Caravaggio a Napoli: un “filtro mentale” alla base di una rivoluzione artistica. Stefania Macioce sulla mostra di Capodimonte

di Stefania MACIOCE

CARAVAGGIO  EFFETTO  NOTTE

Il buio esalta e accresce al massimo il senso della poetica e la qualità del lume caravaggesco, e l’allestimento (Handle s.r.l.) della mostra Caravaggio Napoli al Museo e Real Bosco di Capodimonte sembra evocare, senza retorica, l’ Effetto notte di François Truffaut che, nel 1973, diresse La Nuit américaine.

Il titolo si riferiva ovviamente ad una tecnica cinematografica, nota appunto come effetto notte consistente nel rendere notturna una ripresa fatta in piena luce grazie all’inserimento di un filtro blu davanti all’ obiettivo. Un gioco di contrasti e di parole che suggerisce il rinvio al potente filtro mentale utilizzato da Caravaggio, il genio che inaugura una nuova visione della pittura. I suoi straordinari dipinti mettono in atto insuperabili ‘istantanee’, le sapienti e modernissime luci mettono a fuoco azioni in movimento sospese in attimi di assoluta eternità: la rivoluzione naturalistica che con lui si inaugura traduce una visione apparentemente istintiva e tale modernissima immediatezza viene recepita e prediletta con sorprendente partecipazione dal pubblico dei nostri giorni.

Presentata dunque attraverso un allestimento indubitabilmente efficace, la mostra Caravaggio Napoli curata da Maria Cristina Terzaghi e Sylvain Bellenger, affronta l’incontro di Caravaggio con Napoli, la grande capitale meridionale da sempre crocevia di culture diverse ove l’eredità del mondo antico e di una affinata stagione medievale si intersecano con apporti spagnoli e orientali. La vitalità dell’antica città portuale ha da sempre generato quella che Longhi ebbe a definire con affinata competenza una “immersione entro una realtà quotidiana violenta e mimica, disperatamente popolare”.

Nell’arco di due soggiorni tra l’ottobre del 1606 e il giugno del 1607 e, poi, nell’autunno del 1609 per circa un anno fino alla morte avvenuta a Porto Ercole nel luglio del 1610, durante il viaggio di ritorno verso Roma, Caravaggio trascorre a Napoli un tempo considerevole, circa diciotto mesi. Si tratta di un periodo intenso che rappresenta l’inizio della piena e cruciale maturità dell’artista che, proprio a Napoli in fuga da Roma dopo il coinvolgimento nell’omicidio di Ranuccio Tomassoni, intensifica le modalità complesse della sua ricerca pittorica. Napoli sancisce infatti l’avvio di un percorso tormentato e la pittura del genio lombardo, ricercato e condannato al bando capitale dalla giustizia romana, è segnata da una nobile quanto acuta tragicità carica di tensione morale. L’incontro con la città partenopea si distingue per un intreccio di relazioni con il panorama artistico locale, catturato dall’intensa e naturale resa della realtà, tipica delle opere napoletane dell’artista che stabilisce così un forte legame tra con il territorio. L’impatto sulla Scuola pittorica napoletana e sulla formulazione della poetica naturalistica partenopea sarà incisivo e determinante. Artisti più giovani, come Battistello Caracciolo, e quelli già attivi a Napoli, come Fabrizio Santafede, non restano immuni dalla potente suggestione del realismo caravaggesco, una suggestione che investe con forza pittori della generazione successiva come Jusepe de Ribera o Massimo Stanzione.

La mostra Caravaggio Napoli restituisce pienamente il senso di questo intenso e coerente rapporto tra Caravaggio e il mondo napoletano,

ristabilendo la nitida visione dell’artista assimilata velocemente dalla cultura pittorica locale e dai pittori stranieri attivi nella città partenopea. Equilibrato, oggettivo ed esemplare il percorso espositivo sostenuto da rigore scientifico e misura, propri di una studiosa autorevole come Cristina Terzaghi. Ventidue opere di artisti napoletani, provenienti da collezioni museali nazionali e internazionali, si confrontano con sei capolavori di Caravaggio e il portato travolgente della sua lezione si legge con chiarezza attraverso l’esame ravvicinato dei dipinti.

I soggetti ideati da Caravaggio si ripetono secondo declinazioni dissimili legate legate di volta in volta alla alla personalità dei singoli autori, pienamente sensibili al lume e all’invenzione di una pittura nuova, ove il vero coesiste col dramma. La pittura di Giovan Bernardo Azzolino, Battistello Caracciolo, Belisario Corenzio, Louis Finson, Jusepe de Ribera, Fabrizio Santafede, Massimo Stanzione, Tanzio da Varallo riflette con articolato nitore la diffusione del naturalismo nella pittura secentesca a Napoli e in Europa.

Le rispondenze visive tra le opere raccolte permettono riflessioni e chiarimenti diretti sul legame tra l’artista e la città,

Caravaggio Napoli

accompagnati da una dettagliata crono-biografia che riorganizza le conoscenze letterarie e documentarie (edite e inedite) del periodo. La Flagellazione, conservata a Capodimonte, dipinta da Caravaggio per la chiesa partenopea di San Domenico si confronta quella del Musée des Beaux-Arts di Rouen, rimarchevole prestito dopo un attento restauro.

La Salomé della National Gallery di Londra e quella di Palacio Real di Madrid, si fanno oggetto delle assorte interpretazioni di Battistello Caracciolo e Massimo Stanzione, in dipinti provenienti dal Museo de Bellas Artes di  Siviglia e da collezione privata, esposti per la prima volta nella città partenopea.

Così per il Martirio di San Sebastiano di Louis Finson: il noto autore delle copie della Maddalena in estasi, anch’esse inserite nel percorso espositivo, apre alla riflessione sulla figura di uno tra i primi amici, seguaci e copisti di Caravaggio a Napoli.

Merisi del resto lavora dapprima proprio nella bottega finsoniana accanto al fiammingo Abraham Vinck, che le fonti ricordano “amicissimo del Caravaggio”. I due infatti accolsero il pittore appena giunto in città, fornendogli verosimilmente gli strumenti con cui lavorare, lo dimostra il riuso di una tavola in precedenza dipinta da un artista fiammingo, forse Finson nel David e Golia di Vienna (Terzaghi, 2013). Entrambi, entrati in possesso di dipinti di Caravaggio esportati poi ad Amsterdam, determinano l’espansione del nuovo linguaggio pittorico nel cuore dell’Europa. Il rapporto con la società Finson & Vinck è stato dunque stringente per l’immissione delle opere caravaggesche nel mercato artistico cittadino, ma anche internazionale ed è una storia recente ricostruita dagli studi di Terzaghi e Spinosa;  Vinck del resto, condivideva gli stessi committenti del Merisi (Porzio, 2013a) mentre Finson diventò il più strenuo copista e mercante di Caravaggio.

Napoli dunque, fu l’opportunità della promozione di Caravaggio nelle corti europee,

oltre le Fiandre, e la Francia anche la Spagna la cui aristocrazia sembra prediligere il naturalismo merisiano che diverrà ben presto elemento nodale per la comprensione della pittura iberica secentesca, in particolare di Velázquez.

A Napoli Caravaggio risulta inserito in una trama di rapporti con artisti locali che giustifica il suo seguito immediato tanto che persino pittori attivi nel solco di uno stile più tradizionale, come Bernardino Azzolino e Fabrizio Santafede si misurano con il realismo caravaggesco. Le ricerche documentali hanno apportato novità rilevanti per Carlo Sellitto, Filippo Vitale, Tanzio da Varallo, la vicenda artistica di quest’ultimo si intreccia con la presenza del Merisi nella città partenopea. Raffinato e talentuoso Tanzio trascorre infatti un intero decennio in contemporanea con Caravaggio tanto che il San Giovanni Battista di collezione privata, un capolavoro esposto in anteprima mondiale, trova evidente motivo ispiratore nel capolavoro omonimo della collezione Borghese. Il San Francesco di Carlo Sellitto pittore di origine lucana giunto a Napoli nel primo decennio del Seicento, modella in modo veloce e risoluto il proprio linguaggio proprio sulle novità introdotte da Caravaggio.

La Crocifissione di Battistello Caracciolo, cui Caravaggio direttamente gira un pagamento nel 1607 (Nappi 2011; Terzaghi 2014) e  il Martirio di Sant’Agata di Massimo Stanzione  come pure il San Sebastiano di Hendrik De Somer della collezione del Museo di Capodimonte, hanno indubitabilmente un modello comune nella Crocifissione di sant’Andrea di Caravaggio oggi a Cleveland.

Il Martirio di Sant’Orsola, oggi a Napoli presso le Gallerie d’Italia a Palazzo Zevallos Stigliano, conclude il percorso espositivo affiancato ad una interpretazione di Giovanni Bernardino Azzolino, autore di numerose repliche della tela caravaggesca di cui si espone a Capodimonte una delle più naturalistiche proveniente dalla Pinacoteca Nazionale di Siena. Poco prima della Sant’Orsola, Caravaggio aveva dipinto tre tele oggi perdute, per la cappella Fenaroli in Sant’Anna dei Lombardi, in mostra appare una rara testimonianza visiva di una di esse.

E’ dunque esistita nel Meridione d’Italia una vasta comunità di artisti tardomanieristi, italiani, fiamminghi e di differenti nazionalità, che in modo repentino subiscono un’accelerazione potente a fronte delle innovazioni rivoluzionarie del linguaggio caravaggesco di cui la mostra dà pienamente conto con il supporto di apparati critici consistenti.

Il percorso espositivo sembra snodarsi documentando la città e i luoghi che Caravaggio frequentò nei quali visse.

Tra questi il Pio Monte della Misericordia dove si trova la grande pala (390 x 260 cm) con le Sette opere di Misericordia: uno straordinario capolavoro che il maestro lombardo realizza per la cappella del complesso religioso nel 1607.

Si tratta inconfutabilmente di un’opera eccelsa di alta formulazione intellettuale cui la critica vede anche la rappresentazioni dei vicoli della città e dei suoi abitanti. E’ un dipinto di potenza evocativa che mette a fuoco la stringente connessione creatasi con la stessa indole napoletana. Di certo avrebbe avuto un senso profondo esporlo in mostra poiché ciò avrebbe consentito la fruizione ravvicinata e comparabile di un’opera somma, maturata nel contesto napoletano, si può dire a proposito di questo dipinto che Caravaggio abbia assimilato e descritto l’anima del popolo napoletano, “mimica e disperatamente popolare”. La richiesta di Bellenger, inizialmente accettata con conseguente concessione del prestito, è stata poi inspiegabilmente interdetta dal Ministero forse a seguito di una impensabile campagna mediatica, nonostante -come ha rilevato Riccardo Lattuada su About Art (cfr. https://www.aboutartonline.com/la-mostra-napoli-caravaggio-ma-e-un-esempio-virtuoso-come-verrocchio-riccardo-lattuada-a-tutto-campo-le-polemiche-sui-prestiti-e-sui-direttori-stranieri-sono-strumentali/) l’opera fosse stata già prestata in mostre precedenti. All’inattesa interdizione si è provveduto utilizzando strumenti virtuali che consentono una visione ravvicinata in situ, mentre l’opera restata nella sua collocazione originale può fortunatamente godere ora di una illuminazione finalmente perfetta.

La mostra chiarisce poi alcuni aspetti critici importanti,

ricalibrando l’idea che il realismo di Caravaggio rientrasse in una corrente di pensiero “libertino” di cui Giordano Bruno, Galileo Galilei, Tommaso Campanella, fino a Giovan Battista Manso e ai giovani aristocratici del Pio Monte della Misericordia sarebbero stati esponenti. Precisazioni critiche e cronologiche ridimensionano notevolmente i rapporti di queste figure col pittore. Nuovi documenti prodotti nel catalogo da Cristina Terzaghi hanno inoltre chiarito il ruolo di Marzio Colonna nella fuga di Caravaggio tra Roma e Napoli e più in generale il nesso dei Colonna con i Domenicani di San Domenico Maggiore.  Sorprendente è poi la congiuntura storica che al momento della partenza di Caravaggio da Napoli a Malta vede sulla stessa galea del pittore alcuni tra i più importanti personaggi della vita politica e religiosa del tempo.

Infine, un dato emerge dagli archivi:

il priore di Capua, Vincenzo Carafa, nelle cui mani erano finiti i dipinti dell’artista, morì il 7 gennaio 1611 tre settimane dopo che il nunzio Deodato Gentile scrivesse a Scipione Borghese circa i problemi intorno alla spedizione del San Giovanni Battista causati dai dissidi sull’eredità del pittore. Caravaggio non fu dunque solo un fenomeno dei suoi tempi, né soltanto il pittore criminale, l’artista maledetto e neppure il protetto speciale di famiglie aristocratiche come come i Colonna, ma ideatore di un discorso di radicale rinnovamento, velocemente assimilato da pittori italiani e stranieri, a Napoli.

La mostra, aprendo a nuove riflessioni critiche, interpreta in termini esaurienti quanto oggi si sia chiarito e appreso, frutto di un rimarchevole percorso di ricerca ove l’interazione feconda e metodologicamente fondata tra gli approcci, restituisce una visione calibrata di un momento storico di rilevante importanza artistica.

Stefania MACIOCE    Roma  giungo 2019

Caravaggio Napoli, catalogo della mostra 12 aprile 14 luglio 2019  Museo e Real Bosco di Capodimonte e Pio Monte della Misericordia, a cura di Cristina Terzaghi e Sylvain Bellenger, Milano Electa 2019.