Gli incroci pericolosi di Giacomo Casanova tra rococò illuminismo e restaurazione. A 220 anni dalla scomparsa sempre viva l’attenzione sul grande seduttore veneziano

di Mario URSINO

Casanova, Luigi XV e la “piccola Murphy” di François Boucher

fig 1

Giacomo Casanova (Venezia, 1725 – Dux, Boemia 1798) [fig. 1], dopo gli studi giovanili a Padova, i viaggi a Corfù e Costantinopoli e per tutta l’Italia, arriva per la prima volta a Parigi nel 1750: “A Torino […] mi feci convincere dal mio amico Balletti [Antonio Stefano Balletti (1722-1789), attore e ballerino della Comédie italienne, n.d.a.] di andare insieme a lui a Parigi, ove si preparavano grandi feste in attesa della nascita di un Duca di Borgogna [era il titolo spettante al figlio maggiore del Delfino di Francia, n.d.a.]”. Si fermarono dapprima a Lione e poi in diligenza per Parigi. Casanova conosceva poco o punto il francese e commetteva spesso qualche gaffe durante la conversazione con gli altri passeggeri; e un precettore tra questi gli impartisce una lezione di bon ton riguardo la lingua francese: con molto garbo gli dice: “Dovete scordare assolutamente la parola «no», che usate a caso senza misericordia. «No» non è una parola francese. Dite invece «pardon» che è lo stesso e non urta.Casanova ringraziò il precettore per il consiglio. Poi continuando nelle sue memorie scrive con una certa autoironia: “All’inizio del mio soggiorno a Parigi mi è parso di essere diventato il più colpevole degli uomini dato che non facevo che chiedere perdono. Casanova per imparare il francese va a lezione dal famoso drammaturgo Prosper Jolyot de Crébillon (1674-1762), ma il suo francese, in particolare quello scritto, rimarrà sempre pieno di italianismi, anche quando scriverà le sue Memorie in tarda età.

Nel mese di agosto di quel 1750, Casanova va al Louvre per vedere una mostra di pittori dell’Accademia Reale, e avendo notato che non vi erano pittori di battaglie, pensò subito di far arrivare a Parigi suo fratello Francescoche aveva particolare talento per quel genere”. Francesco Casanova (1727-1802) arriverà successivamente a Parigi, (si veda il suo bel dipinto Combat de cavalerie [fig. 2], presentato al Salon del 1763, oggi al Louvre).

fig 2

In quel tempo Luigi XV si era trasferito per alcune settimane a Fontainebleau. La famiglia Balletti, che ospitava Casanova, lo condussero con loro avendo la possibilità di accedere a corte in qualità di commedianti. Fu una grande opportunità per Casanova che poté conoscere Francesco Lorenzo Morosini (1714-1793), allora ambasciatore di Venezia in Francia, che lo invitò alla prima di un’opera musicata dal compositore Jean Baptiste Lully (1632-1687). Scrive Casanova. “Ero seduto in platea, proprio sotto il palco in cui si trovava Madame de Pompadour, che non conoscevo. Scambio di battute spiritose tra Casanova, la favorita e il Maresciallo de Richelieu (1696-1788) che era in sua compagnia; quest’ultimo, incuriosito, invitò Giacomo a casa sua; dice Casanova,Mi fece gentilissima accoglienza”: si erano riconosciuti i due più famosi “libertini” nella Francia “rocaille” di Luigi XV? Chissà. Comunque molto diversi: generoso e grande scrittore il primo, cinico e avaro il secondo, e la sua Vita privata del maresciallo di Richelieu del 1791, priva di valore letterario, non è lontanamente paragonabile alle Memorie casanoviane, cosi avvincenti anche per lo stile narrativo.

Fatto sta che Casanova va poi a corte da solo: “Vidi il bel sovrano andare a messa con tutta la famiglia reale […]

fig 4
fig 3

Luigi XV aveva una testa bellissima piantata sul collo come meglio non si poteva. Non c’è mai stato pittore così abile da poter rendere il gesto che quel sovrano faceva volgendo il capo per guardare qualcuno”. Casanova evidentemente non conosceva il bel ritratto del re francese del 1745 [fig. 3] di Jean-Marc Nattier (1685-1766), come anche non nomina mai il pittore Boucher (1703-1770), ritratto nel 1741 da Gustav Lundberg_(1695-1786) [fig. 4] nelle sue memorie.

fig 5

Eppure i due dipinti che raffigurano la “piccola Murphy”, The blonde Odalisque, 1752 nell’Alte Pinakothek di Monaco [fig. 5], e Ragazza distesa, 1751 [fig. 6], a Colonia nel Wallraf-Richartz Museum,

fig 6

furono dipinti negli anni in cui Casanova si trovava a Parigi e bazzicava la corte, e Boucher era il ritrattista ufficiale di Madame Pompadour [fig. 7]. Casanova dice di aver conosciuto la bellissima giovane Murphy, di circa 13-15 anni, già modella di Boucher nei due dipinti sopra citati, e costei diverrà poi per tre anni la maitresse di Luigi XV, tanto che il sovrano  la sistemerà nella sua alcova a Parco dei Cervi, a Versailles.

Ecco come Casanova descrive il suo incontro con la ragazzina: “Alla fiera di San Lorenzo, al mio amico Patu (Claude-Pierre Patu 1729-1757, avvocato al Parlamento di Parigi, n.d.a.) venne voglia di andare a cena con un’attrice fiamminga che si chiamava Murphy [Victoire Morphy o Murphy, di origine irlandese, ma detta “fiamminga” perché aveva recitato nelle Fiandre] e mi invitò a partecipare alla serata”.

fig 7

Dopo cena l’amico di Casanova volle appartarsi con Victoire, e Casanova, per nulla attirato dalla donna, chiese di potersi riposare da qualche parte; e qui incontra la sorellina della Murphy: “Una monella assai graziosa, ma non molto pulita, mi disse che mi avrebbe ceduto il suo letto, ma voleva un piccolo scudo”. Casanova non accettò quel giaciglio sudicio ma le diede comunque il piccolo scudo, e la ragazza si accomodò, “aveva tredici anni”; poi le chiese di esaminarla dopo averla lavata, compensandola con altri sei franchi. Il libertino, ora attratto dalla bellezza della fanciulla, avrebbe voluto andare oltre l’ispezione. Lei disse che avrebbe dovuto chiedere alla sorella maggiore e per abbandonarsi a lui ci volevano venticinque luigi. Casanova desistette, forse anche per la richiesta esosa, e si intrattenne con lei, ma rispettando “il mio piccolo gioiello”. La ragazza si chiamava Marie-Louise (Louison) O’Murphy ed era nata nel 1737 a Rouen; Casanova la chiamò Elena per la sua bellezza, e per questa ragione dice di averla fatta ritrarre “nuda come natura l’aveva fatta da un pittore tedesco che ne fece un ritratto vivente, coricata sul ventre, con le braccia e il collo appoggiati a un cuscino e la testa rivolta come se fosse sdraiata sul dorso”. È curioso come codesta descrizione corrisponda quasi perfettamente alla posa della fanciulla ritratta dal Boucher nei due dipinti sopra citati. Ed è strano che parli di un pittore tedesco. In una nota al testo delle Memorie si cita “il miniaturista J. A. Peters, noto come copista del più celebre François Boucher”. Ma della miniatura di questo autore non si trovano notizie, mentre sappiamo con certezza che un miniaturista, Jaques Charlier (1720-1790) fu allievo del Boucher e moltissime sue miniature si trovano alla Wallace Collection di Londra, tra cui soggetti femminili corrispondenti a quella iconografia galante [fig. 8-9];

tale iconografia è ripresa anche in un’incisione [fig. 10] dell’artista belga Gilles Demarteu (1722-1776), da una variante del dipinto, con un amorino che dorme con la testa appoggiata su una natica della modella, tratto  da un originale perduto del Boucher. Questo è tutto quello che si può dire sul dipinto della “piccola Murphy”, che è forse l’opera più nota del pittore francese, dedito alla pittura negli anni più smaglianti del secolo del rococò ed è quindi molto strano che il Casanova non fosse a conoscenza dei suoi dipinti o del Boucher stesso (anch’egli presente alla fiera di San Lorenzo). Scrive opportunamente Orietta Rossi Pinelli sulla fama del pittore francese in quegli anni nel suo saggio Le arti nel Settecento europeo, Torino, 2009, p.113: “Nei suoi dipinti [del Boucher] ogni dettaglio, come ogni protagonista, assume un senso di necessità nel luogo in cui si trova; nulla è mai disposto in modo simmetrico, un conclamato disordine pervade in genere le tele del pittore. Penso al Pittore nel suo studio, Parigi, Louvre, 1753, [si tratta verosimilmente dell’Autoritratto nello studio, 1720, [fig. 11], al Louvre, n.d.a]  alla serie di Odalische (dipinte tra il 1743 e il 1753), tra i più sontuosi nudi femminili mai proposti, mollemente adagiati, accuratamente esibiti, superbamente eseguiti per eccitare l’immaginazione attraverso i sensi”.

fig 11

Non è chiaro come il dipinto della “piccola Murphy” sia giunto a Luigi XV (le versioni sono diverse, ma certo è che al re francese l’immagine della fanciulla, dice Casanovagli avesse acceso il cuore”. La Louison venne poi condotta a Versailles, e da qui nacque la sua fortuna che l’accompagnò fino alla sua scomparsa nel 1814, dopo tre matrimoni con gentiluomini e aristocratici dopo i tre anni vissuti con Luigi XV, che l’aveva allontanata repentinamente dopo che ella aveva pronunciato al sovrano una frase offensiva nei confronti della regina Maria Leszynska (1703-1768).

************

Il primo incontro col sovrano, secondo il racconto casanoviano, fu quando il re, esaminata la piccola miniatura di Marie-Louise (che il veneziano si vantava di aver commissionato), disse: “Non ho mai visto nulla di così smagliante. Quando fu presentata al re, sempre secondo il racconto di Casanova, [il Re] “si era seduto, l’aveva attratta fra le ginocchia, l’aveva accarezzata, e dopo essersi assicurato con la regale mano che era ancora intatta, le aveva dato un bacio. La piccola O’Murphy lo guardava ridendo «di che ridi» – chiese il re «rido perché assomigliate a uno scudo di sei franchi come due gocce d’acqua»”. Il monarca scoppiò a ridere e le domandò se le sarebbe piaciuto restare a Versailles. E così fu; e dal 1753 al 1755 ella fu amante di Luigi XV, al quale nel primo anno dette anche un figlio “finito non si sa dove” – scrive il Casanova – “Luigi XV non ha mai voluto sapere nulla dei suoi bastardi, finché non è vissuta la regina Maria”. Ma non è proprio così, come vedremo, e come Casanova abbia potuto descrivere il dialogo sopra riportato, anche spiritoso, fra Luigi XV e la Murphy, non è dato sapere; pettegolezzi della corte? È possibile, dato che il Re era sorvegliato continuamente dal suo primo valletto, Dominique Lebel, che, tra i vari incarichi, aveva il compito di procurare giovanissime ragazze di basso rango, che il sovrano visitava anonimamente nell’alcova di Parco dei Cervi; e quindi non è da escludere che sia stato proprio lui che abbia introdotto la piccola Murphy a Versailles, dato che conosceva bene le altre sorelle O’Murphy che si concedevano sans souci. Un’altra versione è quella dei fratelli Edmond e Jules de Goncourt nella loro biografia, Madame de Pompadour (1878), scrivono: “Madame de Pompadour perse la speranza e il coraggio di soddisfare i desideri del Re… Una modella del pittore Boucher – un furfante alla Rubens – una donna paffuta, dal corpo delicato e cosparso di fossette, che il pittore ha dipinto così spesso nei suoi studi e nei suoi ritratti di grassi corpi femminili, inaugurava quelle relazioni oscure del Re, che si e svolgevano nel suo alloggio al Parco dei Cervi. La giovane in questione era una damigella di nome Murphy, di origine irlandese, comunemente chiamata la piccola Morfil […] La cosa più singolare in quel capriccio del Re era che la piccola non le era stata presentata da Lebel; era Madame de Pompadour stessa che, ridando la libertà dei sensi al Re, senza rinunciare a governare quella libertà…” (Edmond e Jules de Goncourt, op. cit. ed. italiana, Castelvecchi, Roma, 2014, p. 76). Non solo, ma la residenza del Parco dei Cervi fu opera proprio della Pompadour, secondo i due scrittori francesi.

Ancora sulla certezza che i dipinti del Boucher raffigurino la Murphy è documenta da una lettera del 19 febbraio 1753 del marchese de Vandières, fratello della Pompadour: “Le frère de la marquise avait lui aussi ses grandes entrèes dans les borderls de la capitale”, collezionista, scrisse al pittore Charles-Joseph Natoire (1770-1777), che si trovava a Roma, per chiedergli un dipinto di nudo per il suo boudoir, dicendo di possedere già un un Carle, un Boucherune jeune femme couchèe sur le ventre” e un Pierre. E ancora, nel 1782, nell’inventario dei beni del marchese, si conferma la presenza di un quadro di Boucher, “une femme nue et coucheée sur un sofa avec de gros oreillers d’etoffe de soie”, come il Vandières  trenta anni prima aveva comunicato al pittore Natoire, e che  corrisponde appunto a  L’Odalisque Blonde (cfr. C. Pascal, op cit. infra, pp. 73-74), oggi a Vienna. Questi documenti provano, secondo la Pascal, senza ombra di dubbio, l’identità della provocante modella. Si consideri inoltre che il fratello della Pompadour era in stretta amicizia con Luigi XV, ed è perciò molto probabile che essendo in possesso già dal 1753 del famoso dipinto, complice non secondario il Boucher, che riuniva intorno a sé le migliori giovanissime modelle, disponibili poi al Parco dei Cervi, lo abbia mostrato al Re, proprio nell’anno in cui il sovrano inizia la sua relazione con la “piccola Murphy”. Del resto, Boucher conosceva bene le sorelle maggiori della ragazza raffigurata in molti altri dipinti di Veneri e Ninfe; essa compare persino in una delle figure nella Natività del 1750, già nella collezione della Pompadour, oggi a Lione, Musèe des Beaux-Arts [fig. 12], dipinti contemporanei alle due opere che stiamo esaminando (si vedano, per esempio, Venere che consola Amore, 1751 [fig. 13],  Washington, National Gallery of Art, o Amore disarmato, 1751, New York, coll. priv [fig. 14];

quest’ultimo mostra bene il volto della ragazza con la stessa fascia azzurra sui capelli, come nell’Odalisque Blond; e ancora si confrontino i due disegni del Boucher con studi di teste di ragazze, di profilo [figg. 15-16] assai simili a quello della “piccola Murphy”

fig 16
fig 15

***

Comunque la storia della relazione con il re finì dopo tre anni, e il sovrano fece pervenire indirettamente la somma di “200.000 livres” alla Murphy (rinominata dal sovrano Morfy de Boisfailly, con patronimico di cortesia per imparentarla ad una famiglia di antica nobiltà, ma povera di mezzi, che viveva in un castello dimesso nella provincia francese, a Auverge, lontana da Parigi)  che lei portò in dote a un ufficiale bretone dello stato maggiore, Jacques Pelet de Beaufranchet, signore di Ajat, che fu costretta a sposare controvoglia nel 1755, su ordine del Re per immediatamente allontanarla da Versailles, secondo l’uso dei tempi. In realtà, il legame del Re con la Murphy non fu mai completamente interrotto, come risulta dalle testimonianze della continua corrispondenza tra loro, e fu ripreso, sia pure discretamente, attorno al 1767, quando ormai ella viveva vicino a Parigi come moglie del suo secondo marito Le Normant, duca di Flachac (cfr. Pascal, op. cit. infra, pp.169-202).

La storia del Casanova nulla più ci dice della bella “Elena”, anche perché l’avventuriero restò a Parigi fino

fig 17

al 1752; ma la vita e la storia del dipinto della “piccola Murphy” è ben narrata dalla biografia di Camille Pascal, insegnante alla Sorbona, che ha scritto, anche nella quarta di copertina del suo libro Le goût du roi. Louis XV et Marie-Louise O’Murphy, Perrin, Parigi, 2006 [fig. 17]: “De Marie-Lousie O’Murphy, l’histoire n’a retenu ni le nom, ni le visage, mais le cul, auquel Casanova, Boucher et Louis XV, trois fin conosseurs, ont rendu tour à tour et chacun dans leur genre un hommage émerveillé”. La sua storia ha inoltre ispirato il romanzo Our Lady of the Potatoes dello scrittore inglese Duncan Sprott, Faber and Faber, Londra, 1995.

Il fatto è, che nonostante le sicure notizie biografiche da documenti d’archivio, notarili e degli atti della polizia francese, ritracciati dalla studiosa riguardanti la vita e la famiglia della O’Murphy, non esiste, o non si ha notizia  di alcun un ritratto della donna che la raffiguri in età matura, mentre per le altre tre famose favorite di Luigi XV, la Duchessa di Chateauroux (1717-1744), ritratta da Alexis Grimou (1678-1733) [fig. 18] di Madame Pompadour (1721-1764) del Boucher [fig. 19] e della Contessa Du Barry (1743-1793) di François-Hubert Drouais (1727-1775) [fig. 20], l’ultima importante amante del sovrano, esistono ritratti e numerose biografie: “Ces trois femmes appatiennent à l’histoire du règne de Louis XV – come ha scritto Camille Pascalla petite Louison n’aura jamais les honneurs du Louvre et pas davantage ceux de l’Histoire” (p. 8);

tale lacuna potrebbe ascriversi alla bassa estrazione sociale di Marie-Louise, rimasta sempre relegata nel Parco dei Cervi a Versailles, e non ha mai preso pienamente parte alla vita di corte, diversamente dalle altre tre famose favorite, che il Re non esitava a mostrare nella vita pubblica; alcuni studiosi hanno messo addirittura in dubbio persino che la giovinetta sdraiata sul ventre nei due dipinti del Boucher sia la piccola irlandese (Alaistair Laing, 1995 e Pierre Rosenberg, 2005). Lo storico dell’arte inglese, secondo la Pascal, ha consultato in maniera superficiale le fonti, riferendosi solo al Journal et Mémoires  del marchese D’Argerson (1696-1757), che confonde alcune ragazze tra le numerose modelle del Boucher con la Murphy, e come ha scritto la Pascal: “Il note un jour une chose et  le lendemain son contraire” (p. 70).

fig 21

Da notare che quella iconografia della ragazza sdraiata sul ventre ha un sicuro precedente nei dipinti del Boucher, come si vede nella Donna coricata sul suo canapé, firmato Boucher 1745, cm 53×64, oggi al Louvre; la donna è una giovane bruna, con molta probabilità (lo ha detto Diderot) la bellissima moglie dell’artista [fig. 21] Marie-Jeanne Buzeau, sposata diciassettenne nel 1733, dunque nel 1745 aveva ventotto anni, ritratta nella stessa identica posa licenziosa precedentemente ai sopracitati dipinti del Boucher della “piccola O’Murphy”. Il mistero dunque dell’identità della fanciulla distesa è stato risolto, come abbiamo visto più sopra nella biografia della Pascal, anche se non si conoscono, come già detto, suoi ritratti ufficiali, del genere di quelli delle favorite di Luigi XV, nonostante ella sia poi divenuta consorte di gentiluomini e aristocratici della corte. La donna, dopo la morte in guerra del primo marito nel 1757, sposò, in seconde nozze, nel 1759, Francois Nicolas Le Normant, conte di Flaghac, direttore generale delle Finanze, che giovò all’accrescimento della ricchezza della Murphy. Dopo la morte di Le Normant nel 1783, la Murphy riuscì a scampare agli anni del Terrore (diversamente dalla Du Barry che venne giustiziata), nonostante sia stata arrestata  dal Comitato di salute pubblica e condotta nel carcere di Saint-Pélagie, e successivamente reclusa insieme ad altri aristocratici nel convento benedettino degli Inglesi a Parigi. Molti di quegli “ospiti” furono processati sommariamente e ghigliottinati. La Murphy si salvò, riuscendo a dimostrare che non apparteneva ad antica nobiltà: “la citoyenne veuve Le Normant ainsi que son mari n’avaient jmais appartu la caste ci-davant privilégiée”. Si sposò una terza volta nel 1795 con Louis-Philippe Dumont, di trent’anni più giovane di lei, rappresentante del popolo alla Convezione Nazionale,une geste de panique devant les journées insurrrectionnelles du printemps 1795”. Non è escluso inoltre che abbia contato molto anche l’influenza di suo figlio Louis Charles Antoine Pelet de Beaufrancet (1757-1821), generale e politico francese al servizio della Rivoluzione (anche se molti pensavano che fosse un bastardo di Luigi XV). Casanova nelle sue Memorie, dice di aver incontrato le jeune homme a Fontainebleau: “ce beau militaire ne savait rien de l’histoire de sa mère, dont il éte le portrait”, e non mancò si sottolineare la somiglianza fisica del figlio della Morphise con Luigi XV.

Con la Restaurazione, dopo aver divorziato dal suo terzo marito dopo soli due anni, compensandolo della sua protezione, Marie-Louise Lenormant, contessa di Flaghac (titolo al quale aveva rinunciato durante la Rivoluzione), recuperate le sue ricchezze, visse agiata fino all’età di 77 anni, conservando e firmandosi sempre con il nome che le aveva conferito a suo tempo Luigi XV, Morphy de Boisfailly. Morì a Parigi nel 1814, in casa di sua figlia Margherite-Victoire, ufficialmente avuta da Le Normant nel 1768, sposata a diciotto anni con Jean-Didier Mesnard de Chouzy, appartenente ad un a ricca famiglia al servizio della corte; Margherite-Victoire era sicuramente anch’essa figlia di Luigi XV, che provvide a costituire per lei cospicue somme dotali per la riconosciuta discendenza reale, ammessa anche successivamente dai sovrani Luigi XVI e Carlo X (cfr. Pascal, op. cit. pp.179-203). Analogamente, Luigi XV aveva provveduto anche al sostentamento e alla educazione della precedente figlia avuta dalla giovanissima Murphy quando era ancora al Parco dei Cervi, dove diede alla luce segretamente Agatha-Louise di Saint-Antoine de Saint-André (1754-1774), nome di convenienza, ma sancito formalmente dalla volontà del Re; la neonata fu subito sottratta alla madre, facendole credere che era morta, in realtà fu affidata a cure e all’educazione conventuale (molti anni dopo pare che madre e figlia si siano incontrate e riconosciute).

Ad ogni modo, il dipinto della giovinetta sul sofà rimane come una notevole testimonianza del gusto, del sicuro fascino e dell’eleganza fra le pitture galanti dei tre maggiori protagonisti della breve stagione “rocaille”, ovvero di Watteau, Boucher e Fragonard; un’epoca presto spazzata via dal severo moralismo dell’età dell’Illuminismo, per denunciare la decadenza morale di quella società ristretta, spendacciona, frivola e gaudente, stroncata dai furori della rivoluzione del 1789.

fig 22

Casanova ebbe notizia di quegli avvenimenti tragici, quando ormai era esule a Dux in Boemia [si veda il suo busto nel Castello di Waldstein, fig. 22], al servizio come bibliotecario del conte Ferdinand Ernst Gabriel von Waldstein (1762-1823), dove tra il 1792 e il 1798 (anno della sua triste scomparsa) scrisse quelle meravigliose Memorie della mia vita, che, a detta dei “casanovisti”*, è il capolavoro della letteratura settecentesca e del costume di quella età al tramonto del secolo XVIII. Dopo la lettura delle duemila pagine di quelle memorie, mi sento di condividere pienamente questo giudizio.

Mario URSINO   Roma maggio 2018 

Nota

Le citazioni del Casanova riportate nel testo sono tratte dalle Memorie della mia vita, a cura di Pietro Bartolini Bigi e tradotte dal francese dall’ Histoire de Jaques Casanova de Seingalt Vénetien, écrite par lui-même à Dux, Bohême, da Duccio Bartolini Bigi e Maurizio Grasso, edizione integrale, “I Mammut”, Grandi tascabili economici della Newton, Roma, 1999
*  Tra gli studiosi  delle opere del Casanova, altrimenti detti “casanovisti”, primo fra tutti è stato lo scrittore Piero Chiara (1913-1986) che ha curato con Federico Roncoroni la Storia della mia vita  di Casanova per la collana “I Meridiani” della Mondadori, Milano, 1983 (edizione più recente in tre volumi); sempre di Piero Chiara, Il vero Casanova, raccolta di scritti a cura di Federico Roncoroni, Marlin Editore, Cava dei Tirreni, 2008; il fondamentale volume, Casanova a Venezia, di Gino Damerini, Hilte, Torino, 1957; di Luigi Baccolo Vita di Casanova, Rusconi, Milano, 1979 e gli studi di Rives Child, Charles Samaran, Pierre Gruet, Francis L. Mars, Sebastiano Vassalli. Da ricordare anche il Casanova di Stefan Zweig del 1928 e riedito recentemente dall’edizioni Medusa, Milano, 2015, con prefazione di Massimo Onofri.
Segnalo altresì l’ancora utile monografia Boucher nei Classici dell’Arte della Rizzoli, 1980, a cura di Alexandre Ananoff e Daniel Wildenstein. Segnalo ancora il brioso racconto, Casanova di Roberto Gervaso del 1974, Rizzoli, Milano, che l’autore ha dedicato ai “casanovisti”: “A Luigi Baccolo, Piero Chiara, Adolfo Sarti, e Mario Valeri Manera, amici miei e del Casanova”.
Quest’anno è da considerarsi l’anno del Casanova, a duecentoventi anni dalla scomparsa per due motivi: il primo è l’apertura di un museo dedicato a Casanova, a Venezia, voluto dall’ intraprendente imprenditore, Carlo Luigi Parodi, ed è il primo museo dedicato al noto avventuriero veneziano, inauguratosi il 2 aprile nel Palazzo gotico Ca’ Pesaro Papafava “affacciato su un angolo incantato del Canale della Misericordia”. “Il Casanova Museum & Experience, diretto da Andrea Cosentino, coadiuvato dal Professor Silvio Calzolari, si estende su quattrocento metri quadri al piano nobile del Palazzo, e non si limita a mettere in mostra solo cimeli storici ma è stato concepito anche con ambienti multisensoriali” (cfr. “Il Giornale”, 10 aprile 2018). Il secondo motivo è che recentemente è stato dato alle stampe un romanzo dello scrittore Matteo Strukul, Giacomo Casanova. La suonata dei cuori infranti, Mondadori, Milano, 2018. Inoltre, una singolare, curiosa notizia riguardante il nostro avventuriero, è che a Zurigo presso l’importante nota UniversitatSpitals si legge su un’intera parete del padiglione di cardiologia la seguente scritta: “Abbiamo curato più cuori noi di quanti ne abbia infranti il veneziano Giacomo Casanova