I 150 anni di “Aida”. La vicenda di uno dei capolavori che hanno fatto la storia del Teatro dell’Opera

di Claudio LISTANTI

Il 24 dicembre di quest’anno ricorre il centocinquantesimo anniversario della prima rappresentazione di Aida di Giuseppe Verdi.

Ci è gradita l’occasione per ricordare alcuni fatti e personaggi legati alla prima assoluta di quest’opera che ha saputo resistere alla sfida del tempo per essere, ancora oggi, tra le più rappresentate al mondo riuscendo a catalizzare, sempre, presso i luoghi nei quali è rappresentata l’attenzione, e l’entusiasmo, non solo del numeroso pubblico e degli appassionati ma, anche, della critica che la ritiene capolavoro fondamentale della Storia del Teatro d’Opera.

Fig. 1 Il Teatro dell’Opera del Cairo

La prima assoluta di Aida ebbe luogo al Teatro dell’Opera del Cairo il 24 dicembre 1871. Il successo ottenuto quella sera fu il primo riconoscimento del suo valore, coronamento di un processo compositivo che si può ritenere ‘particolare’ all’interno della produzione operistica verdiana sia riguardo all’ispirazione ‘teatrale’ sia per il ‘diverso’ procedimento utilizzato da Giuseppe Verdi nel musicarla ma, anche, per le ‘intrinseche’ novità musicali che contiene e che ne costituiscono una ulteriore e importante tappa del rinnovamento operato da Verdi nel campo del teatro per musica.

Riferendoci ad Aida si deve ricordare che nel corso degli anni c’è stata la convinzione che fosse stata scritta in occasione dell’inaugurazione del Canale di Suez, un luogo comune che ha resistito per un lungo periodo anche se, oggi, rimane qualche piccola traccia di questa falsa convinzione che in occasione dei primi 150 anni di questo capolavoro è giusto ricordare per eliminarla del tutto.

Fig. 2 Una immagine del Canale di Suez durante la sua costruzione

Innanzi tutto il Canale di Suez fu inaugurato il 19 novembre del 1869 una data del tutto precedente a quella della prima assoluta di Aida anche se questa, come vedremo, ebbe comunque degli spostamenti. Per anni si affermava poi che Aida fosse stata scritta per l’inaugurazione del Teatro dell’Opera del Cairo avvenuta qualche settimana prima quella del Canale, il 1° novembre, sempre con Verdi ma con Rigoletto. A Verdi fu proposto, però di comporre un inno per questa occasione, cosa che il musicista rifiutò nettamente per la sua più che nota idiosincrasia per i pezzi d’occasione. Comunque una cosa è certa, ed è l’elemento dirimente per tutta la questione, la proposta di Aida arrivò sul tavolo di Verdi molto dopo quel 1° novembre 1969, nella primavera del 1870 quando Camille Du Locle, librettista, impresario teatrale e regista teatrale francese, con il quale Verdi strinse amicizia dopo l’esperienza parigina di Don Carlos andato in scena l’11 marzo 1867 per il quale Du Locle completò il libretto dopo la morte di Joseph Méry, propose al musicista alcuni soggetti per nuove opere.

Fig. 3 Una immagine di Antonio Barezzi

Il librettista francese era alla ricerca di un soggetto che potesse stimolare la fantasia di Verdi dopo l’esperienza del Don Carlos, per di più in un periodo piuttosto complicato dal punto di vista personale per il musicista, caratterizzato soprattutto dalla morte di Antonio Barezzi, padre della prima moglie Margherita, per Verdi, oltre che suocero, fu vero e proprio Mecenate, personalità veramente importante, se non determinate, per la carriera operistica del musicista. Nel periodo ci fu anche la triste esperienza relativa alla proposta di Verdi per la composizione di un Requiem per Rossini con i singoli brani affidati a tredici musicisti diversi, compreso lo stesso Verdi, per essere eseguito il 13 novembre 1969, giorno dell’anniversario della morte di Rossini, nella Basilica di San Petronio a Bologna. Iniziativa lodevole ma molto avversata dal mondo musicale di allora, fatto che costrinse Verdi a ritirarla amareggiato per il trattamento ricevuto.

Fig. 4 Un ritratto di Caamille du Locle del 1895

Du Locle, approfittando dell’amicizia di Verdi, era anche alla ricerca di un coinvolgimento dello stesso musicista per una nuova opera per Parigi e scongiurare la sua, ormai definitiva, decisione di non produrre più opere per Parigi, come magistralmente spiegò Verdi stesso a Du Locle in una lettera che si conclude con queste significative parole dimostrazione della distanza tra Verdi e l’Opéra: “… io credo all’ispirazione, voi altri alla fattura”.

Molti furono i soggetti esaminati da Verdi su proposta di Du Locle:  Froufrou di Meilhac e Halévy, il Tartuffe di Moliére per soddisfare il desiderio di Verdi per un nuovo soggetto comico, El tanto por ciento, un dramma coevo del letterato spagnolo Adelardo López de Ayala assieme al quale accluse anche una sorta di ‘trama’ di un soggetto teatrale di quattro pagine per un’opera ambientata nell’antico Egitto.

L’attenzione di Verdi cadde su questo ultimo documento scritto dell’egittologo francese Auguste Mariette, archeologo di spicco per lo studio dell’Egitto antico in quanto organizzò numerose campagne di scavo che condussero alla scoperta di importanti siti archeologici come il Serapeo di Saqqärah, il Tempio di Hathör a Denderah, il Tempio di Sethos I e il Tempio dedicato a Osiride di suo figlio Ramesses II ad Abido.

Fig. 5 Un ritratto fotografico dell’archeologo Auguste Mariette

La fama di architetto e studioso di Mariette fece si che il Khedive Said Pascia, nel 1858, lo nomino bey affidandogli la direzione di tutti gli scavi in Egitto i cui reperti furono raccolti e concentrati nel Museo Egizio che lo stesso Mariette fondò nel 1863 con sede a Gïzah, poi trasferito al Cairo.

Nella capitale egiziana si era ancora alla ricerca di una nuova opera musicale espressamente destinata a celebrare la recente apertura del nuovo teatro del Cairo e Mariette aveva in serbo questa storia egiziana per la quale si era pensato di proporla a Verdi dopo il rifiuto del musicista ad un pezzo d’occasione che però aveva lasciato spazio per proposte di diverso contenuto. Mariette aveva anche fatto capire che in assenza di una approvazione da parte di Verdi il soggetto poteva essere anche proposto a musicisti come Wagner o Gounod, considerati idonei alla necessaria ‘grandiosità’.

Siamo nella primavera nel 1870 e Verdi dimostrò grande interesse per questa storia a sfondo egizio, stimolato anche dalla possibilità che i committenti potessero affidarla agli altri due musicisti, tanto che il 2 giugno dello stesso anno scrisse da Sant’Agata a Du Locle questa lettera del tutto esplicativa:

Car. Do Locle   
Eccomi all’affare d’Egitto; e prima di tutto bisogna che mi riservi tempo a comporre l’opera, perché si tratta di lavoro a vastissime proporzioni (come si trattasse della Grande Boutique) e perché bisogna che il poeta italiano, trovi prima i pensieri da mettere in bocca ai personaggi, e ne faccia la poesia. Ammettendo dunque che io possa arrivare in tempo, eccovi le condizioni:
1° Farò fare il libretto a mie spese.
2° Manderò pure a mie spese persona a concertare e dirigere l’opera al Cairo.
3° Manderò copia dello spartito e lascerò l’assoluta proprietà del libretto e della musica pel solo regno d’Egitto, ritenendo per me la proprietà del libretto e della musica per tutte le altre parti del mondo. In compenso mi si pagherà la somma di 150.000 franchi pagabili a Parigi dalla Banca Rotschild, al momento in cui verrà consegnato lo spartito.
Eccovi una lettera asciutta e secca, come una cambiale. Si tratta d’affari, e mi perdonerete, mio caro Du Locle, se per ora non mi dilungo in altre cose. Scusatemi e credetemi sempre.
Vos. Aff.mo
Verdi

Parole semplici e concise ma estremamente significative che lasciano intendere l’assoluta serietà di Verdi per l’adeguato svolgimento del lavoro, ovviamente con la necessaria e cospicua contropartita economica, elemento al quale il musicista era molto attento e, infine, che la nuova opera sarebbe stata musicata su un testo italiano.

Emergono inoltre tempi ristrettissimi per la realizzazione (la prima era infatti prevista per il gennaio del 1871) fatto che però non spaventava Verdi nonostante l’avesse definita di ‘vastissime proporzioni’.

Camille di Locle ne approntò un libretto in francese, che rappresenta lo stadio intermedio tra la storia di Mariette e la stesura definitiva di Aida. A proposito del soggetto nel tempo è stata avanzata l’ipotesi che l’archeologo fosse stato influenzato da altri scritti. Così afferma Edouard, il fratello di Mariette, che nella sua biografia dice che nel 1866, nel corso di una campagna di scavi, aveva abbozzato un romanzo intitolato La fiancée du Nil, ispirata ad una leggenda egiziana, il cui manoscritto fu letto da Auguste. Nel 1957, poi, il musicologo statunitense, Joseph Kerman nel suo Opera as Drama cita come ulteriore fonte d’ispirazione per la stesura del libretto redatto da Du Locle La Nitteti di Metastasio testo utilizzato, secondo le consuetudini del ‘700, da grandissimi musicisti tra i quali Niccolò Piccinni, Tommaso Traetta e Niccolò Jommelli.

Charles Osborne nel suo libro  Tutte le opere di Verdi. Guida critica trova anche una certa familiarità con alcune scene del Bajazet di Jean Racine in particolar modo nella scena tra Roxane e Atalide (II Atto) avvicinata a quella tra Amneris e Aida nel II atto  quando la principessa fa credere alla schiava la morte di Radames .

Fig. 6 Una immagine del librettista Antonio Ghislanzoni

Camille Du Locle scrisse quindi un libretto in francese che, secondo gli accordi doveva essere poi realizzato in italiano. Come da accordo a Verdi toccava la scelta per affidare l’incarico di questa ultima operazione. Per realizzarla individuo il poeta Antonio Ghislanzoni. Il librettista, oggi conosciuto esclusivamente per Aida, era un personaggio molto attivo nel campo del teatro d’opera dell’800. Partecipò ai moti del quarantotto e intraprese una intensa attività di baritono che lo portò ad interpretare importanti personaggi come il Carlo da Ernani nel 1851 al Théâtre Italien di Parigi affiancando ad essa una intensa attività letteraria la cui produzione fu in parte raccolta in sei volumi dal titolo di Capricci letterari pubblicati dal 1886 al 1889 grazie alla sottoscrizione di numerosi amici, tra i quali c’era anche Verdi.

Nel 1869 aveva già collaborato con Verdi per la revisione de La Forza del Destino relativamente al nuovo finale dell’opera. Il musicista ne rimase soddisfatto al punto che affidò a Ghislanzoni il testo italiano di Aida. La redazione del libretto fu realizzata a stretto contatto con Verdi, con il musicista che esprimeva tutte le proprie necessità per la realizzazione del dramma, suggerimenti che il poeta accettava e traduceva in versi secondo la volontà del musicista. Vedi sistemò alla perfezione lo svolgimento drammatico creato da Du Locle plasmandolo sapientemente al suo modo di vedere il teatro ed alla musica che aveva in mente per rappresentare l’azione.

Molti furono i cambiamenti voluti da Verdi e riguardavano in particolar modo il personaggio della principessa Amneris che diviene, in un certo senso, il fulcro del dramma, una personalità che si bilancia alla perfezione con quella, contrapposta sentimentalmente, della schiava Aida. Ne sono nati così i grandi duetti, quello della prima scena del secondo atto con Aida e Amneris nel quale la principessa ha la definitiva conferma dell’amore, ricambiato, di Aida per Radames e quello della prima scena del quarto atto, nel quale Amneris tenta di ricondurre a sé l’amore di Radames ottenendo però il definitivo rifiuto che la porterà alla disperazione.

Fig. 7 Auguste Mariette, bozzetto per il costume de Il Re per la prima assoluta di Aida al Cairo

La qualità di questo libretto e del relativo sviluppo teatrale, da tutti conosciuto, è quello della completa linearità dell’azione. All’occhio dello spettatore tutto avviene in maniera chiara, non ci sono grovigli che ledono l’intelligibilità della trama consentendone così il pieno godimento.

La realizzazione dello spettacolo fu affidata interamente ad Auguste Mariette che ne concepì l’impianto scenico e i costumi basato sulle sue profonde conoscenze di archeologo che gli consentì di dare a tutto lo spettacolo la caratteristica ‘egizia’ necessaria allo spettacolo che in un certo senso era una sorta di celebrazione della storia e del mondo dell’antico Egitto. Per realizzarla Mariette si recò a Parigi ed è proprio qui che si verificò un altro inconveniente, lo scoppio della cosiddetta Guerra Franco-Prussiana che avvenne nel luglio del 1870 terminando poi nel maggio del 1871. I confini furono chiusi e quindi fu impossibile trasferire il lavoro di Mariette al Cairo rendendo, di fatto, impraticabile la data di gennaio 1871 per la prima assoluta di Aida che fu quindi, spostata a fine anno alla data, appunto, del 24 dicembre 1871.

Lo spettacolo fu un vero e proprio evento di carattere straordinario dove ogni elemento scenico fu approfonditamente curato non solo nell’impianto complessivo ma anche nella realizzazione dei, seppur minimi, particolari a partire dai costumi per finire con i gioielli, le armi e tutta l’attrezzatura scenica. Per l’occasione le autorità egiziane coinvolsero anche la stampa internazionale invitando, tra gli altri il francese Ernest Reyer e l’italiano Filippo Filippi. Con quest’ultimo ci fu una polemica con Verdi nata da una lettera che ricevette dal critico con la quale si metteva a disposizione del musicista per ogni tipo di aiuto. Verdi, piccato, rispose l’8 dicembre del 1871 con una lunga lettera nella quale appaiono queste significative parole:

“… Giornalisti, artisti, coristi, direttori, professori, etc. etc., tutti devono portare la loro pietra all’edifizio della réclame, a formare così una cornice di piccole miserie che non aggiungono nulla al merito di un’opera, anzi ne offuscano il valore reale. Ciò è deplorabile: profondamente deplorabile!! La ringrazio per le cortesi offerte pel Cairo. – Scrissi l’altro jeri a Bottesini su tutto quanto riguardava l’Aida. Desidero solo per quest’opera unna buona e soprattutto intelligente esecuzione vocale, strumentale e di mise en scène. Per il resto: à la grâce de Dieu, chè così ho cominciato, e così voglio finire la mia carriera”.

Parole che ci fanno riflettere su come la propaganda potesse, e può ancora, influenzare l’esecuzione di un’opera (pensiamo a quanto avviene ogni anno per la prima della Scala che giornali e tv vogliono far credere che siamo di fronte ad una esecuzione perfetta e inarrivabile). Parole che dimostrano la statura professionale di Giuseppe Verdi.

Fig. 8 Bozzetto per la Scena del trionfo alla prima assoluta di Aida al Cairo. Scenografo Edouard Despléchin

La prima esecuzione finì con un trionfo assoluto. Sotto la bacchetta di Giovanni Bottesini, direttore che da accordi fu scelto da Verdi stesso, la partitura ebbe, secondo le cronache, adeguato rilievo. La parte visiva fu diretta da Carlo D’Ormeville; i bozzetti di Mariette furono realizzati da Edouard Despléchin , Lavastre, A. Rubè e Ph. Chaperon per le scene, da Henri de Montaut per i costumi con le coreografie di Alexandre Simon Henri Fuchs. Anche la compagnia di canto, pur formata da cantanti non di primissimo livello soprattutto per le difficoltà oggettive di raggiungere l’Egitto dall’Europa, fu molto applaudita e vide la presenza di Antonietta Pozzoni-Anastasi Aida, Eleonora Grossi Amneris, Pietro Mongini Radames, Francesco Steller Amonasro, Paolo Medini Ramfis e Tommaso Costa Il Re.

Vogliamo concludere mettendo in evidenza i pregi di questa partitura.

Innanzi tutto con essa a Verdi riuscì una operazione particolare, quella di inventare il vero, come mettono in evidenza molti critici. Riuscì infatti, senza mai essere stato in Egitto, immaginiamo con il solo ausilio dei bozzetti di Mariette, a produrre una musica che trasmette sensazioni ed impressioni che si possono provare vedendo quei luoghi, grazie alla sua sapiente orchestrazione che con il colore dei suoni ci lascia immaginare l’incanto della natura e la grandiosità dell’architettura nelle quali è immersa tutta l’azione.

Andando in quei posti si possono provare forti emozioni, come è successo a noi personalmente, di essere di notte ad Assuan con la vista del Nilo di Fronte all’Isola Elefantina con lo scorrere silenzioso e placido del fiume, sentire gli echi della notte tropicale incantata del terzo atto di Aida immaginata da Verdi con l’intervento degli archi ai quali si contrappone l’entrata del flauto con le sue delicate volute che ne restituiscono con forza tutto l’incanto. O come tutto la magnificenza e la monumentalità dei templi egizi, evocate nella scena della consacrazione della spada del primo atto o durante tutto il quarto atto con i momento tragico del processo a Radames  del quale la musica ci trasmette la solennità del momento che poi sfocerà nell’invettiva di Amneris contro i sacerdoti (chiara citazione dell’anticlericalismo di Verdi) con lo struggente finale che vede Amneris implorare la pace eterna per Radames sepolto nella tomba sottostante assieme all’amata Aida con la musica che sottolinea lo spegnersi lento e inesorabile della vita dei due sfortunati amanti.

Fig. 9 Un ritratto di Giuseppe Verdi mentre dirige la prima di Aida a Parigi nel 1880

Un altro piccolo particolare relativo a questa rappresentazione ci fa capire l’evoluzione di Verdi nella concezione del teatro. Per la prima volta, con Aida, il musicista sente la necessità di ottenere un suono ed una visibilità diversi in sala con l’affossamento dell’orchestra rispetto al piano della platea. È un chiaro riferimento al cosiddetto ‘Golfo misitico’ propugnato da Wagner con il quale Verdi dimostra comunque di essere in sintonia, soluzione che poi a partire dal ‘900 fu adottata in tutto il mondo.

Altra grande pregio di quest’opera sta nella parte vocale. Verdi ormai si sta volgendo verso la conquista del ‘declamato melodico’ che rendeva l’azione interamente comprensibile pur mettendo in evidenza degli spunti melodici di indubbio valore. Nella sua produzione questa idea di teatro in musica, seppur abbozzata, è sempre presente fin dalle opere giovanili. Con Aida si concretizza con forza. Ormai cabalette e arie, intese in senso classico, sono del tutto superate; c’è qualche reminiscenza soprattutto per il personaggio di Amonasro ma per il resto è tutto dedicato all’azione e allo sviluppo drammatico. Poi verrà la perfezione con Otello e, soprattutto, con Falstaff con i quali concluderà alla grande la sua luminosa carriera.

Nel complesso Aida si può considerare una specie di Grand-Opéra francese sottoposto, però, ad un procedimento di modernizzazione. C’è una scena grandiosa come il trionfo con una cospicua parte ballettistica che prevede tre interventi coreutici dei quali il più importante si trova nella scena del trionfo e gli altri, la danza delle sacerdotesse nella scena della consacrazione della spada nel primo atto ed il prezioso colore ambientale della graziosa danza di ‘piccoli schiavi mori’ nella dimora di Amneris nella prima scena del secondo atto. Ma nell’insieme emerge una forte componente intimista, caratterizzata dai contrasti sentimentali dei tre personaggi centrali (Aida, Amneris, Radames) per una trama che scorre comunque veloce senza esitazioni dove lo spettatore sa sempre a che punto si trova ben conscio di tutto lo svolgimento del dramma fino al tragico finale.

Il cammino di Aida cominciò, quindi, il 24 dicembre del 1871 ed è giunto fino a noi senza mai essere interrotto.

Claudio LISTANTI