Continua Il successo dei capolavori delle Collezioni Reali di Spagna alle Scuderie del Quirinale

di Fabiano FORTI BERNINI

 

 

 

Il 13 aprile alle Scuderie del Quirinale è stata inaugurata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella la mostra “Da Caravaggio a Bernini. Capolavori del Seicento italiano nelle Collezioni Reali di Spagna”, a cura di Gonzalo Redin Michaus,  visitabile fino al 30 luglio (catalogo edito da Skira).

Questa grande esposizione è dedicata alle relazioni artistiche tra Spagna e Italia nel XVII secolo, relazioni che ebbero inizio dai tempi del dominio spagnolo su vasti territori della nostra penisola, che durò oltre un secolo e mezzo. In questo lunghissimo lasso di tempo le due culture, quella spagnola e quella italiana, ebbero modo di influenzarsi reciprocamente. Il barocco italiano, ad esempio, venne  molto apprezzato da vicerè, principi, ambasciatori e dignitari di corte, che acquistavano o commissionavano opere che successivamente venivano inviate ai sovrani di Spagna, su loro diretta commissione o come semplice dono, per poi avere in cambio appoggi e favori. Ne abbiamo vari esempi in questa importante esposizione

I dipinti più spettacolari da evidenziare sono Lot e le figlie di Guercino e La conversione di Saulo di Guido Reni, donati a Filippo IV dal principe Ludovisi allo scopo di garantire la protezione spagnola sul piccolo Stato di Piombino. Ma eccellono anche capolavori commissionati da mandatari del Re, come il Crocifisso del Bernini proveniente dal Monastero di San Lorenzo del Escorial, oppure altre formidabili opere ordinate o comprate, come nel caso della Salomè di Caravaggio, dai rappresentanti della monarchia spagnola in Italia, capolavori che analizzeremo più avanti.

Nel 1821 circa 200 erano in totale le opere italiane e il numero aumentò sensibilmente quando l’istituzione fu nominata Museo del Prado, mentre le opere rimaste nelle residenze reali, prima annoverate nel “Patrimonio de la Corona de España”, sono poi divenute, ufficialmente dal 1940, “Patrimonio Nacional”. Quindi quello che ci si presenta è una sorta di tuffo nel passato, nella storia, nel mecenatismo della regina Isabella II di Spagna che nel 1865 rinunciò alla proprietà personale dei beni ereditati dagli antenati per cederne la proprietà allo Stato spagnolo, ed ora il ritorno in Italia delle opere per questa mostra alle Scuderie del Quirinale rappresenta una occasione unica per ammirarle.

La mostra, effettivamente, sta riscuotendo un grandissimo successo di pubblico, proprio grazie ai tanti capolavori che tornano per l’occasione nella terra in cui furono concepiti. Ne è sommo esempio “La tunica di Giuseppe”, un olio su tela di grandissime dimensioni realizzato dal sublime Diego Velázquez, si presume subito dopo il suo primo viaggio in Italia, tra il 1629 e  il 1631, quando aveva appena visto e ammirato sia le rivoluzionarie opere caravaggesche, sia quelle incentrate sull’arte classica e anche dei grandi maestri della scuola bolognese. Il dipinto, sicuramente tra i più belli presenti in mostra, illustra con grande chiarezza  compositiva, il momento in cui i fratelli di Giuseppe, dopo averlo venduto come schiavo, raccontano al padre Giacobbe la menzogna della sua morte, mostrandogli una tunica insaguinata. Solo il cane in primo piano, riconosce che il sangue è quello di un capretto e abbaia ignorato da tutti.

Ma con tutta probabilità il clou della mostra può essere rappresentato dal dipinto citato prima, cioè la“Salomè con la testa del Battista” di Caravaggio, proveniente dal palazzo Reale di Madrid e databile intorno al 1607;  il dipinto faceva parte della collezione di García de Avellaneda y Haro, conte di Castrillo, viceré di Napoli tra il 1653 e il 1659 e le tre figure in primo piano sono rappresentate con tutto il contrasto luministico e la drammaticità caratteristici del linguaggio del Merisi.

Napoli svolge un ruolo importante in questa rassegna, infatti diverse opere hanno avuto origine in questa città, che quindi ha dato un contributo veramente significativo al Patrimonio Nacional spagnolo.

Tra gli artisti che furono protagonisti nella città partenopea troviamo opere di Jusepe de Ribera, noto anche come “lo Spagnoletto”, con il suo bellissimo  “San Gerolamo penitente”, del 1638, e poi Andrea Vaccaro, Massimo Stanzione e Luca Giordano.

Significativo anche il contributo dalla Collezione Maratti, appartenuta alla poetessa Faustina Maratti, figlia del pittore Carlo, acquistata nel 1722 a Roma per il palazzo della Grana; da questa raccolta provengono opere dedicate a regine ed eroiche figure femminili, come “Lucrezia si dà la morte” di Carlo Maratti.

In questo percorso di capolavori non sfigura certamente la sezione dedicata alla scultura, dove risalta in particolare il grande interprete del barocco Gian Lorenzo Bernini (a me molto familiare), del quale ammiriamo due opere in bronzo: un modello della Fontana dei Quattro Fiumi, senza le quattro figure che simboleggiano i fiumi, (Nilo, Rio della Plata, Danubio e Gange), probabilmente presenti in passato, visto che rimangono i piccoli buchi appositi per supportarle e, come anticipato precedentemente, il grande Cristo crocifisso, ritenuto dalla critica un manufatto di eccezionale qualità, unico esemplare di figura completa in metallo, autonoma e mobile, non legata, fisicamente o concettualmente ad una architettura o a un complesso monumentale.

Non possiamo non citare le due opere di Guido Reni presenti in mostra, la “Santa Caterina” e la “Conversione di Saulo”, realizzata intorno al 1620, tema trattato venti anni prima da Caravaggio nella sua magistrale interpretazione in situ presso la chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma. Il soggetto, tratto dagli Atti degli Apostoli,  raffigura Saulo, fino ad allora feroce persecutore dei cristiani, che mentre cavalca sulla via di Damasco, viene disarcionato dal cavallo e colpito dalla folgorante luce dell’intervento di Dio. Questo quadro di Reni, finora quasi sconosciuto, è stato attribuito al suo autore proprio dal curatore della mostra, Redín Michaus, che ne ha ricostruito anche la complicata ma prestigiosa vicenda collezionistica, basata sulla committenza del cardinale Ludovico Ludovisi per la sua villa situata sulle colline del Pincio, a Roma.

Una esposizione tutta da ammirare, insomma, per la sua altissima qualità e per la straordinaria varietà dei pezzi presenti, frutto della collaborazione tra Italia e Spagna che, sempre presso le Scuderie del Quirinale, nel 2004 con la mostra “Bernini, Velasquez e Luca Giordano”, aveva dato vita ad un grande evento espositivo; non possiamo che augurarci che la collaborazione continui, e -come avviene in questo caso- ci consenta di godere ancora della fruizione di capolavori frutto dell’intreccio culturale e di un passato glorioso che ha sempre unito questi due grandi Paesi .

Fabiano FORTI BERNINI    Roma giugno 2017