Frammenti di un archivio fotografico. Fabio Donato 1969-1980 alla Sala Assoli (fino al 15 marzo. Napoli, Vico Lungo Teatro nuovo 110).

di Giulio de MARTINO

«Fotografare non è un gesto tecnico. Una fotografia è un racconto» lo dice Fabio Donato (Napoli, 1947) durante la presentazione – insieme ad Angelo Curti dei “Teatri Uniti” – della Mostra a lui dedicata nell’ambito de il “Sabato della fotografia”, rassegna curata da Pino Miraglia.

Fabio Donato – docente di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli – è stato, fin dal 1968, fotografo di eventi artistici nell’ambito del teatro, della musica e delle arti visive, attento a raccontare, oltre che le opere, anche gli artisti e il pubblico delle mostre e delle esibizioni.


Fig. 2 “Luca De Filippo (di spalle sulla gradinata), Eduardo De Filippo (di spalle sulla sedia)”, Napoli (1976) @ Fabio Donato

Tra i punti focali della sua fotografia c’è stata Napoli, con la sua scena artistica e i mutamenti del pubblico e delle dinamiche sociali nelle arti degli ultimi decenni del Novecento.

La sua attività di «documentazione» degli accadimenti di una città che, tra gli anni ’60 e ’80, ha conosciuto una ricca ed eterogenea molteplicità di spazi, protagonisti e sperimentazioni, artistiche assume oggi una valenza storica. Che è quanto gli ha chiesto di illustrare Pino Miraglia attraverso una selezione di immagini tratte dal suo archivio che conta «fra 450.000 e 500.000 fotogrammi scattati nel corso di più di mezzo secolo»[1].

Fig. 3: Il “Living Theatre. Paradise Now”, Julian Beck e Judith Malina, Napoli (1969) © Fabio Donato

Dalla Napoli che aveva nella letteratura del Dopoguerra (Rea, Compagnone, Ortese, Pomilio), nel cinema di De Sica, Totò e della Loren, nel teatro di Eduardo De Filippo e nella canzone dialettale (Sergio Bruni, Roberto Murolo, Fausto Cigliano) i suoi punti di forza in campo spettacolare, si sarebbe passati, dalla fine degli anni ’60, dopo la contestazione globale del 1968, alla Napoli recettiva dell’arte internazionale, laboratorio propositivo di sperimentazioni e di elaborazioni di notevole rilievo in campo letterario (Ramondino), teatrale, cinematografico e musicale.

Tutto ebbe inizio con l’arrivo dell’“Open Theatre” di Joseph Chaikin nel 1968 e di “Paradise Now” del “Living Theatre” nel 1969, con i concerti di Chat Baker (1962, 1975) e dei Pink Floyd a Pompei (1972) e con l’apertura della “Modern Art Agency”, la galleria di Lucio Amelio (1965). Per Napoli fu una svolta: la tradizione artistica locale – sotto lo stimolo di artisti geniali e di un pubblico curioso e culturalmente competente – fu sostituita da protagonisti che si confrontavano con le nuove forme estetiche e le tendenze sperimentali della musica, del teatro, del cinema e delle arti visive.

Fig. 4 “Giuseppe Chiari alla Modern art Agency” (19 maggio 1972) © Fabio Donato

Era la Napoli polo industriale italiano (Italsider, Alfa Romeo, Sofer, Mecfond, Selenia, Aeritalia, Richardson & Merrel …), «capitale del Mezzogiorno» in ambito finanziario e informativo, che seppe dare origine – come altre città italiane tra gli anni ’60 e ’70 – ad una rinascita della cultura universitaria, della ricerca scientifica e dei linguaggi dell’architettura e delle arti.

Venne il tempo della musica minimalista e di ricerca portata a Napoli da Eugenio Fels, Giuseppe Chiari e Luciano Cilio, della ricerca etnografica e musicale di Roberto De Simone e della “Nuova Compagnia di Canto Popolare”. Per giungere alla «transavanguardia» artistica di Nino Longobardi e di Ernesto Tatafiore, di Francesco Clemente e di Mimmo Paladino e alla «postavanguardia» teatrale della fine degli anni Settanta con “Falso Movimento” di Mario Martone, “Teatro Studio di Caserta” di Toni Servillo, “Spazio libero” di Vittorio Lucariello e “Teatro Oggetto” di Bruno Roberti.

Fig. 5 La “Nuova Compagnia di Canto Popolare” (1974) © Fabio Donato

Il I aprile del 1980 Andy Warhol e Joseph Beuys si incontrarono a Napoli alla Galleria di Lucio Amelio. Due mondi artisti antitetici – quello della «pop art» americana e quello dell’«arte povera» dei «Grunen» tedeschi – vennero a battezzare la “Rassegna della Nuova Creatività nel Mezzogiorno” e ad anticipare la mostra “Terrae Motus” del 1981.

L’ «energia del terremoto» del 23 novembre del 1980, fu punto di passaggio e di svolta. Diede origine alla «New Wave» napoletana e ad artisti con nuove motivazioni creative nella musica, nel cinema, nella pittura. Ma, in quella stessa epoca, ebbe inizio la transizione verso una fase di dubbiosa postmodernità in cui la città avrebbe perso il suo ruolo economico e smarrito la sua identità industriale e culturale[1].

L’archivio di Fabio Donato raccoglie gli albori di questo percorso creativo, negli anni ’60, e lo segue fino al suo tramonto – alla metà degli anni ’80 – quando la città sembrò perdersi nell’orizzonte di una spettacolarità globale e di un sistema di telecomunicazioni sempre più invasivo.

Fig. 6 “Andy Warhol, Joseph Beuys”, Napoli, Galleria Lucio Amelio, I aprile 1980, © Fabio Donato

Oggi, in un momento di nuova fortuna della componente sottoproletaria e localistica della «napoletanità», grazie all’obiettivo e all’archivio di Fabio Donato, possiamo rivedere gli artisti e gli animatori culturali che portarono Napoli nel fermento estetico e creativo di metà Novecento.

Fig. 7 “Lucio Amelio davanti a «Terrae Motus» di Andy Warhol”, Napoli (1981) © Fabio Donato

Vediamo le foto di Arturo Morfino con il “PlayStudio”, Mario e Maria Luisa Santella con la compagnia “Teatro Alfred Jarry”, Gennaro Vitiello con il “Teatro Esse” e ancora: Elvio Porta, Armando Pugliese, Mariano Rigillo e Lina Sastri che misero in scena “Masaniello”, Toni Neiwiller, Renato Carpentieri e il “Teatro dei mutamenti”, il cabaret di Leopoldo Mastelloni.

Nella radiofonia “Radio Napoli Prima” di Nicola Muccillo. Nel campo dell’arte visuale, oltre al già citato Lucio Amelio, troviamo le gallerie di Pasquale Trisorio, Lia Rumma, Peppe Morra, le opere di Gianni Pisani. Mentre, nella musica, furono protagonisti: Shawn Phillips a Positano, “Musicanova” di Eugenio Bennato, gli “Osanna” di Lino Vairetti, “Napoli Centrale” di James Senese, Teresa De Sio, Toni Esposito, Edoardo Bennato, Pino Daniele, Armando Piazza e altri.

Giulio de MARTINO  Napoli 18 Febbraio 2024

La mostra

 Fabio Donato

“Napoli tra arte visiva, musica e teatro (1969-1980)” Sabato 17 febbraio – venerdì 15 marzo 2024

Rassegna “Il sabato della fotografia” a cura di Pino Miraglia Sala Assoli – Vico Lungo Teatro nuovo 110 – Napoli

NOTE

[1] Fabio Donato, Desiderio di luce. Frammenti di un archivio, Napoli, Paparo, 2023.
[2] Vedi: AA.VV.: Napoli no/New York, Prefazione di Alberto Abruzzese, Napoli, Liguori, 1982; Giulio de Martino, L’immagine della metropoli e il terremoto, in: Paesaggio metropolitano, a c. di Giuseppe Bartolucci, Marcello Fabbri, Mario Pisani, Giulio Spinucci, Milano, Feltrinelli, 1982; Id., Appunti sulla sparizione della metropoli, in: AA.VV.: Città senza confine. Re­pertori della cultura attuale, Assessorato alla cultura, Pomigliano d’Arco, 1984.