Devastazione e morte: da Omero a Kiev, la voce della guerra, le armi dell’innocenza.

di Chiara GRAZIANI

 L a guerra ha una sua voce e una sua lingua. La sentono e la comprendono solo i bambini: che la traducono ai poeti. Così la guerra, giorni fa, ha di nuovo parlato a un piccolo di Irpin, città satellite della martire Kiev circondata dai carri armati di Mosca: «Il tuo papà — ha detto la guerra al bambino — ha preso le armi e io prenderò lui». E il piccolo (che chiameremo Kiril, come un suo coetaneo ucciso dai mortai russi a Mariupol) ha gridato. Ha alzato il pugno. Si è ribellato, colpendo con le manine l’assurdo elmo, sprizzando lacrime di angoscia e rivolta.

Aveva 18 mesi appena; il fotografo che ha colto l’attimo del colloquio di Kiril con la guerra, non ci dice l’età, il vero nome, chi sia la mamma in lacrime che lo ha messo fra le braccia del padre soldato prima di tentare la fuga lasciando indietro il suo uomo a difendere le macerie di un ponte, a scortare civili lungo i cosiddetti corridoi umanitari dove le famiglie possono essere disperse sull’asfalto, come birilli insanguinati. Una serie di scatti “poetici”, parlanti, e, letteralmente, al di sopra del tempo. Questa scena, infatti, l’aveva già raccontata Omero che senz’altro l’aveva vista con i suoi occhi alla vigilia di qualche battaglia dell’età del Bronzo.

L’evidenza del parallelo, il ripetersi del dialogo di un bambino con la guerra — un secolo dopo l’altro, dalle clave all’atomica sempre uguale — salta agli occhi. Kiril potrebbe essere Astianatte, figlioletto dell’eroe Ettore, il principe che proteggeva Troia assediata dai greci ormai da 10 anni. Anche lì il padre, che sta per affrontare Achille, appare al piccolo con un insolito — assurdo — elmo da guerra che «terribilmente ondeggia». Grida, Astianatte, ha paura, si nasconde mentre la madre Andromaca implora il marito di non andare a morire. Astianatte, o chissà quale anonimo bambino per lui, aveva sentito la voce della guerra e l’aveva capita bene, già agli albori della storia dell’uomo. Un bambino, da sempre, può ribellarsi solo con il pianto, ma nella sua ribellione inascoltata c’è il messaggio alla sua Nemica. «Io ti dico di no». Il no dell’inerme.

Quel dialogo eterno, dove neppure i genitori possono frapporsi fra i bambini e la guerra, sembra un duello impari destinato a ripetersi, all’assedio di Troia come a quello di Kiev, Mariupol, Irpin. I genitori stessi non lo comprendono: Ettore, infatti, riconsegnando il bimbo ad Andromaca, prega gli dei che Astianatte possa tornare a sua volta un giorno da un campo di battaglia «recando le crude armi dei nemici uccisi» così che il popolo possa dire «non fu così forte il padre » . La collera di pianto dell’inerme, la sua risposta al sussurro della guerra, da sempre suggerisce ai poeti la sola via possibile. Dire no. Con le sole armi, intransigenti, dell’innocenza.

Chiara GRAZIANI   Roma 27 Marzo 2022