisione come quando con il papà Maurizio durante la sera di capodanno ha visto il film “Blad Runner”, mentre la mamma era già andata a dormire sentendosi stanca, così come emerge anche il comprendere come i loro abbracci continueranno ad esserci ma in modo diverso

Un libro per chi porta la propria mamma nel cuore, per chi cerca l’autenticità di quel legame unico che dura oltre questo tempo e un libro per trasformare il dolore della perdita della propria madre in nuova forza, per continuare a lasciarsi avvolgere da quel legame infinito che vive e si nutre nell’incedere di ogni giorno.

Silvana LAZZARINO

Intervista a Maurizio Olivieri in riferimento al libro “Una dolorosa felicità”

  1. Come ti sei avvicinato alla scrittura, o meglio cosa ti ha portato a percorrere questa strada con cui raccontare le emozioni?

Potremmo dire che sia stato il caso, infatti mentre mi trovavo in vacanza ad Ischia nel luglio del 2004, decisi di portare con me un piccolo quaderno dove appuntai tutti gli eventi e le sensazioni vissute durante quelle giornate, era infatti per me, a 40 anni, la mia prima vacanza da solo, senza amici, o genitori, o compagne. Così quando tornai a Roma e vidi su un quotidiano gratuito che veniva distribuito sulla metro, l’annuncio per inviare i propri manoscritti gratuitamente ad una casa editrice, decisi di spedirlo e da lì partirono le mie pubblicazioni e con quella casa editrice pubblicai 3 libri, una vera trilogia.

Silvana Lazzarino intervista Maurizio Olivieri

  1. Questo libro scritto in forma di diario è un dialogo diretto rivolto alla tua mamma che si è separata dal suo corpo fisico da quasi 4 anni per continuare ad esserti accanto in modo diverso. Affronti in queste pagine molto del percorso della sua malattia fino al distacco, un percorso duro e doloroso in cui tu e tua sorella, insieme a vostro padre avete fatto di tutto per alleviare la sua sofferenza. Questo ti ha permesso di ritrovare un legame speciale con lei, di avvicinarti in modo nuovo a lei senza filtri. Mi parli di come hai deciso di scrivere questa opera così profonda che parla alle emozioni entro una visione di speranza che invita a pensare a come si possa essere oltre questo tempo, a partire dal legame con la propria madre destinato a non finire mai?

Ho sempre ricevuto molto aiuto dai libri che ho letto leggendo di storie in cui mi identificavo, quindi per me scrivere ha lo stesso valore, ovvero parlare delle mie emozioni, scriverne e lasciarne traccia, così che chiunque possa usufruirne e anche se fosse una sola persona a trarne beneficio, per me questo sarebbe già un grande dono.

  1. Nel percorso della sua malattia che poi l’ha portata al ricovero nella RSA e poi in Ospedale a Tivoli, hai attraversato una lunga fase di intenso dolore, per poi lasciare spazio nel tempo a quell’energia inattesa con cui accogliere un nuovo modo di rapportarti a lei e alla sua sofferenza, sigillando quel legame di amore tra una madre e un figlio. Mi parli di questa inattesa energia con cui hai affrontato questo percorso avvertendo l’avvicinarsi del suo distacco?

Difficile descrivere le sensazioni di quelle ultime settimane, anche nel libro non so quanto ci sia riuscito, sentivo che quel distacco stava per arrivare, ma allo stesso tempo noi tutti in famiglia cercavamo di aiutare mia madre, non potevamo accettare che lei ci lasciasse, ma la sua scelta è stata più forte di questo nostro desiderio, anche in fondo una paura di non farcela senza di lei. Ecco quando poi è accaduto l’irreparabile ho sentito come mamma ci ha messo di fronte alle nostre responsabilità rispetto alla nostra vita, quindi onorare la vita di ognuno di noi sarebbe stato il più bel regalo che potevamo farle, almeno per me è stato così!

  1. Madre e figlio, Teresa e Maurizio in questo viaggio doloroso hanno respirato la felicità nel riscoprirsi attraverso lo stare vicini lasciando cadere quelle maschere dovute ad abitudini e condizionamenti con cui talora ci si identifica, per poter meglio conoscersi e riconoscersi. Cosa ha significato questo per te, ma anche per lei?

Per me ha significato di poterla conoscere anche nelle sue fragilità, togliergli quella maschera di donna perfetta che per tanti anni aveva indossato e che forse le ha precluso di viversi più liberamente i suoi sentimenti, inoltre mi ha anche permesso di comprendere di più anche le sue difficoltà e paure ad aprirsi verso di me, credo che per entrambi sia stato un bel momento di spontaneità.

  1. Il presagire in quei mesi che la tua mamma avrebbe lasciato il corpo fisico come scrivi, ti ha portato ad avvertire e sentire il suo dolore fino in fondo mettendoti di fronte all’impotenza di poter risolvere altrimenti quel che forse doveva accadere. Questa consapevolezza però non ti ha scoraggiato rendendoti vittima della situazione, ma ti ha permesso di fare un passo avanti riscoprendo come pur nei percorsi bui si possa trovare uno spiraglio di luce. Mi parli di questo aspetto, che forse si può ricollegare anche ai tuoi percorsi?

Accettare sempre più che la nostra vita non finisce con la morte del nostro corpo fisico e che questa terrena è solo una parte dell’esperienza dell’Anima, è un lento percorso che io percepisco da anni e che dalla chiusura con il lockdawn in poi, si è sempre più ampliato in me e mi ha sicuramente aiutato a vivere gli ultimi mesi della sua vita in maniera con una grande fede che tutto ciò che viviamo è necessario alla nostra evoluzione, non escludendo il dolore come emozione, ma lasciando che la sua presenza non diventi solo portatrice di sofferenza ma anche di consapevolezze.

  1. Le figure genitoriali sono quelle che ci accompagnano nella vita sia nel loro essere presenze tangibili, sia nel loro essere presenze sottili. Come è stato e come è oggi il rapporto con i tuoi genitori?

Riguardo mia madre sento che le tante scelte e i cambiamenti che ho fatto nella mia vita, sono stati possibili anche alla sua energia che da presenza fisica è diventata forza interiore, mentre con mio padre sento che  lo sto accompagnando verso la sua fine con molta serenità ed anche tutto ciò che facciamo con lui sta procedendo con estrema fluidità, come se il percorso con mamma abbia aiutato sia me che mia sorella ad avere una maggiore serenità e meno rabbie nei suoi confronti, ma a lasciare spazio soprattutto alla comprensione.

  1. Tua mamma è accanto a te in una forma diversa. Questo lo avverti anche in virtù della tua capacità di ascoltarti, di aver attraversato e accolto il dolore per la sua morte. Dopo la sua morte, trascorsa più di una settimana, hai percepito la sua presenza attraverso tue sensazioni. Di questo ne parli nel capitolo “Ci sei, in una forma diversa”. Mi vuoi accennare, se vuoi, queste sensazioni e come ti senti anche rispetto alla citazione di Selene Calloni Williams che riporti proprio in questo capitolo che dice “Non esiste l’incontrarsi, non esiste il separarsi, ma esiste il puro piacere dello spazio dinamico”?

Indubbiamente il mio percorso spirituale in questi ultimi 5 anni mi ha aperto ad una visione della vita più rispettosa di tutte le forme di vita, della natura, degli animali e di conseguenza di me stesso, e credo che venendo lei dalla campagna, ho in parte recuperato parte di quei valori che lei conservava e che vedevo in lei ogni qual volta andavamo nella sua terra, per questo sento forte la sua presenza nelle scelte che faccio quotidianamente, sento che anche lei avrebbe voluto ritornare alle sue origini.

  1. La tua mamma ti accompagna sempre in modo diverso e questo è per te fonte di energia nuova che ha messo in moto alcuni cambiamenti importanti nella tua vita di cui parli nel libro. Vuoi accennarmene qualcuno?
Edoardo Piazza, Silvana Lazzarino, Mauriizo Olivieri e Raffaella Agus

Si indubbiamente, il primo è stato voler cambiare casa, andare a vivere fuori dalla città, desideravo un posto tranquillo magari con un giardino, anche se non troppo distante per rimanere vicino a papà, e così dopo 2 mesi dalla sua dipartita ho iniziato a vedere annunci su Internet, e dopo un primo tentativo fallito, al secondo ho trovato proprio quello che volevo, un appartamento in affitto all’interno di una villa, al piano terra con giardino, tra gli alberi e con anche un piccolo pezzo di terra dove coltivo da 3 anni il mio orto. Ho poi deciso di lasciare il mio impiego da dipende pubblico dopo 37 anni di servizio, in parte il motivo è stato non voler accettare di voler tornare a lavorare a tempo pieno, dopo che ero già in part-time al 50% da un anno, ma anche non voler cedere al ricatto del Supergreenpass, ma in realtà ho poi capito che volevo unicamente lasciare spazio nella mia vita a tutta la mia creatività, ho infatti prima pubblicato un CD di musiche da me composte durante il lockdawn, ed ora sono riuscito a pubblicare anche questo libro tutto dedicato proprio a mia madre: e questo credo sia solo l’inizio!

  1. Possiamo considerare la tua poesia “La fine come inizio” che ha ricevuto un importante riconoscimento al Premio AlberoAndronico, una sorta di tuo pensiero in armonia con questo libro in forma di diario con cui ti rivolgi a tua mamma?

Questa poesia che ho scritto una decina di anni fa potrebbe essere inserita proprio come il prologo di questo libro, la storia di un uomo che improvvisamente, davanti alla morte, si accorge di tutti i suoi fallimenti e deve decidere se continuare a far finta di niente, o rimboccarsi le maniche e assumersi la responsabilità della sua vita da quel momento, e sembra proprio essere quello che poi ho fatto in questi anni e che era già descritto in quelle poche righe, come una sorta di presagio.

  1. Alla fine della tua straordinaria testimonianza di amore verso la tua mamma attraverso questo percorso di dolore e rinascita a fianco e con lei, vi è la poesia di Dania Lupi dal titolo “La madre quando sembra che non parli” con l’immagine di una delle sculture più intense ed evocative del Bernini “l’Estasi di Santa Teresa”. Da cosa nasce questa scelta di chiudere con questi versi la tua opera che diventa un ringraziamento alla tua mamma?

Forse rappresenta proprio la sintesi di quegli ultimi mesi, dove a volte non serviva più parlarci ma bastava uno sguardo, una carezza, c’era solo comprensione e amore, e quella sensazione di beatitudine che il Bernini ha magistralmente realizzato con la sua opera e che portava poi proprio il nome di mia madre: Teresa!

Ringrazio Maurizio per questa storia di amore e vita,  commovente e intensa, che mi ha confermato quanto  il legame di amore – in particolare con la propria madre – non abbia fine creandosi rispondenze emozionali anche oltre questo piano di vita, Lo ringrazio per avermi fatto ancor più comprendere come vi sia sempre un senso a questo viaggio di cui possiamo cogliere ogni sfumature dando luce a ciò che si è,  lasciando che anche il dolore più grande, quale quello della separazione fisica definitiva dalla propria mamma, possa diventare forza per trovare nuova energia e dare senso ad ogni nuovo giorno.

Silvana LAZZARINO  Roma 26 Maggio 2024