Caravaggio/Bernini e il tema del David: consonanze e dissonanze di due capolavori.

di Marcello FAGIOLO

Il grande successo della mostra “Bernini” curata da Anna Coliva e da Andrea Bacchi di tre anni fa alla Galleria Borghese ci offre ancora l’occasione di proporre una breve ma innovativa riflessione sul David (il quadro di Bernini nella Galleria Nazionale di Palazzo Barberini) in corso di pubblicazione da parte del Prof. Marcello Fagiolo  (con un’appendice di Fabio Colonnese)

 

Dopo quanto già pubblicato in vari interventi sul David scultoreo di Bernini (da ultimo vedi https://www.aboutartonline.com/2018/03/24/cosa-cela-la-straordinaria-tecnica-scultorea-del-bernini-analisi-di-due-capolavori/, vorrei fare qualche osservazione sul David pittorico di Palazzo Barberini (fig. 1), giustamente a mio avviso considerato coevo alla scultura da Luigi Ficacci nella scheda del Catalogo (1624-25, in accordo con la monografia di Maurizio e Marcello Fagiolo del 1966).

1. GL. BERNINI, David con la testa di Golia (olio su tela, 1625c.; Roma, Galleria Nazionale di Palazzo Barberini).

Il quadro è una fiera rappresentazione – in chiave ancora autoritrattistica – dell’eroe che con l’aiuto di Dio ha sconfitto il Gigante. Malgrado la riduzione della scena al solo busto, la composizione rivela almeno due elementi di enorme interesse.

2. G. RENI. David con la testa di Golia (olio su tela, 1605c.; Parigi, Louvre).
3. VALENTIN DE BOULOGNE. David con la testa di Golia (olio su tela, 1620c.; Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza).

1) Innanzitutto la scala metrica. Il Gigante si rivela un Colosso, con una dimensione di circa tre metri d’altezza, emulando le grandi statue dell’antichità, come l’Ercole Farnese, per fare un solo celebre esempio. Bernini deve aver considerato attentamente il passo biblico (I Samuele 17, 4) in cui Golia viene definito di “6 cubiti e un palmo”, e cioè poco più o poco meno di tre metri (a seconda delle diverse misurazioni del cubito ebraico). In verità esistono rappresentazioni ancor più gigantesche e sovradimensionate rispetto alla descrizione biblica. Bernini poteva aver conosciuto la tela di Guido Reni del 1605c. (di cui sono note due versioni al Louvre e alla National Gallery di Londra) con l’elegante giovanetto impassibile che posa su un basamento la testa-trofeo (fig. 2). In ambito caravaggesco, intorno al 1620, vengono dipinte le due tele di Valentin de Boulogne (l’eroe, piuttosto preoccupato, appare tra due armigeri vestiti alla moderna, Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza; fig. 3) e di Tanzio da Varallo (il pallido eroe sorregge a fatica la testa mostruosa cogli occhi sbarrati; Varallo, Pinacoteca Civica; fig. 4); ma fu soprattutto Lanfranco a rappresentare Golia in una scala molto più che doppia rispetto a una umanità pigmea nella tela della Fondazione Longhi a Firenze del 1617c. (fig. 5) e nel Trionfo di David in collez. privata del 1630c.

4. TANZIO DA VARALLO. David con la testa di Golia (olio su tela, 1620c.; Varallo, Pinacoteca Civica)
5. G. LANFRANCO, David con la testa di Golia (olio su tela, 1617c.; Firenze, Fondazione Longhi)

2) Il doppio  movimento. Mentre David finisce di sollevare la testa decapitata, volta di scatto il capo all’indietro, forse con un gesto di sfida nei riguardi di chi ha dubitato sulla fattibilità dell’impresa. Nello sforzo possente del sollevamento (è da notare il fortissimo rigonfiamento del muscolo del braccio), la testa sembra deformarsi leggermente con modalità anamorfica, esprimendo la velocità del gesto (in una sorta, per intenderci, di Fotodinamismo futurista, fig. 6): la testa appare così emergere lentamente e drammaticamente dallo spazio tenebroso che circonda il quadro e risulta “tagliata” – quasi una seconda decapitazione – a metà delle labbra che sembrano ancora esalare un ultimo respiro … Il movimento che anima la tela è stato notato, finora, limitatamente al “manto che si rigonfia come mosso dal vento” (cfr. F. Petrucci, 2006). Il tipo di rappresentazione animata è stato giustamente messo in correlazione col tipo di “imitazione espressiva e stilistica di stampo teatrale che si creò nella bottega/compagnia di Bernini” (cfr. T. Montanari, 2003).

6. ANTON GIULIO BRAGAGLIA. Salutando (fotodinamismo, 1911).
7. CARAVAGGIO. David con la testa di Golia (olio su tela, 1610; Roma, Galleria Borghese).

Ma soprattutto appaiono inquietanti le riflessioni dell’eroe che prende coscienza della portata della sua azione. David solleva la testa come trofeo di vittoria e insieme come segno della protezione divina: il gesto esprime fiducia nella forza del Bene ma anche, a sorpresa, pietà nei confronti del rappresentante del Male se non anche un senso vago di pentimento. L’eroe stringe al petto la testa colossale, sollevandola per i capelli (simbolo forse di forza invincibile come nella leggenda di Sansone) e appoggiando il polso sulla fronte ancora calda, colpita dal sasso scagliato prodigiosamente dall’umile fionda.

Un evidente punto di riferimento per Bernini è il David di Caravaggio nella Galleria Borghese (fig. 7) che manifestava un’ancor più evidente pietà umana nei confronti della testa decapitata, in cui il pittore “ha ritratto se stesso (il male vinto dal bene: Humilitas occidit superbiam, secondo il motto di sant’Agostino la cui sigla appare sulla spada), col tono di una confessione macabra” (M. Marini, 1987). L’autoritratto sanguinante esprime il tormento del pittore condannato a morte, e proprio alla decapitazione, facendo seguito alla tragica scena del Martirio di San Giovanni Battista a Malta (La Valletta, Oratorio di San Giovanni dei Cavalieri, 1608), in cui il sangue sgorga dalla testa decollata componendo a terra il nome di Caravaggio.

E’ una concezione opposta a quella di Bernini che – mentre adombra le sue fattezze nel David Barberini (nella monografia del 1966 ritenevamo trattarsi di un autoritratto; oggi ritengo invece che i lineamenti degli occhi non siano riconducibili a quelli di Gianlorenzo) – si autorappresenta sicuramente nel volto dell’eroe vittorioso nel David scultoreo della Galleria Borghese (e più tardi, analogamente, nell’autoritratto in veste di David vincitore, nel quadro già collezione Incisa della Rocchetta, dove manca la testa di Golia, al quale va riferita la spada colossale, mentre il cherubino sulla corazza viene interpretato – da F. Petrucci 2003 e 2006 – come “l’Angelo del Signore, il segno della presenza di Dio a fianco di David dopo l’unzione da parte di Samuele”). Se dunque Caravaggio si autorappresenta come Golia, il gigante sconfitto dalle forze del Bene (e dallo stesso Dio), Bernini-David invece combatte da solo contro le forze congiunte del Male e del Bene (molti avversari sono presenti nella sua stessa “parte”, a cominciare dal re Saul che più volte cercherà di ucciderlo). E’ stato acutamente osservato che nella sua scultura Bernini-David sembra sconfiggere, oltre a Golia, anche il colossale David del “terribile” Michelangelo ( R. Preimesberger, 1998), prefigurando il successivo combattimento ideale, quasi una lotta di Giacobbe con l’Angelo-Dio, che Bernini affronterà sotto la cupola di S. Pietro e nell’immensa crociera vaticana per collocare prima il Baldacchino e poi la Cattedra.

Calcolo della altezza di Golia nei quadri di Caravaggio e di Bernini

nota di Fabio COLONNESE

L’immagine di Golia che si tramanda è quella di uomo gigantesco. La Bibbia lo descrive come un guerriero alto 6 cubiti e 1 spanna, che corrisponderebbe a un’altezza inverosimile, di poco inferiore ai tre metri. Forse una parte di questa altezza era dovuta alla presenza di un grande elmo ma certo doveva essere molto più alto di un uomo normale, come supponiamo fosse Davide.

Non sappiamo se Golia fosse anche sproporzionato, come può capitare agli individui molto alti. Se invece lo consideriamo di dimensioni anormali ma ben proporzionato, allora possiamo provare a calcolare la sua altezza nelle visioni che ne hanno fornito Caravaggio e Bernini.

In entrambi i quadri il corpo di Davide si vede solo in parte e quindi non può essere un riferimento antropometrico assoluto. Per calcolare l’altezza del gigante Golia, a partire dalla sola immagine della testa tagliata, occorre quindi assumere un riferimento antropometrico esterno, come l’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci. Quel disegno sostiene che la distanza tra la punta della testa e i capezzoli sul petto corrisponde a un quarto dell’altezza totale dell’uomo in piedi. Con questo primo assunto è possibile “mettere in scala” i due dipinti a partire dall’ipotesi che Davide sia alto 165 cm e quindi leggere una approssimativa misura delle teste di Golia e rapportarle all’intero corpo.

C’è però da considerare altri aspetti. Le teste hanno un orientamento diverso, la bocca aperta che ne allunga la dimensione, sono viste dall’alto o dal basso, e poi c’è lo scorciamento prospettico, che nel caso del quadro di Caravaggio appare assai ridotto, come se fosse una ripresa con un teleobiettivo, ma è sicuramente maggiore nel quadro di Bernini.

Abbiamo allora preso come riferimento un particolare modulo antropometrico ovvero la distanza degli occhi fra loro, che in un volto visto frontalmente è il diametro di una circonferenza che inscrive la lunghezza del naso. Abbiamo calcolato che tale modulo si può assumere come il 5.5% della lunghezza totale del corpo e lo abbiamo applicato sui due volti del gigante.

Nel quadro di Caravaggio, la testa di Golia risulta riferibile a una creatura alta almeno 230 cm. L’altezza potrebbe essere maggiore se consideriamo che il modulo preso è leggermente ridotto dallo scorcio con cui è visto il suo volto ma questo è compensato dal fatto che si trova in primo piano e quindi, anche se di poco, appare più grande per effetto della prospettiva. Nel quadro di Bernini, la testa di Golia risulta riferibile a una creatura alta almeno 275 cm., quindi approssimabile alle dimensioni descritte nella Bibbia.

Roma  Marzo 2018