Capolavori ‘romani’ protagonisti alla Biennale di Firenze; novità, proposte e precisazioni attributive

di Francesco PETRUCCI*

Un “trittico romano” alla Biennale di Firenze

La Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze (21-29 settembre 2019), efficacemente coordinata dal Segretario Generale Fabrizio Moretti e allestita nella prestigiosa sede di Palazzo Corsini, è giunta alla trentunesima edizione, potendo vantare ben sessant’anni di storia.

Si tratta probabilmente della più importante esposizione antiquariale al mondo dedicata all’arte antica,

dato che anche la famosa fiera di Maastricht è sempre più indirizzata verso il contemporaneo ed altri eventi analoghi appaiano progressivamente in tono minore. Per non parlare di Roma, che sembra essersi completamente eclissata nel settore.

I numerosi espositori italiani e stranieri hanno presentato quest’anno molte opere d’arte di pregevole livello, compresi alcuni capolavori che hanno destato l’interesse di collezionisti e critici d’arte.

Tra questi mi sono sembrati particolarmente rilevanti, anche in ragione del mio ambito di conoscenze, tre pezzi, due sculture e un dipinto: il Busto di Pio V della galleria Walter Padovani, il Busto di Urbano VIII presentato dalla galleria Carlo Orsi e il Ritratto di cardinale, identificato con Giulio Mazzarino, esposto come unica opera dalla Moretti Fine Art. 

Il magnifico Busto di Pio V in bronzo della galleria Walter Padovani di Milano (fig. 1, cm. 110 x 65 x 32)

Fig 1 Sebastiano Torregiani (attr.), Busto Pio V (1572-75). Milano, galleria Walter Padovani (per cortesia di Walter Padovani)

è stato esposto come opera di “scuola romana” attorno al 1570, data la oggettiva difficoltà di individuare una paternità certa, nonostante la notevole qualità della lavorazione e l’estrema rarità della scultura, un vero unicum nella ritrattistica del pontificato Ghislieri (1566-72).

Sono infatti ancora lacunose, nonostante i più recenti avanzamenti, le conoscenze sulla scultura a Roma nella seconda metà del ‘500, soprattutto in ambito ritrattistico, tanto da rendere auspicabili ulteriori approfondimenti da supportare con ricerche documentarie e archivistiche.[1]

Il papa è raffigurato in abito cerimoniale con tiara e piviale, mentre sulla base, recante agli angoli teste di cherubini, è visibile al centro lo stemma Ghislieri sovrastato da triregno e sotto l’iscrizione “PIVS. V P.O.M.”. Ad una certa fissità del volto, la cui fisionomia ascetica fu forse desunta da ritratti dipinti o da una maschera mortuaria, si contrappone l’esecuzione magistrale delle parti figurate e dei decori di gusto manierista.

Sul piviale è presente a sinistra la Madonna annunciata e sulla destra l’Angelo annunciante, in relazione al culto mariano diffuso da Pio V, che introdusse l’Ave Maria come antifona del Breviario Romano per la festa dell’Annunciazione del 1568 e inaugurò il culto della “Madonna del Rosario” dopo la vittoria della lega cristiana alla Battaglia di Lepanto, ottenuta su suo impulso nel 1571.[2]

Dato il carattere schivo di Antonio Ghislieri, che rifiutò in vita monumenti pubblici e qualsiasi sfarzo, indossando persino lo stesso abito durante tutto il pontificato, è plausibile che il ritratto sia stato commissionato per celebrare il successo di Lepanto dopo la sua morte, tra il 1572 e il 1575.

Fig 2. Leonardo Sormani, Statua di Pio V (1588) Roma, S. Maria Maggiore, Cappella Sistina

L’immagine ufficiale di Pio V, fissata attraverso ritratti dipinti da Bartolomeo Passerotti, Giulio Clovio e Scipione Pulzone, divulgata in numerose copie e derivazioni, è celebrata in scultura dalla sola statua postuma in marmo di Leonardo Sormani nella cappella Sistina a Santa Maria Maggiore (1588), mentre risale al 1692 (fig. 2), dopo la beatificazione, la statua in bronzo del papa benedicente di Francesco Nuvolone collocata di fronte al Collegio Ghislieri di Pavia. Questo a testimoniare una certa ritrosia del pontefice santo a farsi ritrarre.[3]

Il busto segue la solenne tipologia ufficiale del ritratto papale elaborata da Guglielmo Della Porta (Porlezza 1510 ca. – Roma 1577), a partire dai magnifici busti di Paolo III Farnese (fig. 3, Napoli, Museo di Capodimonte), che lo scultore ritrasse anche nella statua in bronzo del suo monumento funerario nella Basilica Vaticana.[4]

Fig 3 Guglielmo Della Porta, Busto di Paolo III. Napoli, Museo di Capodimonte
Fig 4. Guglielmo Della Porta, Busto di Paolo IV (1555-59). Basilica Vaticana, Sagrestia

Tradizionalmente è stato riferito all’artista lombardo il notevole ritratto bronzeo di Paolo IV Carafa (1555-59) nella Sagrestia della Basilica Vaticana: un’attribuzione oggi eccezionalmente confermata dal ritrovamento della sua sigla sulla parte retrostante dell’opera, come mi segnala Pietro Zander (fig. 4). Tale iscrizione si è resa ben visibile nel calco dell’opera approntato in occasione della mostra Papi in Posa. 500 years of papal portraiture, che curai a Washington nel 2005.[5]

Miglior allievo del Della Porta fu Sebastiano (Bastiano) Torregiani detto “il Bologna” (Bologna 1542 ca. – Roma 1596), che fu eccellente bronzista e responsabile della Fonderia della Camera Apostolica. Gettò in metallo, tra l’altro, le statue di san Pietro e san Paolo rispettivamente sulle due Colonne Traiana (1587) e Antonina (1589), i quattro angeli del Tabernacolo della cappella Sistina a Santa Maria Maggiore (1590), mentre Baglione ricorda un suo busto in bronzo di Sisto V, a documentare un’attitudine rivolta anche alla ritrattistica. “Bastiano” fu peraltro il vero erede spirituale di Guglielmo Della Porta, essendo stato anche tutore del figlio Teodoro, dato che sposò la moglie del maestro dopo la sua morte nel 1577.[6]

Fig 6 Sebastiano Torregiani o Taddeo Landini, Busto di Gregorio XIII. Berlino, Staatliche Museen
Fig 5. Sebastiano Torregiani (attr.), Busto di Sisto V (1587). Berlino, Staatliche Museen

Naturalmente Torregiani era scultore e fonditore, come ben dimostrano i conti per il Tabernacolo della cappella Sistina, dai quali risulta che l’artista sovraintese all’intero processo, eseguendo i modelli in creta per gli angeli e occupandosi delle riduzioni in cera per la fusione. Gli vengono attribuiti alcuni busti in bronzo di Sisto V (Treia, Duomo; Londra, Victoria & Albert Museum; Berlino, Staatliche Museen), mentre gli è stato riferito il busto in bronzo di Gregorio XIII di Berlino, Staatliche Museen, talora ascritto anche a Taddeo Landini (figg. 5, 6), e un piccolo busto in bronzo di Gregorio XIV transitato sul mercato antiquario.[7]

Taddeo Landini (Firenze 1550 ca. – Roma 1596), documentato dal 1575 a Roma, ove secondo Baglione venne durante il pontificato di Gregorio XIII, eseguì tre busti in bronzo di Clemente VIII, di cui è noto quello presso Villa Aldobrandini a Frascati. Altro ritrattista fu Giovan Battista Della Porta (1542-1597), stabilitosi definitivamente a Roma nel 1574, che tuttavia è noto per busti in marmo, tutti abbastanza rigidi ed essenziali.[8]

Sembra quindi che Torregiani possa essere un buon candidato all’esecuzione del ritratto della galleria Padovani, dato l’arrivo successivo a Roma di Landini e Della Porta, e il carattere schematico e rarefatto di Leonardo Sormani, scultore in marmo ed esecutore della ricordata statua del 1588.

Fig 7. Sebastiano Torregiani (attr.), Busto Pio V (part.). Milano, galleria Walter Padovani
Fig 8. Sebastiano Torreggiani, Angeli del Ciborio (1590). Roma, S. Maria Maggiore, cappella Sistina

Peraltro se confrontiamo l’angelo sul piviale con quelli modellati da Torregiani per il Tabernacolo sistino, si colgono analogie formali e di modellato non trascurabili, che sembrerebbero avvalorare questa proposta attributiva (figg. 7, 8). L’ascesa dello scultore sotto il pontificato di Gregorio XIII (1565-85), successore di Pio V, che protesse artisti di origine bolognese come lui, ne sarebbe una conferma anche per la datazione qui proposta.

Si conserva a Firenze presso la collezione Corsini, ove confluì con provenienza dalla collezione Barberini a seguito del matrimonio celebrato nel 1858 tra Anna Barberini e Tommaso Corsini, il Busto di Urbano VIII del Bernini esposto da Carlo Orsi (fig. 9, bronzo, cm. 101,5 x 78).

Fig 9. Giovan Lorenzo Bernini, Busto di Urbano VIII (1656-58). Firenze, galleria Carlo Orsi, dalla collezione Corsini (per cortesia di Carlo Orsi)

L’opera è illustrata da un esauriente catalogo curato da Andrea Bacchi, che ne ripercorre i passaggi sulla scorta di documenti e inventari.[9]

Si tratta di un ritratto postumo, eseguito attorno al 1656-58, di cui esiste un’ulteriore identica versione presso il Museo del Louvre, entrambe commissionate a Bernini dal cardinale Antonio Barberini, la seconda per farne dono a Luigi XIV nelle cui raccolte confluì tuttavia solo nel 1672. A due fusioni della “testa della Serenissima Memoria di Urbano” fanno riferimento in effetti due lettere del cardinale a Bernini, rispettivamente l’11 novembre 1655 e il 10 marzo 1656, mentre risale al luglio 1658 un pagamento ordinato dall’artista all’ebanista Giacomo Erman per la base di uno dei due bronzi. Il modello, come ritiene Bacchi, potrebbe essere uno dei due busti in terracotta raffiguranti il papa presenti nell’inventario ereditario del Bernini. [10]

Fig 10. da Bernini, Busto di Urbano VIII. Blenheim, Collezione Duke of Malborough

Una terza versione in bronzo, che sembrerebbe priva dell’ape sotto la stola e sicuramente con un diverso peduccio fuso con il busto, più levigata e diversificata nel trattamento della superficie, si trova a Blenheim Palace, collezione Duke of Marlborough (fig. 10), ed è forse derivata indirettamente dallo stesso bronzo Corsini.[11]

Il ritratto si colloca al tempo del busto in marmo di Alessandro VII (luglio-settembre 1657), che inaugura una nuova fase della ritrattistica papale berniniana, caratterizzata da ampie pieghe della mozzetta, allusive al moto delle braccia, con una sua maggiore estensione in proporzione alla testa.[12]

Fig 12. Giovan Lorenzo Bernini, Busto di Urbano VIII (1632-33). Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana
Fig 11. Giovan Lorenzo Bernini, Busto di Urbano VIII (1630-31), bronzo e porfido. Eredi Barberini

Riferimento per il volto in questi ritratti postumi del papa è la testa in bronzo del busto con mozzetta in porfido, databile al 1630-31, ancora presso gli eredi Barberini (fig. 11), molto simile anche nella modellazione delle pieghe della barba e nel camauro, più piccolo rispetto a quello del bronzo già nella biblioteca di palazzo Barberini (fig. 12,Biblioteca Apostolica Vaticana, 1632-33).[13]

A tale fase estrema appartiene anche il simile busto in marmo di Palazzo Barberini, Galleria Nazionale d’Arte Antica, stretto parente dei bronzi Corsini e del Louvre, da cui si differenzia per l’espansione verticale della mozzetta e varianti in molti dettagli (fig. 13).

Fig 13. Giovan Lorenzo Bernini e bottega, Busto di Urbano VIII (1655-58). Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica, Palazzo Barberini

Riferito alla bottega con una datazione agli anni ’40 da Rudolf Wittkower, Valentino Martinelli, Oreste Ferrari e Sebastian Schütze, è ritenuto autografo da Andrea Bacchi con datazione al 1632 circa, mentre Tomaso Montanari, che lo conferma prodotto di atelier, propone una datazione attorno al 1655-56, in relazione all’esecuzione dei due bronzi citati.[14]

Concordo su questa datazione tarda del marmo, incompatibile con i ritratti degli inizi degli anni ’30 per il movimento artificioso del panneggio, segnato da larghe pieghe taglienti e tortuose, volgendo verso una tendenza spiccatamente antinaturalistica tipica degli esiti più avanzati della scultura tardo-barocca romana. Sembra plausibile una partecipazione della bottega, soprattutto nel viso, più schematico, chiaramente postumo anche per l’assenza dell’iride, mentre il carattere innovativo della veste presuppone comunque una partecipazione del maestro.

Fig 14. Giovan Lorenzo Bernini, Busto di Urbano VIII (1623-24). Eredi Barberini

Osserviamo a riguardo che negli inventari del cardinale Francesco Barberini dal 1623 al 1636 circa era presente un solo busto in marmo del papa, probabilmente coincidente con quello giovanile del Bernini ancora in casa Barberini, stupefacente per l’inusitato carattere privato, quasi domestico, con la rappresentazione del papa sorridente (fig. 14), mentre a partire dall’inventario del 1649 ne compaiono tre.[15]

Al busto marmoreo giovanile e non a quello postumo si riferisce a mio avviso anche Filippo Baldinucci, che elenca tra i “ritratti teste con busto” del Bernini, oltre a “Due di Papa Urbano VIII” (corrispondenti probabilmente come dice Bacchi alle simili versioni della Galleria Nazionale d’Arte Antica, Palazzo Barberini e Ottawa, National Gallery of Canada, 1632 ca.), anche “Altro del medesimo”. Il biografo ne aggiunge poi un “Altro di metallo”, riferito molto probabilmente non al bronzo Corsini ma a quello della biblioteca.[16]

Fig 15. Pietro da Cortona, Ritratto di cardinale (1645 ca.). Moretti Fine Art (da Pietro da Cortona: il ritratto di Mazzarino, Moretti Fine Art ltd, 2019)

Il presunto Ritratto del cardinal Mazzarino della Moretti Fine Art (fig. 15, olio su tela, cm. 126 x 102) è illustrato da un bel catalogo a cura di Tomaso Montanari, che propone un’attribuzione a Pietro Berrettini detto Pietro da Cortona (Cortona 1596 – Roma 1669).[17]

Concordo naturalmente sia con l’attribuzione, che con l’analisi stilistica brillantemente motivata dallo studioso, cui ne discende la datazione dell’opera alla metà circa degli anni ’40 del XVII secolo.

Posso tuttavia precisare che il dipinto non è inedito, essendo stato pubblicato due volte dal sottoscritto con riferimento a Pietro da Cortona sin dal 2015, nel saggio introduttivo alla mostra Ritratto e Figura, tenuta nel Palazzo Castromediano di Cavallino e poi, con varianti, a Palazzo Chigi in Ariccia.[18]

Il ritratto mi era stato segnalato nel dicembre 2012 chiedendomi un parere su un’ipotetica quanto insostenibile attribuzione a Giovan Battista Gaulli, in base ad una fotografia prima del restauro (fig. 16),

Fig 16. Pietro da Cortona, Ritratto di cardinale (1645 ca.). Moretti Fine Art (foto Petrucci, 2012)

ma non conoscevo i proprietari e non avevo avuto modo di visionare la tela dal vivo. Tuttavia l’attribuzione a Cortona mi sembrò subito evidente, come comunicai a chi me lo aveva segnalato, e ne ho potuto avere conferma diretta in occasione della Biennale.

Il dipinto, proveniente dalla collezione Lazzaroni a Torino ove fu notificato nel 1982 per opera di Ilario Giacinto Mercanti detto “Lo Spolverino”, come si apprende dal catalogo Moretti, si presenta oggi pulito, in ottimo stato conservativo. Sontuoso nella materia pittorica incandescente e sfusa, freschissimo nella pittura di puro tocco, promana una forza luministica e una potenza espressiva superiore rispetto ai pochi altri ritratti noti del sommo pittore.

Il catalogo di Cortona ritrattista è estremamente rarefatto, limitato infatti ai ritratti di Marcello Sacchetti (Roma, Villa Borghese), del cardinale Giulio Sacchetti (già Roma, Palazzo Sacchetti, ora Villa Borghese), di Urbano VIII (Roma, Pinacoteca Capitolina), del cardinale Pietro Maria Borghese (Minneapolis, Institute of Art), del gentiluomo di casa Sacchetti (Roma, Pinacoteca Capitolina), oltre ai due autoritratti di diversa età (Ajaccio, Musée Fesch; Firenze, Uffizi). Da questo l’eccezionalità del ritratto della Moretti Fine Art, costituente una fondamentale aggiunta alla ritrattistica barocca.[19]

Mi sembra invece più problematica l’identificazione del cardinale ritrattato, in merito alla quale mi ero astenuto non trovando riscontri persuasivi al confronto con le numerose effigi di cardinali noti. Se è infatti corretto, come ritiene Montanari, che i cardinali francesi portavano in quegli anni un colletto largo simile a quello indossato dal nostro cardinale, è pur vero che anche altri cardinali stranieri lo recavano, ma è possibile riscontrarlo anche in qualche cardinale italiano.[20]

L’identificazione con Giulio Mazzarino proposta dallo studioso, con una datazione attorno al 1644, non mi sembra corrisponda ai numerosi ritratti noti del cardinale, dal viso magro e allungato, la fronte stempiata, mentre il nostro è paffuto, con il viso largo, ampie borse agli occhi e una folta capigliatura che emerge anche dallo zucchetto. La corporatura è robusta e le mani grassocce, a differenza di Mazzarino, di cui ci viene restituita dalla ritrattistica coeva un’immagine esile e slanciata.

Un punto fermo per testimoniare la reale fisionomia di Mazzarino sono i ritratti eseguiti da Philippe da Champaigne, uno dei massimi specialisti del secolo, di cui si servì anche il cardinale Richelieu per farsi fare un busto dal Bernini, commissionandogli il famoso triplice ritratto per la sua acclarata attitudine di eccellente fisionomista. Il primo ritratto del cardinale di Philippe da Campaigne, datato 1647 e noto attraverso un’incisione, mostra un volto diverso rispetto all’uomo qui ritratto, come pure quello datato 1653 della Walpole Gallery (fig. 16) da cui deriva la posa ufficiale del Musée Condé di Chantilly.[21]

Fig 17. Philippe de Champaigne, Ritratto cardinal Giulio Mazzarino (1653). Già Londra, Walpole Gallery

D’altronde un ritratto di mano di un artista così importante come Cortona, richiesto invano in Francia dal potente prelato, sarebbe documentato nei suoi inventari. Ma l’aspetto che meno convince è che sin dalla nomina cardinalizia Mazzarino, eletto nel dicembre 1641, non tornò più a Roma, non avendo avuto quindi la possibilità di posare per Cortona, mentre il presente ritratto ha la vivacità di un ritratto dal vero.

Non ritengo infatti possibile che “Pietro dovette andare a memoria, appoggiandosi ad altri quadri e ai suoi ricordi personali di quell’uomo indimenticabile”, per eseguire questo capolavoro d’introspezione.[22]

Francesco PETRUCCI   Roma settembre 2019

*Ringrazio Carlo Orsi e Walter Padovani che mi hanno messo a disposizione immediatamente e con tempestività le fotografie delle opere da loro presentate. 

NOTE

[1] Si rimanda per una bibliografia generale sull’argomento a G. Extermann, G. Ioele, Bibliografia ragionata, in Scultura a Roma nella seconda metà del Cinquecento, protagonisti e problemi, a cura di E. Cupperi, G. Extermann, G. Ioele, ediz. LibroCo., San Casciano 2012, pp. 323-336. Utile è il repertorio di A. Cera, Scultura a Roma 1534-1621. Da Paolo III Farnese a Paolo V Borghese, Etgraphiae 2016.
[2] Su Pio V e il suo pontificato cfr. L. von Pastor, Storia dei papi, vol. VIII, Roma 1929.
[3] Per i ritratti dipinti di Pio V cfr. F. Petrucci, in Papi in Posa. 500 years of papal portraiture, catalogo della mostra, a cura di F. Petrucci, Washington, The Pope John Paul II Cultural Center, Roma 2005, pp. 32, 48 nota 10, pp. 74-80; F. Petrucci, Pittura di Ritratto a Roma. Il Seicento, 3 voll., Roma 2008, I, pp. 14-17, figg. 15-18.
[4] Su Guglielmo Della Porta, cui manca una monografia, cfr. G. Extermann, Guglielmo Della Porta à Rome (1437-1577): sculpteur, fondeur, restaurateur et architecte au servuice des Farnése, tesi di dottorato, Université de Genève, 2011. Ad ultimo, con estesa bibliografia, G. Extermann, Il Ciclo della Passione di Cristo di Guglielmo Della Porta, in Scultura a Roma nella seconda metà del Cinquecento, protagonisti e problemi, a cura di E. Cupperi, G. Extermann, G. Ioele, ediz. LibroCo., San Casciano 2012, pp. 59-111.
[5] Sul busto di Paolo IV cfr. M. Zalum, in La Basilica di San Pietro in Vaticano, Testi/ Schede, a cura di A. Pinelli, Modena 2000, p. 836, n. 1552; F. Petrucci, in Papi in Posa. 500 years of papal portraiture, catalogo della mostra, a cura di F. Petrucci, Washington, The Pope John Paul II Cultural Center, Roma 2005, pp. 70-71, n. IX.
[6] Cfr. G. Baglione, Le Vite de’ pittori scultori et architetti, Roma 1642, pp. 323-324. Ad ultimo sullo scultore, con ulteriore bibliografia, cfr. E. Lamouche, Bastiano Torrigiani et les fondeurs de bronze de Sixte Quint: entre collaboration et création personelle, in Scultura a Roma nella seconda metà del Cinquecento, protagonisti e problemi, a cura di E. Cupperi, G. Extermann, G. Ioele, ediz. LibroCo., San Casciano 2012, pp. 203-223. Sul ruolo di esecutore testamentario del Torregiani cfr. C. Brentano, Teodoro Della Porta, in Dizionario Biografico degli Italiani, 37, Roma 1989.
[7] Per i documenti sul tabernacolo della cappella Sistina in Santa Maria Maggiore cfr. J. Montagu, Gold, Silver & Bronze. Metal Sculpture of the Roman Baroque, New Haven and London 1996, pp. 20-21, 201, 203-204.
[8] Su Landini cfr. G. Baglione, 1642, pp. 63-64. Per il suo busto di Clemente VIII cfr. P. Cannata, in I Volti del Potere. Ritratti di uomini illustri a Roma dall’Impero Romano al Neoclassicismo, catalogo della mostra, a cura di F. Petrucci, Ariccia, Palazzo Chigi, Roma 2004, pp. 106-107, n. 26. Su Giovan Battista Della Porta cfr. G. Ioele, Profilo biografico e stilistico del Cavaliere Giovanni Battista Della Porta, in Scultura a Roma nella seconda metà del Cinquecento, protagonisti e problemi, a cura di E. Cupperi, G. Extermann, G. Ioele, ediz. LibroCo., San Casciano 2012, pp. 151-201.
[9] A. Bacchi, Bernini. The Bust of Pope Urban VIII Barberini, Galleria Carlo Orsi, September 2019, Milano 2019, con ulteriore precedente bibliografia.
[10] Per le due lettere cfr. T. Montanari, Bernini per Bernini: il secondo ‘Crocifisso’ monumentale. Con una digressione su Domenico Guidi, in “Prospettiva”, 136, 2009, p. 19. Per il pagamento della base cfr. M. Aronberg Lavin, Seventeenth-Century Barberini Documents and Inventories of Art, New York 1975, p. 15, n. 118.
[11] Cfr. C. Avery, in Effigies & Ecstasis. Roman Baroque sculpture and design in the age of Bernini, catalogo della mostra, a cura di A. Weston-Lewis, Edimburgo, National Gallery of Scotland, Edinburgh 1998, pp. 69-70, n. 24.
[12] Sul ritratto di Alessandro VII, noto in due versioni, cfr. Angelini, Il busto marmoreo di Alessandro VII scolpito da Gian Lorenzo Bernini nel 1657, in “Prospettiva”, 89-90, 1998, pp. 184-192; F. Petrucci, Il secondo busto di Alessandro VII del Bernini e considerazioni sui busti berniniani del papa, in Studi di storia dell’arte in onore di Fabrizio Lemme, a cura di F. Baldassarri, A. Agresti, Editore Etgraphiae, Roma 2017, pp. 187-194.
[13] Sul busto in porfido, con precedente bibliografia, cfr. A. Bacchi, in I marmi vivi. Bernini e la nascita del ritratto barocco, catalogo della mostra, a cura di A. Bacchi, T. Montanari, B. Paolozzi Strozzi, D. Zikos, Firenze, Museo Nazionale del Bargello, Firenze 2009, pp. 254-256, n. 12; T. Montanari, in I marmi vivi…, 2009, pp. 256-258; S. Pierguidi, The Bronze and Porphiry Portrait of Pope Urban VIII by Gian Lorenzo Bernini and Tommaso Fedeli, in “The Burlington Magazine”, 1347, CLVII, 2015, pp. 394-397; F. Petrucci, in Bernini, catalogo della mostra, a cura di A. Bacchi, A. Coliva, Roma, Villa Borghese, Città di Castello 2017, pp. 312-313, n. IX.1.
[14]  Su quest’ultimo ritratto in marmo del papa, con precedente bibliografia, cfr. A. Bacchi, in Bernini and the Birth of Baroque Portrait Sculpture, catalogo della mostra, a cura di A. Bacchi, C. Hess, J. Montagu, Los Angeles, The J. P. Getty Museum, Los Angeles 2008, pp. 35-36, fig. 20; T. Montanari, Bernini per Bernini: il secondo ‘Crocifisso’ monumentale. Con una digressione su Domenico Guidi, in “Prospettiva”, 136, 2009, pp. 19-20, fig. 35; F. Petrucci, 2017, p. 194, nota 19.
[15] Cfr. M. Aronberg Lavin, Seventeenth-Century Barberini/ Documents and Inventories of Art, New York 1975, ad indicem.
[16] F. Baldinucci, Vita del cavaliere Gio: Lorenzo Bernino, Firenze 1682, p. 103.
[17] T. Montanari, Pietro da Cortona: il ritratto di Mazzarino, Moretti Fine Art ltd, Firenze 2019.
[18] Cfr. Ritratto e Figura. Dipinti da Rubens a Cades, catalogo della mostra, a cura di F. Petrucci, Cavallino di Lecce, Palazzo Castromediano, Roma 2014, pp. 27-28, fig. 24; Ritratto e Figura da Rubens a Giaquinto, catalogo della mostra, a cura di F. Petrucci, Ariccia, Palazzo Chigi, Roma 2015, pp. 25, 27, fig. 24.
[19] Cfr. G. Briganti, Pietro da Cortona o della pittura barocca, Firenze 1962, ediz. 1982; Pietro da Cortona 1597-1669, catalogo della mostra, a cura di A. Lo Bianco, Roma, Palazzo Venezia, Milano 1997, pp. 307-308, 382; F. Petrucci, 2008, I, pp. 32-33, 69-70, II, pp. 305-309, III, figg. 145-151.
[20] Ho dedicato alla ritrattistica cardinalizia vari studi a partire da La Porpora Romana. Ritrattistica cardinalizia a Roma dal Rinascimento al Novecento, catalogo della mostra, a cura di M. E. Tittoni, F. Petrucci, Roma, Museo di Roma, Roma 2006, fino ai repertori Pittura di Ritratto a Roma. Il Seicento, 3 voll., Roma 2008 e Pittura di Ritratto a Roma. Il Settecento, 3 voll., Roma 2010. Molto utile a livello iconografico è il volume di S. De Crescenzo, A. Diotallevi, Le “Effigies nomina et cognomina S.R.E. Cardinalium” nella Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 2008.
[21] Sui ritratti di Mazzarino del pittore francese cfr. B. Dorival, Philippe de Champaigne, 1602-1674: la vie, l’œuvre et le Catalogue raisonné de l’œuvre, Paris 1976.
[22] Cfr. T. Montanari, 2019, p. 29.