I collages siciliani con “Costumi del Regno di Napoli”, e l’inedita serie già in collezione Anzon a Palermo 

di Elvira D’AMICO

Storica dell’Arte

Elvira D’Amico è nata a Milazzo; storica dell’arte, ha lavorato nell’Amministrazione Regionale dei Beni Culturali della Sicilia dal 1987 al 2017, prima presso Galleria Regionale di Palazzo Abatellis, poi alla Soprintendenza ai Beni Culturali Ambientali. Ha all’attivo numerose mostre, cataloghi, pubblicazioni sulll’arte siciliana, concernenti in specie le arti decorative, la pittura, l’architettura. Con questo artiolo inizia la sua collaborazione con About Art

Una singolare mostra tenutasi alla Galleria Regionale della Sicilia nel 1992 rendeva noto per la prima volta un genere pressoché sconosciuto nel capoluogo siciliano, quello dei collages polimaterici settecenteschi.

Esso era stato riscoperto almeno un decennio prima da Teodoro Fittipaldi che aveva reso noti alcuni esemplari conservati al Museo Nazionale di S.Martino in Napoli, definendoli opere a metà tra la bidimensionalità delle stampe e la tridimensionalità del presepe napoletano, e rivendicandone la paternità a manifattori siciliani.

Nello stesso periodo un’altra mostra tenutasi a Firenze rendeva note le opere pittoriche raffiguranti i Costumi del Regno di Napoli  conservate nei depositi di Palazzo Pitti, dovute alla donazione fatta dal re Ferdinando IV di Borbone al granduca  Pietro Leopoldo di Lorena e alla consorte Maria Luisa nel 1785, opere che costituiscono anche i prototipi  per i collages siciliani relativi a questo particolare genere.

fig 1

Esso, scaturito  dalla ricognizione ordinata da re Ferdinando IV per documentare, con rinnovata attenzione agli usi e costumi delle classi popolari e spirito indagatorio  di stampo prettamente illuministico, le ‘Vestiture del Regno di Napoli’, si esplica in una  serie di gouaches e acquarelli eseguiti da vari pittori meridionali a partire dall’ultimo ventennio del ‘700. Dalle opere pittoriche furono tratte a partire dal 1793  varie stampe, eseguite di nuovo per volere del Re presso la Stamperia reale, cui altre numerose serie seguirono fino almeno alla metà dell’800 (fig.1). Furono queste ultime  a loro volta a trovare applicazione nelle decorazioni delle porcellane della Real Fabbrica, ma anche a fungere da modelli per la realizzazione dei collages polimaterici.

fig 2

Gli artisti siciliani ebbero un ruolo non secondario nella diffusione del genere, se si pensa che un pittore palermitano, Alessandro D’Anna, figlio del più famoso Vito, esegue alcune tra le più belle guaches della serie(1785 ca.) (fig.2), e  un altro artista  palermitano, Gaetano Ognibene, è il massimo  autore dei collages relativi(1800 ca.), fornendoci una delle più originali interpretazioni di esso.

I collages sono caratterizzati  da un senso tattile spinto fino al virtuosismo che, emulando  la tecnica del ricamo ad applicazione e quasi in gara spasmodica col reale, ricerca materiali ‘veri’ per la rappresentazione: tessuti di seta per gli abiti e le tappezzerie,  laminette metalliche per le cornici e i galloni , fili cartacei per i disegni ornamentali e, nelle opere più pregiate, mica e tartaruga per il mobilio,miniature su avorio per i visi, piumaggi e merletti per i dettagli abbigliamentari . I generi trattati nei collages infatti ,oltre a quello in esame, spaziano dal ritratto di personaggi e d’interni gentilizi ai temi letterari, dai soggetti religiosi alle serie dei Soldati del Regno di Napoli, confermando l’ attitudine documentaria e la preferenza per la rappresentazione dei costumi delle singolari ‘operine’. Dei collages con Costumi tradizionali del Regno, il Museo di Palermo e il Museo di Napoli, possiedono alcuni esemplari  firmati da Gaetano Ognibene e datati al 1800, attestanti talora la ripetizione di uno stesso soggetto con minime varianti da parte dell’autore (figg.3-4).

Pure firmati dallo stesso ‘collagista’ sono i cinque inediti esemplari di collezione privata che qui si presentano, già appartenuti ad un ramo della nobile  famiglia inglese Anzon, che ci confermano una produzione  seriale di essi ad opera dello stesso artista palermitano, volta a una committenza privata, soprattutto aristocratica, presso la quale il genere dovette essere particolarmente apprezzato.

Gli Anzon si trasferiscono a Palermo nella prima metà del secolo XIX, sulla scia di altri aristocratici inglesi che negli stessi anni impiantano nella Sicilia Occidentale aziende  vitivinicole, ed eleggono a propria dimora l’antico palazzo Speciale, sito nel cuore del centro storico. Un ramo della famiglia si stabilisce agli inizi del secolo scorso in una tenuta agricola  con baglio nella borgata di Ciaculli ove svolge attività imprenditoriale in campo agrumicolo, alternandola al collezionismo e alla passione per l’arte. Ed è questo ramo di essa che tramanda i collages, superstiti di una ben più ricca raccolta di mobili,quadri e oggetti d’arte, oggi in gran parte  alienata o dispersa, agli ultimi discendenti della famiglia.

Due soli di essi –  ‘Uomo e donna di Rocca Papirozzo nel Regno di Napoli’ (figg.5-6)

e  ‘Donna della Torre del Greco nel Regno di Napoli ( fig.7)

fig 7

-recano la firma e la data ‘Caietanus Ognibene fecit 1801’; gli altri tre contengono solo le scritte identificative: ‘Donna del’Isola di Procida nel Regno di Napoli’ (fig.8) , ‘Villana d’Ischia nel Regno di Napoli’(fig.9), ‘Donna di S.Giovanne a Teruccio nel Regno di Napoli’(fig.10).

fig 10

I quadretti sono costituiti da una base in carta acquerellata su cui sono assemblate e incollate le figurine dei popolani in costumi tradizionali, coi visi e le mani dipinti su carta e le vesti di stoffa.  Queste ultime sono caratterizzate dall’uso di colori caldi, in prevalenza rosso, verde e arancio, cui le pennellate ad olio profuse alle sete conferiscono movimento e profondità, con un effetto finale differente rispetto ai prototipi, rispondente al gusto personale del collagista e probabilmente dipendente dai materiali a sua disposizione; parimenti i riferimenti paesaggistici, molto estesi nei modelli iniziali, si riducono ad accenni di trazzere di campagna costellate solo da  qualche arbusto selvatico, al cippo recante l’iscrizione ed al muretto di mattoni a cui si appoggiano i popolani.

In conclusione, sembra di poter affermare che l’importanza e la godibilità di queste singolari creazioni, più che nel valore scientifico-documentario che aveva generato i prototipi orginari, stia nel costituire esse stesse delle piccole opere d’arte autonome, rappresentando una delle più originali espressioni delle arti decorative prodotte in Sicilia a cavallo dei secoli XVIII-XIX.

Elvira D’AMICO   Palermo 10 gennaoi 2021

Bibliografia

1) Artificio e Realtà – Collages palermitani del tardo Settecento , a cura di V.Abbate- E. D’Amico, Sellerio Editore Palermo, 1992
2) Fittipaldi,Serigrafie ricami collages a Napoli dal secolo XVII al secolo XIX (nelle Collezioni del Museo Nazionale di San Martino),in ‘Arte Cristiana’, n.9 ,fasc.699 (1983), vol.71, pp.327-358
3) Napoli-Firenze e ritorno. Costumi popolari del Regno di Napoli nelle Collezioni Borboniche e Lorenesi, a cura di M.C.Masdea – A.Caròla-Perrotta, Guida editori Napoli 1991